Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Vi ricordate dell’occupazione della Torre Galfa a Milano di due anni fa? Fu una notizia che fece il giro del mondo, poiché per prima volta era stato occupato un grattacielo, ma soprattutto coinvolse un numero impressionante di giovani e meno giovani. Gli occupanti erano anzitutto lavoratori dello spettacolo, dell’arte, della ricerca e dell’immateriale.
L’occupazione del grattacielo fu l’inizio di una storia, quella di Macao, che dal giugno del 2012 abita all’ex Macello di Viale Molise, un altro spazio lasciato in stato di abbandono e poi risistemato dal collettivo.
Alcuni hanno perso un po’ di vista le attività di Macao dopo la vicenda della Torre Galfa, perché la stampa ormai se ne occupava raramente e perché Macao è sì uno spazio sociale occupato, ma non è un centro sociale classico. È, appunto, un Nuovo Centro per le Arti, la Cultura e la Ricerca, per dirla con le parole di Macao.
Ma Macao in questo tempo ha lavorato e prodotto e ha fatto rete con altre realtà simili, come il Teatro Valle di Roma. Ora, insieme a due di queste realtà, l’Ex Asilo Filangieri di Napoli e il S.a.L.E. Docks di Venezia, ha pensato di presentare un progetto e partecipare al bando CheFare2. Se vince il loro progetto, che si chiama alla maniera di Macao, cioè #Apparecchioper aprire dal disotto, ci sono 100mila euro di premio per realizzarlo.
Insomma, penso sia sempre un’ottima cosa quando si semina cultura, autogestione e partecipazione. E Macao lo ha fatto. Quindi credo valga la pena di sostenere anche questa nuova avventura. In altre parole, per far vincere il progetto #Apparecchioper bisogna votarlo on line. Io l’ho già fatto e ora, se vi va, tocca a voi. È semplicissimo: basta andare su www.che-fare.com/progetti-approvati/apparecchio-per-aprire-dal-di-sotto e seguire le istruzioni.
Ma dovreste farlo praticamente subito, perché ormai siamo in dirittura d’arrivo. Cioè, bisogna votare entro la mattina di giovedì 13 marzo.
Per sapere in cosa consiste esattamente il progetto, vi consiglio la lettura della presentazione scritta dal collettivo Macao, che trovate qui sotto. Il linguaggio è quello di  Macao, ovviamente, ma ce la farete.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Mancano due giorni alla chiusura del bando CheFare2, il premio di 100.000 euro per la cultura promosso dall'associazione culturale Doppiozero che anche quest'anno è riuscito a catalizzare molti progetti interessanti e di forte portata innovativa e che si basa sul voto online.
 
Ne costituisce un esempio il progetto di #Apparecchioper aprire dal disotto, presentato da Ex Asilo, Macao e Sale Docks , Ecco il link per votarlo: www.che-fare.com/progetti-approvati/apparecchio-per-aprire-dal-di-sotto
 
In questi ultimi tre anni di intensa mobilitazione di cui fanno parte in modo determinante le realtà che hanno scritto questo progetto, l’imprudenza si è fatta pratica diffusa, condivisa, relazionale: un’alleanza radicale di migliaia di corpi, di intelligenze e di desideri. La mobilitazione ha significato in primo luogo una serie di rifiuti: rifiuto delle relazioni esistenti, delle logiche dell’industria culturale, della privatizzazione (o dell’abbandono) degli spazi pubblici (e privati), della mortifera e avvilente narrazione del precariato, della speculazione edilizia che divora le città. Ma ha significato soprattutto una spinta esplosiva, costituente più che destituente, animata dalla volontà di ricreare con le proprie mani, letteralmente prima ancora che metaforicamente, un nuovo presente. I teatri chiusi, le palazzine abbandonate, gli edifici dismessi sono diventati i laboratori in cui è stato possibile tradurre il piano del conflitto e dell’immaginario in nuove forme di produzione culturale e, talvolta, di nuove istituzioni.
 
Il progetto #apparecchioper permette di leggere tre dimensioni che hanno caratterizzato questa fase dell’imprudenza: innovazionemessa in relazione e istituzionalizzazione. Ma prima di tutto, cos’è l’#apparecchioper?
 
