Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale on line Paneacqua.eu il 15 febbraio 2012
 
Sembra il passato che torna, all’improvviso, brutalmente. Un passato che a volte ci sembra lontano anni luce, quasi fosse stato esorcizzato, anche se in realtà non è trascorso neanche un anno da quando Milano ha deciso di chiudere con le amministrazioni di destra, per affidarsi a Giuliano Pisapia.
Lunedì scorso al Parco Lambro, periferia nord est della città, un agente della Polizia Locale, Alessandro Amigoni, a conclusione di un inseguimento, ha estratto la pistola, premuto il grilletto e ucciso Marcelo Valentino Gomez Cortes, cittadino cileno di 29 anni e padre di due figli. Amigoni ha parlato subito di legittima difesa, poiché una seconda persona presente insieme a Gomez avrebbe puntato un’arma da fuoco contro i vigili intervenuti, ma già lunedì notte il pubblico ministero ha deciso di modificare l’ipotesi di reato, da “eccesso di legittima difesa” in “omicidio volontario”. Insomma, le cose sarebbero andate molto diversamente.
Il tempo e le indagini, che auspichiamo molto celeri, ci restituiranno la verità su quel maledetto lunedì pomeriggio al Parco Lambro e sulle responsabilità di Amigoni. Pertanto, non ha senso speculare sulla dinamica dei fatti e ci fermiamo qui.
Ma con la stessa determinazione e trasparenza non possiamo esimerci da una presa di parola rispetto a quella terribile sensazione che un pezzo di passato si sia ripresentato. Già, perché Alessandro Amigoni non era un vigile qualsiasi, ma faceva parte di quei “nuclei” costituiti in seno alla Polizia Locale dalla precedente amministrazione, soprattutto su spinta dell’ex vicesindaco De Corato.
Nuclei che dipendendo dal comando centrale e non da quelli di zona. Nuclei che di solito agiscono in borghese, ma che in qualche occasione si sono visti anche in tenuta antisommossa, tipo Celere, sebbene la legge lo vieti. Nuclei che si occupano –o che si sono occupati- di compiti specifici, come il contrasto del commercio abusivo, gli sgomberi o le retate anti-immigrati sui mezzi pubblici. Nuclei che fuoriescono dal quadro delle competenze e dei compiti tradizionali delle polizie municipali, per prefigurare quelle “polizie del sindaco”, sognate, ahinoi, non solo da amministratori leghisti ed ex-missini.
Quei nuclei, che di per sé rappresentano una realtà borderline, dal punto di vista normativo, formativo e della selezione del personale, sono stati coinvolti nel passato in diverse storiacce, finite anche sulla stampa cittadina. Di alcune di queste ci eravamo occupati anche noi in prima persona, quando eravamo in Consiglio regionale, come ad esempio la tenuta antisommossa, alcune risse, l’uso di equipaggiamento non in dotazione e di armi improprie o la schedatura su base etnica delle popolazioni rom e sinti ancor prima del governo nazionale.
Avevamo fatto interrogazioni in Consiglio regionale (a proposito, uno degli assessori regionali alla sicurezza di allora si chiamava Massimo Ponzoni…), avevamo fatto incontri specifici con il Prefetto di Milano, anche accompagnati da alcune rappresentanze sindacali dei vigili, e avevamo richiesto più volte interventi concreti per fermare almeno gli abusi e le violazioni di legge più palesi. Avevamo ottenuto molte parole, ma niente fatti.
Poi, appunto, è arrivata la primavera arancione e Milano ha voltato pagina. Nel programma del nuovo Sindaco c’è anche una scelta importante, di carattere strutturale: valorizzare la figura del vigile di quartiere e puntare sulla vicinanza al territorio. Cioè, l’esatto contrario della filosofia decoratiana, che derideva l’agente di Polizia Locale che stava sul territorio, per invece incentivare nuclei centralizzati e militarizzati, senza nemmeno prevedere una formazione adeguata.
In tempi brevi i nuovi vigili di quartiere inizieranno ad entrare in servizio e quei nuclei sono destinati a perdere rilevanza. Questo era già previsto, ma è opportuno ricordarlo.
Tuttavia, alla luce dei gravi fatti di lunedì scorso, è nostra convinzione che oggi occorra dare un segnale alla città e, dunque, accelerare questo processo. In particolare, bisogna procedere in tempi molto brevi a una riorganizzazione completa del sistema dei nuclei centralizzati e militarizzati. Qualcosa potrà essere aggiustato, altre cose vanno semplicemente smantellate. E questo a prescindere dalle eventuali responsabilità che potranno emergere dalle indagini sulla morte violenta del giovane cileno.
In secondo luogo, riteniamo che sia ingiustificabile, data la sua funzione istituzionale, che il Comandante della Polizia Locale, Tullio Mastrangelo, abbia immediatamente, pubblicamente e incautamente sposato la versione dei fatti dell’agente incriminato, omettendo peraltro di esprimere qualsiasi rammarico per la morte di Gomez Cortes.
Facendo così, il Comandante non è stato soltanto protagonista di una caduta di stile, ma ha fatto un cattivo servizio sia all’amministrazione cittadina, che allo stesso corpo della Polizia Locale.
I vigili urbani milanesi hanno subito da poco un grave lutto con l’infame omicidio di Niccolò Savarino ed è comprensibile e persino ovvio che questo aumenti non solo la rabbia, ma soprattutto le preoccupazioni ogniqualvolta si prende servizio e si va in mezzo alla strada. E proprio per questo sarebbe imperdonabile se qualcuno pensasse di utilizzare questo stato d’animo per costruire una sorta di spirito di corpo a difesa di ciò che non può e non deve essere difeso.
Oggi la magistratura ha bisogno di fiducia per poter accertare nei tempi più brevi possibili la verità. Milano ha bisogno di essere rassicurata che con il passato si chiude definitivamente. I vigili urbani milanesi hanno bisogno di quelle certezze e di quella vicinanza che gli permettono di non doversi arroccare, quasi a prescindere.
E, infine, una cosa che dovrebbe essere scontata, ma che in questi giorni non lo è. Cioè, esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia di Marcelo Valentino Gomez Cortes.
 
