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IL FORMIGONISMO SCRICCHIOLA, IL PD GLI DA' OSSIGENO. LA LOMBARDIA TRA ARROGANZA DEL POTERE E OCCULTAMENTO DELLA CRISI
IL FORMIGONISMO SCRICCHIOLA, IL PD GLI DA' OSSIGENO. LA LOMBARDIA TRA ARROGANZA DEL POTERE E OCCULTAMENTO DELLA CRISI
di lucmu (del 09/03/2010, in Politica, linkato 1163 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 9 marzo 2010
 
1 marzo 2010: l’ufficio elettorale presso la Corte d’Appello di Milano dichiara inammissibile la lista regionale di Formigoni perché troppe firme presentate non sono regolarmente autenticate. Si mormora che il “casino” sia dovuto a una modifica in extremis del listino, perché oltre alle candidature premio già presenti, cioè il fisioterapista del Milan, l’igienista orale di Berlusconi e  il geometra di Arcore, andava aggiunto anche un tal Riparbelli, addetto alla gestione del palco del premier.
5 marzo 2010: per prima volta manifestano insieme i lavoratori di tutte le aziende di telecomunicazioni del milanese, dall’Italtel alla Nokia Siemens Network. Un settore tecnologicamente maturo e strategicamente decisivo, ma in profonda crisi a causa delle delocalizzazioni e dell’assenza di una politica industriale. I lavoratori sono più di mille e ci sono pure molti sindaci dell’hinterland. Hanno chiesto un incontro a Formigoni e all’Assessore all’Industria, tal Romano La Russa (unica qualità conosciuta: essere il fratello del Ministro), ma vengono bellamente snobbati. La vicenda delle liste elettorali non c’entra, perché succede così abitualmente davanti al Pirellone.
Infatti, l’elenco dei lavoratori snobbati è sterminato e comprende anche gli operai dell’ex-Alfa di Arese, sulla cui pelle Formigoni aveva fatto buona parte della sua campagna elettorale di cinque anni fa.
Due date, due eventi. Il primo è diventato un fatto politico dirompente a livello nazionale, il secondo è stato ignorato persino dalla stampa locale. Ma nel loro insieme rispecchiano fedelmente lo stato delle cose nella più ricca e popolosa regione italiana, dopo 15 anni di ininterrotta occupazione del potere da parte dello stesso uomo, Roberto Formigoni, e della sua lobby politico-affaristica, cioè Comunione e Liberazione.
Arroganza del potere, sciatteria politica, regole scritte e riscritte ad hoc e su misura fanno il paio con l’occultamento della gravità della crisi economica e occupazionale. In altre parole, questi giorni non sono altro che una sintesi istantanea del “modello Formigoni” realmente esistente, qui e oggi: strapotente e strafottente più che mai, ma anche sempre più ammaccato, corroso da una montante questione morale, e sostanzialmente afono di fronte crisi.
In questa legislatura si è rafforzata ulteriormente il potere degli uomini di Cl, che ormai predominano non soltanto nell’apparato amministrativo in senso stretto, ma in tutto il sistema regionale, e che sono tra i principali beneficiari della privatizzazione assistita dei servizi, con la sua equiparazione tra pubblico e privato (sanità, formazione professionale, istruzione, servizi al lavoro, edilizia sociale ecc.).
Dall’altra parte, era proprio la consapevolezza di dinamiche di questo tipo a motivare storicamente il principio base del presidenzialismo: il limite dei due mandati. Ma qui non siamo negli Stati Uniti, in Francia o in Brasile. Qui siamo nel paese del “partito del fare” e quindi chi se ne frega di formalità burocratiche come il numero dei mandati o la separazione dei poteri. Insomma, il “decreto interpretativo” di Berlusconi non è proprio un’innovazione.
Affari pubblici e interessi privati sono oggi terribilmente confusi al Pirellone ed è da qui che nasce quella questione morale, che va da vicende come quella del finanziamento pubblico alla scuola privata, denunciata soltanto da noi, fino al numero crescente di inquisiti e inchieste.
Questione morale, liste con firme irregolari, immobilismo di fronte a un fatto epocale come la crisi, tutto indica che dietro la corazza apparentemente impenetrabile qualcosa inizia a scricchiolare; che il modello è sì egemone e potente, ma che ha perso vigore, spinta.
Siamo di fronte a una situazione delicata. Perché la contraddizione tra l’inizio della fase senile, mitigata soltanto dalla tenuta leghista sul fronte destro, e l’assenza di un’alternativa credibile, di una via d’uscita a sinistra, è potenzialmente pericolosa.
Per questo avevamo proposto al Pd un confronto unitario, che mettesse al centro due punti: la questione morale e il lavoro. La risposta è stata Penati, la polverizzazione dell’opposizione e il continuismo.
A questo punto, avendo il Pd regalato a Formigoni la certezza della rielezione, è decisivo che il prossimo Consiglio veda la presenza di un’opposizione che faccia il suo mestiere senza balbettii e che contribuisca a preparare il futuro. E questo significa, molto concretamente, lavorare perché la Federazione della Sinistra superi lo sbarramento del 3%.
 
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