“L’#Apparecchioper rappresenta il potenziamento delle pratiche di produzione culturale che in questi anni si sono attivate negli spazi autocostruiti del Sale, dell’Asilo e di Macao: una produzione fondata sul continuo intreccio di relazioni e di scambi di competenze. In particolare, il progetto prevede la messa a disposizione gratuita delle risorse dei tre soggetti proponenti (spazi, attrezzature, supporti tecnologici, competenze) al fine di permettere una maggiore accessibilità dei mezzi di produzione in ambito culturale. La relazione tra persone e spazi di produzione è agevolata dalla costruzione di una piattaforma online. Questa conterrà alcuni dei dispositivi fondamentali per concretare il progetto: una mappatura dei mezzi di produzione messi a disposizione dalla rete aderente, gli strumenti per renderli accessibili (calendari, mappe,…), l’area per la banca del tempo, uno spazio per il crowdfunding, la creazione di una moneta digitale comune, ambienti social di relazione, un’area per l’archivio digitale delle opere, liberamente scaricabili, con la possibilità di fare donazioni per sostenere l’autore permettendogli di proseguire il suo lavoro” (Estratti dal progetto).
La piattaforma rappresenta dunque lo strumento attraverso cui avviare, progettare e costruire una nuova produzione culturale. Il legame tra piattaforme digitali e innovazione culturale rappresenta anche il fulcro di un altro importante progetto all’interno di questo panorama: il progetto europeo Inherit, di cui Panspeech rappresenta la “piattaforma per la creazione distribuita e la condivisione di contenuti, fondata sui principi del crowdsourcing”. Inoltre, sono le pratiche accolte all’interno delle piattaforme digitali ad avere un carattere innovativo e trasformativo di per sé: basti pensare alla condivisione gratuita dei mezzi di produzione, o alla creazione di contenuti in modo condiviso basata su relazioni non gerarchiche e su monete alternative. Infine, a livello più eminentemente politico la forza trasformativa che questo tipo di sinergie offre è quello di radicare la nuova produzione culturale e materiale all’interno delle lotte sociali, sottraendosi sia alla retorica dell’impresa sociale che allo statalismo nostalgico.
 
La messa in relazione rappresenta un presupposto e un risultato delle azioni previste dal progetto. Nuove relazioni potranno essere costruite all’interno delle piattaforme digitali, ma quello che questo progetto segnala è anche una preliminare, e fondamentale, relazione tra gli spazi promotori. In questo senso, la rete dei teatri e degli spazi occupati è essa stessa prova di questa trasformazione nella misura in cui ha iniziato a fare un discorso condiviso sulle forme di produzione culturale. A fianco alla grande ricchezza di forme che i vari spazi stanno sperimentando all’interno dei loro territori si apre quindi una fase in cui mettere in comune, dapprima tra gli spazi stessi e poi aldilà di essi, le risorse di cui dispongono nel tentativo di dare corpo a una produzione culturale dal basso radicalmente condivisa.
 
Infine, una chiosa sull’istituzionalizzazione. Con questo termine non credo si debba necessariamente alludere ad una sussunzione nel regno del già detto, già fatto e della coazione a ripetere. Il “regolamento condiviso di uso civico” dall’Ex-Asilo Filangieri di Napoli, l’associazione culturale del S.a.L.e. Docks di Venezia, la Fondazione Teatro Valle Bene Comune e, ora, il comitato di scopo che Macao, Sale e Asilo hanno costituito per partecipare al bando CheFare2, rappresentano a vario titolo istituzioni che servono a garantire, tutelare e a proiettare queste esperienze all’interno di un orizzonte più vasto. Tuttavia, il campo su cui insiste questa evoluzione è innervato di tensioni politiche che muovono in direzioni diverse e, in quanto tale, estremamente scivoloso. Si procede per tentativi ed errori, in un costante avanzamento che è oggetto sia di sperimentazione pratica (ne è un esempio la Fondazione Teatro Valle Bene Comune che, pur avendo negli ultimi giorni subito una momentanea battuta d’arresto, ha tentato di scardinare dall’interno l’istituto giuridico della fondazione) che di riflessione condivisa a livello europeo (ne è un esempio il seminario che si terrà al Museo Reina Sofia di Madrid alla fine del mese in cui si discuterà della formazione di nuovi attori politici e culturali in risposta all’insufficienza della struttura istituzionale attuale).
Si tratta insomma di procedere all’identificazione – tramite prassi e teoria, tra diritto e conflitto – delle istituzioni e dei modelli economici atti a sostenere e tutelare i beni comuni. Anche su questi temi, che riteniamo più che mai urgenti all’interno del dibattito attuale, sollecitiamo gli spazi ad intervenire sulle nostre pagine.
 
