Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
È di nuovo 12 dicembre, una data che a Milano pesa, o meglio, dovrebbe pesare, anche 43 anni dopo. Già, perché quella bomba che nel 1969 devastò la Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana e rubò la vita a 17 persone, alle quali si sarebbe aggiunto tre giorni più tardi l’anarchico Giuseppe Pinelli, fatto precipitare da una finestra della Questura, non fu soltanto un infame delitto, ma anche un atto costituente e rappresentativo di un intero periodo e, soprattutto, di una precisa modalità scelta dal potere costituito, o da parti fondamentali di esso, per tentare di ostacolare ed impedire il cambiamento sociale e politico, reclamato allora da uno straordinario movimento di studenti ed operai.
Non è un caso, infatti, che la vera matrice della strage, nonostante i depistaggi ufficiali, fosse evidente da subito e in quanto tale denunciata dal movimento: fu strage di Stato e fascista. E non è nemmeno un caso che ancora oggi manchino una verità ufficiale, dei colpevoli da punire e quindi anche degli atti degni di essere chiamati giustizia, sia per la strage di Piazza Fontana, o per quella di Piazza della Loggia di Brescia, che per l’intera stagione della strategia della tensione.
Basterebbe questo, in fondo, per spingerci a vivere il 12 dicembre come un anniversario “pesante”, come un’occasione di mobilitazione o, almeno, di indignazione. Sì, lo so, ora qualcuno dirà che dopo tanti anni continuare a chiedere verità e giustizia è tempo perso, che tanto hanno insabbiato e depistato tutto, che ormai i protagonisti sono molto anziani o già morti e che in fondo possiamo accontentarci della cosiddetta verità storica, che riconosce che la mano era fascista e che la mente si trovava in qualche pezzo dello Stato.
Ebbene, io non sono d’accordo, perché ragionamenti di questo tipo sanno un po’ troppo di rassegnazione, di accettazione dell’inaccettabile, cioè che l’omertà di Stato vale più della vita dei cittadini. E non sono d’accordo perché sono ragionamenti ingenui, poiché ignorano, o fingono di ignorare, che le verità storiche hanno bisogno di cura e di memoria attiva per poter vivere o semplicemente sopravvivere. E questo vale in particolare per la verità storica sulle stragi, che a un certo punto è senz’altro diventata memoria culturalmente egemone, ma mai è stata memoria condivisa e, anzi, in questi ultimi tempi inizia persino ad essere messa in discussione.
Certo, non siamo di fronte a una contestazione radicale e non parliamo neanche di coloro i quali da sempre hanno osteggiato da destra questa verità storica, ma ci riferiamo piuttosto ad un lavorio che toglie un pezzo di qui e ne aggiunge un altro di là, che insinua dubbi, che si fa forte dei tanti anni passati e della voglia di chiudere una vicenda durata fin troppo e di produrre riappacificazione.
Hanno iniziato con il 40° anniversario della strage, che come tutti i numeri belli tondi aveva una notevole forza di suggestione, e hanno usato lo stesso ricevimento al Quirinale di Licia Pinelli, la vedova di Giuseppe, da parte del Presidente della Repubblica, per dire che ormai tutto era a posto, che si poteva chiudere anche l’ultima pratica rimasta aperta. Dopo quella sorta di teoria del pareggio tra Pinelli e Calabresi, sono poi arrivati una produzione cinematografica e qualche nuovo libro “d’inchiesta”, che con indubbia presunzione e con rigore alquanto discutibile, appunto, tolgono un pezzo di qui e ne aggiungono un altro di là. Alla fine, comunque, la memoria risulta modificata e la “verità storica” inizia ad essere riscritta.
Ecco, dunque, un secondo motivo per non lasciar passare sotto silenzio il 12 dicembre, cioè per non permettere a nessuno di riscrivere la verità storica, dopo aver negato quella giudiziaria.
Infine, c’è anche un terzo motivo. Disperdere la nostra memoria, far riscrivere le verità storiche e far trionfare l’oblio non produce riappacificazione e convivenza, ma soltanto nuovi mostri e nuove violenze. Viviamo in un tempo di crisi, non solo economica, ma anche sociale, politica e culturale, e in molte parti dell’Europa si riaffacciano, a volte prepotentemente, movimenti di ispirazione fascista o addirittura nazista, portatori di ideologie violente, autoritarie, antisemite, razziste. Dimenticare ciò che erano queste forze nel nostro paese, non solo nel Ventennio, ma anche negli anni delle stragi, quando misero a disposizione del potere costituito la loro manovalanza assassina per tentare di spezzare ogni speranza di cambiamento, significa privarci degli anticorpi necessari per poter far fronte alle sfide di oggi.
Non è certo nelle nostre intenzioni fare paragoni fuori luogo. L’accoltellamento dell’attivista antifascista del 2 dicembre scorso è vicenda ben diversa dalla strage di Piazza Fontana e il rapporto di complicità e cooperazione tra apparati di Stato e gruppi neofascisti nella strategia della tensione è altra cosa rispetto alla concessione di sedi politiche e di reclutamento a gruppi militanti neofascisti. Tuttavia, sarebbe imperdonabile e irresponsabile sottovalutare la situazione, non cogliere i segnali che ci sono nel nostro paese e anche nella nostra città. E sarebbe peggio ancora non intervenire per stroncare subito ogni elemento di complicità tra istituzioni e gruppi nazifascisti, a partire da quella vergogna della concessione di uno spazio nelle case popolari di viale Brianza ad opera dell’Aler (vedi anche Appello per chiudere le sedi nazifasciste a Milano).
Eccovi dunque tanti motivi validi per dare questo 12 dicembre un contributo perché non si dimentichi, non si consideri accettabile l’impunità per gli stragisti, non si permetta a nessuno di riscrivere la storia e, infine, non si consenta alcuna complicità istituzionale con i gruppi nazifascisti e razzisti.
Questi sono gli appuntamenti milanesi in occasione del 43° anniversario della Strage di Piazza Fontana, dei quali vi segnalo in particolare il corteo di sabato 15 dicembre:
Mercoledì 12 dicembre:
ore 16.15 in poi, Piazza Fontana, commemorazione ufficiale e posa corone. Unici interventi previsti quelli dei familiari delle vittime di piazza Fontana, della Camera del Lavoro e dell’ANPI.
