Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
All’Innse di via Rubattino, a Milano, c’è il concreto rischio di un nuovo intervento violento contro gli operai che da oltre un anno presidiano la fabbrica per difenderne l’attività produttiva e i posti di lavoro. Potrebbe essere questione di giorni, se qualche istituzione di peso non interviene per fermare questa follia.
Perciò, oggi abbiamo scritto una lettera al Vicepresidente e Assessore al Lavoro regionale, Gianni Rossoni, chiedendogli formalmente che “intervenga con urgenza sui responsabili dell’ordine pubblico al fine di scongiurare ogni intervento violento contro le maestranze e il conseguente smantellamento del sito produttivo”.
Il Sig. Genta, proprietario dello stabilimento, ha rifiutato categoricamente e ostinatamente ogni soluzione prospettatagli dalle istituzioni, la Regione in primis, che garantisse la continuità produttiva dell’Innse, la cui produzione dispone peraltro di un mercato di sbocco accertato. Egli, infatti, ha preferito un modo molto più semplice, sebbene poco limpido, di realizzare un significativo guadagno economico per se stesso: vendere i costosi macchinari dello stabilimento.
Un affarone, senza ombra di dubbio. Quando l’azienda era in amministrazione straordinaria, Genta aveva infatti acquistato la fabbrica a prezzi stracciati, 750mila euro, entrando in possesso di macchinari che sul mercato valgono molti milioni di euro. E allora, perché perdere tempo con il rilancio dell’attività produttiva, come peraltro si era impegnato a fare?
Ora gli acquirenti dei macchinari chiedono l’assistenza della forza pubblica per entrarne in possesso. In altre parole, chiedono che la polizia picchi gli operai, come già accadde il 10 febbraio scorso, per poter smantellare una fabbrica sana e in grado di produrre. Una prospettiva semplicemente inaccettabile, che farebbe prevalere l’interesse di un singolo sull’interesse pubblico.
Il governo regionale ha l’autorità sufficiente per fermare questo scempio e per rilanciare una soluzione positiva, cioè la ripresa dell’attività produttiva dell’Innse.
Chiediamo semplicemente che la usi. E con urgenza.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo originale della lettera a Rossoni
 

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L’Assessore regionale alla Sanità, Bresciani, deve intervenire urgentemente presso la direzione dell’Azienda Ospedaliera “Bolognini” di Seriate (Bg), per garantire che il reparto di Pediatria non subisca nell’immediato una chiusura temporanea, né alcun ridimensionamento nel futuro. Questo il senso di un’interpellanza di Rifondazione Comunista in Consiglio regionale.
La richiesta potrebbe apparire a prima vista un po’ strana, considerato che si avvicina –finalmente, va detto - la ristrutturazione del “monoblocco” dell’ospedale, tra i cui obiettivi dichiarati vi è anche quello di aggiornare e migliorare la Pediatria. Eppure, le apparenze a volte possono ingannare, specie quando la trasparenza è deficitaria.
Infatti, ci risulta che la direzione del “Bolognini”, nel quadro dei lavori di ristrutturazione, stia valutando la chiusura temporanea della pediatria, per spostarla all’ospedale di Alzano Lombardo. Una scelta del genere sarebbe, però, non soltanto illogica, ma soprattutto fonte di gravi disagi per i piccoli pazienti e per le loro famiglie, poiché il presidio di Alzano è in grado di garantire posti letto in degenza, ma il pronto soccorso pediatrico e tutta una serie di prestazioni indispensabili rimarrebbero comunque a Seriate.
In altre parole, si produrrebbero delle situazioni paradossali, per cui i piccoli pazienti si recano al pronto soccorso a Seriate, poi vengono ricoverati ad Alzano e, infine, devono tornare al “Bolognini” per visite ed esami possibili soltanto lì.
Come se non bastasse, l’assenza di trasparenza e di certezze ha dato via libera a voci di ogni tipo, che diffondono preoccupazioni sia tra i cittadini che tra il personale sanitario. Ci riferiamo in particolare all’ipotesi che il trasferimento temporaneo sia soltanto l’anticamera di un ridimensionamento definitivo dei livelli di assistenza pediatrici a Seriate.
Insomma, chiediamo che Regione Lombardia intervenga immediatamente per dare un’informazione trasparente agli operatori sanitari e ai cittadini sul territorio dell’ospedale di Seriate. Nonché, soprattutto, per scongiurare sciagurate chiusure - temporanee o definitive - della pediatria al “Bolognini”.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo originale dell’interpellanza
 