 
I soggetti promotoriEx Asilo Filangieri / Macao  / S.a.L.E. Docks
 
by Macao
 
 
di lucmu (del 20/05/2014, in Movimenti, linkato 1306 volte)
Ci risiamo, un altro sgombero è in arrivo a Milano. Si tratta del Lambretta, cioè le cosiddette villette del Quartiere Del Sarto, zona piazza Ferravilla, occupate due anni fa da studenti e precari della zona e oggi uno degli spazi sociali più dinamici della città. Ovviamente, non si sa quando accadrà, ma pare che una volta passate le elezioni europee qualsiasi giorno sia buono.
La vera domanda non è dunque il quando, ma piuttosto il perché, considerato anche che fino a poco tempo fa tutto sembrava assai tranquillo. Infatti, il Lambretta non ha portato via la casa a nessuno e non ha neanche impedito progetti di riqualificazione. Ha semplicemente riempito un vuoto, occupando degli immobili abbandonati e tutt’al più utilizzati dagli spacciatori della zona.
L’Aler, proprietaria delle villette, le vuole vendere ai privati. Ci prova da anni. A tal fine erano state prima tolte dal patrimonio Erp (cioè, non sono più case popolari e pertanto non saranno assegnate alle famiglie che affollano le graduatorie) e poi messe in vendita mediante aste pubbliche. Ma tutte le aste erano andate deserte.
Secondo i proclami ufficiali di due anni fa da parte di Aler e Regione (assessore competente era quel Domenico Zambetti oggi sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa), le villette non si vendevano perché erano occupate. Ma era una balla, utile per ottenere dalla Questura lo sgombero forzato, che poi ci fu effettivamente nell’ottobre del 2012, la quale alcuni mesi più tardi, con il Lambretta rioccupato, sarebbe stata di fatto smentita dallo stesso allora Presidente dell’Aler di Milano, Loris Zaffra, con queste parole: “I primi due bandi, promossi da Infrastrutture Lombarde durante il periodo della convenzione, sono andati deserti. Adesso ci proviamo noi direttamente, senza grandi aspettative considerato l'andamento del mercato immobiliare” (vedi Corriere della Sera ed. Milano del 17.01.2013).
Già, il mercato immobiliare in crisi, al quale si aggiungono i molti vincoli architettonici, e non il Lambretta, neanche nominato. E in quell’intervista Zaffra spiegò anche come l’Aler intendeva procedere, cioè “se la gara andrà deserta anche stavolta, rivedremo tutta la procedura e proporremo una nuova vendita frazionata” (ibid.). E così hanno poi fatto, presumibilmente. Ma a questo punto entriamo nel regno delle ipotesi e dei condizionali, perché una volta esauriti i bandi e le gare e le relative procedure, si passa a trattative che non impongono più i medesimi obblighi di pubblicità e trasparenza. E quanto a trasparenza, l’Aler di Milano non ha mai brillato in questi anni…
Insomma, nessun soggetto istituzionale si è degnato di spiegare perché ora, all’improvviso, bisogna mandare polizia e carabinieri e cacciare via i ragazzi e le ragazze del Lambretta. L’Aler è riuscita a vendere qualche villetta? C’è un nuovo progetto immobiliare sull’area? Se sì, che lo dicano, perché nemmeno i residenti e le istituzioni della zona ne sanno alcunché e la prospettiva di riconsegnare quell’area all’abbandono e al vuoto, magari con qualche guardia giurata a presidiare il nulla, non è per nulla edificante.
Oppure ci sono altre ragioni, magari tutte politiche, legate a quella specie di campagna d’ordine, di cui i Ministri Alfano e Lupi sono alfieri e secondo la quale il dissenso e il conflitto sociale sono essenzialmente un problema di polizia?
Comunque sia, forse i silenzi sulle ragioni di questo sgombero sono la cosa meno importante in questo momento. Molto più importante è rompere il resto del silenzio. È mai possibile che l’eliminazione di un altro spazio sociale, con tutto quello che contiene e che ha costruito, sia un problema solo di quello spazio sociale e non di tutta la città o, almeno, di una parte di essa? Io credo di no, penso che il Lambretta ci riguardi tutti e tutte, cittadini e istituzioni. E penso che occorra schierarsi, con il Lambretta.
 
Luciano Muhlbauer
 
Per essere aggiornati sulle iniziative del Lambretta e sapere cosa succede, consultate il profilo fb del Collettivo Lambretta, la nuova pagina fb Il Lambretta Resiste e il sito Milano in Movimento.
 
 
di lucmu (del 11/06/2014, in Movimenti, linkato 1255 volte)
È ancora freschissimo l’annuncio che il Lambretta sarebbe stato sgomberato entro l’inizio dell’estate ed ecco che arriva già la prossima tegola, inattesa per praticamente tutti: verrà sgomberato anche Zam. E tra non molto, probabilmente prima del Lambretta.
Una vera e propria escalation di sgomberi a Milano, insomma.
Tornerò sull’argomento con qualche ragionamento più approfondito nei prossimi giorni. Per ora riproduco qui il comunicato di Zam sullo sgombero imminente. Per tenervi aggiornati sull’evolversi della situazione e sulle iniziative di sostegno a Zam e Lambretta, vi consiglio di consultare periodicamente il sito MilanoInMovimento.
 
Solidali e complici con Zam.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Il comunicato di Zam:
 
