Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto dell’11 dic. 2007 (pag. Milano)
L’iniziativa congiunta di associazioni e sindacati sulla questione rom a Milano, presentata ieri alla Camera del Lavoro, è una preziosa boccata d’ossigeno, specie in questo momento, in cui stanno per sbarcare anche a Milano le ordinanze xenofobe provenienti dai comuni di Cittadella e Caravaggio.
Finalmente una parte importante della società civile milanese ha deciso di rompere quell’assordante silenzio, che ha consegnato la città alla peggior demagogia e alimentato pericolosamente la “percezione di insicurezza” dei cittadini.
Pensiamo che sia giunto il momento che qualcuno chieda conto agli amministratori milanesi del loro operato nei confronti dei rom presenti sul nostro territorio. Il bilancio di oltre un anno di interventi repressivi e demolizioni è, infatti, pesantemente negativo e l’unico risultato concreto sta nell’aver introdotto a Milano il nomadismo coatto degli sgomberi.
Ma forse tutto questo fa comodo al centrodestra, più interessato a coccolare e coltivare le percezioni di insicurezza, piuttosto che a occuparsi dei problemi e delle macerie di 15 anni di abbandono delle periferie popolari. Dall’altra parte, ora che anche buona parte del Piddì veltroniano ha sposato la linea del “dagli addosso allo sfigato”, perché dovrebbero cambiare strada?
Ieri a Milano sono successe due cose: da una parte, un cartello di associazioni ha formulato delle proposte concrete e alternative alla psicosi securitaria e, dall’altra, la giunta Moratti sta pensando di riprodurre le misure anti-stranieri di Cittadella e Caravaggio. Due strade diverse e opposte, che rappresentano bene le scelte possibili da fare nella nostra città per il futuro.
Invitiamo pertanto tutte le forze di sinistra e democratiche della nostra città a sostenere l’iniziativa delle associazioni e a contrastare, senza ambiguità, la deriva xenofoba che le destre tentano di imporci.
qui puoi scaricare il documento delle associazioni
di lucmu (del 07/12/2007, in Lavoro, linkato 967 volte)
Alla faccia di quanti ritengono la legge 30 una cosa positiva e il protocollo sul welfare il migliore possibile, il rapporto annuale 2007 del Censis conferma che la precarietà continua a dilagare, specie tra i giovani. Ecco cosa dice il Centro Studi Investimenti Sociali a questo proposito: “dei quasi 1 milione 900 mila lavoratori che hanno trovato un’occupazione, il 38,2% ha un contratto a termine, l’8,7% un contratto di lavoro a progetto o occasionale e il 36,1% un contratto a tempo indeterminato. Tra gli under 35 si registre la più elevata incidenza di contratti atipici. I giovani infatti rappresentano la parte decisamente maggioritaria - il 58,2% - del lavoro atipico in Italia. Ma nel 2006, su 902 mila lavoratori che si sono ritrovati senza occupazione, perché l’hanno persa, o perché si sono ritirati dal lavoro, più di 346 mila erano persone con meno di 34 anni (il 38,4%) e il 22,2% persone dai 35 ai 44 anni.”
Abbiamo presentata oggi in Regione un’interrogazione all’assessore alla polizia locale sullo sgombero di alcune baracche abitate da rom in via Pozzobonelli, avvenuto ieri.
Infatti, secondo quanto dichiarato dal vicesindaco di Milano, De Corato, lo sgombero sarebbe stato effettuato autonomamente dai vigili urbani, attraverso il Nucleo Problemi del Territorio. Inoltre, sempre secondo De Corato, si tratterebbe dell’intervento numero 43 contro “aree occupate abusivamente”, nel solo 2007, da parte della polizia municipale
Ebbene, lo sanno tutti che gli amministratori milanesi rivendicano da tempo di poter disporre di una polizia del sindaco, anzi del vicesindaco, e in questo si vedono ormai imitati da numerosissimi sindaci del Piddì, anche se la legge dice una cosa molto diversa.
La legge nazionale assegna, infatti, la competenza della gestione dell’ordine pubblico agli organi di polizia dello Stato e la stessa legge regionale n. 4 del 2003 individua tra i compiti primari delle “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza” della polizia locale quello del semplice “presidio” del territorio.