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A Milano continuano gli sgomberi elettorali e così, dopo due notti di pressing sui rifugiati di piazza Oberdan, stamattina è toccato gruppetto di rom accampati nell’area dell’ex-caserma di viale Forlanini. Risultato? In questo momento venti donne, uomini e bambini, tra cui un neonato di appena 4 giorni, stanno vagando nelle strade del quartiere, nella più totale indifferenza delle istituzioni.
L’azione di sgombero, preannunciato ai rom ieri sera da agenti della polizia locale, è iniziata alle ore 7.15. Obiettivo: abbattere le poche baracche malsane e allontanare le famiglie di rom romeni che vi vivevano. Si sono dunque presentati, nell’ordine, due ruspe dell’Amsa, una nutrita rappresentanza della polizia locale, tra cui spiccavano alcuni agenti in borghese del famigerato (e tanto caro al Vicesindaco) Nucleo Problemi del Territorio in tenuta da buttafuori e alcuni agenti di polizia del Commissariato di Lambrate, in funzione d’appoggio.
In mezzo a tutta questa esibizione di muscoli, peraltro fuori luogo, visto che i rom avevano già fatto i bagagli, si è infine materializzato un funzionario dei servizi sociali, il quale ha avanzato la ormai consueta “proposta” del Comune, cioè la divisione dei nuclei familiari, ricevendo l’altrettanto consueto diniego. Ma in fondo non ci credeva nemmeno lui, o almeno così ci è parso, poiché il suo impegno di convincere le famiglie è durato solo pochi minuti. Evase quindi le formalità di rito, stile poliziotto da telefilm americano che deve leggere i diritti all’arrestato, le famiglie rom si sono allontanate dal luogo, bagagli e bimbi in braccio, nell’indifferenza soddisfatta di servizi sociali e polizia locale.
Difficilmente poteva andare in modo diverso, visto che i servizi sociali del Comune in questi mesi non si sono mai fatti vedere dalle parti di viale Forlanini, sebbene la situazione fosse ampiamente conosciuta, e che unici a preoccuparsi delle persone che vivevano nelle baracche sono stati alcuni volontari del quartiere.
Ma poi, si sa, arrivano le elezioni, il ballottaggio per la precisione, e bisogna pur inventarsi qualcosa per fare campagna. E chi se ne frega del destino di venti rom, compreso il bimbo appena nato, tanto loro non votano, non hanno amici potenti e mediamente non stanno nemmeno simpatici ai nostri concittadini. Importante è che De Corato o chi per lui, riesca a produrre un comunicato stampa anche oggi.
Infine, giusto per la cronaca, mentre poliziotti locali e uno spaesato funzionario dei servizi sociali si aggiravano nell’area dell’ex-caserma infestata dai topi, gli unici a fare qualche centinaio di metri per contattare i rom cacciati e mettersi a cercare qualche struttura che potesse ospitare le famiglie erano i soliti volontari della zona.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Il comportamento dell’Assessore lombardo ai trasporti, in relazione alla soppressione delle fermate di Rho dei treni Torino-Milano, è reticente e gravemente insufficiente.
Per questo, oggi abbiamo depositato in Consiglio regionale un’interpellanza in cui gli chiediamo di fare chiarezza e, soprattutto, di convocare immediatamente una riunione con il suo collega piemontese e Trenitalia, al fine ripristinare al più presto possibile, comunque non oltre settembre, la situazione precedente.
L’Assessore Cattaneo deve anzitutto chiarire quale fosse la posizione del suo Assessorato al momento della decisione di sopprimere le fermate in questione. Infatti, Regione Piemonte, competente per la linea, aveva dato il nulla osta alla soppressione il 19 marzo scorso soltanto dopo un’apposita riunione con l’Assessorato lombardo, svoltasi il 18 marzo a Milano presso gli uffici di Regione Lombardia.
Ebbene, secondo quanto dichiarato alla stampa dallo stesso Cattaneo, egli manifestò la sua contrarietà soltanto il 20 maggio, cioè due mesi più tardi, quando ormai il nuovo orario era già in stampa.
In secondo luogo, riteniamo che l’Assessore non si possa ora limitare a scaricare tutte le responsabilità sulla Regione Piemonte, ma che debba assumere delle iniziative concrete. Riconvochi cioè immediatamente una riunione con il suo collega piemontese e con Trenitalia, al fine risolvere il problema e di evitare che i pendolari della zona di Rho debbano sopportare questo gratuito disagio fino al dicembre prossimo.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo integrale dell’interpellanza
 