Il nostro amore va al di là di questi muri
 
Duro il risveglio del 9 Giugno, a un anno dallo sgombero di via Olgiati e dalla nuova occupazione in largo Don Gallo (ex-piazza S. Eustorgio), la notizia arriva e varca i cancelli della Zona Autonoma Milano: sgombero. Imminente.
Non più voci di precarietà, ma la certezza di un intervento nei prossimi giorni.
Uno sgombero che ci viene giustificato con motivazioni legate all’instabilità dell’edificio, con la pavida copertura dell’amministrazione che si nasconde dietro tecnicismi strumentali.
Quando decidemmo di entrare in questa scuola, ormai in disuso da anni, per la cura e la salvaguardia di noi tutti facemmo ispezionare l’edificio da diversi architetti e ingegneri strutturisti che ne decretarono la stabilità.
Certo la vostra burocrazia, fatta di carte e firme strumentalizzabili e modificabili a vostro piacimento, vi consegna l’arma dietro la quale come amministrazione potete nascondere tutta la vostra incapacità: quando non si sa parlare di politica si parla di crepe nei muri.
Questa scelta avviene in una Milano che si prepara ad EXPO e la grande macchina prosegue il suo percorso distruttivo.
In aggiunta a debito, cemento e precarietà si avvia una silenziosa e consensuale normalizzazione della città, basta ripercorrere i 3 anni di questa giunta per capire che più di 15 sgomberi di spazi sociali e decine di sfratti sono il “giusto” processo per creare una città a misura di EXPO, una città vetrina.
Le stesse logiche del governo Renzi ci mostrano che in tutt’Italia l’autorganizzazione e le lotte sociali sono sotto pesante attacco, partendo dalla repressione del movimento per il diritto all’abitare di Torino, fino all’ultimo sgombero del centro sociale Buridda a Genova: i tentacoli istituzionali stringono la presa.
Tutto questo per dirvi che la Zona Autonoma Milano resiste e resisterà ai vostri tentativi di normalizzazione, ai vostri sgomberi, alla vostra totale incapacità di gestione del nostro territorio.
Porteremo con noi il nostro guscio, le nostre idee, i nostri progetti e i nostri sogni. La bellezza e l’importanza di tutto ciò che siamo non si può sgomberare e sappiate,che il nostro amore va al di là di questi muri.
 
#crollateprimavoi
Zona Autonoma Milano
 
 
di lucmu (del 12/06/2014, in Movimenti, linkato 1353 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 12 giugno 2014
 
Ma cosa succede in città? Mentre il sistema dei controlli e protocolli di legalità sugli appalti Expo sta mostrando tutta la sua tragica inconsistenza, c’è invece una macchina che gira a pieno regime, anzi, che accelera pure: è quella degli sgomberi degli spazi sociali occupati. E così, dopo l’annuncio dello sgombero del Lambretta di alcune settimane fa, ora è arrivato a sorpresa anche quello relativo a Zam.
Insomma, a Milano c’è una vera e propria escalation, un uno-due capace di far vacillare chiunque. È una coincidenza? La pulizia in vista di Expo? Un complotto? Un ordine dall’alto? E da chi? Un sacco di domande e tutte importanti, anche perché stiamo parlando della città che tre anni fa scelse di voltare pagina. “Il vento è cambiato” si diceva e del cambiamento atteso faceva parte anche una nuova politica rispetto agli spazi, al riuso, alla socialità e un diverso rapporto con le esperienze di autogestione.
Certo, il clima è cambiato, non c’è più la politica dell’odio di De Corato, ma poi, appunto, come la mettiamo con gli sgomberi e con l’accelerata di queste settimane? Lasciamo perdere le teorie del complotto, che non hanno mai spiegato nulla. Zam e il Lambretta occupano spazi di due proprietari diversi e sono sotto sgombero con motivazioni formali differenti. Zam sta in una ex scuola di proprietà del Comune nel quartiere Ticinese ed è sotto sgombero a causa di una perizia tecnica che dice che l’ala inagibile e chiusa dello stabile renderebbe pericolosa anche la parte occupata. Un pericolo in realtà molto remoto: gli uffici comunali avevano detto la stessa cosa già un anno fa senza che accadesse nulla. Ma ora c’è una nuova perizia, sollecitata da un “comitato” vicino alla destra, che è finita sul tavolo del Questore.
Il Lambretta, invece, occupa delle ex case popolari nel quartiere Lambrate, che Regione e Aler tentano da anni di vendere a privati senza riuscirci. In questo caso non si capisce chi  o che cosa abbia spinto sull’acceleratore, si sa soltanto che la decisione era stata presa dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. No, il problema non sono i complotti, il problema è la politica, anzi, il vuoto di politica, che fa sì che gli eventi seguano il loro corso, magari con l’aiutino di una perizia o di un capriccio.
E in questo senso è più che sintomatico che in ambedue i casi, gli unici a contattare gli occupanti per avvisarli degli imminenti sgomberi sia stata la Questura. L’assenza della politica fa sì che siano le decisioni “tecniche” a dettare la linea, la mancanza di un indirizzo chiaro da parte del Comune consegna libertà di manovra a chi, magari stando nella stessa maggioranza, vorrebbe normalizzare anche Milano. Un Comune immobile e silente fa prevalere anche qui la tendenza nazionale che  individua nella repressione dei movimenti antagonisti e del conflitto la risposta alla crisi sociale.
C’è un solo modo per tentare di uscirne: il Sindaco Pisapia deve prendere in mano il bandolo della matassa e aprire un confronto cittadino. Anche perché quella delle aree vuote e abbandonate e quella degli spazi sociali occupati non sono un problema privato di qualcuno, ma una questione pubblica che riguarda tutta la città, anzi, che riguarda la stessa idea di città. Insomma, occorre una scelta politica.
Comunque sia, Zam e Lambretta dovranno affrontare giorni duri, forse vacilleranno, ma sicuramente non finiranno a tappeto, per il semplice fatto che sono realtà vive e non involucri vuoti. Ma hanno anche bisogno di non camminare da soli, che la parte più lungimirante della città si schieri al loro fianco.
 
