Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Come promesso nel momento dello sgombero di mercoledì scorso, Zam è ritornato. Ora ha preso casa nell'ex-scuola di Sant'Eustorgio, in via Santa Croce 19, vuota da tempo.
È un bene che Zam sia tornato, perché l’ultima cosa di cui Milano ha bisogno è l’eliminazione di spazi sociali e di esperienze collettive. A Milano, semmai, gli spazi di aggregazione e di autogestione mancano, sono troppo pochi.
A Milano si continua a costruire e cementificare, ma sono sempre di più gli spazi lasciati vuoti e consegnati all’abbandono. Beninteso, erano troppi anche prima, tra case sfitte e aree dismesse, ma ora con la crisi tendono ad aumentare a dismisura. Insomma, c’è o non c’è un problema di uso e riuso degli spazi, a fini abitativi, culturali e sociali?
La precarietà diffusa, la crisi e le politiche d’austerità hanno spezzato molte relazioni sociali e le solitudini urbane dilagano. Insomma, c’è o non c’è un problema di costruire e ricostruire spazi di aggregazione, di socialità e, perché no, di cittadinanza attiva?
Io penso che bisogna rispondere affermativamente a queste domande e per questo ritengo che i ragazzi e le ragazze di Zam abbiano fatto bene a rioccupare senza perdere tempo. Non perché Zam sia o possa essere la risposta a tutte le domande, ma perché Zam, insieme agli altri spazi sociali e alle altre esperienze associative o autogestite della città, non necessariamente occupate, è sicuramente una parte fondamentale della risposta.
E per questo penso anche che l’amministrazione comunale abbia fatto male a fermarsi allo strumento del bando, che non può essere la miracolosa soluzione onnicomprensiva, invece di dare seguito con coraggio e determinazione agli impegni assunti in campagna elettorale sul tema degli spazi.
Nei prossimi giorni vedremo cosa succederà in città, se questa settimana avrà insegnato qualcosa. Per oggi plaudiamo alla buona nuova. Bentornato Zam!
Luciano Muhlbauer
P.S. sabato 25 maggio, corteo cittadino RECLAIM THE SPACE, ore 15.00, Piazza Cavour, Milano
Un altro sgombero a Milano, un altro spazio sociale è stato eliminato. Questa mattina è toccato allo Zam di via Olgiati 12. Le ruspe e i reparti antisommossa hanno imposto la loro legge e così, dove per due anni c’è stata vita e attività, ora ci sono soltanto macerie e silenzio. Domani, chissà, in quel luogo la proprietà aprirà un cantiere, si avvierà l’ennesimo affare immobiliare.
Ora arriveranno di sicuro anche le solite dichiarazioni, quelle dei vari De Corato che applaudono e inneggiano agli sgomberi, chiedendo di farne sempre di più, quelle dei leghisti che, stando alla proposta di legge presentata alla Camera, vorrebbero mandare in galera per molti anni chiunque si permetta di occupare uno spazio vuoto e, infine, quelle di chi ora si dice dispiaciuto ma “cosa potevamo fare?”.
Saranno probabilmente ancora troppo poche le voci che indicano il problema vero, cioè l’assurdità di una metropoli che continua a costruire e cementificare, mentre sempre più spazi e case vengono lasciati vuoti, sfitti, abbandonati. Una città dove si esprime un forte bisogno di luoghi dove sperimentare cittadinanza attiva e autogestione, ma anche una città che tuttora fatica terribilmente a rispondere in maniera positiva a questo bisogno.
Zam era ed è un pezzo di quella nuova generazione di attivisti che negli ultimi anni a Milano ha costruito esperienze nuove, fresche, a volte inedite. Per questo stamattina i ragazzi e le ragazze hanno tentato di resistere allo sgombero e per questo, penso e auspico, non si fermeranno. E per questo, infine, Zam rinascerà presto, da qualche parte in questa città. Insomma, chi oggi ha voluto segnare un -1 sul suo taccuino ha fatto male i suoi conti.
Lo sgombero di Zam è una cattiva notizia, ma può essere anche un’occasione per ri-aprire in città il dibattito sugli spazi, sul loro uso e sul loro riuso. Un dibattito che riguarda i movimenti e la società, ma anche un’amministrazione cittadina che ultimamente appare un po’ troppo ferma, un po’ troppo timorosa di prendere iniziative innovative.
Luciano Muhlbauer
P.S. sabato 25 maggio, appuntamento alle ore 15.00 in piazza Cavour, a Milano, ci sarà il corteo cittadino RECLAIM THE SPACE.
N.B. questo post è stato scritto dopo lo sgombero della mattina, prima dei fatti del tardo pomeriggio davanti a Palazzo Marino. Ecco dunque cosa penso di questi ultimi: il punto non è disquisire se fosse possibile o meno consentire a un gruppo di manifestanti di entrare a Palazzo Marino, bensì il fatto che davanti a Palazzo Marino dei manifestanti, tutti a mani nude e a volto scoperto, siano stati presi ripetutamente a manganellate, sebbene questo non fosse necessario per respingerli, e, soprattutto, che nessun rappresentante dell’amministrazione cittadina sia sceso per parlare con i manifestanti o, molto più banalmente, per invitare le forze dell’ordine alla moderazione. Che i manifestanti presi a legnate davanti a Palazzo Marino fossero in buona parte degli elettori del Sindaco Pisapia di due anni prima, non incide minimamente sulla valutazione dell’accaduto, ma sicuramente evidenzia ancora una volta, al di là di ogni ragionevole dubbio, che a Milano c’è un problema…!
Luciano Muhlbauer
“Banditi a Milano, Reclaim the space” è il titolo dell’appello che lancia un incontro pubblico giovedì 16 maggio all’Arci Bellezza e una manifestazione cittadina sabato 25 maggio. Il tema è la questione degli spazi sociali e degli sgomberi che minacciano molte esperienze. Ultimo caso in ordine di tempo: l’incombente sgombero di Zam. Penso che gli spazi autogestiti siano un valore per Milano e pubblico quindi l’appello con i due appuntamenti, ai quali vi invito a partecipare:
Banditi a Milano – Reclaim the space
Appunti in divenire per un incontro pubblico giovedì 16 maggio ore 20.30 presso Arci Bellezza (Via Bellezza 16) e una manifestazione metropolitana sabato 25 maggio ore 15.00.
