Giovedì 20 maggio lo Statuto dei Lavoratori, cioè la legge n. 300/70, compie 40 anni di vita. Era stata una conquista epocale per i lavoratori e le lavoratrici italiani, perché aveva fissato per prima volta nel nostro ordinamento dei principi come quello del divieto di licenziamento senza giusta causa (art. 18).
Al momento della sua approvazione, in conseguenza dell’”autunno caldo” del 1969, i settori più combattivi del movimento dei lavoratori consideravano lo Statuto dei Lavoratori troppo moderato. Oggi, con i tempi decisamente cambiati, lo Statuto dei Lavoratori appare invece come una delle ultime dighe di civiltà di fronte alla prepotenza padronale.
Infatti, lo Statuto è sotto attacco perenne delle organizzazioni padronali e delle destre (e, ahinoi, non solo), sebbene sia già un po’ ammaccato a causa della dilagante precarizzazione del lavoro e della vita, che di fatto ha reso inapplicabile una serie di principi fondanti della legge 300/70 per un numero crescente di lavoratori e lavoratrici, specie quelli più giovani.
Ma tutto ciò sembra non bastare e lo Statuto dei Lavoratori continua ad essere bersaglio di scorrerie ideologiche e, soprattutto, di operazioni normative. Proprio in questi giorni, ad esempio, quando si avvicina il 40° anniversario, in Parlamento si discute del “collegato lavoro”, che dopo essere stato rimandato alle camere dal Presidente della Repubblica (a causa dell’uso truffaldino dell’arbitrato per neutralizzare l’articolo 18), ora rischia di tornare in versione persino peggiorata. E l’obiettivo fondamentale resta sempre il medesimo: la libertà di licenziare, cioè l’aggiramento dei diritti dei lavoratori fissati nello Statuto, in particolare quello del divieto di licenziamento senza giusta causa.
Insomma, la crisi viene utilizzata per riproporre con determinazione e brutalità quelle ricette che hanno contribuito in maniera decisiva a causare la crisi stessa: libertà di fare quello che vogliono per i capitali e gli speculatori e riduzione di diritti e potere d’acquisto per i lavoratori.
E in mezzo a tutto questo ci sono poi le persone in carne ed ossa, gli uomini e le donne e loro famiglie che rischiano il posto di lavoro e, dunque, la fonte di reddito. Molti di loro non ci stanno, reagiscono, lottano e chiedono l’intervento delle istituzioni, non semplicemente per l’elargizione di qualche ammortizzatore sociale, ma per la difesa dei posti di lavoro.
Molti di loro, in questi anni, hanno bussato ripetutamente alle porte del Pirellone. Pochissimi hanno ottenuto risposte sensate. E oggi, sono ancora lì. Ieri gli operai e le operaie della Maflow di Trezzano sul Naviglio, hanno montato un gazebo in piazza Duca D’Aosta, davanti al Pirellone e continuano a stare lì. Sono passati anche quelli dell’Agile (ex-Eutelia) di Pregnana Milanese, vittime di speculatori e banditi economici senza scrupoli.
E domani 20 maggio, anche grazie all’iniziativa dei sindacati Fiom e Cub, si sono dati appuntamento alle ore 10.00, insieme agli operai metalmeccanici in lotta di molte aziende in crisi del milanese (Mangiarotti Nuclear, Lares, Metalli Preziosi, Novaceta, Marcegaglia ecc.), per una manifestazione.
Chiedono per l’ennesimo volta una risposta e un’iniziativa forte alle istituzioni, a partire dalla Regione. E questo sarebbe già sufficiente per motivare una presenza solidale domattina, anche se solo per alcuni minuti. Ma il 20 maggio, appunto, è anche il 40° anniversario dello Statuto dei Lavoratori e non c’è modo migliore di ricordare che i diritti non si toccano che sostenere la mobilitazione degli operai delle aziende in crisi.
Appuntamento: giovedì 20 maggio, ore 10.00, in piazza Duca D’Aosta (davanti al Pirellone)
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