Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Volevano condanne forti ed esemplari contro i lavoratori e sindacalisti per gli scioperi alla Bennet di Origgio (VA) del 2008, ma la sentenza di primo grado emessa ieri 7 luglio dal Tribunale di Busto Arsizio è una sostanziale vittoria per i lavoratori. Certo, ci sono anche le quattro condanne a 2 mesi, con sospensione della pena, per minacce e ingiurie, ma le 16 assoluzioni e, soprattutto, la bocciatura della tesi centrale dell’accusa, cioè che scioperi e picchetti fossero un reato da sanzionare, rappresentano indubbiamente una notizia positiva per quanti si battono per i diritti dei lavoratori nel settore della logistica.
La situazione di pesante sfruttamento e di sistematica elusione delle più elementari regole del diritto del lavoro che predomina nel settore della logistica, rende infatti estremamente difficile la stessa sindacalizzazione, figuriamoci l’organizzazione di vertenze e lotte. Nei poli logistici e nella movimentazione merci della grande distribuzione lo sciopero è de facto fuorilegge, sebbene sia una diritto costituzionalmente tutelato.
Beninteso, formalmente è tutto in regola, grazie a quel micidiale sistema di appalti e subappalti, per cui l’azienda (Granarolo, Ikea, Bennet o comunque si chiami) non assume direttamente i facchini, ma appalta invece alcune fasi di lavoro a delle cooperative. Così,  quando i facchini della cooperativa X scioperano e si blocca quindi la movimentazione delle merci nell’azienda Z, allora quest’ultima mobilita semplicemente un’altra cooperativa, che chiamiamo Y –magari controllata dagli stessi che controllano anche la cooperativa X-, per garantire il “servizio” che la cooperativa X non riesce più a garantire. Facendo così, i lavoratori in sciopero della cooperativa X diventano una sorta di paria, dei senza diritti, che sostano abusivamente all’ingresso dell’azienda Z, impedendo in maniera illegale l’ingresso delle merci ed ostacolando il diritto al lavoro dei facchini della cooperativa Y.
Questa dinamica, con le tante possibili varianti sul tema, la troviamo regolarmente in praticamente tutte le lotte nel settore della logistica di questi ultimi anni. E quindi, anche la risposta tende ad essere normalmente quella repressiva, dalle botte di polizia e carabinieri, come a Basiano, ai fogli di via per sindacalisti, passando per i licenziamenti politici e i pestaggi paramafiosi. È un mondo duro, esposto alle infiltrazioni malavitose e dove sembra di essere tornati indietro nel tempo, agli albori del movimento sindacale. Ma è un mondo al servizio dei modernissimi interessi dei padroni della logistica e della grande distribuzione.
Ecco, la vicenda Bennet (grande distribuzione) fa parte di quel mondo. Lavoratori, sindacalisti e persone solidali, secondo l’accusa, avrebbero dovuto pagare caro, anche in termini di risarcimento monetario, il fatto di aver lottato e scioperato. Il processo e il giudice hanno detto invece un’altra cosa, assolvendo tutti per le accuse relative alle lotte sindacali, picchetti compresi.
Dal 2008 ad oggi la sindacalizzazione nella logistica ha fatto grandi passi avanti, grazie all’impegno di alcuni sindacati di base (quelli confederali brillano invece per assenza o peggio) e alla determinazione dei lavoratori del settore, spesso in maggioranza migranti. Ma moltissima strada è ancora da fare, poiché continua a prevalere la risposta repressiva e l’assenza di diritti. E anche larghissima parte del mondo politico fa finta di non vedere, quando non si schiera apertamente contro le lotte dei facchini, rendendosi di fatto complice di questa allucinante situazione.
Anche per questo, la sentenza sul caso Bennet è un piccolo ma prezioso segnale.
 
Luciano Muhlbauer
 
Per saperne di più sul caso Bennet leggi questi comunicati del S.I.Cobas: Solidarietà agli imputati per la lotta alla Bennet di Origgio e Comunicato: sulla sentenza del processo di Origgio
 