-nella metropoli milanese è lentamente calata una patina arancione (tendente sempre più al grigio) che vorrebbe silenziare, sopire, rimuovere ogni contraddizione trasformando esperienze creative, vitali e conflittuali in silenzi accomodanti. Niente è cambiato: i parchi sono ancora recintati e video-sorvegliati, le case sfitte e chi ne ha bisogno sfrattato, gli sgomberi degli spazi sociali si susseguono costantemente, i precari restano tali, il cemento avanza ovunque mangiandosi verde e luoghi collettivi…
-contro qualsiasi sgombero di spazi sociali, occupazioni, esperienze autogestite; per riaffermare la legittimità e il diritto ad esistere dell’autogestione e di ogni luogo di autonomia e indipendenza
-contro la costrizione al pensiero unico dei bandi sugli spazi, concepiti come unica panacea e soluzione a bisogni e desideri infinitamente più articolati e complessi, strumento assolutamente inadeguato a qualsiasi intervento sulla realtà esistente degli spazi autogestiti e per smontare il sottinteso ricatto che nella migliore delle ipotesi prospetta un futuro fatto di briciole, pseudo-soluzioni informali, temporanee, individuali
-perché la questione spazi non sia trattata come un problema di ordine pubblico e ne venga invece affermato e riconosciuto il valore, il senso politico, l’utilità sociale
-contro la “logica expo” che governa i territori metropolitani tra cementificazioni e devastazioni ambientali, ridisegnando gli spazi ad uso e consumo della speculazione e non dell’interesse sociale collettivo
-per riaffermare le pratiche partecipative reali, autogestionarie, autorganizzate come elemento fondante dei territori che viviamo e tutta la nostra distanza dalle logiche di governo che, ammantate di pseudo partecipazione e aperture al dialogo, nascondono in realtà direttrici calate dall’alto e conservano intatte gli interessi economici e politici di sempre
GIOVEDÌ 16 MAGGIO – ORE 20.30 PRESSO ARCI BELLEZZA (VIA BELLEZZA 16) INCONTRO PUBBLICO DI CONFRONTO, ELABORAZIONE, COSTRUZIONE COMUNE DELLE MOBILITAZIONI
SABATO 25 MAGGIO – ORE 15.00 – MOBILITAZIONE CITTADINA “BANDITI – RECLAIM THE SPACE”
Sarà una coincidenza o forse no, ma sicuramente deve allarmare che i primi giorni del governo Pd-Pdl, con Alfano al Ministero degli Interni, siano segnati da un fatto tutt’altro che ordinario, come l’irruzione dei reparti mobili di polizia e carabinieri all’interno dell’Università Statale di Milano, al fine di zittire a colpi di manganello gli studenti che protestavano contro lo sgombero della libreria autogestita ex Cuem.
Beninteso, ieri l’intervento della polizia in università è stato richiesto dal rettore Gianluca Vago e non da qualche organo del Ministero degli Interni. Infatti, sebbene non siamo in Grecia, dove il ricordo ancora troppo fresco della dittatura dei colonnelli fa sì che l’ingresso della polizia in università sia considerato un tabù assoluto, anche in Italia è necessaria un’autorizzazione formale ed esplicita delle autorità accademiche perché le forze dell’ordine possano intervenire.
Questa considerazione, tuttavia, non cambia di una virgola il nostro ragionamento, poiché le richieste di far intervenire i reparti antisommossa all’interno delle facoltà sono piuttosto rare, proprio in virtù della loro gravità politica e democratica. In altre parole, ci vorrebbero davvero delle circostanze straordinarie per poter giustificare un intervento poliziesco all’interno dell’università e, molto francamente, una libreria autogestita da un gruppo di studenti non mi pare affatto una circostanza del genere.
Forse è stato, appunto, il clima generale da larghe intese e grande coalizione, da emergenza e responsabilità nazionale, con il suo annesso e irritante discorso sull’incombente “pericolo” del conflitto sociale, a suggerire al rettore Vago di trasformare la vicenda della ex Cuem occupata in una questione di ordine pubblico da risolvere a suon di manganelli. Anzi, è molto probabile che sia proprio così, cioè che abbia voluto approfittare della situazione per risolvere manu militari il conflitto con gli studenti della ex Cuem –infatti, sono annunciati anche denunce e provvedimenti disciplinari- e per lanciare, strada facendo, anche un segnale inequivocabile all’insieme degli studenti su come intende trattare il dissenso in università nel prossimo futuro.
Qualcuno penserà che esageri con le mie preoccupazioni e mi auguro sinceramente che abbia ragione, ma questa vicenda ha implicazioni troppo significative per poter rischiare l’errore della sottovalutazione. E poi, ieri alcuni studenti sono dovuti ricorrere alle cure mediche a causa delle botte ricevute all’interno dell’università e questo è ingiustificabile di per sé.
Insomma, questo è il momento di esprimere solidarietà agli studenti e di condannare l’intervento di polizia all’interno dell’università. E dovremmo farlo in tanti e tante, dentro e fuori l’università, perché, appunto, quanto è avvenuto in Statale non riguarda soltanto la Statale. Né oggi, né domani.
Luciano Muhlbauer
Di seguito trovate l’appello pubblico “al quartiere, alla cittadinanza, agli amici e a tutti coloro che hanno attraversato e attraverseranno Zam” contro lo sgombero dello spazio sociale. L'appello è stato reso pubblico una settimana fa e le firme collettive e individuali raccolte fino ad oggi non sono poche, come potete vedere. Tuttavia non bastano ancora, così come non bastano le sole firme, peraltro. Vi invito pertanto a firmare, se non l'avete già fatto, e a far circolare l'appello tra i vostri contatti, milanesi e non, per far crescere l'opposizione allo sgombero di Zam e il sostegno al percorso dello spazio sociale.
Per aderire è sufficente mandare una mail all'indirizzo stayzam.milano@gmail.com, completo di nominativo e eventuale qualifica.
APPELLO - STAY ZAM, I NOSTRI SOGNI NON SI SGOMBERANO
Una casa accogliente munita di due palestre, un auditorium, due sale per concerti e incontri, due bar, tre palcoscenici, un ampio cortile, due uffici per riunioni e studio e la redazione di un portale web.
Dentro, decine di attività sportive a cui partecipano centinaia di persone, 160 m2 di pareti da arrampicata, oltre 200 concerti, oltre 100 appuntamenti culturali tra presentazioni di libri, dibattiti, cene a tema, proiezioni, spettacoli, un festival di cinema e documentari, un laboratorio teatrale e un laboratorio di hip hop.
