Tanto tuonò che… non successe nulla. Infatti, dopo i roboanti annunci del vicepresidente ed assessore regionale, il leghista Andrea Gibelli, e del presidente del Consiglio regionale, il leghista Davide Boni, che dicevano di voler costringere i circa 3mila dipendenti regionali a presentarsi al lavoro e a tenere aperti gli uffici il 17 marzo prossimo, giorno festivo causa 150° anniversario dell’unità d’Italia, il tutto finirà, forse, con l’apertura al pubblico dell’aula consiliare e con la conseguente presenza al lavoro di qualche pugno di lavoratori, retribuiti per l’occasione con la maggiorazione da straordinario festivo.
In realtà, era ovvio e giusto che finisse così, perché ogni altra soluzione sarebbe stata non solo illegale, ma anche un autentico furto ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici, tirati in ballo, loro malgrado, sin dalla prime avvisaglie di questa stucchevole polemica sul 17 marzo festivo.
Ma riepiloghiamo velocemente i contorni di questa assurda vicenda, tralasciando in questa sede ogni considerazione sull’opportunità o meno di scatenare una gazzarra secessionista nel 150° anniversario dell’unità d’Italia. E sorvoliamo pure sul piccolo particolare che è la Lega a tenere in vita quel Governo Berlusconi che ha deciso in autonomia di dichiarare il 17 marzo giornata festiva.
Orbene, nonostante le quisquilie di cui sopra e il fatto che a nessuno sia passato per la testa di chiedere un parere ai lavoratori, questi ultimi si sono ritrovati da subito in mezzo alla bufera politico-mediatica, facendo la figura di quelli che in piena crisi vogliono fare il ponte invece che lavorare.
A dare il via era stata l’immancabile presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che di fronte all’annuncio berlusconiano di proclamare festa il 17 marzo aveva gridato allo scandalo, sottolineando che in piena crisi non era possibile togliere giorni alla produzione (perché si sa che quei fannulloni di lavoratori avrebbero poi pure saltato il venerdì 18 marzo) e gravare le imprese con nuovi costi.
Una Marcegaglia in pieno stile Marchionne, insomma, improvvisamente dimentica dei tanti giorni di inattività a cui sono costretti moltitudini di lavoratori e lavoratrici a causa della disoccupazione giovanile e della cassaintegrazione oppure del fatto che quest’anno ben due festività, cioè il 25 aprile e il 1° Maggio, coincidono con dei giorni festivi e quindi sono “guadagnati” per la produzione.
Infine, va aggiunto che lo stesso decreto del Governo Berlusconi (vedi allegato) non regala un bel niente ai lavoratori, poiché prevede sì l’introduzione, limitatamente all’anno 2011, del giorno festivo del 17 marzo, ma eliminando contestualmente la “festività soppressa” del 4 novembre. In altre parole, nessun onere finanziario per gli imprenditori privati e la pubblica amministrazione e nessun guadagno per i lavoratori dipendenti.
Ciononostante, la Marcegaglia aveva da subito incassato l’appoggio del capo della Cisl, Bonanni, che nemmeno in questa occasione si era ricordato che sulla carta risulta ancora essere un sindacalista. Ma soprattutto ha suonato la carica la Lega, in primis Calderoli, alla quale non era sembrato vero di poter spostare l’attenzione dallo stato pietoso in cui versa il suo Governo e riproporre l’evergreen della secessione.
E con l’offensiva leghista sono finiti nel mirino in particolare i lavoratori pubblici, chiamati a festeggiare lavorando in un giorno festivo. Nel Consiglio regionale lombardo il presidente Boni, che da tempo pratica un’interpretazione tutta sua del ruolo di presidente dell’assemblea legislativa, grazie anche all’assenza di contrasto da parte di chi dovrebbe fare opposizione, ha fatto partire persino delle strampalate circolari interne con le quali intimava ai dipendenti di recarsi al lavoro il 17 marzo.
Alla fine, comunque, ha dovuto fare una poco gloriosa retromarcia, smentito pubblicamente da Formigoni e, soprattutto, dalla lettera del decreto-legge del Governo di cui la Lega fa parte.
Insomma, il tutto era iniziato come un triste teatrino ad uso e consumo di una Lega che sta al governo da una vita, ma fa finta di stare su Marte ed è finito come meritava di finire, cioè con una farsa. Tuttavia, chissà perché non riusciamo a ridere e perché abbiamo la sensazione che ancora una volta il prezzo della farsa, in termini di immagine, non la pagheranno i responsabili, ma quelli che l’hanno involontariamente subita, cioè i lavoratori.
Quindi, almeno proviamo a raccontare e diffondere la storia vera che si cela dietro la farsa, perché una volta tanto, finalmente, inizino a pagare i responsabili.
Luciano Muhlbauer
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il decreto-legge del Governo sulla festività del 17 marzo 2011
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