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Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 14 febbraio 2012 con il titolo “Se Formigoni cancella l’art. 18”.
 
Lo scandalo continuo in Regione ed i sempre più rumorosi scricchiolii nel sistema di potere ciellino hanno costretto Formigoni nell’angolo. Ormai, anche i più moderati non escludono più elezioni regionali anticipate l’anno prossimo. Beninteso, anche lui in fondo le vorrebbe, ma per fare finalmente il grande balzo nella politica nazionale. E per questo servirebbe un’immagine un po’ più decorosa di quella attuale.
E così, per far dimenticare corruzione, firme false, nani e ballerine, ha pensato bene di presentarsi come il Monti della Lombardia. Ed ecco che butta lì il nome di Passera come candidato premier, ma soprattutto tira fuori dal cilindro un provvedimento chiamato pomposamente “Cresci Lombardia”.
Manco a dirlo, il piatto forte del progetto di legge è il lavoro. O meglio, quello che ormai è diventato una sorta di sport nazionale: sparare a zero sui residui diritti dei lavoratori.
Il lavoro, già. In Lombardia ci sarebbe un gran bisogno di una Regione che agisse con determinazione e lungimiranza, perché la situazione è drammatica. Un esempio per tutti: nel solo secondo semestre 2011, l’industria metalmeccanica in Lombardia ha registrato oltre 4mila licenziamenti, 56mila cassaintegrati e 2224 aziende in crisi.
Invece, il concetto più ripetuto dagli uomini di Formigoni e della Lega è da sempre: “la politica non può fare niente”. E così, anche i 325 operai ed operaie licenziati della Jabil, in presidio davanti alla Regione venerdì scorso, proprio quando la Giunta regionale stava deliberando le sue “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione”, sono rimasti in mezzo alla strada e al freddo, senza vedere alcun assessore.
Quelli e quelle della Jabil non hanno trovato molto spazio sulla stampa. Formigoni e la sua politica “per l’occupazione” invece sì. Anzi, l’ha avuto soprattutto nei giorni precedenti, visto che la bozza del testo, distribuita alle parti sociali e quindi arrivata anche alla stampa, ha scatenato un vespaio. Infatti, non solo la Regione intendeva “promuovere accordi o intese” tra la parti ai sensi del famigerato articolo 8 del decreto-legge 138/2011, ma, infilato in una “nota esplicativa”, prevedeva persino una “indennità di terminazione”, in cambio della rinuncia all’articolo 18.
Quel testo così com’era, ovviamente, non ha retto alle critiche, sebbene vada registrato che Cisl e Uil comunque lo condividevano. Ma le grida di vittoria che si sono levate da una parte dei democratici e della Cgil, in seguito alle correzioni introdotte, sono perlomeno un po’ fuori luogo.
Infatti, sono sparite le provocazioni linguistiche e gli angoli sono stati smussati, ma è rimasta tale e quale la sostanza. Cioè, la Regione intende investire almeno il 20% delle proprie risorse “previste a sostegno dello sviluppo e dell’occupazione” per stimolare accordi ai sensi dell’articolo 8, cioè in deroga al contratto nazionale e allo Statuto dei Lavoratori.
È evidente che il vero obiettivo di Formigoni è quello di salvare la propria prospettiva politica e, da quel punto di vista, non va affatto sottovalutata la sua ultima iniziativa. Anzitutto, perché attorno a questo provvedimento ha ricompattato l’alleanza con la Lega e, in secondo luogo, perché ha portato la divisione nel campo dell’opposizione. E poi, ha dato una gran mano a chi sul piano nazionale vuole stracciare l’articolo 18.
Insomma, Formigoni ha fatto la sua mossa e ora tocca a noi essere all’altezza. Anzitutto, sostenendo le battaglie contro la manomissione dei diritti dei lavoratori. Poi, non cedendo di un millimetro e, anzi, rafforzando la mobilitazione per mandare a casa Formigoni.
 