Sabato 15 dicembre:
ore 15.00, P.ta Venezia, corteo cittadino con arrivo in p.zza Fontana, organizzato da Memoria Antifascista, Adesso Basta, Amici e Compagni di Luca Rossi, Associazione Amici e Familiari di Fausto e Iaio, Associazione Culturale Antifascista Dax 16 Marzo 2003, Associazione Culturale Punto Rosso, Associazione di Amicizia Italia Cuba, Associazione Per Non Dimenticare Varalli e Zibecchi, Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, Comitato Antifascista Zona 6, Comitato Antifascista Zona 8, Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre, Partigiani in Ogni Quartiere, Teatro della Cooperativa, Zona 3 per la Costituzione
Luciano Muhlbauer
Sabato 15 dicembre si tengono in Lombardia le primarie civiche per decidere chi sarà il candidato presidente che andrà a sfidare ciellini, leghisti e berlusconiani alle elezioni regionali anticipate e quale sarà il profilo programmatico della coalizione che avrà l’arduo compito di produrre un cambiamento e una discontinuità vera dopo quasi 18 anni di governo ininterrotto da parte di Roberto Formigoni e della sua cricca.
Rispetto alle recenti primarie nazionali di Pd e Sel saranno consultazioni più semplici, perché non ci sono trafile burocratiche e preiscrizioni, e più aperte, poiché possono votare anche i sedicenni e non ci sono appelli e carte d’intenti da firmare preventivamente. Insomma, sono un’occasione di partecipazione da cogliere e vi invito pertanto ad andare a votare –e di far votare- alle primarie lombarde. E vi propongo anche di esprimere la vostra preferenza per Andrea Di Stefano.
Ma andiamo con ordine, anche per tentare di contrastare un po’ la carenza di informazione che c’è su queste primarie.
Quando? Dove? Come? Chi?
Si vota in una sola giornata, cioè sabato 15 dicembre, dalle ore 8.00 alle ore 20.00. Unica eccezione, per quanti e quante sabato lavorano tutto il giorno, sono alcuni seggi speciali (a Brescia, Monza, Milano -via Pergolesi, 15, h. 17-22-, Bergamo, Cremona, Crema, Lecco, Lodi e Varese), aperti già venerdì sera. Ma per poter accedere a questi occorre fare richiesta entro giovedì alle ore 20.00 ai coordinamenti provinciali.
Si vota nel seggio più vicino alla propria residenza. Per sapere dov’è occorre fare riferimento al numero della sezione elettorale (lo trovate sulla vostra tessera elettorale) e andare sulla pagina Trova il tuo seggio del sito del patto civico lombardo. Chi invece è sprovvisto di tessera elettorale, perché minorenne o cittadino straniero, si deve recare semplicemente al seggio più vicino alla propria residenza. Chi fosse impossibilitato a recarsi al proprio seggio e intende votare fuori sede, deve fare apposita richiesta al coordinamento provinciale entro giovedì alle ore 20.00.
Per poter votare è sufficiente presentarsi al proprio seggio di appartenenza, munito di carta d’identità (e permesso di soggiorno, per i cittadini non comunitari) e tessera elettorale (per chi ce l’ha, ovviamente), versare almeno un euro come contributo alle spese organizzative e fornire i propri dati anagrafici.
Hanno diritto di voto in queste primarie tutte le cittadine ed i cittadini italiani e dei paesi comunitari, residenti in Lombardia, nonché le cittadine ed i cittadini di paesi non comunitari, residenti in Lombardia e in possesso del permesso di soggiorno e della carta d’identità. Per poter votare bisogna aver compiuto i 16 anni entro il 15 dicembre 2012.
Perché andare a votare alle primarie lombarde?
Ovviamente, non tutti gli uomini e le donne che pensano che occorra voltare pagina dopo il ventennio formigoniano sono anche convinti che bisogna andare a votare alle primarie. E ci mancherebbe altro, visti i tempi che corrono e le troppo delusioni e incazzature accumulate. Poi ci sono state le modalità non proprio edificanti con le quali siamo arrivati a queste primarie (do you remember?), il poco tempo a disposizione per farle vivere sul territorio e per far conoscere i candidati e, infine, una certo senso di overdose da primarie dopo quelle nazionali. Poi ci sono anche le diffidenze di sempre rispetto ad uno strumento considerato troppo amerikano e troppo maggioritario e tante altre cose ancora.
In tutti questi dubbi e in tutte queste sensazioni ci sono sicuramente dei pezzi di verità, ma poi c’è anche un altro pezzo e un altro ragionamento, che penso sovrastino tutti gli altri. Per prima volta dopo tanti anni c’è la possibilità concreta, sebbene per nulla facile o scontata, di produrre un cambiamento in Lombardia, di mandare a casa i responsabili del malgoverno, dell’affarismo e delle false eccellenze. In altre parole, non si va ad elezioni per partecipare, ma per cercare di vincere. Sarebbe stato davvero da pazzi, dunque, se le scelte da fare fossero state affidate a qualche stanza chiusa, se di segreteria o di salotto poco importa, invece che a una contesa e a un confronto pubblico e trasparente sulle persone e, soprattutto, sui programmi.
In altre parole, con tutti i suoi difetti e con tutto il poco tempo a disposizione –ma su questo non possiamo farci molto, visto che si voterà probabilmente già a febbraio-, queste primarie sono comunque un fatto positivo e un’occasione da non sprecare per contribuire dal basso alla definizione delle scelte e alla costruzione del percorso che ci porterà alle elezioni vere e proprie.
Perché votare Andrea Di Stefano?
In queste primarie si sono confrontate tre persone certamente dignitose e di indubbia moralità. Queste caratteristiche ovviamente non bastano per fare un programma di governo, ma visto come siamo messi attualmente in Regione, tra ruberie ed ‘ndrangheta, non è nemmeno poco, anzi!
Ma appunto, non basta, né per governare, né per cambiare. E da questo punto di vista Umberto Ambrosoli, Alessandra Kustermann e Andrea Di Stefano presentano profili e priorità diversi. L’esito delle primarie, con il suo vincitore, ma anche con i suoi numeri e le sue proporzioni, ci diranno dunque molto sul programma della coalizione, che io penso debba essere di rottura e discontinuità con il regime formigoniano non solo nelle persone, ma anche nel modello, nel sistema di potere e nelle priorità sociali e politiche. Ed è esattamente per questo che avevo sostenuto da subito la candidatura di Andrea Di Stefano e che ora vi invito a votarlo alle primarie!
