Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 5 marzo 2008 (pag. Milano)
L’emendamento “ammazzaparchi” non c’è più. L’Assessore Boni ha dovuto ritirarlo in aula di fronte all’opposizione della sinistra e soprattutto delle forze della società civile lombarda.
La nostra soddisfazione è grande, perché è stata impedita un’ulteriore calata di cemento sui parchi lombardi. Perché questa era la ratio della norma voluta da Formigoni e dal partito degli affari.
Ma il pacchetto di modifiche della legge urbanistica regionale non prevedeva soltanto questa norma, bensì molto di più e, purtroppo, se ne’è parlato poco. Come ormai accade da oltre due anni, le continue modifiche della l.r. 12/2005 non sono ispirate al governo pubblico delle trasformazioni urbanistiche in atto, bensì alla tutela di interessi particolari, affaristici o politici.
E così, ad esempio, è stata varata una norma che favorisce gli interessi dei poteri forti, concedendo un aumento delle volumetrie nella misura del 15%, per quanto riguarda gli interventi edificatori sulle aree dismesse delle Ferrovie dello Stato. E non stiamo parlando di briciole, ma di uno degli affari del secolo, cioè di un milione di metri quadrati nella sola Milano.
Come d’abitudine, però, la legge 12 è stata utilizzata anche per fini che con l’urbanistica non c’entrano un bel niente, ma che fanno comodo alle campagne securitarie delle destre.
Ci sono dunque nuove regole, di carattere restrittivo, per l’insediamento dei “campi nomadi” e la contemporanea abrogazione dell’art. 3 della l.r. 77/89, cioè viene abrogato l’obbligo di “evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica” e di “facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale”.
Non manca, ovviamente, un altro cult leghista, con l’introduzione di una nuova regola che rende ancor più difficoltosa la costruzione di moschee. E così, dopo la norma “urbanistica” speciale del 2006, che aveva messo fuori legge pregare, senza permesso del Sindaco, in un luogo non considerato ufficialmente di culto, ora si vuole ostacolare persino la costruzione di nuovi luoghi di culto regolari.
In altre parole, questioni di carattere sociale o attinenti alla libertà religiosa vengono trasformati in problemi urbanistici e, per questa via, in questioni di ordine pubblico. Insomma, il solito squallido gioco del tanto peggio, tanto meglio.
Per questo, pur essendo soddisfatti per il ritiro dell’emendamento “ammazzaparchi”, occorre essere consapevoli che la battaglia per un governo pubblico e sostenibile delle trasformazioni urbanistiche è ancora lunga. In fondo, si tratta di stabilire chi decide: o i grandi costruttori oppure i cittadini e i lavoratori che abitano i territori.
Nessun commento trovato.