Esprimo la mia totale ed incondizionata solidarietà alla Fiom e agli operai della Fiat che oggi scioperano per quattro ore in tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat, per esigere il ritiro dei quattro licenziamenti politici, tre a Melfi e uno a Torino, e il rispetto degli accordi aziendali.
Quanto sta avvenendo in Fiat, da Pomigliano in poi, non è una questione aziendale, bensì una questione generale. E se qualcuno avesse ancora dei dubbi a riguardo, sarebbe sufficiente guardare al tifo da stadio che si è scatenato a favore della guerra di Marchionne da parte del Governo, di Confindustria e finanche dei lacchè delle segreterie di Cisl e Uil.
Oggi, come fu una volta, quello che accade in Fiat è destinato a fare scuola nel paese. Peraltro, anche Marchionne fa come una volta e, dismesso l’elegante abito liberal, ripropone il più antico e solido dei principi padronali: cioè, “qui comando io e se non ti piace ti licenzio”.
Nei quattro licenziamenti imposti dalla Fiat non c’è nemmeno l’ombra della giusta causa. L’impiegato di Mirafiori ha fatto quello che qualsiasi impiegato in giro per l’Italia e il mondo fa abitualmente, cioè ha mandato un po’ di mail ai colleghi di lavoro per mezzo della rete aziendale. Ma lo ha fatto con il testo degli operai dello stabilimento polacco della Fiat.
I tre licenziati di Melfi, invece, sono accusati di sabotaggio, semplicemente perché avevano scioperato. Insomma, se scioperi sei un sabotatore e quindi vai licenziato. In fondo, lo stesso principio introdotto nel contratto della vergogna di Pomigliano.
Quattro classici licenziamenti politici, come si faceva una volta, che non sembrano scandalizzare i tifosi di Marchionne. Così come non scandalizzano nemmeno altre cose che succedono contestualmente in Fiat, come il taglio del salario accessorio o il fatto che si manda una parte degli operai in cassa integrazione, mentre a quelli rimasti si chiede un aumento dei ritmi di lavoro, affinché non diminuisca il volume di produzione.
No, la partita è generale. Si tratta di ristabilire il comando assoluto del padrone, in Fiat e dappertutto. E quindi bisogna anzitutto spezzare e disarticolare quei sindacati, in primis la Fiom, che fanno ancora il loro mestiere, che sarebbe quello di rappresentare gli interessi dei lavoratori e non di compartecipare ai buffet nel sottobosco governativo e confindustriale.
A maggior ragione, non sono giustificati e giustificabili i troppi silenzi e balbettii che accompagnano il tifo attivo di centrodestri, leghisti, confindustriali e collaborazionisti.
E per questo, proprio oggi, occorre schierarsi e dire chiaro e tondo che si sta dalla parte della Fiom e degli operai che non si piegano e che Marchionne deve ritirare i licenziamenti politici.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Nessun commento trovato.