Vi risparmio un altro fiume di parole per argomentare perché ritengo Andrea un ottimo candidato per la presidenza della Lombardia e rinvio a questo proposito, per chi fosse interessato, a quanto avevo scritto il 22 ottobre scorso (vedi Con Andrea Di Stefano per voltare pagina sul serio), aggiungendo soltanto che queste ultime settimane di confronti, assemblee eccetera mi hanno confermato assolutamente nelle mie convinzioni iniziali.
Quindi, prima di chiudere, mi limito ad un’unica considerazione, che mi pare però necessaria alla vigilia del voto di sabato. In queste settimane in molti si sono accorti che la candidatura di Andrea Di Stefano, inizialmente sottovalutata da molti, non era un gioco, ma una cosa seria. E tanti, che magari prima non lo conoscevano, hanno potuto conoscere ed apprezzare la sua competenza e la sua serietà. E così, è successo che in questi giorni qualcuno abbia pensato bene di riesumare argomenti un po’ vecchi e un po’ tristi, ma che evidentemente pensa efficaci: cioè, dipingere Andrea Di Stefano come rappresentante di una sinistra minoritaria e votata alla sconfitta permanente e, in ultima analisi, come uomo incapace di essere il candidato presidente di una coalizione competitiva.
Comunque, non sono soltanto argomenti tristi, ma soprattutto argomenti espressione di una visione distorta della realtà, che postula, alla faccia dell’esperienza concreta, che per vincere in Lombardia sia sufficiente spostarsi al centro. Già, perché in troppi fanno finta di non sapere che la rincorsa del centro è la cifra della politica dominante del centrosinistra lombardo da un po’ di tempo, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, specie quelli delle regionali del 2010.
No, il problema principale per una coalizione che intende battere le destre in Lombardia è convincere e coinvolgere gli elettori che desiderano un cambiamento in Regione, ma che magari si sono arresi alla delusione o alla rassegnazione, che forse non votano più o che votano per protesta. In altre parole, le destre non si battono al centro, ma in basso e in periferia. In fondo, pur nella consapevolezza che la regione non vada confusa con il suo capoluogo, questo è stato anche l’insegnamento della primavera milanese.
Ebbene, qui mi fermo. Mi raccomando, se sabato prossimo non siete proprio dall’altra parte della galassia, andate a votare e votate Andrea Di Stefano!
Luciano Muhlbauer
Alle primarie lombarde ha vinto Umberto Ambrosoli, che sarà dunque il candidato presidente della coalizione che tenterà di chiudere finalmente con i quasi 18 anni di dominio delle destre in Lombardia. Gli faccio i miei complimenti. Ma soprattutto penso che dobbiamo fare i complimenti ad Andrea Di Stefano, cioè colui che in queste primarie si è caricato sulle spalle il difficile compito di dare rappresentanza e consistenza a una proposta di sinistra, di netta rottura con la logica del formigonismo e del leghismo. Penso che Andrea sia riuscito splendidamente in questo compito, come dimostra il suo 23,23% (il 28,81% a Milano città) di consensi, non cadendo mai nel tranello dell’autoreferenzialità o in quello, opposto ma uguale, della troppa disinvoltura tattica. Grazie Andrea!
Alle primarie sono andate a votare 150mila elettori ed elettrici. Sono meno della metà delle recenti primarie nazionali di Pd e Sel, ma questo in fondo non deve sorprendere, considerati i tempi strettissimi e il silenzio mediatico. E poi ci si è messa pure la neve. In ogni modo, sono numeri che ci dicono che molta strada è ancora da fare nel poco tempo che ci separa dalle elezioni, ma anche che forse qualcosa è iniziato a cambiare, visto che questi 150mila sono già una bella differenza con le piazze finora troppo vuote (tranne gli studenti) di fronte al manifestarsi, oltre ogni ragionevole dubbio, del marcio al Palazzo della Regione.
Ritengo, inoltre, che le percentuali che escono dal voto di ieri siano una fedele fotografia dello stato d’animo dell’elettorato di centrosinistra e di sinistra della Lombardia. Ambrosoli ha vinto chiaramente con il 57,66%, ma gli altri due candidati, Di Stefano e Kustermann, che ambedue si sono caratterizzati per posizionarsi più a sinistra, hanno nel loro insieme raccolto il 42% dei consensi in Lombardia, che diventano ben il 49% a Milano città. In altre parole, queste primarie affermano a chiare parole che senza sinistra e senza una parte significativa delle sue proposte non si potrà vincere la partita, cioè sarà molto difficile convincere una parte importante del “proprio” elettorato di andare alle urne e votare per la coalizione.
Infine, il risultato di Andrea Di Stefano è ottimo (23,23% in Lombardia, 27,87% a Milano città e provincia, 28,81% a Milano città) e in questi ultimi giorni qualcuno aveva persino iniziato a credere in un “miracolo”. Ma soprattutto questo risultato rappresenta un segnale preciso per tutta la sinistra, sia quella parte che l’ha sostenuto apertamente, sia quella che si è persa nei tatticismi, sia quella che non è andata al votare. Cioè, la Lombardia sarà pure una Regione ostica per la sinistra, ma non esageriamo, perché quando si fa sul serio, quando mettiamo da parte un attimo i nostri vizi e difetti, che non sono pochi, allora vediamo arrivare anche i risultati. E la concretezza, la trasparenza e la credibilità di Andrea Di Stefano l’hanno dimostrato con i numeri.
Insomma, per concludere questo ragionamento a caldo (ma sarà dura avere prossimamente a disposizione il tempo per fare analisi “a freddo”…), penso che dobbiamo andare avanti sulla strada intrapresa, insieme ad Andrea ovviamente, per portare alcuni punti cardini del programma di Di Stefano nel programma di coalizione e per tradurre questa esperienza anche in un’opzione politica che gli elettori e le elettrici possono scegliere alle elezioni regionali.
Se e come queste cose accadranno o potranno accadere lo vedremo già in questi giorni. Comunque, importante è lavorare da subito nella giusta direzione e metterci in testa che questa volta dobbiamo fare la ciambella con il buco!