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Caro Ivan, la vita ha deciso che dovevi fermarti qui. Quando me l’hanno detto ci sono rimasto malissimo. Non ci siamo mai frequentati, forse perché apparteniamo a generazioni diverse, eppure ci sei sempre stato con me. Per me eri e rimani quello del canto O cara moglie, il poeta che sapeva tradurre in parole e musica l’asprezza della lotta e la bellezza e l’intensità della speranza. E non è poco, anzi è tantissimo. Per questo ti ringrazio e continuerò a tenerti con me, nella memoria e nel cuore. Ciao Ivan!
 
Luciano Muhlbauer
 
Le esequie di Ivan Della Mea si svolgeranno martedì 16 giugno, alle ore 11.00, all'ARCI  Corvetto, via Oglio 21, a Milano.
 
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L'Assessore regionale ai trasporti, Raffaele Cattaneo, la smetta di giocare allo scaricabarile e intervenga invece con urgenza per impedire la soppressione, a partire dal 14 giugno, della fermata di Rho per 30 treni della linea interregionale Torino-Milano. Un fatto che comporterebbe un danno grave e gratuito per migliaia di pendolari.
Un'assunzione di responsabilità vera da parte di Regione Lombardia è più che doverosa, visto che tale soppressione era stata decisa, contrariamente a quanto dichiarato alla stampa da Cattaneo, con l'assenso di Regione Lombardia.
Infatti, la proposta di Trenitalia Piemonte di sopprimere, in via sperimentale, le fermate di Rho e di spostarle alla stazione della Fiera, era stata discussa in una riunione del 18 marzo scorso, che si svolse presso l'Assessorato ai Trasporti della Regione Lombardia, presenti i rappresentanti del Piemonte e della Lombardia. Ci risulta fosse assente, invece, il Comune di Rho, anche se non sappiamo se perché non invitato o per scelta.
Ebbene, gli uomini di Cattaneo non espressero alcuna contrarietà alla proposta di soppressione, né in tale riunione - come conferma la nota della Regione Piemonte del 19 marzo, che diede il via libera alla soppressione -, né successivamente. Il primo e unico atto di dissenso da parte di Cattaneo sarebbe infatti arrivato soltanto molto più tardi, con una lettera al collega assessore piemontese, Daniele Borioli, datata 20 maggio e pervenuta alla Regione Piemonte il 26 maggio.
Insomma, il "disaccordo" di Cattaneo, espresso quando il nuovo orario estivo era già in corso di stampa e cominciavano a levarsi le prime proteste dei pendolari, non è soltanto tardivo, ma anche piuttosto strumentale.
Beninteso: tutti possiamo sbagliare, dunque anche l'Assessorato regionale ai trasporti. Ma inaccettabile è che si neghi l'errore tentando di scaricare le proprie responsabilità su altri e che si pensi persino di cavarsela con una letterina dell'ultimo minuto.
Se questo è l'approccio, i pendolari possono stare freschi. Noi pensiamo invece che chi ha commesso l'errore debba essere il primo a preoccuparsi di trovare il rimedio. Ecco perché chiediamo all'Assessore regionale di intervenire immediatamente presso il suo collega piemontese e Trenitalia, al fine di evitare ai pendolari - già sufficientemente tartassati da un servizio scadente - un'ulteriore via crucis.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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“Io non respingo!” si chiama la campagna nazionale lanciata dal osservatorio Fortress Europe in occasione della visita in Italia del leader libico Gheddafi tra il 10 e il 12 giugno. L’idea della campagna, alla quale questo blog aderisce, è semplice: organizzare in tutta Italia eventi tra il 10 e il 20 giugno con la parola d’ordine “io non respingo!”, per esprimere opposizione e contrarietà alla politica dei respingimenti del Governo, che si basa, appunto, su accordi con la Libia.
Se non sapete cosa succede in Libia con i migranti e i rifugiati respinti e quali sono le condizioni a cui vengono sottoposte queste persone nei centri di detenzione libici (finanziati anche dall’Italia), andate a farvi un giro sul sito di Fortress Europe. Lì troverete anche la lista completa delle iniziative organizzate in tutta Italia nel quadro della campagna.
Qui ci limitiamo a segnalare il presidio organizzato a Milano, riproducendo qui sotto l’appello e le adesioni finora pervenute. Dopo l’appello trovate anche la lettera a Gheddafi scritta da un nutrito gruppo di donne e le coordinate per aderirvi.
 
