Di fronte alla crescente protesta di studenti, docenti e genitori il governo Berlusconi non trova di meglio che ritornare ai toni e alle minacce dei primi anni del 2000. E così, invece di prendere atto che i brutali tagli alla scuola pubblica e alle università non incontrano il consenso di larga parte dei cittadini, decide non solo di proseguire a colpi di decreto e fiducia, ma minaccia esplicitamente i manifestanti di reprimerli con la forza.
L’odierno annuncio di voler impedire la protesta democratica con l’uso delle forze dell’ordine non è peraltro un fatto isolato. Alcuni giorni fa, infatti, il Consiglio dei Ministri ha fatto proprio il progetto di Sacconi, teso a rendere sostanzialmente inapplicabile il diritto di sciopero nei servizi pubblici, compresa la scuola.
È netta l’impressione che il governo cerchi con ogni mezzo lo scontro frontale con il movimento, trasformandolo da fatto politico e sociale in un semplice problema di ordine pubblico. E quando un governo incita apertamente alla violenza, allora c’è qualcosa che non funziona più nel normale meccanismo democratico.
Ora occorre grande intelligenza da parte di tutto il movimento, al fine di non cascare nelle provocazioni che ora inevitabilmente arriveranno. Ma allo stesso tempo è inaccettabile piegarsi alle minacce. Anzi, proprio ora occorre intensificare e allargare la mobilitazione.
Ma c’è anche una responsabilità più ampia di tutte quelle forze, politiche e sociali, che nel nostro Paese hanno a cuore la libertà, comunque la pensino sul decreto Gelmini e sulla legge n. 133. Cioè, quella di manifestarsi subito e impedire che le forze dell’ordine vengano messe al servizio di una parte politica e dei suoi interessi.