Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato (con altro titolo) su Liberazione del 26 aprile 2008
Formigoni non andrà a Roma e la Lombardia non tornerà alle urne in autunno. Sembra essere questa la conclusione del tormentone lombardo, sebbene la parola fine non sia ancora stata scritta. Ciononostante, occorre azzardare una prima riflessione, perché un tale esito avrebbe rilevanti conseguenze sullo scenario politico lombardo.
Anzitutto, saremmo di fronte a una sconfitta personale per il potente governatore. Non solo si è esposto parecchio, annunciando il suo trasloco nella capitale e candidandosi di fatto alla leadership futura del centrodestra, ma non è nemmeno la prima volta che tenta il salto nella politica nazionale. Tutti ricordano il suo progetto centrista della lista del presidente ai tempi delle elezioni regionali del 2005, poi naufragato a causa del veto berlusconiano. Oppure la lunga e inconcludente telenovela all’insegna del “vado, anzi non vado”, di cui il presidente-senatore si rese protagonista l’anno successivo.
Questa volta, però, la situazione appariva diversa. Il tutto era stato preparato con estrema cura, c’era persino un patto con la Lega, che sembrava d’acciaio, e il centrodestra ha stravinto le elezioni. Ma allora, come mai è andato tutto storto per il capo di Cl? Semplice, ai suoi due tradizionali talloni d’Achille, se n’è aggiunto un terzo, quello fatale. In altre parole, per fermare Formigoni forse non sarebbe stato sufficiente l’intreccio tra l’ostilità conclamata di Berlusconi, che da sempre vuole tenerlo lontano da Roma, e le resistenze silenziose del possente sistema di potere ciellino, preoccupato per il futuro dei suoi affari lombardi, se non fosse intervenuta la significativa affermazione elettorale della Lega.
Ebbene sì, perché il cambio di mestiere del presidente impone le elezioni anticipate e, in tal caso, sarebbe impossibile negare alla Lega il candidato presidente ed è prevedibile un nuovo rafforzamento elettorale del Carroccio. Considerato quanto già successo il 13-14 aprile in Veneto, dove la Lega ha cannibalizzato parte del tradizionale elettorato di Forza Italia, si capisce che questo scenario trova l’opposizione di Berlusconi.
Insomma, se l’esito dell’affaire Formigoni è quello ipotizzato e se la nostra analisi è fondata, allora gli ultimi due anni della legislatura regionale si preannunciano densi di contraddizioni, con una Lega che cerca di massimizzare il suo exploit elettorale e con un Formigoni indebolito e quindi costretto a qualche rilancio.
In fondo, un terreno interessante per le opposizioni per tentare di rimontare la china e presentarsi all’appuntamento con il 2010 con una proposta credibile di cambiamento. Ahinoi, le prime parole dei dirigenti lombardi del Pd non fanno sperare bene, visto che non trovano di meglio che reiterare le offerte di collaborazione con Formigoni. Quindi, per Rifondazione è ancora più importante non disperdere il tempo e affrontare da subito, nelle parole e nella pratica, la ricostruzione di una presenza e di una prospettiva della sinistra alternativa in Lombardia.