 
Alla fine qualcosa si è mosso: martedì sera il Comune di Milano ha annunciato un’iniziativa sugli spazi sociali. In realtà, per ora c’è soltanto un comunicato di poche righe, dove viene annunciato la costituzione di un “gruppo di lavoro sul tema degli spazi sociali” e l’intenzione di “valutare forme di assegnazione” diverse dai bandi finora sperimentati, i quali, aggiungo io, avevano de facto escluso le esperienze di autogestione.
Poche righe, forse troppo poche e troppo generiche, e quindi è scattata inevitabilmente la corsa alle “interpretazioni autentiche”. Il quotidiano La Repubblica è stato più veloce di tutti e già mercoledì mattina le sue pagine milanesi titolavano: “Comune, primo passo per la regolarizzazione dei centri sociali”. Il testo dell’articolo, poi, si spingeva anche oltre, facendo addirittura il nome di alcuni centri sociali e, soprattutto, fornendo la presunta “traduzione” di una frase del comunicato scritta in simil sindacalese, sostenendo che in realtà il Comune volesse dire che gli “sgomberi annunciati potrebbero essere sospesi, a patto che non ci siano nuove occupazioni abusive”.
Ovvio, se questa fosse l’interpretazione autentica, allora ogni possibile dialogo rischierebbe di morire prima ancora di nascere. E quindi, stamattina, cioè a sole 24 ore dall’annuncio della “regolarizzazione”, la stessa La Repubblica esce con un articolo che annuncia invece il funerale del dialogo: “Milano, no dei centri sociali al confronto con il Comune: ‘Niente regolarizzazione’". Fonte dello scoop, in assenza di comunicati e pronunciamenti dei centri sociali milanesi, è un'altra interpretazione autentica: quella di un’intervista a Radio Onda d’Urto da parte di un attivista di Zam.
Poi ci sarebbero anche i giornali della destra cittadina, a partire da Libero, che oggi parla di “sanatoria no-global”, di “palazzi del Comune lasciati ai centri sociali” e di “mal di pancia all’interno del Pd” perché a “guidare l’iniziativa” è il “totem del centro sociale Cantiere”, Paolo Limonta. E tutto quanto condito dagli immancabili e noiosi isterismi dei De Corato, Bolognini e Gallera.
In ogni caso, inutile e sbagliato prendersela con stampa e giornalisti, perché il problema non sono loro. No, il problema è che se le cose non le dici in maniera chiara e leggibile a chiunque, allora chiunque è libero di fornire la sua interpretazione autentica.
E quindi, ora cosa succederà? Dipenderà anzitutto, penso, da quello che verrà fatto e detto nei prossimi giorni. Secondo quanto annunciato dal comunicato del Comune, verrà “convocato a breve la prima riunione” del gruppo di lavoro. Ebbene, penso che sarebbe buono che questo avvenisse in tempi stretti e chiarendo in maniera inequivocabile e pubblica i contorni, le modalità e le finalità dell’iniziativa. Insomma, senza lasciare troppi spazi alle interpretazioni autentiche, che altrimenti finiscono con il determinare gli eventi.
Ovviamente, e a prescindere dai discorsi sulle interpretazioni autentiche, siamo tutti consapevoli che esistono molti dubbi sulla praticabilità di un percorso e di un confronto del genere. Sono molti i suoi nemici, anzitutto, e non stanno solo a destra, lo sappiamo. Anche nella stessa maggioranza c’è chi non è per nulla convinto. E quindi, il rischio dell’annacquamento, delle trappole e delle troppe mediazioni è sempre in agguato.
Ma i dubbi sono molti anche da parte dei soggetti sociali che dovrebbero essere parte costituente del confronto. E non mi riferisco soltanto ai centri sociali, ma anche ai centri sociali. I precedenti e le cose non dette chiaramente non aiutano, lasciano sempre spazio al sospetto che non si tratti di riconoscere e valorizzare, ma molto più banalmente di cooptare, normalizzare e pacificare.
Sì, tanti dubbi e tanti ostacoli, eppure penso che bisogna provarci. Anzitutto, perché c’è stato un movimento nella situazione, l’immobilismo è stato infranto, e questo è importante in sé. In molti e molte avevamo individuato proprio nell’immobilismo politico e nel conseguente trincerarsi dietro alle decisioni “tecniche” uno dei principali problemi di questo fase. Per quanto mi riguarda, avevo anche detto e scritto che a questo punto il Sindaco “deve prendere in mano il bandolo della matassa e aprire un confronto cittadino” (vedi mio articolo sul Manifesto del 12 giugno), cioè produrre un movimento.
Penso sia utile per tutta la città che nasca questo tavolo sugli spazi sociali. Ed è necessario che nasca in maniera pubblica e trasparente, senza escludere nessuno e senza sgomberi per nessuno. Tutto il resto sarà da vedere, da verificare, da costruire.
Se son rose fioriranno, se son spine pungeranno, dice il proverbio. Ecco, dobbiamo correre il rischio delle spine, per poter ambire alle rose.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 23/07/2014, in Movimenti, linkato 1787 volte)
Hanno sgomberato Zam. Stamattina la questura si è presentata davanti all’ex scuola di via Santa Croce con il consueto dispiegamento di forza e con l’ordine di sgombero in mano. Gli attivisti di Zam hanno resistito per un po’, ma poi la ragione della forza e dei manganelli, usati peraltro in maniera assolutamente sproporzionato, ha prevalso.
La motivazione formale dello sgombero risiede in quella perizia sulla staticità dell’edificio, che era stata sollecitata da un “comitato” contiguo alle destre e che il Comune aveva depositato a inizio giugno presso la Prefettura, a disposizione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica. Secondo quella perizia la parte inagibile e pericolante (non occupata e non accessibile) dell’edificio comprometterebbe la staticità anche della parte agibile (e occupata). Infatti, la questura era pronta all’intervento contro Zam sin dall’inizio giugno, facendo passare temporaneamente in secondo piano quello già programmato contro il centro sociale Lambretta.
Tuttavia, la prospettiva del doppio sgombero pre estivo di Zam e Lambretta, oltre ad eccitare la fantasia dei vari De Corato e leghisti in salsa frontenazionale, aveva sollevato giustamente delle polemiche (vedi per esempio il mio articolo per il Manifesto Spazi sociali, a Milano il clima non è cambiato) e prodotto alcune iniziative. Diverse voci, tra cui anche la Camera del Lavoro, avevano chiesto alle istituzioni una moratoria sugli sgomberi e il Comune aveva aperto un tavolo di confronto sugli spazi sociali, che nelle intenzioni doveva coinvolgere anche i centri sociali e le realtà dell’autogestione. Ma di moratorie non se ne sono viste e nel frattempo, appunto, i dossier di Zam e Lambretta erano già stati passati a Prefettura e Questura, cioè a chi si occupa dei problemi dal punto di vista dell’ordine pubblico e con gli strumenti dell’ordine pubblico.
E così, siamo praticamente tornati alla situazione di partenza, cioè allo sgombero di Zam e Lambretta. Già, perché Zam è stato sgomberato oggi e al Lambretta, a quanto pare, toccherà la stessa sorte prima ancora che finisca l’estate.
Oggi ha perso la politica, la città. Ci sarà tempo e modo per discutere di quello che è stato fatto e non fatto, dei dialoghi e dei tavoli, del che fare a Milano in tema di spazi sociali. Ora però dobbiamo fare qualcosa di più urgente, cioè essere solidali con Zam e Lambretta, camminare insieme a loro. Nei momenti di resistenza, certo, ma anche e soprattutto in quelli che seguiranno, quando si tratterà di rinascere in una nuova casa.
 
