Per la seconda volta in otto mesi, il centrodestra ha dovuto fare retromarcia e rinunciare all’abrogazione secca della legislazione regionale sul diritto allo studio, cioè della l.r. 31/1980.
Oggi in Commissione VII è stata stralciata da un provvedimento sull’istruzione la norma che intendeva sostituire l’intera legge con un’unica frase, da collocare nella l.r. 19/2007, trasferendo in sostanza alla sola Giunta il potere decisionale sulla destinazione dei fondi regionali per l’attuazione del diritto allo studio.
Esprimiamo, ovviamente, la nostra soddisfazione, seppure nella consapevolezza che si tratta di una goccia nell’oceano. Ebbene sì, perché da quando la maggioranza di Formigoni aveva forzato, alla fine di luglio dell’anno scorso, l’approvazione della pessima legge 19, è stato un susseguirsi di delibere di Giunta, tese a dare attuazione ai progetti di ridisegno, in senso privatistico, del sistema di istruzione in Lombardia.
La vicenda del diritto allo studio, materia di competenza regionale, è peraltro più che illuminante rispetto allo spirito dell’operazione politica formigoniana, sia dal punto di vista istituzionale, che da quello sostanziale.
La l.r. 19 si propone, infatti, come una sorta di testo unico, che intende riunire tutti gli interventi e, soprattutto, tutti i finanziamenti in materia di istruzione e formazione professionale. Contestualmente, essa opera una progressiva delegificazione, spacciata all’opinione pubblica come “semplificazione”. In realtà, quello che succede è ben altro, cioè si sottraggono alla legislazione regionale, e dunque al confronto politico e pubblico, sempre più materie, comprese quelle attinenti a diritti costituzionalmente tutelati, per poi decidere tutto con atti amministrativi dell’esecutivo.
Un’esautorazione dell’assemblea legislativa, ma anche un crescente accentramento di potere nelle mani del Presidente della Regione, a scapito degli enti locali e della trasparenza. Non a caso, nel corso delle audizioni in Commissione VII di dicembre e gennaio, ottenute soltanto grazie alle nostre proteste e alla correttezza istituzionale del presidente della commissione, l’Anci aveva espresso forti critiche, mentre la conferenza episcopale aveva esplicitamente puntato il dito contro la delegificazione in materie riguardanti i diritti sociali.
Oggi siamo dunque riusciti a stoppare il secondo tentativo, ma sarebbe ingenuo pensare che la cosa finisca qui. Presto, campagna elettorale permettendo, torneranno alla carica. E, comunque, il diritto allo studio è semplicemente uno dei tanti tasselli che compongono il mosaico dell’offensiva contro la scuola pubblica e dell’accentramento di potere in Lombardia.
Occorre pertanto uno scatto urgente e serio, da parte delle forze di opposizione e dei soggetti del mondo della scuola, per impedire che nella nostra regione l’istruzione faccia la stessa fine della sanità.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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