APPELLO PER PRESIDIO A MILANO (10 giugno, ore 18.00):
 
Dal 10 al 12 giugno prossimi sarà in visita ufficiale in Italia il presidente libico Muhamad Gheddafi. La visita giunge a coronamento di un periodo segnato da un ricorso sistematico da parte del governo italiano alla cosiddetta politica dei respingimenti ovvero al dirottamento verso le coste della Libia delle navi che trasportano migranti e richiedenti asilo. Questa politica è legata agli accordi in materia di immigrazione siglati dal nostro paese con il governo di Tripoli che –dietro adeguate contropartite economiche- prevedono la cooperazione tra i due paesi nel contrasto al fenomeno migratorio. Accordi siglati nonostante sulla Libia pesino come macigni denunce di violazione sistematica dei diritti umani da parte dell’ONU e di riconosciuti organismi non governativi internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch. Secondo l’osservatorio indipendente Fortress Europe attualmente esistono in Libia ben 21 centri di detenzione per migranti e richiedenti asilo in cui si fa ricorso costante a trattamenti disumani e tortura. Con la politica dei respingimenti l’Italia ha scelto deliberatamente di inviare decine di migliaia di persone verso la Libia dove- grazie alle clausole dell’accordo che prevedono la non ingerenza reciproca negli affari interni- potranno essere incarcerati e sottoposti ad ogni forma di trattamento degradante e disumano.
Di fronte a tutto questo denunciamo con forza la complicità e le responsabilità del governo italiano nelle stesse violazioni dei diritti umani che avvengono sul territorio libico e chiediamo di porre immediatamente fine alla politica dei respingimenti e di rivedere gli accordi di cooperazione con la Libia, mettendo come precondizione imprescindibile per ogni trattato bilaterale il rispetto completo dei diritti umani.
Per queste ragioni aderiamo alla grande campagna nazionale “Io non respingo” lanciata dall’osservatorio Fortress Europe e invitiamo tutti i cittadini a partecipare ad un
 
PRESIDIO
sotto la sede del Consolato libico in piazza Diaz angolo via Baracchini a Milano
Mercoledì 10 giugno 2009 ore 18
NOI NON RESPINGIAMO!
 
 
adesioni:Milano Città Aperta, Centro delle Culture Milano, Associazione Ci Siamo Anche Noi (Pavia), Dimensioni Diverse, Centro Culturale Multietnico La Tenda, Le radici e le ali ONLUS, Partito Umanista – Milano, Coordinamento nord sud del mondo – Milano, Rifondazione Comunista - Federazione di Milano, Aria Civile – Milano, Todo Cambia, Psicologi per i Popoli nel Mondo, Servizio civile internazionale - Gruppo Lombardia, Sinistra Critica – Milano, Collettivo Vagabondi di Pace, Arci Milano, Delegate e Delegati Regione SdL Intercategoriale, Cooperativa Sociale CRINALI onlus, Scuole Senza Permesso, Donne In Nero Milano, Studio3R di Mediazione Linguistica Culturale, Casa per la Pace Milano, Cascina Autogestita Torchiera Senz'Acqua, Naga ONLUS, Associazione per la sinistra di zona 6, Cs CasaLoca, Associazione Para Todos Todo - Case di Plastica di Sesto San Giovanni, Associazione Mondo Senza Guerre
adesioni individuali:Giorgia Morera, Alessandro Rizzo, Rino Sanna, Luciano Muhlbauer, Patrizia Quartieri, Bianca Dacomo Annoni, Rosella Manganella, Giorgio Forti, Marinella Sanvito
 