Luciano Muhlbauer
 
Il presidio fuori da Zam continua tutto il giorno. I tre attivisti rimasti sul tetto dopo le cariche all'ingresso sono scesi a mezzogiorno. L'appuntamento è alle ore 18.30 davanti allo Zam sgomberato per un'assemblea e poi per una mobilitazione. Per tenervi aggiornati e leggere la cronaca della giornata, consultate il sito http://milanoinmovimento.com/
 
 
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Comunicato stampa:
 
ZAM: SGOMBERO È MACIGNO LANCIATO CONTRO DIALOGO SU SPAZI SOCIALI.
SOLIDARIETÀ A ZAM
 
Dichiarazione di Luciano Muhlbauer
 
Lo sgombero di Zam è una sconfitta per la politica e un macigno lanciato contro il tentativo di dialogo e confronto sugli spazi sociali a Milano. E il fatto che dopo Zam si prospetti la stessa sorte, ancora prima che finisca l’estate, anche per il centro sociale Lambretta, non fa che rendere più grevi queste considerazioni.
 
Ho ritenuto e ritengo che l’apertura di un tavolo da parte del Comune fosse un passo importante e significativo, perché rappresentava la volontà e la possibilità di iniziare un ragionamento nuovo e pubblico, diverso da quelli del passato, sugli spazi sociali e sull’autogestione nella nostra città. Continuo a pensare che di questo spazio di confronto ci sia un grande bisogno, ma allo stesso tempo non si può fare finta che gli sgomberi non siano oggettivamente un impedimento al dialogo.
 
Dall’interno dello stesso tavolo diverse voci avevano chiesto una moratoria sullo sgomberi, tra cui anche la Camera del Lavoro. Non è andata così. Quindi, ora è necessario trovare le strade e gli atti nuovi che permettano di ridare una possibilità a quel confronto.
 
Delegare la soluzione dei problemi a chi si occupa di ordine pubblico e non di amministrazione del territorio non produce mai nulla di buono, anzi, come purtroppo ha confermato questa mattinata, dove si è registrato anche un uso eccessivo e gratuito della violenza da parte dei reparti mobili della Questura contro gli attivisti, presenti a mani nude e con l’unico intento della resistenza passiva.
 
Esprimo la mia solidarietà agli attivisti di Zam, auspicando che la loro esperienza possa trovare al più presto una nuova casa.
 