Cliccando sull’icona qui sotto, puoi scaricare i testi originali ed integrali del progetto di legge della Giunta regionale “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione”, sia nella versione in bozza del 26 gennaio (per il lavoro vedi art. 3 con relativa nota esplicativa, per l’introduzione delle graduatorie di istituto nelle scuole al posto delle graduatorie regolari vedi art. 5), che nella versione definitiva approvata dalla Giunta il 10 febbraio u.s. (per lavoro art. 6, per graduatorie scuola art. 8).
 

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Un appello milanese, per chiedere che gli attivisti No Tav arrestati a Milano il 26 gennaio scorso vengano scarcerati e per opporsi alla criminalizzazione del movimento No Tav. Un appello che parla degli arrestati di Milano e della necessità di prendere parola ampiamente anche a Milano, ma che si inserisce nelle analoghe campagne che un po’ in tutta Italia stanno nascendo. Infine, aggiungo io, uno dei passi che ci dovrà portare in massa in Val Susa il 25 febbraio prossimo, per la grande manifestazione nazionale.
Fate circolare l’appello e firmatelo, se non l’avete già fatto.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Libertà per Niccolò, per Maurizio, Lollo, Marcelo. Libertà per tutti i No Tav arrestati
 
Giovedì 26 gennaio all'alba diverse decine di persone, in varie città italiane, hanno subito perquisizioni presso le loro abitazioni in relazione ad un'indagine della magistratura di Torino concernente le mobilitazioni No Tav dell'estate 2011. Ne sono scaturiti 26 arresti e un totale di 41 provvedimenti giudiziari restrittivi delle libertà individuale. Tra queste, persone anziane, donne incinte, consiglieri comunali della valle, sindacalisti, giovani dei centri sociali.
Non è nostra intenzione mettere in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura nello svolgere il suo lavoro, in questo caso come in generale, siamo però preoccupati per questa vicenda e ci preme rendere note alcune considerazioni:
-crediamo sia importante sottolineare come il movimento No Tav (che coinvolge tutte le persone interessate alla salvaguardia del territorio, a prescindere dall'abitare o meno in Val Susa e che ha già ampiamente rifiutato ogni suddivisioni tra presunti buoni e ancor più presunti cattivi) non debba essere criminalizzato in questo modo. L'espressione del dissenso e più in generale la battaglia per la salvaguardia dei beni comuni che in Val Susa vengono portati avanti non sono riconducibili in alcun modo a una mera questione d'ordine pubblico, e quest'operazione rischia seriamente di indurre questo equivoco;
-siamo preoccupati per il clima che questo tipo di operazioni può contribuire a creare nel Paese, nella situazione di crisi diffusa e con diverse situazioni socialmente complesse in corso, il rischio che si lasci intendere un messaggio di normalizzazione del conflitto e di volontà di chiudere gli spazi di agibilità politica è non solo possibile ma probabile.
-riteniamo infine, anche in virtù del fatto che conosciamo personalmente almeno una parte significativa degli indagati e delle loro collettività d'appartenenza, che sia possibile e auspicabile che siano messe nella condizione di affrontare le accuse che vengono loro mosse in stato di libertà, senza misure restrittive preventive che pregiudichino i loro affetti, il loro lavoro e studio, il loro impegno sociale.
 
