Anche la più scapestrata delle repubbliche presidenziali si tiene stretta una regola d’oro: nessun presidente può fare più di due mandati. Ma qui siamo in Lombardia, c’è sì il presidenzialismo, ma non quella regola d’oro, visto che praticamente nessuno si scandalizza che Roberto Formigoni ora corra per il 4. (quarto) mandato consecutivo. Eppure, ce ne sarebbe di cui preoccuparsi, perché qui, dopo 15 anni di ininterrotta occupazione di potere da parte di Comunione e Liberazione, la confusione tra privato e pubblico, tra partito e istituzione è ormai totale.
E così, succede pure che i capi dell’amministrazione regionale non riescano neanche più a distinguere i ruoli delle diverse parti sociali e che si mettano a organizzare direttamente una petizione tra il personale, al fine di ribaltare ex post l’esito sgradito della consultazione dei lavoratori sul contratto decentrato.
Ma vediamo la dinamica dei fatti. Nell’ultima settimana di gennaio si erano tenute 12 assemblee del personale, convocate per decidere se l’ipotesi di contratto decentrato, firmato da sole 3 sigle sindacali sulle 7 presenti nell’ente, andava bene o no. La maggioranza dei lavoratori ha però detto di “no”.
A questo punto, come insegna la logica, l’esperienza e il buon gusto, ci sono soltanto due possibili strade. Si riapre la trattativa con l’amministrazione oppure, se si ritiene che sia necessaria una consultazione più ampia, si convoca un referendum tra i lavoratori.
Invece no, non è accaduta né l’una, né l’altra cosa, ma a partire dal 1° febbraio è iniziata a circolare sui computer dei dipendenti regionali una curiosa raccolta firme per una petizione che chiede di ignorare il risultato delle assemblee e di applicare l’intesa bocciata. I toni sono i soliti delle polemiche sindacali -cioè se non si firma quella intesa così com’è, allora non avrai nulla ecc.-, con l’aggiunta creativa che se almeno 500 lavoratori sottoscriveranno la petizione, l’esito delle assemblee verrebbe annullato.
Ora, è già piuttosto curioso che alcuni sindacalisti battuti nelle assemblee, si inventino petizioni, invece che fare un referendum democratico, ma se poi si scopre che entra in campo direttamente addirittura la controparte, per dare una mano alla raccolta firme e facendo intendere che con 500 firme sono disposti a truccare il gioco, allora siamo al di là del bene e del male. Siamo, appunto, alla degenerazione prodotta da 15 anni di occupazione del potere.
Infatti, oltre le molte denunce, di fonte sindacale, circa un coinvolgimento diretto dell’amministrazione nell’operazione, ci sono anche degli elementi più concreti, come i messaggi che invitano a firmare la petizione, provenienti direttamente dall’indirizzo di posta elettronica di una funzionaria dell’ufficio personale, peraltro addetta alle relazioni sindacali e regolarmente presente al tavolo delle trattative per conto dell’amministrazione.
Insomma, una vicenda che, nelle sue modalità illecite, ricorda molto quella del convegno con il Ministro Gelmini dell’ottobre 2008, poi annullato in seguito alle nostre denunce, quando l’ufficio personale tentò di precettare 150 dipendenti in orario di lavoro per fare la claque al Ministro.
La morale di questa storia è che il ventennio ciellino è insostenibile. Ma la conclusione immediata è che Formigoni deve dire ai suoi di rispettare le regole, almeno quelle minime. E, soprattutto, che le decisioni dei lavoratori, anche se non piacciono alla corte del principe, vanno rispettate.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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