Milano, 23 luglio 2014
 
 
di lucmu (del 25/08/2014, in Movimenti, linkato 843 volte)
Le vacanze (se le avete fatte) sono finite e a Milano si ricomincia subito da dove ci eravamo lasciati un mesetto fa, cioè dagli sgomberi. Il 23 luglio era toccato allo Zam e ora e il turno del Lambretta, ancora prima che inizi settembre, a quanto pare.
Non è una sorpresa, né uno scoop, ovviamente, poiché lo sgombero delle villette del Quartiere Del Sarto, zona piazza Ferravilla, lasciate per anni vuote e abbandonate dall’Aler e poi occupate da un collettivo di studenti e precari della zona, era ampiamente annunciato sin dalla primavera scorsa. Ma poi, con una vera e propria escalation estiva, si era aggiunto all’improvviso un altro sgombero da fare con urgenza: quello di Zam. E così, il Lambretta era finito in lista d’attesa.
Tavoli convocati, confronti avviati e poi impantanati, appelli per una moratoria degli sgomberi inascoltati eccetera. La storia la conoscete, ne abbiamo parlato parecchio, e comunque è finita com’è finita. Quindi, non ripetiamo cose già dette e concentriamoci invece sulle cose concrete.
L’intervento della Questura pare, appunto, molto imminente. Di più non si sa. Dunque, in questi giorni seguite i profili fb e twitter del Lambretta, consultate siti come Milano In Movimento e MilanoX e ascoltate Radio Popolare. E poi, magari raccogliamo anche gli inviti alla mobilitazione e alla solidarietà che verranno lanciati, perché i ragazzi e le ragazze del Lambretta non si meritano di essere lasciati da soli. Né ora, né in prospettiva, quando si tratterà di ridare a Milano nuovi spazi sociali autogestiti.
Stay tuned!
 
Luciano Muhlbauer
 
 
Il blitz di polizia e carabinieri è scattato alle 7 di stamattina e le villette occupate dal centro sociale Lambretta e quelle occupate da diversi nuclei familiari, con la presenza di numerosi bimbi, sono state sgomberate. Tuttavia, sei attivisti del Lambretta si trovano ancora sul tetto di una delle palazzine, dove resistono da stamattina presto. Allo stato non si registrano né feriti, né fermati o arrestati. Il Lambretta invita a passare in piazza Ferravilla, dov’è in corso un presidio permanente, e comunque dà appuntamento a tutti e tutte per le ore 20 di oggi per una manifestazione.
In estrema sintesi, è questa la cronaca di quanto avvenuto oggi a Milano. Se volete maggiori dettagli, leggete i racconti dei fatti di Milano In Movimento e di MilanoX.
Politicamente parlando, si chiude così il breve ciclo apertosi a primavera con gli annunci che sia Zam, che Lambretta erano sotto sgombero. Sono passati alcuni mesi e molte parole sono state spese, ma ora i due centri sociali milanesi, espressione ambedue di una nuova generazione di attivisti di movimento, si trovano senza casa.
Sarebbe tuttavia sciocco pensare che la cosa finisca qui, cioè che insieme agli immobili siano stati sgomberati anche la voglia di fare, di autorganizzarsi e di lottare per cambiare lo stato di cose presente. Si mettano quindi l’animo in pace quanti -a destra, ma non solo-  auspicano il silenzio e il deserto.
Certo, gli attivisti di Zam e Lambretta hanno dovuto investire e consumare molte energie in questi mesi e fare i conti con un duplice sgombero non è semplice per nessuno. Non lo è per militanti consumati, figuriamoci per i tanti e le tante giovani che hanno animato i due spazi sociali. Occorrono dunque energia, lungimiranza e forza di volontà per ripartire senza perdere un attimo e riaprire così un nuovo ciclo. Ma ce la faranno, sono certo.
E soprattutto auspico che ce la facciano, perché checché ne dicano taluni, gli spazi sociali e i ragazzi e le ragazze, gli uomini e le donne che gli danno vita e colore non sono un problema, ma una ricchezza e una speranza di futuro. Quindi, camminiamo insieme a loro, oggi, ma anche domani, quando bisogna ridare a Milano i suoi spazi sociali.
Primo appuntamento, stasera alle ore 20 in piazza Ferravilla. Se siete in città e se potete, fateci un salto.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 29/08/2014, in Movimenti, linkato 1314 volte)
Giorgio Salvetti, giornalista della redazione milanese del Manifesto, ha deciso di lasciarci mercoledì 27 agosto. I funerali si tengono lunedì alle h. 14.15 nella sala commiato del Cimitero di Giubiano di Varese.
 