Ma i numeri di questi due anni sono solo un pezzetto della storia e dell’essenza di Zam. Dietro ogni cifra si nascondono infatti la vitalità, le energie e l’entusiasmo di una comunità in continua evoluzione. Una comunità di giorno in giorno più ricca, composta da persone diverse per età, provenienza, professionalità, con un collante imprescindibile condiviso alla base: la volontà di immaginare, costruire e condividere una Milano che metta al centro i bisogni di chi la abita.
Una comunità che pianta le proprie radici nel terreno fertile e spietato di una metropoli ricca di contraddizioni sociali, economiche, culturali e politiche.
In soli due anni Zam ha reso migliore la vita delle tante persone che l’hanno attraversata, aprendo uno spazio fisico e sociale per giovani e meno giovani, sportivi, artisti e intellettuali.
In soli due anni Zam è stata luogo di espressione e campo base per centinaia di attività culturali, ricreative, politiche.
In soli due anni Zam ha generato, vissuto e trasformato i conflitti di questa città costruendo progettualità nuove, attraverso il linguaggio della parola e della musica, della danza e del teatro, del cibo e della politica nella metropoli.
Ora tutto questo è messo in discussione da uno sgombero che si profila ormai come imminente.
Noi pensiamo che questo non sia solo un problema o una disavventura privata. Anzi riguarda e investe la città e la interroga su quali siano stati e saranno gli spazi di agibilità per le esperienze sociali nella metropoli.
Qualcuno dirà “ormai ci sono i bandi perché non vi date una struttura formale e non partecipate?”; rispondiamo che questa dinamica, che per altre soggettività metropolitane può essere positiva, non parla minimamente delle conflittualità e delle tematiche dei soggetti autogestiti.
Per noi autonomia, indipendenza, autogestione, autorganizzazione non sono parole vuote da convegno sociologico accademico, che getta lo sguardo curioso e rapace sui fenomeni sociali, e nemmeno slogan con cui provare il brivido trasgressivo della ribellione post o tardo adolescenziale; per noi rivendicare questi valori fondativi, queste connotazioni irrinunciabili significa avere ben chiaro cosa siamo e cosa non siamo disposti a rinunciare ad essere.
Pensiamo che questa vicenda possa essere accolta come una sfida che ci viene lanciata e che rilanciamo come scommessa nella metropoli.
Esiste una possibilità di esistenza per gli spazi sociali che non significhi riduzione della propria autonomia e indipendenza ma che al contempo permetta una fuoriuscita da una dimensione di precarietà costante?
È una sfida che vogliamo raccogliere in tante e tanti.
Dentro e fuori le mura di via Olgiati dove tanto in questi 28 mesi è stato investito, Zam ha ancora tanti progetti in cantiere per questa città.
Per difendere, costruire e far crescere questo progetto, firma questo appello e porta le tue proposte venendo a trovarci di persona o scrivendo a: stayzam.milano@gmail.com
Stay Zam – i sogni non si sgomberano!
Promotori:
Zam – Zona Autonoma Milano
MilanoInMovimento
Collettivo Lambretta
Rete Studenti Milano
C.A.S.C.
Ambrosia
Adesioni Collettive
99 Posse A.C.A.D. (associazione contro gli abusi in divisa) ADL Milano e Provincia – Associazione sindacale Diritti Lavoratrici/Lavoratori Agenzia X – casa editrice underground Alba – soggetto Politico Nuovo – Nodo Metropolitano di Milano Ambulatorio Medico Popolare Arci Bitte Assalti Frontali Associazione Antifascista Dax 16marzo2003 Associazione Culturale Puntorosso Associazione per non dimenticare Claudio Varalli e Giannino Zibecchi, Milano Associazione “NonUnodiMeno” Associazione “Quelli di Calusca” Autaut357 – Genova Casa dei Beni Comuni – Treviso Casa delle Culture – Trieste Cascina Autogestita Torchiera Senz’Acqua Circolo Arci Liberate Barabba – Milano Circolo Culturale Arci Area Circolo di Rifondazione Comunista “A. Gramsci” del corsichese Circolo Partito della Rifondazione comunista “A. Perucchini” zona 4 – Milano collettivo pantera-sempre in lotta Commissione Giovani Comunisti Milano Consorzio del Pensiero Critico “CoLpEvoLI di SoGNaRe” CS Arcadia Schio CS Bocciodromo – Vicenza Cs Crocevia – Alessandria CS Rivolta – Marghera CS Zapata Genova CSA La Talpa e l’orologio Imperia CSA Pacì Paciana CSO Bruno Trento CSO Pedro – Padova FOA Boccaccio 003 Folletto 25603, Abbiategrasso (Mi) giovani comunisti del corsichese Insurgencia Project – Napoli – (Lab Occ Insurgencia, D.A.D.A.,Auditorium Carla e Valerio Verbano, Mezzocannone 12) Kalafro Katsushiro perso nel bosco, band Laboratorio Morion – Venezia Laboratorio Sociale – Alessandria Leoncavallo S.P.A. Libreria ShaKe Interno4 Milano Memoria Antifascista Milano MilanoX.eu NdA press No Expo – Milano Partito della rifondazione comunista – Federazione provinciale di Milano Piano Terra Punkreas Quarto Posto Radio Onda D’Urto Milano Reality Shock – Padova Sale Docks – Venezia San Precario Milano SOS Fornace STRASSE, Milano, performer TrashMilano UNK Sound – Writing/Trash Crew VodkaVagina
Adesioni Individuali
