Formigoni non è un politico da strapazzo e, quindi, la sua più volte annunciata iniziativa sulla 194, cioè sull’interruzione volontaria della gravidanza, non si è tradotta in una carnevalata di militanti antiabortisti. Anzi, alla conferenza stampa al Pirellone, il presidente di Regione Lombardia si è circondato di medici autorevoli, come la dott.ssa Kustermannn, e ha invocato la scienza.
E così, anche il merito dei provvedimenti appare piuttosto innocente. In primo luogo, gli stanziamenti regionali per le attività di prevenzione dei consultori (284 in Lombardia) aumentano di 8 milioni di euro. In secondo luogo, viene data indicazione alle strutture sanitarie lombarde di non effettuare il cosiddetto “aborto terapeutico” oltre il limite di 22 settimane + 3 giorni di gravidanza, salvo i casi in cui non sussiste la possibilità di vita autonoma del feto.
In altre parole, non si tratta di novità stravolgenti. Semplicemente, anche i molti consultori gestiti o fortemente influenzati dalle campagne antiabortiste avranno qualche soldo in più, mentre il limite massimo indicato dalla Regione in realtà è già praticato spontaneamente dal personale medico, laddove il progresso scientifico permette di tenere in vita anche feti dell’età di 22 o 23 settimane.
Tutto bene, dunque? Per nulla, perché, guardando bene, di innocente con c’è proprio niente nella mossa del capo di Cielle e della Regione. Anzitutto, c’è la coincidenza temporale, peraltro rivendicata apertamente in queste settimane, con l’offensiva politica della gerarchia ecclesiastica contro la 194. E il fatto che una Regione si assuma, proprio oggi, la responsabilità di stabilire autonomamente dei criteri propri di applicazione di una legge nazionale altro non significa che lanciare il messaggio che “toccare la 194 si può”. Inoltre, questa iniziativa formigoniana non è certo un atto isolato, visto che gli interventi sul terreno dell’interruzione volontaria di gravidanza, della libertà di scelta delle donne e della sessualità sono all’ordine del giorno in Lombardia. Non soltanto i due terzi dei medici lombardi sono obiettori di coscienza, rendendo così difficoltosa l’applicazione della 194, e alle strutture private accreditate viene persino premesso, grazie alle regole definite dalla Regione, di “obiettare” in quanto tali, ma soltanto l’anno scorso un regolamento regionale ha introdotto la possibilità di dare sepoltura formale ai feti, mentre un altro progetto di legge del centrodestra, che andrà in aula a breve, interviene sul terreno della sessualità.
Insomma, il senso degli atti formigoniani è sempre il medesimo ed è tutto politico e culturale: riproporre il tema della tutela della vita sin dal suo concepimento, criminalizzare le donne che, con scelta dolorosa, ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza e, in ultima analisi, smontare come un carciofo la 194.
Ecco perché non bisogna sottovalutare quanto avvenuto oggi in Lombardia, ma occorre invece chiamare le cose con il loro nome.
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