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LETTERA DI DONNE A GHEDDAFI:
 
Al Leader della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista
(Per conoscenza, alle e ai rappresentati del governo italiano e dell’Unione europea)
 
Gentile Muammar Gheddafi,
noi non facciamo né vogliamo far parte delle 700 donne che lei ha chiesto di incontrare il 12 giugno durante la sua visita in Italia. Siamo, infatti, donne italiane, di vari paesi europei e africani estremamente preoccupate e scandalizzate per le politiche che il suo Paese, con la complicità dell’Italia e dell’Unione europea, sta attuando nei confronti delle donne e degli uomini di origine africana e non, attualmente presenti in Libia, con l’intenzione di rimanervi per un lavoro o semplicemente di transitarvi per raggiungere l’Europa. Siamo a conoscenza dei continui rastrellamenti, delle deportazioni delle e dei migranti attraverso container blindati verso le frontiere Sud del suo paese, delle violenze, della “vendita” di uomini e donne ai trafficanti, della complicità della sua polizia nel permettere o nell’impedire il transito delle e dei migranti. Ma soprattutto siamo a conoscenza degli innumerevoli campi di concentramento, a volte di lavoro forzato, alcuni finanziati dall’Italia, in cui donne e uomini subiscono violenze di ogni tipo, per mesi, a volte addirittura per anni, prima di subire la deportazione o di essere rilasciati/e. Alcune di noi quei campi li hanno conosciuti e, giunte in Italia, li hanno testimoniati.
Tra tutte le parole e i racconti che abbiamo fatto in varie occasioni, istituzionali e non, o tra tutte le parole e i racconti che abbiamo ascoltato, scegliamo quelli che anche Lei, insieme alle 700 donne che incontrerà, potrà leggere o ascoltare.
Fatawhit, Eritrea : “Il trasferimento da una prigione all’altra si effettuava con un pulmino dove erano ammassate 90 persone. Il viaggio è durato tre giorni e tre notti, non c’erano finestre e non avevamo niente da bere. Ho visto donne bere l’urina dei propri mariti perché stavano morendo di disidratazione. A Misratah ho visto delle persone morire. A Kufra le condizioni di vita erano molto dure (…) Ho visto molte donne violentate, i poliziotti entravano nella stanza, prendevano una donna e la violentavano in gruppo davanti a tutti. Non facevano alcuna distinzione tra donne sposate e donne sole. Molte di loro sono rimaste incinte e molte di loro sono state obbligate a subire un aborto, fatto nella clandestinità, mettendo a forte rischio la propria vita. Ho visto molte donne piangere perché i loro mariti erano picchiati, ma non serviva a fermare i colpi dei manganelli sulle loro schiene. (…) L’unico metodo per uscire dalle prigione libiche è pagare.” (http://www.storiemigranti.org/spip.php?article67).
Saberen, Eritrea: “Una volta stavo cercando di difendere mio fratello dai colpi di manganello e hanno picchiato anche me, sfregiandomi il viso. Una delle pratiche utilizzate in questa prigione era quella delle manganellate sulla palma del piede, punto particolarmente sensibile al dolore. Per uscire ho dovuto pagare 500 dollari.” (http://www.storiemigranti.org/spip.php?article67).
Tifirke, Etiopia: “Siamo state picchiate e abusate, è così per tutte le donne”. (Dal film “Come un uomo sulla terra”).
Siamo consapevoli, anche, che Lei e il suo Paese non siete gli unici responsabili di tali politiche, dal momento che gli accordi da Lei sottoscritti con il governo italiano prevedono ingenti finanziamenti da parte dell’Italia affinché esse continuino ad attuarsi e si inaspriscano nei prossimi mesi e anni in modo da bloccare gli arrivi dei migranti sulle coste italiane; dal momento, inoltre, che l’Unione europea, attraverso le sue massime cariche, si è espressa in diverse occasioni a favore di una maggiore collaborazione con il suo Paese per fermare le migrazioni verso l’Europa. Facciamo presente innanzitutto a Lei, però, e per conoscenza alle e ai rappresentati del governo italiano, alle ministre e alle altre rappresentanti del popolo italiano che Lei incontrerà in questa occasione, così come alle e ai rappresentanti dell’Unione europea, una nostra ulteriore consapevolezza: quella per cui fare parte della comunità umana, composta da donne e uomini di diverse parti del mondo, significa condividere le condizioni di possibilità della sua esistenza. Tra queste, la prima e fondamentale, è che ogni donna, ogni uomo, ogni bambino, venga considerato un essere umano e rispettato/a in quanto tale.
Finché tale condizione non verrà considerata da Lei né dalle autorità italiane ed europee noi continueremo a contestare e a combattere le politiche dell’Italia, della Libia e dell’Unione europea che violano costantemente i principi che stanno alla base della sua esistenza e fino a quel momento, quindi, non avremo alcuna voglia di incontrarla ritenendo Lei uno dei principali e diretti responsabili delle pratiche disumane nei confronti di una parte dell’umanità.
 