Roberto Acerboni, Milano, PRC – Consigliere di zona 6 Vittorio Agnoletto, Milano, Medico Checchino Antonini, Roma, Giornalista di Popoff Globalist e Liberazione Dario Ballardini, Corsico, Consigliere comunale Giansandro Barzaghi, Milano, Ex assessore provinciale istruzione Lella Bellina, Milano, Fiom milano Ivan Caccianiga, Corsico, Segretario prc del corsichese Pino Cacucci, , Scrittore, sceneggiatore e traduttore italiano Federico Chendi, Milano, Consigliere zona 2 – sel Leonardo Cribio, Milano, Capogruppo sinistra per Pisapia di zona 9 Massimo D’avolio, Rozzano, Consigliere regionale PD lombardia Sandrone Dazieri, Milano, Scrittore Michele De palma, , Fiom nazionale Andrea Di stefano, Milano, Direttore di Valori Daniele Farina, Milano, Deputato SEL Luca Fazio, Milano, Giornalista Il manifesto Domenico Finiguerra, , Ex – sindaco di cassinetta di lugagnano Alex Foti, Milano, Editor MilanoX Franco Fracassi, , Regista e giornalista di Popoff Globalist Umberto Gay, Milano, Giornalista Aldo Giannuli, Milano, Ricercatore universitario – università statale di Milano Luca Gibillini, Milano, Consigliere comunale Milano – Sel Roberto Giudici, Milano, Fiom milano Graziano Gorla, Milano, Segretario della camera del lavoro di milano Augusto Illuminati, , Decente universitario – università di Urbino Valentina La terza, Milano, Arci milano Maurizio Landini, , Segretario generale Fiom Massimo Lauria, Milano, Regista e giornalista di Popoff Globalist Emanuele Lazzarini, Milano, Consigliere comunale pd milano Gigi Malabarba, Milano, Rivolta il debito Ugo Mattei, , Professore di diritto internazionale comparato dell’Università della California a San Francisco Mirko Mazzali, Milano, Avvocato e consigliere comunale indipendente di sel, presidente commissione sicurezza Carlo Monguzzi, Milano, Consigliere comunale Pd presidente commissione Mobilità – Ambiente – Arredo Urbano – Verde Maysa Moroni, Milano, Photoeditor Luciano Muhlbauer, Milano, Ex consigliere regionale prc Jacopo Nebdal, Milano, Consigliere zona 8 sel Emanuele Patti, Milano, Presidente arci milano Marco Philopat, Milano, Editore e scrittore Andrea Quattrocicchi, Milano, Delegato sindacale RSU Provincia di Milano Francesco Raparelli, Roma, Dottorato di ricerca – saggista Giorgio Riolo, Milano, Giornalista Basilio Rizzo, Milano, Augusto Rocchi, Sesto san giovanni, Segreteria nazionale prc Onorio Rosati, Milano, Consigliere Regionale Lombardia PD Mirco Rota, segretario regionale lombardo Fiom
Giorgio Salvetti, Milano, Giornalista Il Manifesto Marcello Scipioni, Milano, Segretario generale Fiom Milano Anita Sonego, Milano, Capogruppo gruppo consiliare Sinistra per Pisapia Federazione della Sinistra comune di Milano Junior Sprea, Milano, Musicista Gigi Tarantola, Milano, Artista underground Sara Valmaggi, Milano, PD – Vice presidente del consiglio regionale Paolo Vari, Regista , , , , , Rocco Acocella, Milano, Studente Lidja Aiello, Cagliari, Pensionata Lolli Airoldi, Milano, Francesco carlo Albonetti, Milano, Studente liceale Claudio Amartirari, Milano, Operatore sociale Daniela Ambrosio, Milano, Giornalista Annapaola Ammirati, Milano, Studentessa Lavinia Anchora, Lecce, Studentessa Laura Andena, , Mariacarla Andrisani, Milano, Studentessa Angetix, , Blogger Cristina Anzam, Como, Infermiera Antonio Arpino, Brugherio, Infermiere Alessandro Arrigoni, Londra, Dottorando presso il King’s College London Matteo Arrigoni, Torino, Sara Arrigoni, , Prekaria Nicole Attanasio, , 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medicina Elena Federici, Milano, Luca Federico, Milano, Disoccupato Anastasia Fermo, , Studentessa Mauro Ferrario, , Luigi Ferrato, Rozzano, Designer Niccolò Filosomi, Milano, Studente Alice Fimagalli, Milano, Studentessa Alessandro Fiocco, Milano, Grafico Michele Fiorella, Milano, Impiegato Serena Fiorentino, Milano, Operatrice sociale Nerina Fiumanò, Milano, Sceneggiatrice Matteo Follin, Milano, Operaio Christian Fonnesu, Rozzano, Attore Luca Forza, , Diego Franchini, Ferrara, Studente Riccardo Franzolini, Milano, Psicologo Chiara Fraschini, Milano, Educatrice Roberto Frongilo, Milano, Impiegato Susanna Frongilo, Milano, Studentessa Davide Furia, Milano, Disoccupato Filippo Furia, Milano, Pensionato Silvia Fusi, Origgio, Studentessa Fabio Gadia, Milano, Impiegato Tiziana Gagliardi, Milano, Operatrice sociosanitaria Silvia Galbusera, Milano, Studentessa Martina Gallazzi, Busto arsizio, Freelance Paola Galli, Milano, Commerciante Giulia Garavaglia, Milano, Luca Gariboldi, Milano, Assemblea Provinciale di SEL e Coordinatore della Zona Corsichese Federico Garufi, Milano, Avvocato Giovanna Gaudiano, Milano, Studentessa Martina Gentilino, , Studentessa Marco Geremia, Milano, Impiegato Valentina Ghilardi, , Lorenzo Giacon, Mantova, Impiegato Elena Giaconalli, Milano, Libero professionista Mauro Gineli, Milano, Grafico Marco lupo Gingardi, , Stefano Gioffredi, , Carlo Giordana, Roma, Pittore Chiara Giordana, Milano, Studentessa Simone Giordana, Milano, Libero professionista Michela Giubeli, Milano, Studentessa Cecilia Giubelli, Trento, Studentessa Stefania Giudici, Milano, Luca Gotra, Lodi, Studentessa Luca Grandinetti, Como, Studente Daniele Grassini, Milano, Educatore professionale Stephan Greco, , Arci monza e brianza Alessandro Grignani, Carugate, Studente Lorenzo Grimaldi, Milano, Impiegata Elisa Grumo, Milano, Impiegata Jacqueline Gualdi, Milano, Pubblicitaria Federico Guarinco, Genova, Studente Sergio Guarrata, , Arianna Guastini, , Grafica Leo giovanni Guerriero, , Simon Horlock, Leeos – england, Gabriele Iacono, , Studente Giuseppe Iacovone, , Idraulico Desiree Iasevoli, Milano, Educatrice e barista Stefano Imbarco, Milano, Studente Maryan Ismail, , Antropologa Gaianè Kevorkian, , Studentessa Stefano La rosa, Novate milanese, Erica L’altrella, , Sofia Lamar, Pavia, Studentessa Barbara Latorre, Milano, Impiegato Daniele Lazzori, , Chiara Ledni, Melegnano, Viaggiatrice Luca Leoni, , Antonella Leuzzi, Bergamo, Claudio Libani, Milano, Prc zona 7san siro Sonja Liebhardt, , Daniele Livio, Milano, Infermiere Simone Loffredo, Milano, Impiegato Laila Lomorte, Buccinasco, Operatrice sociale Federica Lovera, Pavia, Studentessa Stefano Lozza, Milano, Lavoratore Gabriele Luddi, Milano, Studente Giovanni Lula, , Studente Marco Lusena de sarmiento, , Paolo Macerba, Pavia, Marta Magi, , Studentessa Giada Magnani, Milano, Sudentessa Lorenzo Magnone, , Cinzia Mai, , Insegnante Cinza Mai, , Arianna Mainardi, Milano, Dottoranda di ricerca Davide Maldi, 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Zullo, Pesche, Studentessa