In altre parole, a Milano –e non solo- si moltiplicano gli sconfinamenti della vigilanza urbana nelle competenze dei corpi di polizia, producendo sovrapposizioni e persino episodi sull’estremo limite della legalità, e contestualmente vengono emarginate le funzioni tipiche della polizia municipale, che nessun altro più svolge.
Con l’odierna interrogazione chiediamo pertanto all’assessore regionale competente di acquisire tutte le informazioni del caso e di intervenire rispetto a questa deriva securitaria. Auspichiamo che questa volta voglia rispondere in tempi celeri e utili, poiché, ahinoi, altre tre interrogazioni su fatti anche più gravi continuano a giacere da lunghi mesi nei suoi cassetti.
qui puoi scaricare il testo dell’interrogazione
La legge regionale n. 6/2006 sui phone center, fortemente voluta da Lega e An, ha già provocato la chiusura di numerosissime attività. Infatti, lungi dall’essere una semplice regolamentazione di un settore commerciale, essa si configura piuttosto come un atto deliberato e xenofobo contro un settore economico dove molto forte è la presenza della piccola imprenditoria immigrata.
Non a caso, tutte le sezioni del Tar della Lombardia hanno già emesso delle sentenze che danno ragione ai ricorrenti e sollevato la questione dell’illegittimità presso la Corte Costituzionale. Ma non basta, quattro mesi fa era intervenuta persino l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, chiedendo formalmente a Regione Lombardia di modificare la legge in almeno due punti fondamentali.
Ciononostante, il centrodestra lombardo continua allegramente a fare orecchie da mercante, accusando il Tar di ingerenza e non sentendo nemmeno il bisogno di rispondere all’Autorità garante. Non c’è male per un Presidente e una coalizione che del libero mercato hanno fatto la loro bandiera. Ma si sa, qualcuno è sempre più libero degli altri e se poi sei immigrato, allora bisogna accontentare anzitutto la demagogia di Lega e An.
Per questo oggi abbiamo presentato un’interpellanza al Presidente Formigoni, chiedendogli di rispondere alle osservazioni e agli inviti dell’Autorità garante.
qui puoi scaricare il testo dell’interpellanza e la segnalazione dell’Agcm
di lucmu (del 05/12/2007, in Lavoro, linkato 1103 volte)
Che lavorare di notte e fare i turni non faccia bene alla salute, cioè che ti “usura” più che lavorare nelle sole ore diurne, lo sapevamo già. Ma, secondo uno studio di un’agenzia dell’Oms, l’International agency for research on cancer, chi fa i turni sarebbe anche più esposto al rischio tumore.
Le conclusioni dello studio sono state pubblicate sul numero di dicembre della rivista specializzata The Lancet Oncology e rappresentano il primo tentativo di riunire i risultati prodotti da ricerche di dieci diversi paesi. Si tratta di studi di avanguardia, per ora limitati ai casi di personale ospedaliero e assistenti di volo, ma che fanno concludere ai ricercatori che vi è un nesso tra rischio tumore e lavoro notturno. In particolare, una ricerca di Seattle (Stati Uniti) ha evidenziato che le lavoratrici che svolgevano turni di notte presentano un rischio di tumore al seno superiore del 60% rispetto alle loro colleghe che lavorano soltanto di giorno.
Dalle nostre parti, la notizia delle conclusioni di questo studio è stata ripresa da pochissimi organi di stampa. Forse per semplice disattenzione o forse perché la salute dei lavoratori non interessa il circo mediatico. Eppure, quasi il 20% della forza lavoro in Europa e America del Nord fa i turni, specie nella sanità, nell’industria, nelle comunicazioni e nei trasporti.
