Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 24 luglio 2007 (pag. Milano)
Luglio sta volgendo alla fine, le scuole sono chiuse e studenti, famiglie e insegnanti si apprestano a godersi le vacanze. Difficile che in un momento del genere possa esserci qualche attenzione a quello che accade nel Consiglio regionale lombardo. Eppure, è proprio per il giorno venerdì 27 luglio che il centrodestra ha imposto la discussione in Aula della sua controriforma del “sistema educativo di istruzione e formazione professionale” in Lombardia.
Una vera e propria porcata, visto che tutta questa improvvisa fretta non può trovare alcuna giustificazione valida. E’ evidente che una riforma di tale entità, anche se fosse approvata ora, non potrebbe produrre effetti concreti prima dell’anno scolastico 2008/2009, a meno che non si voglia sostenere che sia possibile rivoluzionare l’istruzione lombarda nel mese di agosto. A riprova di quanto affermato, basti ricordare che nel corso dell’approvazione definitiva del Pdl in Commissione, la maggioranza ha dovuto modificare in extremis due articoli (21 e 22), poiché questi facevano riferimento a due allegati semplicemente inesistenti. Si trattava delle definizioni dell’offerta formativa e del repertorio regionale, senza le quali la legge non può funzionare nemmeno in via ipotetica, e che ora dovrebbero essere prodotti entro il mese di ottobre.
Per capire la ragione di questo procedere alla maniera dei ladri di polli, bisogna dunque guardare al merito dell’operazione formigoniana. In primo luogo, il centrodestra intende rilanciare in salsa padana la Riforma Moratti, proponendo un modello di scuola basato su canali differenziati e sulla vecchia ricetta dell’avviamento precoce al lavoro per gli studenti provenienti dai ceti popolari, peraltro in netto contrasto con gli obiettivi dell’innalzamento dell’obbligo d’istruzione a 16 anni, introdotto dal Parlamento nell’autunno scorso. In secondo luogo, si vorrebbe estendere anche all’istruzione tecnico-professionale il sistema di piena parificazione tra pubblico e privato già vigente nella formazione professionale lombarda sin dal 2001 e che tanti danni ha provocato. Il finanziamento di tale sistema sarebbe garantito attraverso il meccanismo della quota capitaria -destinato agli istituti- e la generalizzazione del buono scuola -destinato alle famiglie delle scuole private-. I singoli istituti sarebbero, inoltre, liberi di selezionare il proprio personale docente come meglio credono, senza ricorrere a fastidiose graduatorie. Infine, tale progetto apre un palese conflitto di competenza con lo Stato -la Lombardia ha già impugnato l’articolo 13 del decreto Bersani-, mentre contestualmente marginalizza il ruolo di Province e Comuni. Insomma, il solito federalismo alla lombarda, che potremmo tradurre con la formula “tutto il potere a Formigoni”.
Un attacco frontale alla scuola pubblica, una riproposizione nemmeno tanto mascherata della devolution in materia scolastica e la solita pioggia di denaro a favore di un privato che campa sulle sovvenzioni pubbliche. Impensabile che un siffatto progetto possa essere approvato senza problemi e conflitti, se soltanto il dibattito si svolgesse alla luce del sole e con le scuole aperte. Ecco la ragione vera per la quale si tenta di farlo di nascosto, il 27 luglio, quando i cittadini lombardi sono occupati in altro.
Facciamo dunque appello a tutte le organizzazioni del mondo della scuola a far sentire la propria voce. Ma chiediamo anche all’Ulivo in Regione di abbandonare la linea della benevola astensione e di battersi unitariamente contro la porcata estiva di Formigoni.
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