La raccolta di firme continua e l'elenco dei firmatari è in continuo aggiornamento. Può essere consultato sul sito di Milano In Movimento: http://milanoinmovimento.com
Ieri lunedì 8 aprile il Csa Vittoria di Milano ha subito un attentato incendiario. Per fortuna nessuno si è fatto male e i danni materiali al centro sociale sono limitati, ma la gravità dell’atto è sotto gli occhi di tutti. Allo stato nulla si sa circa la possibile identità dei responsabili. Tuttavia, tutti sappiamo dell’impegno e dell’attività del centro sociale a sostegno delle lotte degli operai delle cooperative di facchinaggio. Forse c’entra, forse no. Comunque sia, questi atti si realizzano contro chi fa le cose, contro chi dà fastidio al potente o prepotente di turno, e lo scopo è sempre quello dell’intimidazione. Per questo, mentre siamo impegnati nella campagna contro lo sgombero di un altro centro sociale milanese, lo Zam, è importante, anzi fondamentale non stare in silenzio e non lasciare da soli i compagni e le compagne del Vittoria. Esprimo tutta la mia solidarietà con il Csa Vittoria!
Luciano Muhlbauer
Di seguito il comunicato del Csa Vittoria:
PROVOCAZIONI E REPRESSIONE NON CI FERMERANNO MAI!
Oggi lunedi 8 aprile abbiamo subito l'ennesima provocazione che per il pronto intervento di qualche abitante del quartiere non ha avuto conseguenze più gravi.
Sono state incendiate alcune bottiglie di liquido infiammabile che hanno danneggiato sciogliendolo una dei finestroni del nostro centro sociale.
Non sappiamo chi sia stato, se un fascista o un prezzolato dalla mafia delle cooperative. Certo è che questo atto provocatorio per noi si inserisce in un clima repressivo che sta particolarmente colpendo compagni e realtà impegnate sul terreno dello conflitto di classe al di fuori della compatibilità politica ed economica borghese.
Sabato infatti eravamo in corteo a Piacenza con centinaia di compagni e lavoratori in solidarietà con i 3 compagni, tra cui il coordinatore nazionale del SiCobas, a cui è stato comminato il divieto per 3 anni di entrare nel territorio piacentino dove sono situati i magazzini dell' Ikea e di altri hub strategici del comparto della logistica, siamo tutt'ora sotto processo per la lotta vincente ai magazzini della Bennet di Origgio del 2008, perchè il movimento di lotta che si è sviluppato in questi anni tra i lavoratori delle cooperative, ritrovando un protagonismo di classe, sta facendo sempre più paura ai padroni e ai loro servi di ogni razza.
Questa provocazione va inquadrata in questo contesto e, come già scrivevamo nel nostro appello alla partecipazione al corteo di Piacenza, la repressione è un elemento strutturale del dominio di classe, per cui ci interessa poco correre dietro al provocatore di turno.
Ma il modo migliore per rispondere è continuare sempre con maggior determinazione il percorso intrapreso mella prospettiva di una trasformazione rivoluzionaria dell'esistente.
i compagni e le compagne del C.s.a. Vittoria
Milano, 8 aprile 2013
A Milano un altro sgombero sta per arrivare, un altro spazio sociale rischia di essere chiuso con la forza. Stavolta tocca a Zam, quello di via Olgiati 12, quartiere Barona, una delle esperienze di movimento più feconde di questi anni.
Dicono che la proprietà, dopo anni di abbandono e incuria, abbia ora un qualche progetto immobiliare e quindi lo sgombero pare essere imminente. Questione di giorni o settimane, dicono.
ZAM, che sta per Zona Autonoma Milano, era nato il 29 gennaio 2011. Allora in via Olgiati al 12 c’era solo una delle tante aree dismesse della metropoli. Una volta vi si producevano affettatrici e bilance professionali, quelle della Avery Berkel, ma poi l’azienda chiuse e l’ex stabilimento rimase vuoto e abbandonato per lungo tempo. I ragazzi e le ragazze di Zam gli hanno ridato vita due anni fa, occupandolo e riempendolo di attività, culturali, politiche e altro ancora. Oggi c’è persino una palestra per l’arrampicata libera.
Zam, tra le tante cose, è stato anche il prodotto di una nuova generazione di attivisti di movimento, meno segnata delle sconfitte del passato di quelle precedenti e forse per questo più capace di curiosità e apertura. E non è un caso, credo, che attorno a Zam sia poi nato un piccolo network di realtà, animato spesso da giovani e giovanissimi.
Beninteso, a Milano non c’è solo Zam e dintorni, per fortuna ci sono anche altre realtà che producono attivismo sociale, politico e culturale, che animano spazi e luoghi, che praticano socialità e conflitto in un tempo che ci vorrebbe tutti e tutte disgregati e docili. Ma, appunto, a Milano c’è anche Zam e il suo dinamismo è stato senz’altro un valore aggiunto per la città e per l’insieme del movimento, al di là di ogni altra considerazione.
Non penso che l’idea di sgomberare Zam sia il frutto di una congiura politico-questurina, anche se una certa politica, da sempre allergica agli spazi sociali, sicuramente farà il tifo per le ruspe e per i manganelli. No, molto più banalmente, si vuole cancellare Zam per fare posto ad un affare immobiliare. Ma, in fondo, è politica anche questa, o forse persino di più.
Il vero problema è però un altro. Cioè, Milano saprà dire qualcosa o assisterà passivamente all’evolversi degli eventi? La città, la sua amministrazione, le forze politiche, sociali, civiche, associative eccetera penseranno si tratti di una vicenda di rilievo pubblico oppure la relegheranno nel regno del contenzioso tra privati?