Non riesco a prendere commiato da te Giorgio. Ci sei sempre stato, non so come possa essere senza di te. Quante volte ci siamo sentiti per raccontare una manifestazione, un presidio, una lotta o per un’opinione, un commento oppure semplicemente per scambiarci due idee, perché non era mai una cosa a senso unico?
Ci siamo sentiti anche martedì, ricordi? Era in corso lo sgombero del centro sociale Lambretta e ti ho telefonato per allertarti in vista di un tuo articolo. Tu mi hai detto che però non eri al lavoro, che avevi preso un giorno libero, perché era il tuo compleanno. Così ti ho fatto gli auguri, ma prima ancora che riuscissi a chiudere la telefonata, mi hai detto che avresti avvisato lo stesso Roma per vedere se interessava. Il tardo pomeriggio mi hai poi richiamato, dicendomi che avresti scritto lo stesso, perché era importante che la notizia fosse sul Manifesto. Ne è uscito un buon articolo, ripreso poi da diversi siti di movimento milanesi. Eppure, mentre parlavi con me come tante altre volte, mentre ti mettevi a scrivere lo stesso, perché era importante, chissà che tremendo tumulto avevi dentro. Forse avevi già preso la decisione di andartene.
Ma tu eri, sei fatto così. Giornalista serio e scrupoloso, uomo e compagno sempre disponibile e presente. Persino quel martedì.
Giorgio, non sono ancora pronto per salutarti, ma ti auguro che ovunque ti trovi adesso, tu possa incontrare quella parte di serenità che qui ti era mancata. Io, noi, comunque, saremo sempre con te, così come dev’essere tra compagni, amici e fratelli.
 
Luciano Muhlbauer
 
Qui il saluto del collettivo del manifesto: http://ilmanifesto.info/ciao-giorgio/
e qui quello della redazione di MilanoX: http://www.milanox.eu/per-giorgio-da-tutta-milanox/
 
 
di lucmu (del 27/09/2014, in Movimenti, linkato 1036 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer pubblicato su il Manifesto del 27 settembre 2014
 
A volte ritornano ed è bene che sia così. Zam e Lambretta, due dei più dinamici spazi sociali milanesi, erano stati entrambi sgomberati nel giro di poche settimane di questa strana e fredda estate. Avevano promesso che sarebbero tornati presto e così è stato. Il 19 settembre il Lambretta ha occupato uno stabile privato abbandonato in via Cornalia 6 e oggi è il turno di Zam (appuntamento ore 15.30 in piazza Sant’Eustorgio).
Forse non tutto andrà liscio, forse ci vorranno altre migrazioni prima di trovare casa stabilmente, ma quello che ora importa è che non sia passata l’idea che basti sgomberare delle mura per far scomparire anche le persone e, soprattutto, che i ragazzi e le ragazze -perché stiamo parlando in larghissima parte di giovani e giovanissimi- abbiano trovato l’energia e l’accortezza di rimettersi in gioco immediatamente. Sì, perché gli sgomberi possono capitare, ma questi si trasformano in sconfitta soltanto se riescono a produrre rassegnazione e silenzio.
E queste sono considerazioni che dovrebbero interessare un po’ tutti, a Milano e altrove, perché mica stiamo parlando di questioni private o di semplice cronaca locale. Anzi, abbiamo un gran bisogno di sprovincializzare il dibattito, di renderlo più politico, di guardarci attorno.
A Roma, per esempio, tira brutta aria per i movimenti. Non solo gli sgomberi si moltiplicano, ma soprattutto aumenta l’intensità della repressione. Dalle modalità dell’intervento sull’Angelo Mai alla detenzione di due esponenti del movimento per la casa, Di Vetta e Fagiano, fino all’inquietante arresto di Nunzio d’Erme e Marco Bucci dell’altro giorno. Non si tratta certo di fatti inediti, in Val di Susa succede di peggio, ma quando certi metodi si fanno largo anche nella capitale, allora è evidente che siamo di fronte a un problema più generale.
Milano non è Roma e nemmeno Torino, almeno finora. Ma è indubbio che le cose possono cambiare anche qui, persino a prescindere dalla volontà degli attori locali. La tendenza è infatti generale e viene alimentata dalla (facile) previsione dei vertici statali che il prolungarsi della crisi, la perdita di credibilità del sistema politico e l’accentuarsi delle disuguaglianze sociali produrranno più conflittualità. Ergo, visto che le deleterie politiche d’austerità proseguiranno, ci vuole più controllo e repressione. Una scelta politica, preventiva e democraticamente regressiva, ovviamente, ma di questo si tratta.
Non decidono gli attori locali, dunque, ma questi non sono del tutto impotenti. Detto altrimenti, non è indifferente se un Sindaco si oppone alla tendenza generale oppure se l’asseconda, non è la stessa cosa se a Palazzo Marino siedono Moratti e De Corato o Pisapia. Eppure, gli sgomberi manu militari ci sono stati lo stesso, nel caso di Zam si trattava addirittura di uno stabile di proprietà comunale, e sul piano politico è ormai conclamata la profonda crisi del rapporto tra amministrazione arancione e l'insieme degli spazi sociali autogestiti.
Il che fare è quindi sul tavolo, per tutti. Zam e Lambretta hanno fatto la cosa giusta, anche se in prospettiva non basterà resistere, ma bisognerà ricominciare a pensare in grande, a incidere. Le destre, gli ex vicesindaci e le camicie verdi sempre più nere di Salvini faranno le solite cose, ma con più aggressività, perché stanno già pensando alle prossime elezioni. L'amministrazione comunale, infine, dovrà decidere se adeguarsi alla tendenza generale, magari sotto la spinta normalizzatrice di Expo, oppure se guardare oltre e esplorare altre strade. Nel frattempo, comunque, bentornati Zam e Lambretta.
 
 
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