Luciano Muhlbauer
Colpirne sette per educarne migliaia. Sembra questa la logica con la quale stamattina, con un ritardo di oltre un mese, si è materializzata anche a Milano la coda velenosa della giornata di mobilitazione del 14 novembre. Infatti, sette studenti, tra cui tre minorenni, sono stati fatti oggetto di perquisizioni, denunce ed indagini da parte degli uomini della Questura.
Le ipotesi di reato contestate sono quelle classiche “da piazza” (resistenza a pubblico ufficiale, violenza, getto pericoloso di cose, porto abusivo di oggetti atti ad offendere, travisamento) e si riferiscono ai momenti di tensione tra manifestanti e polizia in corso Magenta, quando gli studenti, organizzati nell’ormai consueto book bloc, avevano cercato di forzare lo sbarramento delle forze dell’ordine che impediva al corteo di raggiungere gli uffici di rappresentanza dell’Unione Europea.
Il 14 novembre era stato un giorno importante, perché per prima volta si erano realizzati scioperi simultanei in diversi paesi europei contro le politiche dell’austerity. In Italia l’impegno sindacale era stato piuttosto modesto, ma in cambio le piazze erano state riempite dal protagonismo studentesco. Ci sono stati anche momenti di tensione e scontri e le polemiche sul comportamento delle forze dell’ordine, specie a Roma, dov’erano state riprese dalle telecamere mentre si esibivano in violenze gratuite contro giovani e giovanissimi, sono durate parecchi giorni. Ad un certo punto sembrava perfino possibile che anche in Italia, come già accade in praticamente tutti i paesi europei, si potesse finalmente dotare gli agenti dei reparti mobili con dei numeri identificativi.
Alla fine, ahinoi, il tutto è tornato alla triste normalità italiana. Cioè, la vicenda dei numeri identificativi è sparita dal dibattito pubblico, mentre sono rimasti i provvedimenti e le denunce contro gli studenti. E se qualcuno avesse avuto dei dubbi a questo proposito, eccovi i provvedimenti milanesi a scoppio ritardato di stamattina.
Orbene, non facciamo gli ingenui. Quando c’è tensione sociale e quando si scende in piazza ci possono essere anche momenti di scontro. È sempre stato così, figuriamoci se non è così in un periodo storico come quello attuale, quando un’intera generazione rischia di essere privata del proprio futuro.
Ma davvero non facciamo gli ingenui o i finti tonti, come ad esempio fa oggi il solito De Corato, che blatera di “gravi incidenti” e si congratula con la Questura per aver perquisito e denunciato dei minorenni. Gravi incidenti? Ma per favore! Allora cosa dovrebbe dire la giovane studentessa alla quale i reparti mobili hanno spaccato due dita in corso Magenta. O come la mettiamo con quell’agente della Digos, abbattuto sempre in corso Magenta con una manganellata dai colleghi celerini, in una sorta di regolamento di conti interno, ma poi probabilmente contato come ferito dai cattivi studenti?
No, qui non c’entrano i “gravi incidenti”, ma c’entra quella malsana idea che orienta sempre di più anche questo governo “tecnico”, cioè che il conflitto sociale vada affrontato non con la politica, non con risposte concrete, bensì con il manganello e con le denunce. O meglio, la politica c’è anche in questo approccio, come si è visto oggi, perché si scelgono sette ragazzi tra i tanti presenti nel corteo, per lanciare un messaggio a tutte quelle migliaia di altri ragazzi che in queste settimane hanno manifestato, occupato le scuole e, più in generale, semplicemente rifiutato di assistere passivamente al furto del loro futuro.
Esprimo la mia solidarietà ai sette ragazzi indagati e spero ardentemente che questa brutta esperienza non gli faccia passare la voglia di battersi per il cambiamento. Né a loro, né a nessun altro.
Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 21/12/2012, in Lavoro, linkato 949 volte)
Un altro anno di crisi è terminato senza che si manifestasse quella famosa luce in fondo al tunnel, che gli ideologi dell’austerità amano evocare. E così, anche quest’anno sono feste amare per molti e molte e non è certamente facile farci gli auguri per l’anno che viene.
Eppure, anche in questo 2012 c’è stato chi non si è arreso o rassegnato, per convinzione o per necessità. Che fosse per difendere il posto di lavoro, il reddito o i diritti e le libertà dei lavoratori, dalle fabbriche alle cooperative nella grande distribuzione, oppure che fosse per fermare lo smantellamento della scuola pubblica o la devastazione del territorio, in ogni caso quelle lotte, quegli uomini e quelle donne, hanno rappresentato e rappresentano un raggio di luce.
Quindi i miei auguri sono anzitutto per loro, perché in fondo rappresentano una speranza di futuro per tutti e tutte.
Le lotte, però, non si fermano neanche in questi giorni, vanno avanti anche sotto le feste. Anzi, forse rischiano pure un supplemento di solitudine. Quindi, ricordiamoci di chi presidia o manifesta, di chi si batte, di chi non può permettersi di fermarsi neanche per le feste. E se possiamo, portiamo un po’ di solidarietà.
Non è possibile fare l’elenco esaustivo, ahinoi, nemmeno limitandoci all’area metropolitana milanese. Quindi, ricordo soltanto due situazioni, due luoghi di lavoro che sono presidiati anche sotto le feste, e che forse possono rappresentare anche le altre:
Anzitutto il presidio degli operai e delle operaie licenziati dalla Jabil di Cassina de’ Pecchi. Per loro è addirittura il secondo natale in presidio -nel corso dell’anno avevano dovuto respingere anche un tentativo di sgombero violento- e questo fatto la dice lunga sulla loro straordinaria determinazione e dignità.
Non è difficile raggiungere il presidio. Si trova all’ingresso dello stabilimento, a Cassina de’ Pecchi, sulla Strada Padana Superiore, al km 158.
Il secondo è il presidio dei lavoratori e delle lavoratrici del San Raffaele di Milano. Si trova all’ingresso dell’ospedale, in via Olgettina 60, e i lavoratori sono lì giorno e notte sin dal 1° novembre scorso, cioè da quando il nuovo proprietario privato ha esplicitato di volere 244 licenziamenti. In altre parole, il prezzo del prolungato malaffare di Don Verzé e degli amici di Formigoni ora lo dovrebbero pagare i lavoratori…
Forse li vedrete anche in giro per Milano sotto le feste, perché non si limiteranno al presidio. Per il calendario delle iniziative cliccate qui.