Sono domande di cruciale importanza in una città, dove due anni fa una straordinaria voglia e volontà di cambiamento riuscì a porre fine al ventennale dominio delle destre e dove in campagna elettorale echeggiarono parole come “a Milano c’è spazio” oppure “Milano come Berlino”.
Beninteso, non è questione di uno spazio, ma degli spazi. E non è questione di bandi sì o bandi no, perché i bandi vanno benissimo, a patto di non scambiarli con il rimedio universale.
Comunque, oggi siamo soltanto agli inizi ed è appena partita la campagna di e per Zam. Ora occorre fare il primo passo, cioè prendere parola e posizione, magari soltanto facendo girare il materiale informativo, i comunicati (qui il video e il primo comunicato stampa di Zam: Stay Zam – I sogni non si sgomberano). Poi, a breve, dovrebbe arrivare anche un appello.
Per quanto mi riguarda, se non si fosse capito, sto dalla parte di Zam.
Luciano Muhlbauer
Sabato 16 marzo saranno passati esattamente dieci anni da quella notte del 2003, quando Davide “Dax” Cesare, militante del centro sociale O.R.So., fu aggredito e ucciso da alcuni neofascisti. Una notte allucinante, una “notte nera”, iniziata con le lame di via Brioschi e terminata con l’incredibile violenza poliziesca all’ospedale San Paolo. Dieci anni dopo i compagni e le compagne di Dax e il movimento milanese lo ricordano con tre giorni di iniziative il 15, 16 e 17 marzo, al cui centro ci sarà il corteo nazionale di sabato 16 marzo (h. 15.00, in piazza XXIV Maggio). Ma la storia di Dax non riguarda soltanto familiari, amici, compagni e al massimo l’antagonismo milanese, anzi, la storia di Dax riguarda tutta la città. A distanza di dieci anni, infatti, Milano non ha ancora fatto i conti con quella notte. E penso sia ora che inizi a farli seriamente, che Milano provi a saldare il suo debito con Dax e con quanti e quante allora subirono violenza.
Per la tre giorni di iniziative del 15-16-17 marzo il sito di riferimento è http://daxvive.info/, per sapere cos’è successo il 16 marzo 2003, nel caso non lo sapeste, vi consiglio di leggere Dax, la storia, a cura di Milano in Movimento.
Qui di seguito, invece, trovate un mio ricordo, una mia riflessione, perché appunto penso che Milano abbia un debito da saldare, con Dax e con se stessa.
Milano è in debito con Dax
Milano è in debito con Dax e con tutti quelli e quelle che nella notte tra il 16 e 17 marzo 2003 subirono violenza, prima in via Brioschi e poi all’ospedale San Paolo. A distanza di dieci anni, infatti, Milano non ha ancora fatto i conti con quella nottata, con l’omicidio fascista di Davide Cesare e con l’ingiustificabile violenza poliziesca.
Beninteso, molti e molte sanno come sono andate le cose e conservano memoria, nel cuore o nelle lotte, ma sono comunque troppo pochi. Sono, siamo minoranza in una città dove a Dax, ai suoi familiari e ai suoi amici, sono stati per lunghi anni negati persino la memoria pubblica e quel minimo di rispetto che si è soliti riconoscere a chiunque sia stato assassinato. E non mi riferisco tanto e soltanto a una verità giudiziaria che non fa giustizia, che non restituisce la storia vera di quella notte, benché questa fosse nitidamente rintracciabile negli stessi atti processuali relativi al San Paolo, ma anche e soprattutto a quel militante e miserabile contrasto da parte dell’amministrazione comunale di centrodestra, specie del suo vicesindaco, contro ogni manifestazione pubblica di memoria.
Il risultato di tutto ciò è che oggi la maggioranza dei milanesi non sa nulla di Dax oppure che ricorda solo vagamente una storia che c’entra un fico secco con la realtà dei fatti, che parla di una rissa davanti al bar finita male e poi di un’altra rissa ancora davanti a un ospedale, di gente che voleva trafugare un cadavere, di forze dell’ordine aggredite o cose del genere. Insomma, siamo dispiaciuti per il ragazzo, ma la politica non c’entra e, certo, però, questi centri sociali fanno sempre casino.
Un bel rovesciamento della realtà, un fulgido esempio di revisionismo storico in tempo reale, frutto non della spontaneità delle cose, ma di atti soggettivi e consapevoli di alcuni e di troppi silenzi di altri. E oggi, penso, sia necessario e giusto ricordare tutto ciò, perché i dieci anni che abbiamo alle spalle a Milano sono stati anche questo, cioè insulto, negazione, silenzio, arroganza, viltà e miseria del potere. È stato come voler uccidere Dax una seconda volta e il fatto che non ci siano riusciti non rappresenta in alcun modo un attenuante.
Frugo nella mia memoria e viene fuori quella che potremmo chiamare la guerra dei murales, combattuta tra il 2007 e il 2008. Poca cosa, potrebbe pensare qualcuno, invece no, almeno per me, perché in realtà si è trattata di guerra alla memoria. Ma andiamo con ordine.
Alla Darsena c’era un murale che ricordava Dax. Nulla di strano, era il suo quartiere, il Ticinese. Il murale non dava fastidio a nessuno e non c’era nemmeno un cantiere da aprire in quel posto, ma aveva un difetto: si vedeva bene. Era una specie di monito, perché significava che non si era disposti a dimenticare. E così, un bel giorno di inizio settembre del 2007 a Palazzo Marino decisero che questo murale non era ulteriormente tollerabile, che andava ristabilito il silenzio. Cioè, il Comune di Milano lo fece cancellare, ovviamente in nome del “decoro urbano”.
Sì, lo so, ora qualcuno dirà che la politica non c’entrava niente, che era normale che il Comune cancellasse murales e scritte. Invece no, anzi, nella prassi dell’allora Sindaco Moratti e, soprattutto, del suo vice De Corato il “decoro urbano” era molto selettivo. Ne sapeva qualcosa l’Anpi milanese, che proprio in quel periodo si rivolgeva ripetutamente al Comune per sollecitare, inutilmente, la cancellazione di scritte ingiuriose contro la Resistenza o inneggianti al fascismo. E poi, anche se fosse stato consuetudine cancellare scritte e murales, il decoro civile e morale avrebbe consigliato di rispettare la memoria di un ragazzo assassinato nel quartiere soltanto quattro anni prima.