O forse non è stato dato risalto alla notizia per semplice vergogna, visto che proprio pochi giorni fa il governo ha impedito, ponendo la fiducia in Parlamento, che si accogliessero alcune modifiche al protocollo sul welfare già concordate in commissione, che peraltro avrebbero reso effettivo il diritto per i turnisti di essere considerati lavoratori “usurati”. Ebbene sì, perché così com’è rimasto il protocollo devi fare almeno 80 notti annue per poter rientrare nei lavori usuranti. Peccato, però, che nella realtà concreta la stragrande maggioranza dei turnisti faccia un numero di notti che si aggira attorno ai 70…
per saperne di più:
qui puoi scaricare l’articolo (in inglese) pubblicato da The Lancet Oncology
Siamo sempre stati garantisti e continuiamo ad esserlo cocciutamente, anche nel caso di indagati di quella parte politica che sembra voler costruire le sue fortune politiche sulla criminalizzazione preventiva e sommaria di intere categorie di persone, dai rom fino ai consumatori di sostanze stupefacenti. Ma oggi, stare in silenzio e fare finta di nulla di fronte al fatto che due dei cinque indagati per gli incarichi d’oro al Comune di Milano siano consiglieri regionali in carica, sarebbe politicamente irresponsabile.
La questione non è discutere se siano o meno colpevoli, poiché questo compito spetta alla magistratura e non certo alla politica, bensì stigmatizzare il fatto che in Consiglio regionale si sta delineando una vera e propria questione morale, specie dalle parti del partito di maggioranza relativa.
Non ci riferiamo tanto alla frivolezza con la quale la maggioranza formigoniana spesso tratta queste questioni, come è accaduto nel caso di Massimo Guarischi. Infatti, il consigliere di Forza Italia era stato ricandidato, nel “listino del Presidente”, e dunque rieletto nel 2005, nonostante fosse già condannato in primo grado per corruzione, e sospeso soltanto pochi mesi fa in seguito alla conferma della sentenza in appello.
E la questione principale non è nemmeno l’aumento del numero degli indagati nel gruppo di Forza Italia, poiché Borghini e Bonetti Baroggi sono stati preceduti, soltanto poche settimane fa, dal consigliere regionale Gianluca Rinaldin, indagato per concorso in corruzione nel comasco.
No, il vero problema che deve porsi la politica è il fatto, quasi del tutto ignorato, che sia Borghini, che Bonetti Baroggi non sono indagati per vicende legate all’esercizio delle loro funzioni, bensì per attività svolte per conto di terzi, cioè del Sindaco di Milano. In altre parole, ambedue incassavano le laute indennità da consiglieri regionali, ma poi lavoravano a Palazzo Marino, dove, inoltre, percepivano stipendi pubblici ancora più sostanziosi: 280mila euro il primo e 140mila il secondo.
Ebbene, questa vicenda evidenzia un malcostume sempre più drammatico, cioè che diversi consiglieri della maggioranza sembrano considerare il Consiglio una mera fonte di reddito e non un’assemblea legislativa. Insomma, le leggi le scriva pure Formigoni, mentre io mi dedico ai miei affari.
A noi pare che tutto questo si chiami questione morale. Lasciamo fare ai magistrati il loro lavoro, ma alla maggioranza e, in particolare, a Forza Italia chiediamo oggi che pronunci parole chiare e che produca atti conseguenti, nell’interesse dell’istituzione e nel rispetto dei cittadini.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Abbiamo bisogno di una sinistra nuova, sociale, autonoma e aperta a chi vuole costruire un’alternativa al dominio dell'impresa, alla mercificazione delle nostre vite e all'organizzazione patriarcale della società. Pensiamo a una sinistra partecipata da soggetti e movimenti, reti e collettivi, ma anche da persone in carne ed ossa, singole e singoli, che stanno in soggetti già organizzati o che si riconoscono semplicemente nel progetto politico. Vogliamo una sinistra capace di mettere in luce le sue differenze, non per ricondurle a sintesi, ma per dialettizzarle e metterle a valore.
Attraverseremo gli Stati Generali delle sinistre di Milano con questo spirito, affinché il loro percorso di costruzione sia il più partecipato possibile. Intendiamo intraprendere, nei tempi a cui siamo costretti, un percorso di quei tanti e tante che non vogliono rimanere a guardare, ma diventare protagonisti per il cambiamento.