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È partita la prima class action contro il discriminatorio sistema di finanziamento pubblico della scuola privata che vige in Lombardia. Concretamente possono parteciparvi tutti i genitori di studenti delle scuole pubbliche che nell’anno scolastico 2013/2014 siano stati beneficiari della “dote scuola” denominata “sostegno al reddito”. Infatti, secondo la recente sentenza del Tar della Lombardia, questi genitori sono stati discriminati e hanno ricevuto un contributo economico troppo basso.
Ma andiamo con ordine. Il 2 aprile scorso la terza sezione del Tar della Lombardia ha emesso la sentenza in merito a un ricorso di due genitori di studenti della scuola pubblica. Come avevamo commentato a suo tempo, la sentenza non mette in discussione il finanziamento pubblico della scuola privata in sé, ma punta l’indice contro quella che è la vera cifra del “buono scuola” lombardo, cioè la discriminazione degli studenti della scuola pubblica. In questo senso, pur non essendo rivoluzionaria, questa sentenza si configura però come una prima crepa nel sistema voluto da Formigoni e ora proseguito da Maroni.
In particolare, il Tar interviene su un istituto accessorio del buono scuola in senso stretto, cioè sull’”integrazione al reddito”, che prevede un sostengo economico supplementare per le famiglie meno abbienti delle private (la maggioranza dei beneficiari del buono per le private comunque non ne ha affatto bisogno). Infatti, la logica discriminatoria del buono scuola è talmente pervasiva e arrogante da spingersi fino a stabilire che, a parità di fascia ISEE (il riccometro utilizzato normalmente dalle pubbliche amministrazioni), il sostegno economico alle famiglie meno abbienti sia differenziato in base alla tipologia di scuola: una “integrazione al reddito” tra 400 e 950 euro, nel caso della scuola privata, e un “sostegno al reddito” tra 60 e 290 euro, nel caso della scuola pubblica.
Una discriminazione talmente macroscopica che persino una sentenza altrimenti piuttosto conservatrice si esprime al riguardo nei seguenti termini: “l’amministrazione ha previsto, senza alcuna giustificazione ragionevole e con palese disparità di trattamento, delle erogazioni economiche quantitativamente diverse, più favorevoli per coloro che frequentano una scuola paritaria … a fronte della medesima necessità … e a fronte della medesima situazione di bisogno economico”.
Di conseguenza, il Tar “annulla gli atti impugnati … nella parte in cui prevedono, a parità di fascia ISEE di appartenenza, l’erogazione a titolo di “sostegno al reddito” di buoni di valore inferiore a quelli erogabili a titolo di “integrazione al reddito”.
(Per leggere la versione integrale della sentenza clicca qui; per un commento giuridico alla sentenza qui).
 
Ebbene, poiché il Tar “ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa”, la class action, promossa dall’Associazione NonUnoDiMeno, con il sostegno della Flc-Cgil, consiste proprio nel richiedere a Regione Lombardia il pagamento della differenza dovuta.
Se quindi siete genitori con figli iscritti alla scuola primaria o secondaria statale che abbiano ottenuto il contributo per il “sostegno al reddito” per l'anno scolastico 2013/2014, allora potete fare richiesta alla Regione, avvalendovi degli appositi sportelli messi a disposizione dai promotori della class action.
In particolare, vi segnalo quello presso la Camera del Lavoro di Milano, in via Corso di Porta Vittoria 43, operativo fino alla fine di luglio nei seguenti orari: lunedì ore 15.00-17.30, martedì ore 10.00-12.30, giovedì ore 15.00-17.30. Per conoscere gli sportelli attivati in altri Comuni lombardi, chiedete informazioni mandando una mail a info@nonunodimeno.net.
In ogni caso, prima di recarvi allo sportello, leggete con attenzione tutte le istruzioni disponibili sul sito dell’Associazione NonUnoDiMeno!
 