Con questo spirito auguro a tutti e tutte buone feste e che il 2013 ce la mandi buona!
Luciano Muhlbauer
Si parte con la campagna elettorale per le elezioni regionali lombarde che si terranno il 24 e il 25 febbraio. Finalmente, direi, perché in realtà siamo noi, cioè quelli e quelle che vogliono voltare pagina dopo quasi 18 anni di formigonismo, che non eravamo ancora partiti, mentre loro, cioè quelli che vogliono che nulla cambi, sono partiti da tempo. Anzi, non solo sono partiti, ma hanno anche già chiuso i battenti del teatrino padano, rifacendo esattamente la medesima alleanza che ha malgovernato la Lombardia fino ad oggi, cioè Lega-Cl-berlusconiani-postfascisti.
Non sarà facile cambiare le cose in Lombardia, perché loro, nonostante scandali, corruzioni e ‘ndrangheta, sono ancora forti e, soprattutto, disposti a qualsiasi cosa pur di non mollare potere, privilegi ed interessi affaristici. Non sarà facile, appunto, ma è possibilissimo questa volta, a patto che ci diamo una mossa, che ci crediamo e che di-mostriamo di fare sul serio.
E non sarà nemmeno sufficiente vincere nelle urne per cambiare le cose, perché 18 anni sono tanti anche per chi ha subito il potere delle destre. Ci vorrà una bella dose di innovazione, ma soprattutto di capacità di far irrompere nel “palazzo” gli interessi, le esigenze e le aspirazioni dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari, di chi il lavoro l’ha perso e di chi lo sta cercando, dei movimenti e della cittadinanza attiva. In altre parole, ci vorrà una sinistra credibile e forte o, detto molto più semplicemente, una sinistra che faccia il suo mestiere. E anche questo è possibile, perché questa volta c’è qualcosa di nuovo, cioè la lista nata dall’esperienza delle primarie lombarde animata da Andrea Di Stefano: si chiama “Etico – Per un’altra Lombardia - A Sinistra” (vedi http://www.perunaltralombardia.it/).
Il simbolo è nuovo, il nome anche. Ma ci abitueremo, anche perché a guardare bene quel simbolo non è male, anzi è pieno di storia e significati. E soprattutto abbiamo finalmente qualcosa di nuovo a sinistra che unisce, invece che dividere, anche se purtroppo non è riuscito ad unire tutto quello che si poteva. Pazienza, non servono le polemiche, serve andare avanti, perché la strada è quella giusta, e così, spero, domani riusciremo a fare quello che non siamo riusciti a fare oggi.
Abbiamo dunque la possibilità di chiudere con questi 18 anni di Formigoni in Lombardia e abbiamo la possibilità che nella coalizione che sostiene la candidatura a presidente di Umberto Ambrosoli ci possa essere una presenza non marginale, ma significativa della sinistra politica e sociale. Io penso che dobbiamo giocarcela, che dobbiamo provarci, seriamente.
Per quanto mi riguarda, ho deciso di fare la mia parte, candidandomi a consigliere regionale per la lista “Etico – Per un’altra Lombardia - A Sinistra” nel collegio di Milano (che coincide con il territorio della provincia).
Per ora c’è solo questo mio annuncio, ma a breve arriveranno anche un po’ di materiali per la campagna elettorale. Forse qualcosa già domani. Anche questo blog cambierà un po’, con una parte dedicata proprio alla campagna elettorale. E altre cose ancora.
Luciano Muhlbauer
Pubblichiamo di seguito l’appello di sostegno a Luciano Muhlbauer, candidato a consigliere regionale nella lista “Etico – A Sinistra – Per un’altra Lombardia” nel collegio di Milano, con le prime firme, elencate in ordine alfabetico. In fondo trovate l’indirizzo mail a cui mandare eventuali adesioni. Ovviamente, l'appello è liberamente divulgabile.
ELEZIONI REGIONALI 2013.
NOI APPOGGIAMO E SOSTENIAMO LA CANDIDATURA DI LUCIANO MUHLBAUER
Dopo quasi vent’anni, travolta dal peso del malaffare e della corruzione, in Lombardia si chiude l’era Formigoni. Ora si tratta di voltare radicalmente pagina e scrivere un’altra storia. Per fare questo, però, non basta sostituire il capitano della nave, ma bisogna tracciare una nuova rotta, rompere con il sistema di potere ciellino-leghista, cambiare modello e rovesciare l’ordine delle priorità, dando voce e risposte concrete alle lavoratrici e ai lavoratori, a chi un lavoro non ce l’ha, ai precari, agli studenti, ai migranti.
La Lombardia ha bisogno di un’amministrazione limpida e trasparente, che anteponga l’interesse pubblico a quello privato, che abbia cura dei beni comuni, che valorizzi l’economia solidale e che esca dall’immobilismo ed affronti la crisi con progetti e investimenti atti ad evitare i licenziamenti e a favorire l’occupazione.
Le priorità devono essere lavoro, diritti sociali e civili, reddito, casa, scuola e sanità pubbliche, cultura. Vanno fermate il consumo del territorio e le inutili e devastanti grandi opere autostradali, favorendo invece il trasporto pubblico, e occorre restituire alla socialità gli spazi urbani abbandonati al degrado o alla speculazione.
Riteniamo la cittadinanza attiva un valore fondamentale e la democrazia, dentro e fuori i luoghi di lavoro, un principio non negoziabile. Pensiamo che l’antifascismo non sia un cimelio del passato, bensì un’imprescindibile necessità del presente e del futuro.
Questi sono i tratti della nostra Lombardia.
Dal nostro agire quotidiano scaturisce una consapevolezza: perché le nostre opzioni, idee, proposte si traducano nel concreto è necessario che “dentro al palazzo” ci sia qualcuno che le condivida, le senta proprie e che si batta per trasformarle in atti politici.
Vogliamo in Regione chi parla la nostra lingua, chi in questi anni è stato al nostro fianco nei momenti di discussione e di mobilitazione, nei presidi, davanti ai cancelli delle aziende, nei quartieri, nelle piazze.
Per questo appoggiamo e sosteniamo Luciano Muhlbauer, candidato alle prossime elezioni regionali, e invitiamo a votarlo.