Firmatarie: Federica Sossi, Alessandra Sciurba, Isabelle Saint-Saens, Glenda Garelli, Anna Simone, Floriana Lipparini, Cristina Papa, Enrica Rigo, Maria Vittoria Tessitore, Barbara Bee, Maddalena Bonelli, Chiara Gattullo, Elisa Coco, Gabriella Ghermandi, Elisabetta Lepore, Barbara D’Ippolito, Paola Meneganti, Anna Maria Rivera, Judith Revel, Vanessa Giannotti, Enza Panebianco, Angela Pallone, Di Lauro Gabriella, Sara Prestianni, Valentina Maddalena, Maria Iorio, Annalisa Caffa, M.Cristina Di Canio, Barbara Romagnoli, Alessia Montuori, Nicoletta Poidimani, Pia Covre, Letizia Del Bubba, Cristina Romieri, Maria Antonietta Ponchia, Valentina Mora, Gabriella Orlando, Cristina Sebastiani, Dorinda Moreno, Alessandra Ballerini, Ilaria Scovazzi, Liliana Ellena, Vincenza Perilli, Lucia Conte, Gloria Battistin, Silvia Silvestri, Teresa Modafferi, Sara Voltolina, Patrizia Grazioli, Aurora D’Agostino, Beatrice Barzaghi, Anna Milani, Elide Insacco, Sara Chiodaroli, Ester Incerti, Anita Pirovano, Maria Rosaria Baldin, Agela Azzaro, Igiaba Scego, Margherita Hack, Irene Delfino, Cinzia Filoni, Nausicaa Guerini, Laura Fiorillo, Maria La Salandra, Elisabetta Degli Esposti Merli, Cinzia Pian, Cecilia Bartoli, Agnese Pignataro, Vilma Mazza, Isabella Bortoletto, donneinmovimento, Cristina Ali Farah, Roberta Sangiorgi, Chiara Sartori, Lea Melandri, Valentina Paganesi, Deborah Voltolina, Simona Scozzari, Valentina Antoniol, Gaia Alberti, Milena Zappon, Erika Russo, Miriam Ferrari, Tiziana Bartolotta, Sofia Gonoury, Cristina Sansa, Cristina Lombardi-Diop, Rosi Castellese, Elena Gimelli, Marcela Quilici, Rosa Mordenti, Gabriella Carlino, Elisa Cappello, Laura Liberto, Steny Giliberto, Daniela Stanco, Emanuela Ambrosino, Raffaella Vidale, Lella Di Marco, Alessandra Durante, Maria Luisa Lunghi, Rosa Rivelli, Sara Honegger, Adriana Saja, Maria Rosaria Iarussi, Cecilia Massara, Gloria Pasquali, Elisa Renda, Alessia Busacca, Silvia Cristofori, Marina Tutino, Ombretta Moschella, Francesca Biason, Luisa Doplicher, Silvia Baraldini, Meraf Dagna, Maria Luisa Chiavari, Brahan A., Annalisa Romani, Carolina Lami, Lidia Menapace, Plateroti Angela, Giovanna Silva, Luisa Longhi, Maria Luisa Lunghi, Maria Fiano, Francesca Marchetta, Federica Giampedrone, Diana Catellani, Silvia Di Fazio, Cinzia Rossello, Giulia Rellini, Daniela Fringuelli, Anna Brambilla, Carola Susani, Lia Didero, Graziella Isella, Marta Cerboneschi, Adele Del Guercio, Laura Sponti, Marzia Coronati, Rossella Marchini, Elisabetta Cammelli, Giorgia Serughetti, Laura Giacomello, Giuliana Candia, Federica Dolente, Pretty Gorza, Paola Luzzi, Fadila, Angela Rigoli, Anita Benedetti, Gabriella Giambertone, Claudia Canè, Giuppa Cassarà, Antonia Cassarà, Antonia Sani, Z. Kadkani, Manuela Troiani, Emiliana Cordone, Anna Aita, Suzi Koh, Stefania Sposito, Annalisa Oboe, Carla Grementieri, Lorena Nicardi, Rita Lavaggi, Lucia Berardi, Tatjana Tomicic, Franca Antoni Mariani, Ionne Guerrini, Antonella Moscati, Elena Ramacciotti, Cécile Kyenge Kashetu, Annamaria Frigerio, Marija Ivanoviæ, Giulia Gandini, Maria grazia Bertazzo, Camilla Pin, Valeria Montagnana, Isabella Menegazzo, Pina Piccolo, Fabiola Schneider Graziosi, Marianita De Ambrogio, Serena Romano, Marina Veronesi, Giovanna Gismondi
 