Luciano Muhlbauer
 
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Alla fine qualcosa si è mosso: martedì sera il Comune di Milano ha annunciato un’iniziativa sugli spazi sociali. In realtà, per ora c’è soltanto un comunicato di poche righe, dove viene annunciato la costituzione di un “gruppo di lavoro sul tema degli spazi sociali” e l’intenzione di “valutare forme di assegnazione” diverse dai bandi finora sperimentati, i quali, aggiungo io, avevano de facto escluso le esperienze di autogestione.
Poche righe, forse troppo poche e troppo generiche, e quindi è scattata inevitabilmente la corsa alle “interpretazioni autentiche”. Il quotidiano La Repubblica è stato più veloce di tutti e già mercoledì mattina le sue pagine milanesi titolavano: “Comune, primo passo per la regolarizzazione dei centri sociali”. Il testo dell’articolo, poi, si spingeva anche oltre, facendo addirittura il nome di alcuni centri sociali e, soprattutto, fornendo la presunta “traduzione” di una frase del comunicato scritta in simil sindacalese, sostenendo che in realtà il Comune volesse dire che gli “sgomberi annunciati potrebbero essere sospesi, a patto che non ci siano nuove occupazioni abusive”.
Ovvio, se questa fosse l’interpretazione autentica, allora ogni possibile dialogo rischierebbe di morire prima ancora di nascere. E quindi, stamattina, cioè a sole 24 ore dall’annuncio della “regolarizzazione”, la stessa La Repubblica esce con un articolo che annuncia invece il funerale del dialogo: “Milano, no dei centri sociali al confronto con il Comune: ‘Niente regolarizzazione’". Fonte dello scoop, in assenza di comunicati e pronunciamenti dei centri sociali milanesi, è un'altra interpretazione autentica: quella di un’intervista a Radio Onda d’Urto da parte di un attivista di Zam.
Poi ci sarebbero anche i giornali della destra cittadina, a partire da Libero, che oggi parla di “sanatoria no-global”, di “palazzi del Comune lasciati ai centri sociali” e di “mal di pancia all’interno del Pd” perché a “guidare l’iniziativa” è il “totem del centro sociale Cantiere”, Paolo Limonta. E tutto quanto condito dagli immancabili e noiosi isterismi dei De Corato, Bolognini e Gallera.
In ogni caso, inutile e sbagliato prendersela con stampa e giornalisti, perché il problema non sono loro. No, il problema è che se le cose non le dici in maniera chiara e leggibile a chiunque, allora chiunque è libero di fornire la sua interpretazione autentica.
E quindi, ora cosa succederà? Dipenderà anzitutto, penso, da quello che verrà fatto e detto nei prossimi giorni. Secondo quanto annunciato dal comunicato del Comune, verrà “convocato a breve la prima riunione” del gruppo di lavoro. Ebbene, penso che sarebbe buono che questo avvenisse in tempi stretti e chiarendo in maniera inequivocabile e pubblica i contorni, le modalità e le finalità dell’iniziativa. Insomma, senza lasciare troppi spazi alle interpretazioni autentiche, che altrimenti finiscono con il determinare gli eventi.
Ovviamente, e a prescindere dai discorsi sulle interpretazioni autentiche, siamo tutti consapevoli che esistono molti dubbi sulla praticabilità di un percorso e di un confronto del genere. Sono molti i suoi nemici, anzitutto, e non stanno solo a destra, lo sappiamo. Anche nella stessa maggioranza c’è chi non è per nulla convinto. E quindi, il rischio dell’annacquamento, delle trappole e delle troppe mediazioni è sempre in agguato.
Ma i dubbi sono molti anche da parte dei soggetti sociali che dovrebbero essere parte costituente del confronto. E non mi riferisco soltanto ai centri sociali, ma anche ai centri sociali. I precedenti e le cose non dette chiaramente non aiutano, lasciano sempre spazio al sospetto che non si tratti di riconoscere e valorizzare, ma molto più banalmente di cooptare, normalizzare e pacificare.
Sì, tanti dubbi e tanti ostacoli, eppure penso che bisogna provarci. Anzitutto, perché c’è stato un movimento nella situazione, l’immobilismo è stato infranto, e questo è importante in sé. In molti e molte avevamo individuato proprio nell’immobilismo politico e nel conseguente trincerarsi dietro alle decisioni “tecniche” uno dei principali problemi di questo fase. Per quanto mi riguarda, avevo anche detto e scritto che a questo punto il Sindaco “deve prendere in mano il bandolo della matassa e aprire un confronto cittadino” (vedi mio articolo sul Manifesto del 12 giugno), cioè produrre un movimento.
Penso sia utile per tutta la città che nasca questo tavolo sugli spazi sociali. Ed è necessario che nasca in maniera pubblica e trasparente, senza escludere nessuno e senza sgomberi per nessuno. Tutto il resto sarà da vedere, da verificare, da costruire.
Se son rose fioriranno, se son spine pungeranno, dice il proverbio. Ecco, dobbiamo correre il rischio delle spine, per poter ambire alle rose.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Un sabato di iniziative contro il razzismo e per l’inclusione, contro la negligenza governativa e per la costruzione di percorsi di arrivo autorizzati e sicuri in Europa per i profughi. Succede a Milano il 21 giugno con due diverse iniziative: la Carovana delle Culture e la partenza dalla stazione Centrale del No borders train.
La Carovana delle Culture partirà alle ore 15.00 da piazza Diocleziano e arriverà in piazza Prealpi. Sarà una “parata multicolore contro il razzismo per dire che Milano è una città di integrazione!”, come scrivono gli organizzatori. Per avere più informazioni sulla Carovana consultate l’evento fb della carovana.
La sfilata “per accendere i colori della nostra città” è organizzata da Convergenza delle Culture Sanpapiè, I Cammini Aperti ONLUS, Unisono APS Spazio Baluardo, Studio 3R, Movimento Alianza Pais Lombardia, ma si sono già aggiunte molte adesioni.
Mi pare un'iniziativa buona e necessaria, da sostenere e a cui partecipare, specie in una città come la nostra, dove la convivenza tra diverse culture è una realtà quotidiana, a partire dalla scuola, ma dove agiscono e si ripropongono continuamente anche organizzazioni e movimenti, dai gruppi nazifascisti fino alla Lega, che fomentano la xenofobia e il razzismo per pura speculazione politica.
 
Alle ore 14.00, invece, c’è l’appuntamento in stazione Centrale per la partenza del No borders train, un’iniziativa promossa dal Progetto Melting Pot Europa, che vuole rivendicare e praticare la possibilità di percorsi autorizzati e sicuri in Europa, affinché i profughi possano raggiungere le destinazioni con sicurezza e senza finire abbandonati per strada. Per saperne di più visitate la pagina dedicata sul sito di Melting Pot.
Inutile dire quanto sia scandalosa e inaccettabile la politica governativa nei confronti dei profughi che sbarcano sulle nostre coste, in fuga da guerre e violenze. A Milano nessuno può dire di non sapere della situazione dei profughi siriani in Centrale o di quella degli eritrei in Porta Venezia, per non parlare dei pullman organizzati dal Ministero degli Interni che letteralmente scaricano profughi in alcune zone di Milano, com’era avvenuto a Rogoredo. Ben venga dunque l’iniziativa di Melting Pot.
 
Insomma, sabato partecipate, per dire sì alla convivenza e all’inclusione e no al razzismo e alla stupidità.
 
Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 12/06/2014, in Movimenti, linkato 1366 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 12 giugno 2014
 
Ma cosa succede in città? Mentre il sistema dei controlli e protocolli di legalità sugli appalti Expo sta mostrando tutta la sua tragica inconsistenza, c’è invece una macchina che gira a pieno regime, anzi, che accelera pure: è quella degli sgomberi degli spazi sociali occupati. E così, dopo l’annuncio dello sgombero del Lambretta di alcune settimane fa, ora è arrivato a sorpresa anche quello relativo a Zam.
Insomma, a Milano c’è una vera e propria escalation, un uno-due capace di far vacillare chiunque. È una coincidenza? La pulizia in vista di Expo? Un complotto? Un ordine dall’alto? E da chi? Un sacco di domande e tutte importanti, anche perché stiamo parlando della città che tre anni fa scelse di voltare pagina. “Il vento è cambiato” si diceva e del cambiamento atteso faceva parte anche una nuova politica rispetto agli spazi, al riuso, alla socialità e un diverso rapporto con le esperienze di autogestione.
Certo, il clima è cambiato, non c’è più la politica dell’odio di De Corato, ma poi, appunto, come la mettiamo con gli sgomberi e con l’accelerata di queste settimane? Lasciamo perdere le teorie del complotto, che non hanno mai spiegato nulla. Zam e il Lambretta occupano spazi di due proprietari diversi e sono sotto sgombero con motivazioni formali differenti. Zam sta in una ex scuola di proprietà del Comune nel quartiere Ticinese ed è sotto sgombero a causa di una perizia tecnica che dice che l’ala inagibile e chiusa dello stabile renderebbe pericolosa anche la parte occupata. Un pericolo in realtà molto remoto: gli uffici comunali avevano detto la stessa cosa già un anno fa senza che accadesse nulla. Ma ora c’è una nuova perizia, sollecitata da un “comitato” vicino alla destra, che è finita sul tavolo del Questore.
Il Lambretta, invece, occupa delle ex case popolari nel quartiere Lambrate, che Regione e Aler tentano da anni di vendere a privati senza riuscirci. In questo caso non si capisce chi  o che cosa abbia spinto sull’acceleratore, si sa soltanto che la decisione era stata presa dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. No, il problema non sono i complotti, il problema è la politica, anzi, il vuoto di politica, che fa sì che gli eventi seguano il loro corso, magari con l’aiutino di una perizia o di un capriccio.
E in questo senso è più che sintomatico che in ambedue i casi, gli unici a contattare gli occupanti per avvisarli degli imminenti sgomberi sia stata la Questura. L’assenza della politica fa sì che siano le decisioni “tecniche” a dettare la linea, la mancanza di un indirizzo chiaro da parte del Comune consegna libertà di manovra a chi, magari stando nella stessa maggioranza, vorrebbe normalizzare anche Milano. Un Comune immobile e silente fa prevalere anche qui la tendenza nazionale che  individua nella repressione dei movimenti antagonisti e del conflitto la risposta alla crisi sociale.
C’è un solo modo per tentare di uscirne: il Sindaco Pisapia deve prendere in mano il bandolo della matassa e aprire un confronto cittadino. Anche perché quella delle aree vuote e abbandonate e quella degli spazi sociali occupati non sono un problema privato di qualcuno, ma una questione pubblica che riguarda tutta la città, anzi, che riguarda la stessa idea di città. Insomma, occorre una scelta politica.
Comunque sia, Zam e Lambretta dovranno affrontare giorni duri, forse vacilleranno, ma sicuramente non finiranno a tappeto, per il semplice fatto che sono realtà vive e non involucri vuoti. Ma hanno anche bisogno di non camminare da soli, che la parte più lungimirante della città si schieri al loro fianco.
 
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di lucmu (del 11/06/2014, in Movimenti, linkato 1268 volte)
È ancora freschissimo l’annuncio che il Lambretta sarebbe stato sgomberato entro l’inizio dell’estate ed ecco che arriva già la prossima tegola, inattesa per praticamente tutti: verrà sgomberato anche Zam. E tra non molto, probabilmente prima del Lambretta.
Una vera e propria escalation di sgomberi a Milano, insomma.
Tornerò sull’argomento con qualche ragionamento più approfondito nei prossimi giorni. Per ora riproduco qui il comunicato di Zam sullo sgombero imminente. Per tenervi aggiornati sull’evolversi della situazione e sulle iniziative di sostegno a Zam e Lambretta, vi consiglio di consultare periodicamente il sito MilanoInMovimento.
 
Solidali e complici con Zam.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Il comunicato di Zam:
 
Il nostro amore va al di là di questi muri
 
Duro il risveglio del 9 Giugno, a un anno dallo sgombero di via Olgiati e dalla nuova occupazione in largo Don Gallo (ex-piazza S. Eustorgio), la notizia arriva e varca i cancelli della Zona Autonoma Milano: sgombero. Imminente.
Non più voci di precarietà, ma la certezza di un intervento nei prossimi giorni.
Uno sgombero che ci viene giustificato con motivazioni legate all’instabilità dell’edificio, con la pavida copertura dell’amministrazione che si nasconde dietro tecnicismi strumentali.
Quando decidemmo di entrare in questa scuola, ormai in disuso da anni, per la cura e la salvaguardia di noi tutti facemmo ispezionare l’edificio da diversi architetti e ingegneri strutturisti che ne decretarono la stabilità.
Certo la vostra burocrazia, fatta di carte e firme strumentalizzabili e modificabili a vostro piacimento, vi consegna l’arma dietro la quale come amministrazione potete nascondere tutta la vostra incapacità: quando non si sa parlare di politica si parla di crepe nei muri.
Questa scelta avviene in una Milano che si prepara ad EXPO e la grande macchina prosegue il suo percorso distruttivo.
In aggiunta a debito, cemento e precarietà si avvia una silenziosa e consensuale normalizzazione della città, basta ripercorrere i 3 anni di questa giunta per capire che più di 15 sgomberi di spazi sociali e decine di sfratti sono il “giusto” processo per creare una città a misura di EXPO, una città vetrina.
Le stesse logiche del governo Renzi ci mostrano che in tutt’Italia l’autorganizzazione e le lotte sociali sono sotto pesante attacco, partendo dalla repressione del movimento per il diritto all’abitare di Torino, fino all’ultimo sgombero del centro sociale Buridda a Genova: i tentacoli istituzionali stringono la presa.
Tutto questo per dirvi che la Zona Autonoma Milano resiste e resisterà ai vostri tentativi di normalizzazione, ai vostri sgomberi, alla vostra totale incapacità di gestione del nostro territorio.
Porteremo con noi il nostro guscio, le nostre idee, i nostri progetti e i nostri sogni. La bellezza e l’importanza di tutto ciò che siamo non si può sgomberare e sappiate,che il nostro amore va al di là di questi muri.
 