Primi firmatari:
Mariagiulia Agnoletto, psichiatra
Massimo Alberti, giornalista
Edoardo Bai, medico
Lia Bandera, Cric Milano
Silvia Baratella, Rls Giunta Regionale
Giansandro Barzaghi, Presidente Associazione “NonUnodiMeno”
Enzo Bennardis, delegato Fiom Nacco
Roberto Bertoglio
Giorgio Bezzecchi, direttore Museo del Viaggio “Fabrizio De André”, Consulta Rom e Sinti Milano
Donatella Biancardi, Rsu Usb P.I. Giunta Regionale
Rosella Blumetti, Assessora alle politiche ambientali ed energetiche, tutela animali, verde pubblico, mobilità e trasporti, Comune Corsico
Valter Boscarello, Rete Antifascista Milanese
Alessandro Braga, giornalista
Luigi Brambillaschi
Luca Brunet, Consigliere comunale Peschiera Borromeo
Omar Caniello, giornalista
Jorge Carazas, Portavoce Convergenza delle Culture Milano e Rete Immigrati Autorganizzati Milano
Cristina Cattafesta, Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane, Milano
Bruno Cattoli, segretario regionale Unione Inquilini
Lucio Cavicchioni, fotografo
Angelo Ceccato, delegato Fiom Bcs Divisione Mosa
Andrea Cegna, conduttore radiofonico
Luca Cerpelloni
Federico Riccardo Chendi, Spazio Ligera
Alberto Ciullini, Consigliere di Zona 2 Milano
Federica Comelli, Associazione Italia Nicaragua
Carlotta Cossutta, dottoranda di ricerca presso Università degli Studi di Verona
Leonardo Cribio, Vicepresidente Comm. Territorio e Vicepresidente Comm. Case Popolari e Demanio, Consiglio di Zona 9 Milano
Claudio Crotti, disoccupato
Tina D’Amicis, Rsu Usb Comune Milano
Manuela Dall’Acqua, Associazione Per non Dimenticare Varalli e Zibecchi
Danilo De Biasio
Paolo Denini, lavoratore logistica Inps in appalto
Giusy Di Blasi, educatrice scuola materna
Alessandro Diegoli, conduttore radiofonico
Emanuela Donat-Cattin, pensionata
Marco Donati
Davide Facchini, libero professionista
Dario Falcini, giornalista
Luca Fazio, giornalista il Manifesto
Mario Fezzi, avvocato
Alex Foti, editor e saggista
Graziano Fortunato, Arci Milano
Gianni Fossati, Associazione Italia-Cuba Milano
Dino Fracchia, fotogiornalista
Davide Furia, disoccupato
Niccolò Garufi, precario
Pippo Garufi, Consigliere di Zona 5 Milano
David Gianetti
Betty Gilmore, poetessa e cantante
Roberto Giudici, Fiom Milano
Silvano Guidi, Flc Cgil Milano
Claudio Jampaglia, giornalista
Junior Sprea
Raffaella Lapenna, delegata Fiom Electrolux
Alberto Larghi, Fiom Milano
Luca Leoni, Associazione Per non Dimenticare Varalli e Zibecchi
Cristina Linzani, commerciante
Roberto Maggioni, giornalista
Luca Mangoni “Supergiovane”
Silvia Martorana, impiegata
Gino Maurello
Elisabetta Miglioli, Rsu Usb Consiglio Regione Lombardia
Luigina Milanese, Consigliere comunale Corbetta
Margherita Napoletano
Stefano Nebu Nebuloni, militante antifascista
Angelo Pagaria, delegato Fiom Agile/Eutelia
Andrea Papoff, studente precario, Rho
Anna Pellizzone, dottorando di ricerca presso Università degli Studi di Milano
Walter Peruzzi
Disma Pestalozza, Web Guru
Rosa Piro
Punkreas
Francesco Franz Purpura, educatore precario
Laura Quagliuolo, redattrice precaria
Andrea Quattrociocchi, Presidente Comm. Attività Produttive / Commercio Consiglio di Zona 9 Milano
Valentina Raimondi, insegnante d’italiano L2 precaria
Rosetta Riboldi, Coordinamento Pace Cinisello Balsamo
Alfio Riboni, delegato Fiom IBM
Adele Rossi
Daniela Rottoli
Renato Sacristani, Presidente Consiglio di Zona 3 Milano
Giorgio Salvetti, giornalista il Manifesto
Diana Santini, giornalista
Marinella Sanvito, insegnante
Maria Sciancati
Ilaria Scovazzi, Arci Milano
Stefano Sfregola, delegato Fiom Alstom Power
Bebo Storti, attore
José Luis Tagliaferro
Beppe Tampanella, Usb Legnano
Aldo Rodolfo Tediosi, Consigliere comunale Cinisello Balsamo
Martina Tisato, educatrice precaria
Teo Todeschini, attivista No Tem
Antonio Tola, operaio Legnano
Roberto Vassallo, Direttivo Cgil Milano
Diego Weisz, Rsu Usb Comune Cinisello Balsamo
Lino Zambrano, Cric Milano
Gabriele Zolfo, Rsu Usb Comune Milano
Damiano Zorzo, musicista
nuove adesioni, in ordine alfabetico (aggiornate al 22 febbraio):
Moukrim Abdeljabbar, Associazione Al Qafila
Claudio Accogli, ferroviere
Giuliano Barbieri, allestitore, lav. autonomo
Simone Baroni, assistente sociale e segretario prc Bareggio
Raniero Bellarosa
Lella Bellina, Fiom Milano
Sabina Berra, giornalista
Lucia Bertolini, docente scuola secondaria di 1° grado
Tiziana Bianchini, operatrice sociale
Gianfranco Bignamini, resp. regionale Usb sanità privata e delegato Rsu a.o.
