Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 14 giugno 2008 (pag. Milano)
Se ne parla poco e spesso soltanto per dovere, ma nel 2008 ricorre un duplice anniversario: sia la Costituzione italiana, che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo compiono 60 anni di vita. Ambedue sono figlie del loro tempo, dell’immane tragedia della seconda guerra mondiale e della liberazione dal nazifascismo, ed è proprio per questo che nei loro primissimi articoli affermano e codificano quel principio fondamentale e fondante che stabilisce l’uguaglianza degli esseri umani in dignità e diritti, senza distinzione alcuna.
Ma, appunto, se ne parla poco e la memoria si è fatta flebile. Vacilla terribilmente la consapevolezza che il principio di uguaglianza non è una gentile e buonista concessione nei confronti dell’altro, bensì la condizione sine qua non per la tenuta del nostro tessuto democratico e della possibilità di perseguire il progresso sociale. E così, sessant’anni dopo, come se fosse la cosa più normale, si parla di “emergenza rom” nella stessa maniera in cui si parla di “emergenza rifiuti”. E quei pochi –e per giunta divisi- che in questi giorni esprimono preoccupazione sembrano nella migliore delle ipotesi dei marziani.
Eppure, basterebbe leggersi con attenzione l’ordinanza governativa n. 3677 del 30 maggio scorso per sentire un brivido sulla schiena. Stiamo parlando dell’atto che nomina Commissario straordinario il Prefetto di Milano e che ne definisce compiti e poteri, in applicazione della dichiarazione dello “stato di emergenza” nomadi della durata di un anno.
Infatti, il primo compito del Commissario consiste nell’identificazione e censimento delle persone, di cittadinanza sia straniera che italiana, che abitano in “campi autorizzati” e “insediamenti abusivi”, attraverso rilievi segnaletici.
Per capire meglio cosa significa concretamente tutto ciò è opportuno richiamare alla memoria la primissima azione di censimento realizzata a Milano una settimana fa. In quella occasione toccò al campo autorizzato di via Impastato, abitato da un unico nucleo familiare, quello dei Bezzecchi, composto da 35 persone. Sono tutti cittadini italiani, residenti a Milano anche da oltre 40 anni e non risultano denunce o precedenti penali a loro carico. Eppure, per fotografare le carte d’identità rilasciate dal Comune di Milano –perché questo è stato fatto quel giorno!- alle ore 5.30 del mattino si erano presentati una settantina tra poliziotti, carabinieri e vigili, bloccando tutto l’insediamento e mettendo in fila i residenti come dei delinquenti.
Ma al di là delle modalità poliziesche, di per sé ingiustificabili e inquietanti, rimane il fatto che i dati personali così acquisiti vanno a confluire in un archivio speciale e separato, presso la Prefettura, compilato sulla base dell’appartenenza alle popolazioni rom e sinti. In altre parole, cittadini italiani e stranieri, anche se registrati regolarmente all’anagrafe cittadino, vengono schedati su base etnica.
Conclusa la schedatura, stando alla lettera dell’ordinanza governativa, si dovrà poi passare all’azione. Cioè, tutti i rom stranieri che potranno essere espulsi o allontanati, in base alle norme ancora in discussione nel parlamento, andranno cacciati via. Tutti gli altri, invece, andranno “trasferiti” in campi autorizzati, già esistenti o da costruire.
Insomma, se sei un rom o un sinti, per te ci sono solo due destini possibili: l’espulsione o la riduzione in un campo sul modello Triboniano, dove vivi da sorvegliato speciale, munito di bagde per poter entrare a casa tua e schedato in apposito archivio.
Ovviamente, siamo tutti consapevoli che le cose non andranno come dice il governo. Un po’ perché circa il 40% dei rom e sinti sono cittadini italiani e degli altri non tutti potranno essere espulsi, un po’ perché aprire nuovi “campi”, anche se autorizzati, non è molto popolare. Ma nel frattempo la criminalizzazione di un’intera popolazione troverà ulteriore legittimazione e la segregazione spaziale e culturale, anche di cittadini italiani, in base alla classificazione etnica diventerà politica dello stato. Sbagliamo a parlare di fantasmi del passato che bussano alla nostra porta?
Ma ciò che preoccupa di più in tutta questa vicenda è che così poca parte della società e della politica avverte, o voglia avvertire, la gravità di quello che sta succedendo, che non è semplicemente la diffusa ostilità nei confronti dei rom, bensì la rottura con il principio dell’uguaglianza.
Anche l’ordinanza n. 3677 è figlia del suo tempo, cioè del nostro tempo. E da questo punto di vista il dato più drammatico dell’oggi non è tanto lo spostamento a destra del baricentro della politica, quanto quella sorta di strisciante rivoluzione culturale, cioè il rovesciamento di egemonia, che lo rende possibile e potenzialmente duraturo.
Ogni ragionamento, forse, dovrebbe ripartire da qui.
qui sotto puoi scaricare l’ordinanza n. 3677 del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 maggio 2008
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