#crollateprimavoi
Zona Autonoma Milano
 
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Quando circa due mesi fa uscì la notizia che il Presidente lombardo, Roberto Maroni, intendeva promuovere nel nome di Expo un “Patto per lavoro” che estendesse le deroghe contrattuali oltre il territorio milanese e oltre lo spazio temporale dell’evento, ci fu una rumorosa levata di scudi da parte della Cgil e rimase soltanto la Cisl a difendere la bontà della proposta del presidente leghista.
Ora invece la Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha firmato tranquillamente un Avviso comune regionale “Expo e Lavoro” (vedi allegato), che dice le medesime cose che alcuni mesi fa ufficialmente non andavano bene e che va persino oltre a quanto stabilito nello Jobs Act del Governo Renzi, anch’esso ufficialmente bersaglio delle critiche della Cgil.
Ma quello che a prima vista appare come un improvviso cambio di linea, in realtà non lo è. Infatti, già nel febbraio scorso esisteva un “appunto Cgil Cisl Uil Lombardia”, di carattere riservato e intitolato “Un patto per lavoro ed Expo in Lombardia”, che stava alla base delle discussioni confidenziali con gli uomini del Presidente Maroni (ne abbiamo scritto 3 mesi su questo blog, pubblicando anche il testo dell’appunto). Ma era un momento diverso, era in corso il congresso Cgil e la segretaria nazionale era impegnata a contrastare il forte dissenso della Fiom e, quindi, mica si poteva dare pubblicamente ragione alle critiche di Landini. Finito il congresso, si è tornati alla normalità e una settimana fa il direttivo della Cgil Lombardia ha dato il via libera alla firma dell’Avviso comune, con il voto contrario della Fiom.
E così, proprio mentre a Roma Susanna Camusso spara a zero sullo Jobs Act di Renzi, accusato (giustamente) di precarizzare ulteriormente il mercato del lavoro, qui la Cgil firma un patto che precarizza ancora di più. Ma è un’altra contraddizione soltanto apparente, poiché il vero punto è che si è contro lo Jobs Act perché non è concertato con la Cgil, mentre laddove si concerta, come in Lombardia, tutto diventa possibile.
Cosa dice questo benedetto Avviso comune, vi chiederete a questo punto. Anzitutto, essendo un avviso comune, definisce principi generali e linee guida, da applicare poi concretamente e in dettaglio con specifici accordi di categoria e/o aziendali, in deroga alle normali regole contrattuali. Questo potrà avvenire su tutto il territorio regionale (basta che i settori e le aziende siano in qualche modo “correlati all’evento”) e con validità fino al 31 marzo del 2016, “fatta salva la possibilità di intese per un periodo ulteriore”.
Un’estensione, in nome di Expo, delle deroghe contrattuali in termini territoriali e temporali, dunque, e con l’unica preoccupazione di moltiplicare le forme precarie e di evitare scioperi. Infatti, si auspica che ci sia un ricorso ai “contratti a tempo determinato e di somministrazione” maggiore “rispetto a quanto attualmente previsto” e si intende “promuovere incisivamente l’istituto dell’apprendistato”, aggiungendo persino “l’apprendistato in somministrazione”, definito una “interessante opportunità”. Inoltre, si “auspicano” maggiori “soluzioni di flessibilità mansionaria ed organizzativa”. Infine, poi, si stabilisce che “siano definite le procedure per la prevenzione, la composizione e il raffreddamento delle controversie sindacali”.
In altre parole, più precarietà, meno diritti e niente scioperi. Il tutto giustificato dall’obiettivo “di trasformare una parte importante dell’occupazione che si creerà nel periodo dell’evento, in posti di lavoro stabili e qualificati” (vedi dichiarazione Segreteria regionale Cgil). Peccato però che nessuno spieghi da nessuno parte come dovrebbe avvenire il miracolo per cui l’estensione della precarietà nel periodo 2014-2016 si trasformi in nuovi posti di lavoro stabili a evento finito. Stando a quanto è stato firmato, sembra invece più probabile che avvenga l’esatto contrario, cioè che i posti di lavoro stabili che ancora esistono finiscano per essere trasformati in precari.
Expo non mi ha mai convinto – figuriamoci ora – ma vista la drammatica situazione sociale non posso che augurarmi che produca un po’ di posti di lavoro, anche se precari, e un reddito, anche se misero, per chi oggi è disoccupato o in cassa o in mobilità. Ma una cosa sono gli auspici, un’altra i fatti.
E quelli prodotti da Regione Lombardia e Cgil-Cisl-Uil con questo avviso comune purtroppo vanno nella direzione sbagliata. Poi, che tutto questo sia avvenuto in mezzo a un mare di doppiezze e ipocrisie, non fa che peggiorare la situazione.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo dell’Avviso Comune Regionale “Expo e Lavoro”, firmato il 5 giungo 2014
 