per adesioni individuali: semir@libero.it
(per vedere l’aggiornamento delle adesioni vai sul sito Storie Migranti)
 
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Al di là delle roboanti dichiarazioni di Formigoni sui benefici effetti economici del cosiddetto “piano casa”, in realtà tutti da dimostrare, resta la certezza di un’ulteriore deregulation urbanistica, i cui vantaggi immediati andranno ad alcuni privati, mentre i costi futuri verranno scaricati sulla collettività.
Infatti, la proposta di legge di Formigoni e Boni, impegnati nell’ennesimo gioco delle parti, è fondamentalmente una maxi deroga alle regole urbanistiche, che comporterà nelle grandi città una maggiore densificazione abitativa, senza però prevedere alcun obbligo o vincolo in termini di servizi.
Anzi, il provvedimento  recita semplicemente, al comma 5 dell’articolo 5, che il Comune in sede di formazione o adeguamento del Pgt “verifica l’eventuale ulteriore fabbisogno di aree pubbliche o servizi urbani indotto dall’attuazione della presente legge”. Cioè, il Comune se ne occuperà eventualmente, se vorrà e se potrà,  forse.
Ma i maggiori beneficiari della deroga saranno certamente i costruttori che amano investire nel business dell’edilizia convenzionata. Infatti, miracolo delle modifiche legislative degli ultimi anni, ormai per Edilizia Residenziale Pubblica (Erp) non si intendono più soltanto le “case popolari”, cioè quelle con canoni d’affitto destinati ai redditi bassi, ma un po’ di tutto, compresa l’edilizia convenzionata.
Ebbene, l’articolo 4 della proposta di legge prevede che in quest’ultimo caso si possa ampliare la volumetria addirittura del 40%, non solo con riferimento al singolo edificio, bensì al “quartiere”. Cioè, anche mediante la costruzione di nuovi edifici.
Un regalo straordinario all’Amministrazione comunale di Milano, nemica giurata delle case popolari e teorica del “mix sociale”, cioè della sostituzione del canone sociale con quello convenzionato, e dei cittadini a reddito basso con quelli a reddito più alto.
Insomma, questo “piano” è un buon affare per alcuni, ma un cattivo affare per la maggior parte dei cittadini.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
Qui sotto puoi scaricare il testo del progetto di legge che la Giunta regionale ha deliberato oggi e che è conosciuto come “piano casa” (peso: 2Mb). La maggioranza di centrodestra vuole farlo approvare dal Consiglio entro la fine giugno.
 