Riteniamo necessario che la sinistra rompa l'egemonia amico-nemico e si costruisca nella pratica, animando il conflitto contro la repressione e il securitarismo. Dobbiamo contrastare la deriva che trascina a destra la società italiana e, in particolar modo, quella di Milano, che ormai da tantissimi anni costituisce un laboratorio in negativo. Il Partito Democratico e pezzi di società chiedono l'inasprimento generale delle pene e trasformano comportamenti sociali in reato; la percezione di insicurezza costruita dai media spinge alla criminalizzazione dei migranti e delle differenze sessuali, e all'equiparazione di writers, manifestanti e consumatori di sostanze stupefacenti alla macrocriminalità. Siamo convinti che la prima e vera insicurezza sia la precarietà del lavoro e delle nostre esistenze, così come riteniamo che la sinistra debba avere anche la capacità di dare risposte efficaci, garantiste e non discriminatorie per tutelare, anzitutto con strumenti di prevenzione, la sicurezza di tutti e tutte in ogni suo aspetto.
Per noi che vogliamo costruire una nuova sinistra, la sicurezza passa, innanzitutto, anche se non solo, attraverso il welfare, la riqualificazione dei quartieri popolari e politiche non proibizioniste, capaci di promuovere la cittadinanza, l’inclusione e nuove forme di aggregazione nelle periferie e nei luoghi bui della nostra metropoli; passa attraverso la denuncia e la lotta contro la nascita di centri di reclutamento dell'estrema destra xenofoba e razzista, che a Milano ha trovato il suo triste epilogo in "Cuore Nero".
Per queste ragioni proponiamo il tema della Sicurezza Sociale come uno degli elementi centrali della discussione, capace di attraversare gli Stati Generali della sinistra milanese.
PlayLeft - Giovani Comunisti/e di Milano e provincia - Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito - Mario Anzani - Emilio Ballaré - Mara Boffa - Sonia Casati - Daniele Farina - Davide Furia - Fabio Ghelfi - Luca Gibillini - Valentina Laterza - Silvia Martorana - Luciano Muhlbauer - Anita Pirovano- Giuliano Pisapia - Augusto Rocchi - Raffaele Rotondo - Alessandro Rozza - Francesco Totaro - Matteo Tamburri
Franco Del Prete - Giovanna Amura - Stefano Villani - Nerina Fiumanò -Sara Raheli - Massimo Bertani - Enrico Belloli - Amanda Prevedoni - Carlotta Morini - Stefano Caldirola - Silvio Borghetto – Ernesto Cairoli – Tina d’Amicis – Moreno Taccone – Ettore Brusatori – Massimo Barbieri – Cristina Palmieri – Antonio Oldani – Paolo Limonta – Vittorio Agnoletto – Sergio Meazzi – Franca Caffa – Marco Dal Toso – Ilaria Scovazzi – Luca Cerpelloni - Pippo Torri – Giovanna Tosi – Diego Weisz – Luigia Pasi – Alberto Pontata – Alfio Colombo – Mauro Rossetti – Aurora Tedeschi – Filippo Furia – Mariagrazia Napolitano – Alberto Codevilla – Mario Ruggeri – Rita Parozzi – Viviana Pala – Simone Tosi – Nicoletta Pirrotta – Brunella Radaelli – Mario Agostinelli – Cristina dall’Orto – Matilde Accurso Liotta – Graziella Mascia - Associazione culturale Punto Rosso – Mario Bonaccorso – Arighi Enzo – Augusto Porcelli - Giandomenico Potestio – Gabriele Pellizzari – Ermanno Ronda – Francesca Bortot – Movimento Radicalsocialista - Osvaldo Lamperti - Franco Calamida - Angelo Calabrese - Andrea Samele Oldani - Mario Giacomo Ruggeri - Elena Iannuzzi - Stefano Tullii - Publio Russotto - Lidia Menapace - Mirko Mazzali - Sergio Maestroni - Alessandro Rizzo - Marco Fassino - Rosangela Pesenti – Patrizia Bortolini – Carmen De Min – Silvano Borlengo – Luciana Castellini – Anna Dimitolo - Danilo Aluvisetti - Barbara Fezzi - Alessandro Salvati - Alberto Ciullini - Pasquale Romano - Pino Timpani - Fausto Butta' – Dario Ballardini
Per oggi era annunciato il voto finale in Commissione V sul pacchetto di modifiche della legge regionale n. 12 sul governo del territorio, voluto dalla Giunta regionale. Invece, è successo tutto il contrario, cioè il centrodestra ha dovuto rinunciare al voto e a ulteriori discussioni, chiedendo il rinvio a gennaio.
