Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 16 febbr. 2008 (pag. Lombardia)
Formigoni vorrebbe fare il ministro nel governo che verrà e portare anche a Roma il “modello Lombardia”. E, per capire di che modella si tratta, non c’è modo migliore che raccontare la storia del finanziamento pubblico alla scuola privata.
Il cosiddetto “buono scuola”, cioè un sussidio regionale alle famiglie degli studenti, fu erogato per prima volta nel 2001 e, da allora in poi, viene finanziato ogni anno con oltre 40 milioni di euro. Gli obiettivi di Formigoni erano chiari sin dall’inizio, cioè drenare risorse pubbliche a favore della scuola privata, settore dove, peraltro, la sua area politico-religiosa di riferimento è molto presente.
Ma, siccome a suo tempo intervenne il governo, contestando come costituzionalmente illegittimo il finanziamento esclusivo a favore degli alunni delle private, la legge regionale n. 1/2000 dovette poi stabilire che il buono scuola era accessibile agli studenti sia della scuola statale, che di quella non statale. E così, Formigoni ricorse a un trucco e i decreti applicativi istituirono un tetto di spesa per la retta scolastica, al di sotto del quale non si poteva fare domanda per il sussidio. E, guarda a caso, quel tetto escludeva esattamente la quasi totalità delle scuole pubbliche.
Di conseguenza, le famiglie degli alunni delle scuole pubbliche, cioè del 91,45% degli studenti lombardi, non hanno mai potuto accedervi. Infatti, prendendo l’anno scolastico 2006-2007, il 99,67% dei 45 milioni di euro assegnati è andato agli studenti delle private e, aggiungendo scandalo allo scandalo, buona parte dei sussidi è stata assegnata a famiglie che non ne avrebbero alcun bisogno. Cioè, il 47% è stato erogato a favore di famiglie che dichiarano al fisco un reddito annuo tra 47mila e 200mila euro. Per la cronaca, è utile ricordare che gli stanziamenti regionali per l’attuazione del diritto allo studio, destinati alla totalità degli studenti, raggiungono appena la misera cifra di 7 milioni di euro annui. (per i dati completi vedi su questo blog la news del 12 febbraio scorso).
Tuttavia, la nostra storia non finisce qui, perché quello che finora era un finanziamento pubblico della scuola privata nei fatti, in futuro lo sarà anche di nome. Ebbene sì, perché nel quadro dell’attuazione della legge regionale n. 19/2007 sull’istruzione, approvata con la benevola astensione del Pd e attualmente impugnata su molti punti davanti alla Corte Costituzionale, la disciplina dell’erogazione del buono scuola è cambiata in un particolare molto significante. Anzitutto, la legge 19 ha abrogato la norma del 2000, rinviando la regolamentazione di “buoni e contributi” ad atti amministrativi dell’esecutivo. Quindi, nel silenzio e senza dover nemmeno più informare il Consiglio, il 12 dicembre scorso la Giunta Formigoni ha licenziato la delibera n. 6114, dove afferma in modo esplicito che il buono scuola non vale per la scuola pubblica.
Inoltre, d’ora in poi, il sussidio cambierà nome, diventando “dote per la libertà di scelta”, e, dal prossimo anno scolastico, non verrà più erogato a posteriori, in quanto rimborso, bensì come “contributo preventivo”.
Qualcuno potrà obiettare che tanto non cambia nulla, visto che i soldi andavano alle private anche prima. Verissimo. Tuttavia, sarebbe un tragico errore non vedere il salto di qualità politico nella mossa di Formigoni. Cioè, è un chiaro segnale che il sistema di potere formigoniano ritiene che i tempi siano maturi per mettere in discussione apertamente e sfacciatamente il dettato costituzionale.
E Formigoni rischia pure di avere ragione, visto che l’unica voce che si è levata per denunciare il misfatto era la nostra, mentre il Pd è rimasto nel silenzio più totale. Ma, in fondo, anche questo fa parte del “modello Lombardia”.
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