Beatrice Biliato, redattrice "Guerre&Pace"
Pino Binosi, Rsu Usb Giunta Regionale
Marisa Bonfanti, pensionata
Carmen Borsa
dj Brega, Trash Milano
Gianandrea Bungaro, educatore
Annalisa Caffa, ricercatrice
Ernesto Cairoli
Anna Camposampiero
Sandra Cangemi, giornalista
Marco Capra
Carlo Casella, fotografo
Lorena Castellari
Patrizia Cavallotti, grafica
Laura Coletta, mamma lavoratrice zona 2 Milano
Alice Colombi, media analyst
Maria Carla Confalonieri
Antonio Corrado
Tiziana Crostelli, Fiom Milano
Francesca Daidone
Elisabetta Daina, Cub Scuola Università Ricerca
Cristina Dall'Orto, Rsu Fp Cgil Comune di Legnano
Caterina Dal Molin, editor cine-televisiva
Alessandro Delfanti
Ivano De Ponti, pensionato
Francesca Di Girolamo, operatrice culturale
Anna Dimitolo, consulente, lav. autonoma
Iose Giovanni Dioli, delegato Rsu So.ge.M.i (ortomercato)
Laura Donati
Milly Donato, impiegata comunale
Luigi Fagioli, insegnante in pensione
Marco Fassino, insegnante
Barbara Favero, Operatore socio sanitario - Corbetta
Ornella Fedele, operaia metalmeccanica
Angela Ferravante, praticante avvocato
Giordano Ferri
Niccolò Filosomi, studente universitario di storia
Emilio Florio, docente Liceo S.Quasimodo, Magenta
Haidi Gaggio, Comitato Piazza Carlo Giuliani o.n.l.u.s.
Luca Galantucci, assegnista di ricerca Politecnico Milano
Marina Galli, lavoratrice Consiglio regionale della Lombardia
Paola Gasparoli
Francesca Gazzi, delegata Fiom
Manuela Gerosa, bibliotecaria
Ernesta Gervasi, lavoratrice Scala
Marco Lupo Gingardi, tassista
Elena Giuliani, Genova
Antonia Grigetti
Sara Guarino, educatrice professionale
Filippo Iemmolo, studente universitario
Chiara Introini
Luigi Laforgia, musicista
Tina Lamacchia, impiegata
Fabio Leone, Tecnico/Teatroterapista
Rosa Macrina,Lsu Tribunale Milano
Giacomo Manfredi, operatore sociale, segretario Prc Cornaredo
Rosella Manganella, delegata Rsu Regione Lombardia
Stefano Mansi, lavoratore Comune di Milano
Letizia Maruzzella, educatrice Comune Milano
Haiat Marzigie
Vittorio Melia, delegato Fiom Rsu Jabil Cassina de' Pecchi e componente direttivo Fiom Milano
Bruno Menotti
Corinne Milani
Donatella Modica, lavoratrice Consiglio regionale della Lombardia
Luisella Morandi, infermiera
Paolo Morandi
Graziella Moroni
Nicoletta Negri
Roberto Nicola
Marco Nicolini, dipendente regionale
Antonio Oldani, Presidente Comitato Intercomunale per la Pace del Magentino
Luigia Pasi
Andrea "Andy" Perego, militante antipsichiatrico
Giampiero Pinna, dip. Comune di Milano
Alessandro Poma
Manuela Porcaro, funzionario regionale
Prc Binaschino
Roberto Rivolta, insegnante
Nicola Roselli, Consigliere Comunale "La Sinistra L'Ambiente" Cerro Maggiore
Sara Rossi
Carmen Ruberta, Rsu Fiom Almaviva
Piera Saita, lavoratrice pubblico impiego
Rosario Salzano
Luigi Santese
Maurizio Sartori, Community Manager & Web Designer molto precario
Chiara Scolari
Martina Seddaiu, presidentessa Associazione Arya
Walter Settembrini, imprenditore
Francesco Solano, Rls e Rsu Usb Giunta Regionale
Maurizio Spoldi, delegato Fillea Cgil Rsu Impregilo SpA - sede di Milano
Fabio Squeo, Rsu Usb Giunta Regionale
Rachele Stella, insegnante precaria
Davide Tamacoldi, Bergamo
Matteo Tamburri, Bresso
Carla Tarussello
Stefania Tenan, educatrice precaria
Gianfranco Tommasini, pensionato
Danilo Tosarelli
Marco Viola
Francesco "Riot" Vivone, studente universitario
Angelo Zaccaria, impiegato pubblico
Massimo Zava, Milano
di lucmu (del 30/01/2013, in Sanità, linkato 1268 volte)
Va immediatamente riaperto il tavolo di trattativa al San Raffaele dopo la bocciatura dell’ipotesi di accordo da parte dei lavoratori nel referendum di ieri.
E questo deve essere un impegno prioritario anche per le istituzioni, a partire dalla Regione, perché la possibilità che nei prossimi giorni ci possano essere 244 licenziamenti è inaccettabile e insostenibile.
Guai a lavarsene le mani, lasciando da soli i lavoratori che hanno bocciato l’accordo con 1.365 no contro 1.110 sì. Per i dipendenti del San Raffaele è stato sicuramente un voto sofferto, ma non certo segnato dall’emotività. Lo dimostrano i lunghi mesi di mobilitazione sindacale, la forte partecipazione alle assemblee e, infine, l’alta partecipazione al referendum, dove ha votato l’84% degli aventi diritto.
La verità è che i lavoratori non si sono fidati di un’ipotesti di accordo che in cambio della certezza del taglio del salario e del peggioramento della situazione contrattuale offriva soltanto incertezza rispetto alla salvaguardia dei livelli occupazionali nei mesi a venire. Già, perché il gruppo Rotelli non aveva accettato di dare alcuna garanzia in merito.
In altre parole, la proprietà ha tentato di applicare il metodo Marchionne, ma i lavoratori hanno detto di “no”, hanno deciso di non fidarsi. Questo voto va rispettato e da lì bisogna ripartire per costruire un accordo condiviso, che dia certezze ai lavoratori del San Raffaele e alla cittadinanza lombarda in generale, per quanto riguarda sia i livelli occupazionali, che la qualità e la quantità dei servizi sanitari erogati.
Per fare questo occorre però che le istituzioni e la politica diano da subito un contributo. E questo vale in particolare per la Regione, anche perché il San Raffaele è nella situazione in cui è non per responsabilità dei medici e dei lavoratori, bensì per colpa degli affari di Don Verzé e delle complicità o dei silenzi di chi ha governato sin qui la Regione, cioè Formigoni e la Lega. Anche solo per questo, per questo debito morale, è inaccettabile l’irreale silenzio di queste ore.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Non c’è dubbio, oggi il Gattopardo veste verde padano. E così, dopo la parentesi dei barbari sognanti, delle ramazze e delle sceneggiate varie, in Lombardia tutto è tornato come prima: fino a qualche mese fa c’era la coalizione Cl-Lega-berlusconiani-postfascisti, adesso c’è la coalizione Lega-Cl-berlusconiani-postfascisti. Alla chiusura definitiva del cerchio mancava soltanto un pezzo, cioè il ri-abbraccio tra Lega e Cl, ma qualche giorno fa è arrivato pure questo.