Quanto avvenuto dimostra che in Lombardia si può ancora fare opposizione ai progetti di Formigoni, a patto che si rinunci a strizzare continuamente l’occhio al Presidente e ci si colleghi invece alla mobilitazione della società civile. Ebbene sì, perché esattamente questo è successo, allorquando il centrodestra ha definitivamente esagerato, presentando un ulteriore emendamento per aprire persino i parchi regionali alla cementificazione selvaggia.
Oggi è dunque un buon giorno, perché una volta tanto hanno vinto i cittadini e non gli affari. Tuttavia, sarebbe un gravissimo errore politico pensare che il problema sia stato risolto, poiché, appunto, soltanto di un rinvio si tratta. A gennaio, o più avanti, il partito degli affari tornerà alla carica, con un provvedimento magari un po’ abbellito e con la speranza che l’attenzione pubblica si concentri su altro.
Insomma, abbiamo vinto il primo round, ma il secondo è dietro l’angolo. Per questo occorre non abbassare la guardia e tenere viva la mobilitazione politica e sociale, contro una visione della gestione del territorio al servizio del business del mattone.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 27 nov. 2007 (pag. Milano)
In Consiglio si discute nuovamente di modifiche della legge regionale n. 12 sul governo del territorio. Per i cultori della materia questa è una perfetta non notizia, poiché quella legge, sin dalla sua frettolosa approvazione nel 2005, con un solo voto di maggioranza, assomiglia a una sorta di tela di Penelope, dove ogni modifica ne preannuncia già la successiva e dove le incursioni politico-affaristiche sono diventate la norma.
A mo’ di esempio, possiamo citare i reiterati interventi ad hoc per Monza, un autentico cult nel suo genere, che nel luglio 2006 intendevano bloccare il nuovo Pgt, accorciandone i tempi di approvazione, mentre due mesi fa è stato imposto l’esatto contrario, cioè la proroga dei tempi. Ma che cosa è cambiato in un solo anno? Semplice, il colore della giunta comunale monzese, di centrosinistra un anno fa e di centrodestra ora, mentre l’oggetto del contendere è sempre il medesimo: la Cascinazza. Cioè, un bel po’ di verde da rendere edificabile e i relativi interessi immobiliari della società di Paolo Berlusconi.
E siccome la faccia per queste operazioni la deve mettere l’assessore leghista al territorio, il partito degli affari, che fa capo al vero padrone di casa, gli concede un po’ di demagogia. E così hanno fatto il loro ingresso nella legge 12 delle norme che con l’urbanistica c’entrano un bel niente, come quel capolavoro padano che stabilisce che se qualcuno (leggi: islamico) si mette a pregare in un edificio non classificato “luogo di culto”, allora deve chiedere al Sindaco il “permesso di costruire”, anche in assenza di opere edilizie. Insomma, uno scambio di favori tra mattoni e xenofobia.
Ebbene, tutti gli ingredienti sopra ricordati li troviamo anche nel provvedimento ora in discussione, compresa la razione di xenofobia. Infatti, ci sono ben due norme destinate, l’una, a rendere più difficoltosa l’apertura di nuove “attrezzature per servizi religiosi” (leggi: moschee) e, l’altra, ad abrogare la vigente normativa regionale sui “campi di sosta o di transito”, cioè l’articolo 3 della l.r. 77 del 1989 per la “tutela delle popolazioni nomadi e seminomadi”. Orbene, è senz’altro vero che la legge 77 è un po’ vecchia e di fatto disapplicata da anni, causa veto di Lega e An, ma il citato articolo 3 prevedeva pur sempre l’obbligo di contrastare l’emarginazione urbanistica. Ora, invece, si tratta soltanto di rendere il tutto più restrittivo e senza obiettivi di inclusione sociale.