E poi, va ricordato il clima di quegli anni, il bieco revisionismo storico che la faceva da padrone a Palazzo Marino, alimentato principalmente dalla voglia di rivincita degli ex missini, raccolti in An e capeggiati dal longevo vicesindaco De Corato, ma che coinvolgeva direttamente anche gli allora Sindaci berlusconiani, sia Gabriele Albertini che Letizia Moratti.
I murales che ricordavano giovani di sinistra ammazzati dai fascisti o dalle forze dell’ordine non li sopportavano proprio e, infatti, soltanto un mese dopo la cancellazione del murale di Dax sulla Darsena, in un’altra zona della città il Comune avrebbe fatto cancellare anche un murale dedicato a Carlo Giuliani. Ma successero fatti anche più gravi, dei quali voglio qui ricordare soltanto uno, anche perché le cicatrici di quella vicenda sono ancora ben visibili nel panorama cittadino.
Non vi è mai capitato di trovarvi in piazza Fontana in compagnia di conoscenti che, un po’ meravigliati, vi hanno chiesto “ma come mai ci sono due lapidi dedicate a Giuseppe Pinelli?”, con frasi simili, ma con significato chiaramente diverso. Già, perché ce ne sono due lì, una a firma “gli studenti e i democratici milanesi” che recita “Ucciso innocente nei locali della Questura di Milano” e l’altra, a firma del Comune di Milano, che recita invece “Innocente morto tragicamente nei locali della Questura di Milano”.
Ebbene, le cose andarono così: una notte di marzo del 2006, come i ladri di pollo e su ordine del Sindaco Albertini, gli uomini del Comune rimossero la lapide originaria, quella degli studenti e dei democratici, che si trovava lì dal 1976, e la sostituirono con una nuova, del Comune, che appunto raccontava un’altra verità. Per fortuna, la provocazione di Albertini non passò, ci fu una sana reazione e alcuni giorni più tardi, il 23 marzo, militanti anarchici e della sinistra milanese, ricollocarono la vecchia lapide, di cui esisteva un’altra copia, al suo posto. Da allora, appunto, in piazza Fontana ci sono due lapidi, quella giusta, che parla della verità storica e della memoria dei milanesi, e quell’altra, che parla della totale mancanza di rispetto e dell’assenza di spessore morale degli amministratori milanesi di allora.
Ma torniamo al murale di Dax sulla Darsena, la cui cancellazione si inserisce certamente in un quadro più generale, ma che tuttavia conserva una sua specificità, o meglio, una sua specifica miseria. Già, perché si può ben comprendere che i revisionisti, post-fascisti o berlusconiani che fossero, alzassero il tiro su vicende storiche che rappresentano momenti e fatti costituenti della memoria di un’intera nazione, come la Resistenza contro il nazifascismo o la strage di Piazza Fontana, ma perché prendersela così tanto con la memoria di Dax? Già, perché la vicenda del murale di Dax mica era finita lì.
Come già successe l’anno precedente nel caso della lapide di Pinelli, anche gli amici di Dax non fecero mancare la loro risposta e in occasione del quinto anniversario dell’omicidio di Davide il murale tornò sulla Darsena. Ovviamente, nessuno si faceva troppe illusioni sul comportamento del Comune e un po’ tutti si aspettavano che prima o poi De Corato avrebbe preso un’altra delle sue iniziative. Prima o poi sì, ma nessuno, almeno credo, si aspettava che il Comune avrebbe scelto la maniera più provocatoria possibile per cancellare il murale appena rifatto. Infatti, l’operazione “decoro urbano” scattò la mattina del 17 marzo 2008, cioè a poche ore dalla fine delle iniziative e mobilitazioni in ricordo di Dax e senza nemmeno fare finta di rispettare almeno il dolore dei familiari.
Ormai era chiaro, la memoria di Dax era diventato un obiettivo legittimo della guerra culturale ed ideologica degli ex missini. E, infatti, appena una settimana più tardi toccò anche a un altro nuovo murale che nel quartiere ricordava Dax, cioè quello di piazza Vetra. In quel caso, agli occhi degli ex-neo-post fascisti che popolavano l’amministrazione cittadina, c’era anche l’aggravante che il murale in questione non si limitava a ricordare Dax, ma comprendeva anche un omaggio al comandante partigiano Giovanni Pesce, deceduto nell’estate precedente.
Ma appunto, perché prendersela tanto con la memoria di Dax? In fondo, una qualsiasi amministrazione cittadina appena decente, anche se non amica, avrebbe potuto scegliere un’altra strada, versare qualche occasionale lacrima di circostanza e concedere qualche murale in qualche angolo della città. Invece no, hanno scelto la guerra, senza forse nemmeno accorgersi che così facendo si sono mostrati uomini e donne molto piccoli e insignificanti. Non credo che ci sia una risposta unica per spiegare questo comportamento, perché in tutto questo c’è sì la lotta per l’egemonia culturale, ma ci sono anche delle cose molto più banali e squallide, che tutti gli ex o i post non riescono a lavare, e ci sono, ovviamente, le complicità con i gruppi militanti dell’estremismo di destra, che si traducono in copertura politica o concessione di strutture pubbliche.
E poi, diciamoci la verità, in quegli anni non c’è stata soltanto l’ostilità delle destre, ma anche il troppo silenzio dall’altra parte. La battaglia per mantenere viva la memoria di Dax è stata spesso condotta da pochi e accompagnato dal silenzio o dall’indifferenza di molti. E anche questo fa parte del problema, perché i silenzi, le sottovalutazioni, il nascondere la testa sotto la sabbia si sarebbero poi riprodotti anche in altre occasioni ritenute evidentemente “scomode”, come nel caso dell’omicidio razzista di “Abba” Abdoul Guibre nel 2008.
La storia di Dax è una storia milanese. Il 16 marzo 2003 Davide Cesare non è caduto vittima di rissa, ma di un’aggressione fascista. Lui e chi era con lui non furono attaccati a caso, ma perché antifascisti. Al San Paolo non ci fu alcuna difesa da parte delle forze dell’ordine, bensì una violenza poliziesca ingiustificata e ingiustificabile, non dissimile da quella che vivemmo a Genova nel 2001. Questa è la verità che non solo il movimento conosce, ma che anche i fatti ci consegnano. Eppure, lunghi anni di negazioni, di riscritture, di cancellazioni e di silenzi, a volte complici, a volte solo ingenui, hanno fatto sì che questa verità sia oggi ignorata dalla maggioranza dei milanesi.