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Ci risiamo. Dopo il fallito tentativo del Sindaco di Buccinasco del novembre scorso di dedicare un convegno al principale teorico italiano del neofascismo e del razzismo, Julius Evola, ora ci riprovano il Sindaco di Garbagnate Milanese, Leonardo Marone, e il suo Assessore alla politiche culturali, Marco Pellegatta.
L'incontro dovrebbe tenersi sabato 13 giugno presso la Biblioteca comunale e l'intera iniziativa è organizzata e finanziata dal Comune di Garbagnate. Lo schema della "giornata di studio" sembra una fotocopia del convegno abortito di Buccinasco, con gli stessi relatori e le medesime omissioni sulla realtà storica.
E così, mentre a Buccinasco Evola fu presentato come un simpatico filosofo estraneo alle cose concrete del mondo, nel caso di Garbagnate la delibera di Giunta del 6 maggio scorso lo definisce il "caposcuola del pensiero conservatore del novecento italiano" e in quanto tale, secondo il Sindaco Marone, merita un posto all'interno di un ciclo di conferenze dove si è già parlato di figure del calibro di Turati, De Gasperi, La Pira e Gramsci.
Insomma, un'operazione di sdoganamento e riabilitazione, basata sulla falsificazione storica. E tutto questo utilizzando il buon nome dell'istituzione e i soldi dei contribuenti garbagnatesi, i quali, a meno che non dispongano di conoscenze storiche proprie, non sapranno mai chi era veramente Julius Evola.
Non sapranno ad esempio che Evola era antisemita, che applaudì al progetto eugenetico della Germania nazista, che portò allo sterminio di 80mila disabili, con le parole "impedire che un'eredità guasta si trasmetta in altre generazioni" oppure che era un estimatore, peraltro contro cambiato, del capo supremo delle SS, Himmler. E non si trattava di simpatie estemporanee, anzi, visto che tutta la sua opera filosofica e politica, anche dopo la guerra, era ispirata al contrasto del sistema democratico e all'esaltazione del "totalitarismo", nel quale la "dottrina della razza" non smise mai di occupare un posto centrale. Per questo Evola entrò nella storia come teorico del neofascismo, non solo di quello italiano, e certo non come "caposcuola del pensiero conservatore".
Visti i tempi che corrono, con il moltiplicarsi di atti di violenza di stampo neofascista e razzista, non ci sembra proprio il caso che un'istituzione pubblica si metta a praticare il revisionismo storico e a sdoganare personaggi come Evola. Chiediamo pertanto al Sindaco Marone di risparmiare alla sua città la vergogna di questo convegno.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Incredibile, ma vero. Per ben due mesi le due nuove torri albergo della Fiera di Rho-Pero hanno scaricato abusivamente i propri liquami, senza alcun trattamento di depurazione, nel fiume Olona. E, cosa ancora più incredibile, tutto questo è potuto avvenire grazie a una dichiarazione falsa da parte di Sviluppo Sistema Fiera SpA, braccio operativo della Fondazione Fiera Milano.
Infatti, la struttura alberghiera di proprietà del gruppo NH è entrata in funzione nel febbraio scorso, in seguito al certificato di agibilità rilasciato dal Comune di Rho, ottenuto sulla base della documentazione presentata dalla Fiera attestante la “perfetta conformità delle opere al progetto approvato”. Quella documentazione portava la firma del direttore generale di Sviluppo Sistema Fiera, Maurizio Alessandro, e, appunto, diceva il falso, cioè che fosse realizzato e operativo l’allacciamento alla rete fognaria.
Probabilmente l’abuso ambientale continuerebbe ancora oggi se non fossero intervenuti, prima, un gruppo di cittadini di Pero, che il 7 aprile hanno denunciato il misfatto al Comune di Rho; poi, lo stesso Comune di Pero (9 aprile) con una diffida formale. Infine, lo stesso Comune di Rho (10 aprile) ha dovuto avviare il procedimento di annullamento del certificato di agibilità, poiché “rilasciato sulla base di presupposti rivelatisi errati”.
Insomma, se il buon giorno si vede dal mattino, allora i cittadini dell’area di Rho-Pero hanno di che preoccuparsi in vista dell’Expo. Ma in realtà dovremmo preoccuparci tutti quanti, anzitutto per il comportamento sconcertante della direzione di Sviluppo Sistema Fiera SpA. Va infatti ricordato che la società, controllata dalla Fondazione Fiera, è fortemente interna a tutti gli affari di Expo 2015, e che il suo Presidente si chiama Leonardo Carioni, il quale siede anche nel CdA della società di gestione di Expo 2015.
Oggi abbiamo pertanto presentato un’interpellanza alla Giunta regionale, chiedendo un intervento sulla Fondazione Fiera al fine di accertare i fatti e le responsabilità, e un chiarimento su quali provvedimenti intende prendere perché la legalità e la trasparenza siano garantite nel futuro.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo integrale dell’interpellanza
 

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