Ma che cavolo devono fare i lavoratori per essere presi in considerazione? Eppure, di lavoro si parla tutti i giorni, per dire che bisogna “riformare”, “licenziare” (pardon, “aumentare la flessibilità in uscita”), “essere più produttivi” e così via. Ne parlano Ministri, Segretari, Commissari, Presidenti, Leader ed Opinion Maker, ma trovare sui media il punto di vista e la voce dei diretti interessati è compito davvero arduo. Insomma, sembra quasi che il non essere un lavoratore dipendente-precario-esodato-disoccupato-eccetera sia diventato un prerequisito per poter disquisire di lavoro.
Sono troppo tranchant? Troppo pessimista? Temo di no, perché stamattina, nonostante tutto, sono rimasto lo stesso di stucco quando sui giornali non ho trovato traccia della straordinaria mobilitazione di ieri dei lavoratori della Sirti. E non sto parlando delle pagine nazionali, bensì di quelle milanesi. E nemmeno della prima pagina locale, ma di una pagina qualsiasi.
Quello che è successo ieri a Milano sarebbe, invece, degno di essere raccontato e costituisce senz’altro una notizia. Ma in molto pochi hanno deciso di farlo: qualche radio amica, come Radio Popolare o Radio Onda d’Urto, alcune tv locali e il Tgr della Rai, che conferma una sua sensibilità sui temi del lavoro. Per il resto, appunto, silenzio totale. E allora, ci provo io a restituire in poche parole quello che è accaduto a Milano.
Ieri c’è stato lo sciopero nazionale del gruppo Sirti S.p.A. con manifestazione nazionale a Milano (vedi post di ieri su questo blog). La Sirti si occupa di reti di telecomunicazioni ed affini e impiega circa 4mila dipendenti. Troppi, secondo l’azienda, che sostiene che la crisi la costringe a ridurre il personale, ma tutti sanno che in realtà vorrebbe sostituire una parte dei dipendenti regolari con dei subappalti. Quindi, il 12 aprile scorso l’azienda ha respinto tutte le proposte sindacali, cioè contratti di solidarietà e cassaintegrazione a rotazione, e annunciato ben 1000 licenziamenti, di cui 200 nel milanese. È così che si è arrivati allo sciopero di ieri, il cui obiettivo era riaprire la trattativa e far ritirare i licenziamenti.
Ebbene, lo sciopero è riuscito alla grande, come si era capito subito guardando la piazza. Poco dopo le 10.00 il corteo si è mosso da piazzale Loreto ed ha imboccato via Padova. Erano un migliaio di lavoratori Sirti circa, provenienti da tutta Italia. C’erano pure quelli che di solito non scioperavano. Insomma, un quarto dei dipendenti del gruppo era in piazza. E questa sarebbe già una prima notizia, di cui la “grande stampa” non si è accorta, ma in cambio la Questura sì. Infatti, c’era uno schieramento antisommossa degno di un raduno di tifosi esagitati, ma assolutamente fuori luogo ieri.
La seconda notizia, per Milano, sarebbe che il corteo ha percorso via Padova, cioè quella parte della città che ai tempi decoratiani veniva additata come simbolo del degrado e dell’insicurezza, ma che poi si era riconquistata la sua dignità, ribellandosi civilmente alla follia del coprifuoco imposto dall’allora Sindaco Moratti. Saranno decenni che via Padova, zona popolare e multietnica, non vedeva più una manifestazione di lavoratori. E ieri ne ha vista una molto bella, combattiva e arrabbiata, ma anche colorata e comunicativa, grazie soprattutto ai lavoratori provenienti dalle sedi di Napoli, e ad assoluta prevalenza di bandiere Fiom.
La terza notizia è che la mobilitazione non è affatto finita con l’arrivo a destinazione del corteo, cioè la sede centrale della Sirti in via Stamira d’Ancona (tra via Padova e v.le Monza). L’obiettivo era riaprire le trattative e quindi è iniziato un assedio rumoroso, ma pacifico. Una delegazione sindacale è entrata nella sede poco prima delle 13.00, per uscirne soltanto moltissime ore più tardi: cioè, all’alba di oggi. Nel frattempo, in strada il presidio continuava, tutta la notte, e soltanto stamattina alle 8.00 sono ripartiti gli ultimi pullman.
Alla fine, e questa è la quarta notizia, la mobilitazione ha ottenuto un risultato: l’azienda è stata costretta a risedersi al tavolo di trattativa e accettare di ridiscutere delle richieste sindacali. Non c’è ancora alcun accordo, perché le parti hanno deciso di aggiornare la trattativa a lunedì prossimo, in Assolombarda. Però, si può guardare a quella scadenza con un moderato ottimismo.
Insomma, non c’è proprio alcuna giustificazione per questo silenzio assordante da parte della stampa, se non quella deformazione culturale che riduce il lavoratore e la lavoratrice a mera comparsa del teatrino della politica. In tutto questo c’è un segno dei tempi, ma vi è anche molta ipocrisia e malafede. Comunque sia, è proprio in giornate come quelle di ieri che si ritrova l’antidoto a questo stato di cose. Basta volerlo vedere e condividere.
Luciano Muhlbauer