Tutta colpa di quei disgraziati di lavoratori che scioperano? Sembrerebbe proprio di sì, leggendo ed ascoltando editoriali, dichiarazioni e ammonimenti che piovono da tutte le parti dopo la giornata di sciopero del trasporto pubblico locale di ieri, con i momenti di caos a Milano.
Beninteso, se ieri ti trovavi sulla linea rossa dalle parti di Lima poco prima delle 18.00, hai passato un’esperienza difficile e forse oltre l’incazzatura ti sei preso anche uno spavento. Chi scrive era più fortunato, poiché a quell’ora si trovava sì nelle vicinanze, ma sulla gialla e sulla verde. Tuttavia, è bene ricordare che il fatto che ha dato il la al processo pubblico contro gli scioperanti, cioè il blocco del convoglio a Lima, non è affatto ascrivibile ai lavoratori. In fondo, è costretto a riconoscerlo lo stesso Corsera, che in prima pagina nazionale grida “Uno sciopero così non è da Paese civile”, ma poi in fondo al suo articolo di cronaca in pagina milanese scrive: “Ma stavolta i sindacati non c’entrano. La fascia ‘protetta’ è stata rispettata e, anzi, tutti i macchinisti hanno garantito il servizio della Rossa ben oltre le 18”.
Ma appunto, quello che conta, quello che fa tendenza sono le prime pagine ed i titoli. E qui il Corsera ha fatto scuola. Già ieri sera qualche direttore di Tg aveva iniziato a puntare severo il dito contro gli autoferrotranvieri in sciopero, oggi poi sono seguite le dichiarazioni politiche. L’indagato Formigoni e il suo assessore ai trasporti, Cattaneo, hanno immediatamente riscoperto il diritto alla mobilità dei pendolari, cioè di coloro che da anni protestano invano con la Regione a causa dei continui disservizi, sostenendo che bisogna trovare “altre modalità” e “rivedere qualche regola”. Il presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi, da parte sua, ha annunciato un’inchiesta sulla regolarità degli scioperi, mentre alla fine della fiera anche qualche assessore comunale milanese, come Chiara Bisconti, si è fatto contagiare dalla febbre, invocando un “ripensamento delle modalità di sciopero”.
Pochi, anzi pochissimi, hanno ritenuto necessario ricordare che i lavoratori non si divertono quando scioperano, anche perché rinunciano al salario per quelle ore. E soprattutto quasi nessuno ha puntato il dito sulla ragione di questo sciopero, cioè il fatto che il loro contratto attende il rinnovo da oltre cinque (5) anni. E, non a caso, le adesioni allo sciopero di ieri sono state altissime in tutto il paese.
Già, è molto più facile e comodo prendersela con i lavoratori in sciopero e additarli come responsabili di tutti i mali, piuttosto che adoperarsi perché venga rinnovato il contratto e per fare una seria battaglia, anche istituzionale, per contrastare i continui tagli sulla voce “trasporto pubblico locale”. Certo, è più facile e comodo, ma è anche tremendamente ipocrita, perché alla fine questi atteggiamenti non risolveranno neanche mezzo problema e finiscono soltanto con mettere in discussione un altro pezzo di diritti in nome dell’emergenza.
E in questo senso la vicenda è paradigmatica di un clima, di un momento. Basti guardare cosa succede ad esempio all’ospedale San Raffaele, quello portato al fallimento dal malaffare di Don Verzé e soci e ciononostante destinatario per lunghissimo tempo di fiumi di denaro pubblico, grazie agli amici Berlusconi e Formigoni. E ora il conto lo dovrebbero pagare i lavoratori, con il licenziamento e/o con una riduzione salariale. E siccome i lavoratori giustamente non ci stanno a pagare il conto altrui e minacciano sciopero, allora vengono accusati di essere irresponsabili eccetera, magari anche da uomini della squadra di Formigoni…
Insomma, purtroppo sempre la solita e insopportabile storia: alla fine è sempre colpa dei lavoratori.
Luciano Muhlbauer
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