Credo sinceramente che dieci anni dopo sia giunto definitivamente il tempo che Milano saldi il suo debito con Dax, con la memoria e con chi ancora oggi è costretto a pagare il prezzo delle menzogne. Ed è una questione che riguarda tutti e tutte, istituzioni, stampa, forze organizzate, cittadinanza. È una questione che riguarda Milano.
di Luciano Muhlbauer
Colpirne sette per educarne migliaia. Sembra questa la logica con la quale stamattina, con un ritardo di oltre un mese, si è materializzata anche a Milano la coda velenosa della giornata di mobilitazione del 14 novembre. Infatti, sette studenti, tra cui tre minorenni, sono stati fatti oggetto di perquisizioni, denunce ed indagini da parte degli uomini della Questura.
Le ipotesi di reato contestate sono quelle classiche “da piazza” (resistenza a pubblico ufficiale, violenza, getto pericoloso di cose, porto abusivo di oggetti atti ad offendere, travisamento) e si riferiscono ai momenti di tensione tra manifestanti e polizia in corso Magenta, quando gli studenti, organizzati nell’ormai consueto book bloc, avevano cercato di forzare lo sbarramento delle forze dell’ordine che impediva al corteo di raggiungere gli uffici di rappresentanza dell’Unione Europea.
Il 14 novembre era stato un giorno importante, perché per prima volta si erano realizzati scioperi simultanei in diversi paesi europei contro le politiche dell’austerity. In Italia l’impegno sindacale era stato piuttosto modesto, ma in cambio le piazze erano state riempite dal protagonismo studentesco. Ci sono stati anche momenti di tensione e scontri e le polemiche sul comportamento delle forze dell’ordine, specie a Roma, dov’erano state riprese dalle telecamere mentre si esibivano in violenze gratuite contro giovani e giovanissimi, sono durate parecchi giorni. Ad un certo punto sembrava perfino possibile che anche in Italia, come già accade in praticamente tutti i paesi europei, si potesse finalmente dotare gli agenti dei reparti mobili con dei numeri identificativi.
Alla fine, ahinoi, il tutto è tornato alla triste normalità italiana. Cioè, la vicenda dei numeri identificativi è sparita dal dibattito pubblico, mentre sono rimasti i provvedimenti e le denunce contro gli studenti. E se qualcuno avesse avuto dei dubbi a questo proposito, eccovi i provvedimenti milanesi a scoppio ritardato di stamattina.
Orbene, non facciamo gli ingenui. Quando c’è tensione sociale e quando si scende in piazza ci possono essere anche momenti di scontro. È sempre stato così, figuriamoci se non è così in un periodo storico come quello attuale, quando un’intera generazione rischia di essere privata del proprio futuro.
Ma davvero non facciamo gli ingenui o i finti tonti, come ad esempio fa oggi il solito De Corato, che blatera di “gravi incidenti” e si congratula con la Questura per aver perquisito e denunciato dei minorenni. Gravi incidenti? Ma per favore! Allora cosa dovrebbe dire la giovane studentessa alla quale i reparti mobili hanno spaccato due dita in corso Magenta. O come la mettiamo con quell’agente della Digos, abbattuto sempre in corso Magenta con una manganellata dai colleghi celerini, in una sorta di regolamento di conti interno, ma poi probabilmente contato come ferito dai cattivi studenti?
No, qui non c’entrano i “gravi incidenti”, ma c’entra quella malsana idea che orienta sempre di più anche questo governo “tecnico”, cioè che il conflitto sociale vada affrontato non con la politica, non con risposte concrete, bensì con il manganello e con le denunce. O meglio, la politica c’è anche in questo approccio, come si è visto oggi, perché si scelgono sette ragazzi tra i tanti presenti nel corteo, per lanciare un messaggio a tutte quelle migliaia di altri ragazzi che in queste settimane hanno manifestato, occupato le scuole e, più in generale, semplicemente rifiutato di assistere passivamente al furto del loro futuro.
Esprimo la mia solidarietà ai sette ragazzi indagati e spero ardentemente che questa brutta esperienza non gli faccia passare la voglia di battersi per il cambiamento. Né a loro, né a nessun altro.
Luciano Muhlbauer
Lo sgombero del Lambretta è una vittoria della cattiva politica, quella che dorme quando corruzione e ‘ndrangheta si fanno largo, ma che poi non ci pensa un attimo a farsi paladino della legalità di fronte a un gruppo di giovani che occupano alcune villette vuote, se questo è di qualche utilità ai propri interessi di bottega.
Oggi la Regione ha finalmente ottenuto quello che voleva: un intervento di forza e un altro conflitto aperto in città da esibire nel teatrino della politica.
Oggi in piazza Ferravilla non è stata ristabilita la legalità, ma si è aperta formalmente la campagna elettorale del centrodestra in vista delle regionali.
Infatti, a nulla sono serviti gli inviti del Comune di Milano a soprassedere allo sgombero imminente e a cercare altre soluzioni, né ha cambiato le cose il fatto che le argomentazioni a favore dell’urgenza dello sgombero, avanzate negli ultimi mesi dall’ex Assessore regionale alla Casa, Zambetti, e dal Presidente dell’Aler, Zaffra, come la vendita degli immobili (in realtà arenata) o i lavori in vista di Expo (che invece riguardano altri immobili), si fossero rilevate palesemente false. E non ha modificato la situazione nemmeno il piccolo particolare che gli immobili occupati in aprile e poi ripuliti dai ragazzi erano precedentemente in stato di abbandono e rifugio di spacciatori, nonostante si trovassero a poche centinaia di metri dalla sede centrale dell’Aler.
No, troppo forti erano evidentemente le pressioni politiche sulla Questura da parte di Regione e Aler, alle quali di recente si sono aggiunte anche quelle del leghista Bolognini, Assessore provinciale alla Sicurezza, e del solito De Corato. E così, magari pensando di fare brodo con l’irruzione di ieri in Comune, che nulla c’entra con la vicenda del Lambretta, è scattato lo sgombero.
Da parte nostra esprimiamo la nostra solidarietà con i ragazzi e le ragazze del collettivo Lambretta e ci auguriamo fortemente che la loro esperienza di autogestione e partecipazione, che coinvolge molti studenti delle scuole della zona, possa continuare.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
per tenersi aggiornati sulle iniziative del e per il Lambretta vai su MilanoInMovimento
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