Alla faccia degli scandali e della corruzione che avevano portato alla fine anticipata del quarto mandato presidenziale consecutivo di Formigoni, Maroni prima ha dichiarato che il modello Formigoni era buono e quindi non sarà cambiato e, poi, ha rassicurato Cl che neanche uno dei più odiosi scandali formigoniani sarebbe stato toccato: cioè, il finanziamento pubblico alla scuola privata per mezzo del cosiddetto buono scuola. Anzi, secondo Maroni, l’uso del denaro pubblico, destinato in realtà al diritto allo studio, per elargire invece massicciamente sussidi a famiglie benestanti che mandano i figli alla scuola privata dovrebbe essere persino “intensificato” e “rafforzato”…
Insomma, dietro la maschera di Maroni si nasconde null’altro che la filiera politico-affaristica formigoniana di sempre. E non potrebbe essere diversamente, peraltro, considerato che la Lega è parte integrante di quel sistema da ormai 13 anni. Maroni, da Ministro degli Interni, avrà pure fatto arrestare dei mafiosi in Sicilia o in Calabria, ma non sembra si sia mai accorto che la ‘ndrangheta stava dilagando a casa sua, varcando finanche la soglia del Palazzo della Regione. E che dire del crack del San Raffaele, che ora vorrebbero far pagare ai lavoratori con 244 licenziamenti, visto che l’Assessore regionale alla Sanità era un leghista dal 2005 fino al 2012?
Insomma, è davvero pazzesco che questa palese verità fatichi a essere raccontata per quella che è nella quotidianità di questa strana campagna elettorale. Anzi, leghisti e ciellini si permettono pure di fare la morale, di parlare come se fossero appena sbarcati da Marte. Nulla di nuovo, direte, hanno fatto sempre così. Giusto, ma ci sarà pure un limite alla faccia tosta e, soprattutto, deve esserci un limite a quel buonismo che serpeggia dalle nostre parti. Non sto dicendo di diventare come loro, anche perché, per fortuna, non ne siamo capaci, ma un po’ più cattivi e rumorosi sì!
Mancano solo tre settimane al voto e tutto si deciderà in questo breve tempo. Quindi, diamoci una mossa tutti quanti e mettiamo un po’ di pepe in questa campagna elettorale, perché vincere si può e perché sarebbe davvero incredibile che quanti hanno trascinato la Regione nel fango venissero addirittura premiati con un quinto mandato consecutivo.
Luciano Muhlbauer
Intervista a Luciano Muhlbauer, a cura di Luce Manara, pubblicato su il Manifesto l’8 febbraio 2012
Elezioni regionali in Lombardia. Dove si gioca la partita più importante per la legislatura. Sembrava una passeggiata sulle macerie del centrodestra, invece quel sistema di potere si è rinsaldato in poche settimane. Per Luciano Muhlbauer, candidato con la lista Etico a Sinistra di Andrea Di Stefano, la partita è aperta. E non è una buona notizia.
Come è potuto succedere?
Il teatrino padano ha già chiuso i battenti. L'alleanza tra Lega, Cl, Berlusconi e post fascisti è tornata esattamente come prima. Il cerchio si è chiuso quando Maroni ha detto che il finanziamento alle scuole private verrà addirittura intensificato. Dietro la maschera del capo della Lega si nasconde il modello Formigoni. Questo rafforza la necessità di battere la destra, anche perché è bene ricordare che le elezioni anticipate sono state provocate dagli scandali, dalla corruzione e dall'infiltrazione della 'ndrangheta nelle istituzioni. Quelli che oggi blaterano di trattenere in Lombardia il 75% delle tasse sono gli stessi che hanno combinato il disastro. Ecco perché è ancora più urgente una bonifica democratica, credo che la coalizione di Ambrosoli rappresenti la possibilità del cambiamento.
Credi che Ambrosoli sia all'altezza della partita che si sta giocando? Non passa giorno senza una sua dichiarazione sconfortante. Dice che bisogna stare con Monti quando Monti attacca lo statuto dei lavoratori, poi si esalta perché Renzi verrà in Lombardia a dare una mano... sembra che non voglia prendere voti a sinistra.
Ambrosoli è il figlio dell'eroe borghese, appartiene a quel pezzo di Lombardia che da sempre ha contatti con la solita borghesia milanese, lo sapevamo da un pezzo, ma comunque quello è un mondo che si contrappone al sistema di Formigoni. Noi di sinistra avremmo preferito Andrea Di Stefano ma abbiamo accettato l'esito delle primarie costruendo una coalizione sufficientemente inclusiva, per tenere insieme il centro e la periferia, un po' come è stato fatto con l'operazione che ha portato alla vittoria di Pisapia. Ma dobbiamo considerare che 18 anni di potere formigoniano sono troppi anche per chi quel potere lo ha subìto, non dimentichiamoci che il Celeste non è caduto sotto i colpi dell'opposizione. E questa debolezza la stiamo pagando anche oggi in campagna elettorale.
Appunto, altro che effetto Pisapia.
Il fatto è che prima pensavamo di aver già vinto, poi, quando la realtà si è rifatta viva dimostrando che quel sistema di potere è tutt'ora forte e radicato, a sinistra è scattata una sorta di malcelata rassegnazione. Questo è l'errore peggiore che possiamo commettere. Si decide tutto in questi ultimi giorni, dobbiamo tornare nelle piazze, parlare con gli amici, stare sul territorio. Il programma di Ambrosoli in parte è ancora un cantiere aperto e la sua definizione dipenderà molto dal risultato elettorale: una sinistra più forte significa vera discontinuità, puntare sul lavoro e sul reddito di cittadinanza.
I grillini sono un problema?
Raccolgono consensi trasversalmente. Dicono cose di sinistra dove conviene, poi a Roma flirtano con Casa Pound. L'M5S diventerà un interlocutore necessario anche in Lombardia, ma credo che abbiano già commesso un errore gravissimo nel chiamarsi fuori da questa partita decisiva. Non possono dire che non è affar loro mandare a casa la Lega.
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