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Prima puntata (mercoledì 4 giugno) – Revoca del patrocinio:
Alzare la voce serve e in questi giorni l’hanno fatto in diversi, dall’Anpi alle reti antifasciste oppure semplici cittadini. E così, il Consiglio regionale della Lombardia oggi ha revocato il patrocinio concesso all’iniziativa dei neonazisti di Lealtà e Azione. L’ha annunciato poco fa la vicepresidente del Consiglio regionale, le cui dichiarazioni riproduciamo qui sotto.
Dalla Provincia di Milano, invece, tutto tace, ma questo non stupisce ormai più nessuno.
Ora bisogna vedere cosa succede con la location del torneo di calcio dei nazi, che pare essere, come l’anno scorso, il centro sportivo di via Giuditta Pasta, nel quartiere Niguarda a Milano. Cioè, una struttura di proprietà del Comune di Milano, ma gestita in concessione da un’associazione sportiva, che già l’anno scorso aveva preso in giro il Comune sulla vicenda.
 
Luciano Muhlbauer
 
Qui l’odierna dichiarazione della vicepresidente del Consiglio Regionale della Lombardia, come riportata dagli organi di stampa:
 
LEALTÀ E AZIONE, VALMAGGI (PD): REVOCATO PATROCINIO CONSIGLIO A INIZIATIVA
"Anche su forte sollecitazione della vicepresidente del Consiglio regionale, Sara Valmaggi", è stato revocato il patrocinio gratuito concesso il 19 maggio scorso al “Torneo calcistico e incontro informativo sulla tutela del minore”. Il patrocinio - spiega la stessa Valmaggi - era stato concesso all’associazione “Caramella buona onlus”, che "non aveva affatto reso noto nella richiesta che in realtà l’iniziativa era organizzata dall’Associazione Lealtà e azione, un gruppo di estrema destra. Gli uffici del Consiglio hanno diffidato l’associazione a utilizzare il marchio del Consiglio".
 
 
Seconda puntata (venerdì 6 giugno) – Retromarcia e conferma patrocinio
Sembrava tutto finito, ma è arrivato venerdì e succede l’incredibile. E così, ci tocca scrivere questo aggiornamento. Insomma, venerdì l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, con un voto di maggioranza, fa retromarcia sulla retromarcia e sostiene che in realtà il patrocinio non era stato mai revocato e che comunque l’iniziativa dei nazi andava bene.
Tralascio ogni commento su questo imbarazzante balletto, poiché mi pare superfluo. Comunque, per completezza di informazione riporto le dichiarazioni alla stampa da parte dei componenti di minoranza (Pd e M5S) e da parte del Presidente del Consiglio, il ciellino Cattaneo.
 
LEALTÀ E AZIONE, VALMAGGI-CASALINO:INQUALIFICABILE PASSO INDIETRO CATTANEO
“Inqualificabile e grave il passo indietro rispetto alla revoca del patrocinio all’iniziativa di Lealtà e Azione”. La vicepresidente del Consiglio regionale, Sara Valmaggi e il consigliere segretario Eugenio Casalino stigmatizzano così la scelta del presidente del Consiglio, Raffaele Cattaneo e degli altri componenti di maggioranza dell'Ufficio di presidenza, che hanno votato contro la revoca del patrocinio all'iniziativa dell'organizzazione di estrema destra.
 "Ricordiamo- affermano- che la lettera di diffida all'uso del logo del Consiglio inviata agli organizzatori del torneo “Un calcio alla Pedofilia in difesa dei nostri bambini” era nata a seguito di una nostra forte sollecitazione ed era stata stilata dopo le verifiche degli uffici. La lettera era di per sé una revoca del patrocinio perché esplicitava chiaramente la decisione di ritirare la delibera emanata il 19 maggio scorso dall'ufficio di presidenza. Ora il passo indietro dei componenti di maggioranza dell'Ufficio di presidenza è ingiustificabile e inaccettabile. L'associazione “La caramella buona ONLUS” ha presentato una richiesta omissiva e menzognera, nascondendo consapevolmente i veri organizzatori dell'iniziativa: Lealtà e Azione, Bran.co e ASI e oltretutto ha diffuso materiali in cui non è neppure indicato il luogo dell’iniziativa, quasi fosse clandestino. Si tratta di fatti di per sé sufficienti a rendere nullo il patrocinio. Irricevibile nella forma, la decisione di oggi lo è ancor di più nella sostanza”.
 "Evidentemente – concludono Valmaggi e Casalino – la fragilissima maggioranza che regge la Regione ha bisogno, per sopravvivere, di piegarsi anche ai più miserevoli ricatti delle frange più estreme, che non hanno alcuna vergogna a difendere apertamente un'iniziativa di chiaro stampo fascista. A noi resta l'orgoglio di aver agito a tutela della dignità dell'istituzione. Abbiamo fatto quanto possibile per tenere lontano, una volta svelato l'inganno, un gruppo antidemocratico. Di questo alla maggioranza evidentemente non importa nulla".
 