Ma arriviamo al vero cuore dell’operazione, che questa volta punta diritto su Milano, cioè sull’area metropolitana che in questi anni vive una fase di intense trasformazioni urbanistiche, ma in piena assenza di un’idea di città e di una mano pubblica che progetta e guida. Anzi, il ritmo e la qualità sono dettati dai grandi interessi fondiari e immobiliari privati, mentre le esigenze di vivibilità dei cittadini e di riqualificazione dei quartieri popolari finiscono per essere considerati un ingombro da rimuovere.
E tutto questo avviene su un territorio densamente popolato e saturo. Infatti, si costruisce sempre più in alto, come nel quartiere Isola, oppure in basso, come nel caso dei tanti parcheggi sotterranei, mentre gli spazi liberi si riducono di fatto alle aree dismesse e a quelle –poche- verdi. Per quanto riguarda le prime, si avvicina uno degli affari del secolo, cioè le proprietà delle ferrovie dello stato in disuso: un milione di metri quadrati. Per quanto riguarda le seconde, c’è invece un problema, ovvero, sono in gran parte aree protette.
In un contesto del genere diventa decisiva la questione del chi decide e come. E, infatti, esattamente su questo punto intervengono due modifiche della legge 12, proposte dall’assessore per conto del presidente.
La prima, pretendeva introdurre una norma speciale per la sola Milano, prevedendo la possibilità di poter adottare e approvare i piani attuativi e le loro varianti nella solo giunta, senza più bisogno di interventi da parte del consiglio comunale. In altre parole, sarebbe stato possibile prendere le decisioni fondamentali senza la fastidiosa pubblicità e partecipazione che la discussione in consiglio comunque comporta. Una norma talmente a rischio illegittimità che l’assessore ha dovuto fare un mezzo passo indietro: ora la norma proposta stabilisce che la giunta adotta, ma è il consiglio ad approvare e questa novità è valida per tutti i comuni lombardi. Una mezza vittoria per l’opposizione, ma il rilancio di Formigoni è arrivato immediatamente: appena l’Expo sarà assegnata a Milano, si farà un’intera legge speciale per il capoluogo!
La seconda è più conosciuta, poiché la stampa cittadina ne ha parlato ampiamente, e intende facilitare interventi edificatori sul territorio dei parchi regionali. Si tratta del famigerato nuovo articolo 13bis che introduce il principio, secondo il quale la Giunta regionale potrà imporre agli enti gestori dei parchi e all’insieme dei comuni interessati, anche contro il loro parere, delle varianti richieste da un solo comune. Insomma, se la Moratti volesse far cementificare una parte del parco Sud, allora le sarebbe sufficiente mettersi d’accordo con Formigoni e l’affare è fatto. Una norma tanto scandalosa che si è sollevato un vespaio e il voto in Commissione è stato rinviato. Ma domani ci riprovano, magari addolcendo la pillola con qualche emendamento.
Insomma, questa modifica della legge 12 fa schifo quanto e più di quelle precedenti. E il prezzo, questa volta, lo pagheranno prima di tutto i cittadini milanesi, o meglio, quelli tra noi che non possiedono un’impresa di costruzioni.
Noi faremo la nostra parte, opponendoci con tutti i mezzi a disposizione, ma tutto questo non basta. Urge ricostruire un tessuto di comunicazione tra le varie realtà che nei singoli territori cittadini resistono al sacco di Milano e la sinistra milanese, da ricostruire anch’essa, dovrà inserire tra le sue priorità la definizione di un’idea e di un progetto alternativi di città, anzi di area metropolitana, che metta al centro gli uomini e le donne e non il business di alcuni.
allegato articolo versione pdf
E’ appena arrivata questa comunicazione da Pavia
“Arriva ora la notizia che Forza Nuova ha rinunciato a tenere la sua manifestazione davanti ai cancelli della Gandina ai Casoni di Pieve Porto Morone. I fascisti porteranno le loro bandiere a Lodi, dove ha sede la cooperativa Famiglia che gestisce la struttura che ospita i Rom alla Gandina, e nel centro di Pieve in compagnia del sindaco Angelo Cobianchi. Il pollo party è rinviato, e lo riprogrammeremo al più presto in luogo e data da destinarsi.”
Circolo Pasolini
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