C’è qualcosa di imbarazzante e inquietante nell’attuale polemica sulla moschea di viale Jenner a Milano. A leggere le numerose dichiarazioni, a volte più simili a grida di guerra, sembra quasi che i fedeli musulmani siano felici di dover pregare sui marciapiedi, giornate di pioggia comprese. E così, quasi tutti fanno finta di non sapere che il centro culturale islamico sta tentando da anni di trovare un luogo diverso, più idoneo.
Infatti, più volte il Comune ha risposto picche alle proposte di trasferimento del centro. E il problema non erano tanto le valutazioni urbanistiche e tecniche, sempre discutibili, bensì gli autentici veti politici. Cioè, al Comune c’è chi teorizza che a Milano non debbano esistere luoghi di culto islamici e questo qualcuno si chiama Lega Nord.
La questione della moschea di viale Jenner si è quindi trascinata per anni, incancrenendosi sempre di più. E come sempre accade quando i problemi non vengono risolti, a un certo punto esplodono i conflitti. Beninteso, conflitti utilissimi per quei doppiogiochisti padani che sulla stampa si ergono a paladini dei residenti di viale Jenner, salvo poi impedire ogni trasferimento nelle segrete stanze di Palazzo Marino.
Oggi le istituzioni devono assumersi la responsabilità di porre fine a questi giochi pericolosi, prima che scappino di mano e diventino una sorta di scontro di religione in salsa meneghina. E fare questo significa smetterla di gridare semplicemente “no”, invocare generiche e sciocche delocalizzazioni oppure voler mandare i vigili a fare le multe, per invece guardare in faccia alla realtà: nel milanese ci sono ormai decine di migliaia di lavoratori di fede islamica, ma non esiste ancora un’infrastruttura di luoghi di culto adatta.
Milano deve dunque decidere se i fedeli musulmani debbano pregare in capannoni e per strada oppure se possono, come le altre fedi religiose, disporre di luoghi di culto normali e regolari. Se si decide per la prima, allora disagi e conflitti futuri sono assicurati, con la gioia della Lega. Se si decide per la seconda, allora le soluzioni sono a portata di mano. L’unica cosa che non si può fare è pretendere che un fedele, che sia musulmano, cattolico, ebreo o altro, smetta di essere tale e che non preghi più.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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