LEALTÀ E AZIONE, CATTANEO: "BECERE STRUMENTALIZZAZIONI POLITICHE"
"Non c'è mai stato nessun passo indietro perché non c'è mai stata nessuna revoca: l'Ufficio di Presidenza ha confermato stasera una decisione che già era stata assunta all'unanimità perché, come evidenziato dagli Uffici regionali, non sussistono presupposti per la revoca" lo dichiara il Presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo, replicando alla Vicepresidente Sara Valmaggi e al consigliere segretario Eugenio Casalino. "L'iniziativa è dell'associazione 'La caramella buona', opera meritoria già patrocinata da Camera, Senato e Presidenza della Repubblica, e non di 'Lealtà e azione'. Tutto il resto sono becere strumentalizzazioni politiche che fanno sorgere il dubbio che a qualcuno dispiaccia un'iniziativa contro la pedofilia solo perché non è stata organizzata dai 'compagniucci' suoi" ha concluso Catteneo.
 
 
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di lucmu (del 03/06/2014, in Antifascismo, linkato 1537 volte)
E così anche il Consiglio Regionale della Lombardia si aggiunge alla lunga lista di attori istituzionali che ultimamente si mettono a legittimare i gruppi militanti di estrema destra. Infatti, il 19 maggio scorso l’Ufficio di Presidenza, che comprende anche due componenti dell’opposizione, Pd e M5S, ha deliberato la concessione del patrocinio gratuito, cioè l’uso del logo istituzionale, a un torneo di calcio organizzato dal circuito dell’organizzazione neonazista Lealtà e Azione, che si terrà l’8 giugno prossimo.
Chissà perché l’hanno fatto, cioè se erano consapevoli o meno a chi avrebbero dato la sponsorizzazione istituzionale. Considerata la composizione plurale dell’Ufficio (1 Ncd, 1 Lega, 1 Lista Maroni, 1 Pd, 1 M5S) mi pare lecito supporre che c’era chi sapesse e chi invece no. Comunque sia, aspettiamo che i diretti interessati ce lo spieghino in prima persona e che, in caso di errore, facciano i passi necessari per revocare questo scandaloso patrocinio (la delibera dell’Ufficio di Presidenza puoi trovarla qui).
Ma quello che colpisce di più in questa faccenda, come in altre simili, è l’estrema semplicità con cui ormai si realizzano questi fattacci. Insomma, non occorreva certamente essere degli agenti segreti per capire cosa ci fosse dietro a quella richiesta di patrocinio, a partire dalla stranezza che mancasse ogni indicazione sul luogo dell’iniziativa (tenuto tuttora riservato) o che il programma comprendesse una conferenza –definita incredibilmente “conferenza tra esperti” nella delibera regionale-, dove in realtà, come da programma, interverranno quasi esclusivamente relatori di un’organizzazione collaterale di Lealtà e Azione, cioè l’associazione Bran.Co.
Né poteva trarre in inganno il titolo dell’iniziativa, “Un calcio alla pedofilia”, poiché è ormai risaputo che la lotta alla pedofilia, così come la tutela degli animali, fungono abitualmente da paravento per le attività politiche del circuito dei neonazisti. E poi, come ricorda la stessa delibera, siamo ormai alla settima edizione di questo torneo, che ogni anno suscita grandi polemiche, anche grazie al patrocinio che la Provincia di Milano ultimamente concede. Ma in Provincia, si sa, le cose vanno così, visto che c’è un Presidente, Podestà, che da sempre tiene le porte aperte a destra, e che c’è anche una vicecapogruppo dei Fratelli d’Italia, Roberta Capotosti, nota per i suoi saluti romani in pubblico e le sue partecipazioni alle peggiori parate nazisfasciste. In Regione, nonostante l’abbraccio Lega-Front National, pensavamo invece che non fossimo ancora a quei livelli…
Ebbene, ora c’è in giro quel manifesto (in rete lo trovate facilmente) che annuncia il torneo di domenica, dove il logo del gruppo neonazista Lealtà e Azione sta vicino a quello del Consiglio regionale della Lombardia e della Provincia di Milano. Ottimo, bravi, complimenti!
E poi, giusto per non farci mancare nulla, lo stesso circuito hammerskin ha annunciato anche un concerto nazirock a Milano per il 14 giugno. L’anno scorso di disse “mai più”, ma è probabile che finisca come con il 29 aprile, quando le tante parole sul divieto di esibire simboli nazifascisti da parte della Questura si sono rilevate chiacchiere senza consistenza.
Ma il problema non è la Questura, poiché la Questura è e fa la Questura, il problema è tutto il resto, a partire dal continuo abbassare la guardia e dal far finta di non vedere che Milano sta diventando un crocevia dei gruppi e delle iniziative nazifasciste. E così, capita che proprio quando più si grida al pericolo fascista in Europa, non si vede più quello che succede sotto casa. O meglio, magari si vede, ma non si è più in grado di capire.
 
Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 27/05/2014, in Politica, linkato 2008 volte)
La lista Tsipras ha superato il 4% e dopo tanti anni a sinistra si è fatta finalmente una ciambella con il buco. E questo è buono. Nella Europa in crisi, come ampiamente previsto, c’è complessivamente uno spostamento a destra, con tanto di neonazisti che entreranno nel Parlamento di Strasburgo. E questo è malissimo. In mezzo a queste due considerazioni c’è tutto il resto e soprattutto c’è la vera sfida degli anni a venire, cioè la ri-costruzione di un orizzonte e di un progetto di sinistra per uscire dalla crisi, in Italia e in Europa.
Non voglio proporvi qui un’analisi dettagliata del voto, cosa che si farà altrove, ma semplicemente condividere alcune prime riflessioni sulle tendenze che emergono da queste elezioni, che ci confermano che siamo di fronte a un quadro politico in forte e rapido movimento (e non potrebbe essere altrimenti, visti i tempi). E questo rende ancora più necessario muoverci rapidamente –e bene- anche noi.
Ma andiamo per punti.
 
1. La crisi economica, sociale, politica e culturale che scuote le società europee ha trovato nelle destre uno dei suoi principali interpreti. Non è una destra omogenea, anzi, faticheranno a trovare un punto di convergenza stabile, ma la tendenza è netta e preoccupante, a partire da quel 25% ottenuto dal Front National in Francia. Ma in fondo anche il risultato della Lega qui da noi è indicativo, perché il recupero di consenso, non solo in termini relativi, ma anche in voti assoluti, è stato realizzato riposizionando la Lega su un discorso politico più classicamente di destra radicale. E poi, nel Parlamento europeo entreranno anche i neonazisti, non solo quelli greci di Alba Dorata, che hanno realizzato un 9.4%, ma persino un tedesco. Vabbè che i nazi tedeschi del Npd hanno conquistato il seggio con un misero 1%, ma il dato simbolico è indubbiamente forte.
 
2. Dal voto continentale emerge però anche un dato positivo e interessante. La sinistra antiliberista, quella che si pone fuori e contro la politica delle larghe intense, dell’austerità e dello smantellamento del welfare e dei diritti, di fatto si rafforza rispetto a prima. Non c’è solo il grande e trainante risultato di Syriza in Grecia, che con il 26.6% diventa il primo partito (il Kke ne prende un altro 6,1%), ma c’è anche il 10% della sinistra plurale nello Stato spagnolo (poi ci sarebbe anche l’8% della nuovo formazione di Podemos), il 7,4% di Die Linke in Germania, il 6,3% del Front de Gauche in Francia. Senza dimenticare l’ottimo risultato delle sinistre portoghesi (12,7% la coalizione Pcp-Pev e 4,6% il Bloco de Esquerda) o il 17% dei consensi conquistato dal Sinn Féin di Gerry Adams in Irlanda. Insomma, a parte la Grecia, non siamo certamente alla sinistra che sfonda, ma siamo a una sinistra che c’è e da cui si può ricominciare. E il 4% della lista Tsipras qui da noi, fa parte di quel pezzo di mondo.
 
3. In Italia il risultato elettorale è sicuramente un piccolo terremoto. L’affermazione del Pd di Matteo Renzi è chiara e anche la sconfitta del M5S di Grillo lo è. La destra ex o ancora berlusconiana è malconcia. Le percentuali dicono molto, ma i voti assoluti dicono di più. Rispetto alle politiche del 2013, pur con meno elettori che si sono recati alle urne, il Pd conquista 2,5 milioni di nuovi voti, mentre il M5S ne perde 2,9 milioni. È probabile, quindi, che siamo di fronte all’apertura di una nuova fase politica e non a una semplice parentesi e proprio per questo il 4% della lista Tsipras è maledettamente prezioso.
Sì, certo, ora qualcuno mi dirà che in termini di voti assoluti rispetto al 2013 anche le sinistre hanno perso consenso, che la lista è andata bene nelle grandi città ma non nelle province (a Milano un buon 6.5%, ma in Lombardia un poco esaltante 3.5%, per esempio) o che il 4% è stato superato per un soffio. Ed è tutto vero. Ma la politica non è fatta soltanto di numeri, ma anche di tendenze, di emozioni, di obiettivi. Ebbene, aver realizzato dopo tanti anni di delusioni un obiettivo, cioè superare lo sbarramento, e di averlo fatto in condizioni non certo favorevoli, visto che il richiamo al voto utile per il Pd ha funzionato alla grande e che la lista Tsipras è stata di fatto ignorata dal dai media, penso sia un segnale importante e un’iniezione di fiducia che fa più che bene.
 
Insomma, l’Europa e l’Italia che ci troviamo di fronte non ci fanno certamente entusiasmare, anzi, e la durezza della crisi e dei rapporti di forza sociali ci promette un futuro difficile. Ma bisogna anche saper leggere e apprezzare i piccoli segnali positivi, i raggi di luce. E che ci sia una sinistra europea, che è anche capace di risalire la china e rinnovarsi, è un fatto incoraggiante che dovrebbe consigliare un po’ di lungimiranza anche in casa nostra.
Ora arriva il difficile, cioè non disperdere l’esperienza della lista e trasformarla in un punto di partenza per rifare una sinistra politica degna di questo nome in Italia. Sarà dura, certo, il Pd di Renzi esercita una forte attrazione, come tutti i corpi dotati di grande massa, e anche l’esodo verso l’astensionismo può affascinare in questi tempi, per non parlare dei nostri mille limiti. Ma non abbiamo alternative, anzi, ora abbiamo pure una possibilità. Vale la pena provarci.
 
Luciano Muhlbauer
 
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