per adesioni inviare mail a: appellonoarresti@gmail.com
 
Basilio Rizzo, Presidente consiglio comunale; Giovanna Capelli, segreteria regionale PRC; Massimo Gatti, capogruppo Lista civica Un'Altra Provincia-PRC-PdCI Provincia di Milano;  Antonello Patta, comitato politico nazionale PRC; Luciano Muhlbauer, già consigliere regionale Lombardia Prc-Fds; Emanuele Patti, presidente provinciale Arci Milano; Anita Sonego, consigliera comunale Sinistra per Pisapia FdS; Alessandro Gerosa, portavoce SEL Monza; Giansandro Barzaghi - già Assessore all'Istruzione della Provincia di Milano; Chiara Cremonesi, capogruppo SEL Regione Lombardia; Vittorio Agnoletto, medico; Piero Maestri, Sinistra Critica; Stefano Ferrario, Sinistra Critica Varese; Roberto Firenze, delegato Rsu Comune di Milano; Emiliano Salvi, Atenei in Rivolta Milano; Marco Dal Toso, avvocato Giuristi Democratici Milano; Renato Sarti, Teatro della Cooperativa; Patrizia Quartieri, Capogruppo Sel Comune di Milano; Daniele Farina, coordinatore provinciale SEL Milano; Luca Gibillini, consigliere comunale SEL, Milano; Rosanna Pontani, coordinamento Provinciale SEL Milano; Patrizia Vavassori, coordinamento Provinciale SEL Milano; Anita Pirovano, coordinamento provinciale SEL Milano; Emilio Ballarè, coordinamento provinciale SEL Milano; Massimo Molteni, coordinamento provinciale SEL Milano; Renato Sacristani, Presidente zona 3 Milano; Roberto Acerboni, consigliere zona 6 Sinistra per Pisapia FdS; Renzo Airaghi, segretario circolo Settimo Milanese PRC; Pino Angelico, assessore comunale Cologno Monzese; Patrizia Arnaboldi, comitato politico PRC Milano; Luigi Arnone, iscritto circolo San Giuliano; Dario Ballardini, comitato politico PRC Milano; Simone Barone, segretario circolo PRC Bareggio, Antonella Barranca, comitato antifascista zona 8, Titti Benvenuto, consigliera di zona 3 Sinistra per Pisapia FdS Milano, Fulvio Beretta, iscritto circolo Perucchini Milano PRC; Lucia Bertolini, iscritta circolo PRC Legnano; Nicoletta Bigatti, segretaria circolo Legnano PRC; Walter Boscarello, rete antifascista milanese; Luca Brunet, consigliere comunale PRC Peschiera Borromeo; Rossella Brunetti, comitato politico PRC Milano; Grazia Cangemi, iscritta circolo Cologno Monzese PRC; Eugenio Cantoni, vicesindaco Locate Triulzi; Carmela Carbone, iscritta circolo Cologno Monzese PRC, Michele Carbone, capogruppo comune Cologno Monzese PRC; Jeanine Carteau, segretaria circolo Rosa Luxemburg PRC; Adelio Castoldi, iscritto circolo San Giuliano; Norberto Ceserani, segretario circolo Inzago PRC; Jonathan Chiesa, comitato politico PRC Milano; Marinella Cornalba, iscritta circolo Battaglia PRC; Luigi Crepaldi, consigliere zona 7 Sinistra per Pisapia FdS; Leonardo Cribio, capogruppo FdS Sinistra x Pisapia zona 9; Claudio Cusin, segretario circolo Bollate PRC; Cristina Dall'Orto, comitato politico PRC Milano; Cecè Damiani, iscritta circolo Rosa Luxemburg PRC Milano; Vincenzo Di Blasi, iscritto circolo Legnano; Fabrizio Draghi, consigliere zona 4 Milano Sinistra per Pisapia FdS; Emanuele Flacco, iscritto circolo San Giuliano; Vanna Florenzano, comitato politico PRC Milano; Luca Forlani, segretario circolo Cernusco PRC; Pierpaolo Grassini, iscritto circolo PRC Rho; Luigi Greco, comitato politico PRC Milano; Marie Loveci, comitato politico PRC Milano; Luca Manenti, segretario circolo Ottobre 17 PRC; Gennaro Manieri, comitato politico PRC Milano; Roberto Mapelli, comitato politico PRC Milano; Gino Marchitelli, segretario circolo PRC san giuliano, Luca Massari, consigliere zona 4 Milano Sinistra per Pisapia FdS; Sara Matronicola, iscritta circolo Muzzana PRC; Gino Maurello, comitato politico PRC Milano; Patrizia Menapace, iscritta circolo San Giuliano; Francesco Messano, segretario circolo Cologno Monzese, Marco Messineo, consigliere comunale Vimodrone PRC; Luigina Milanese, consigliera comunale PRC Corbetta; Pasquale Moda ,segretario circolo Muzzana Milano PRC; Luigi Montenegro, iscritto circolo Cologno Monzese PRC; Luigi Montone, comitato politico PRC Milano; Maurizio Moro, consigliere comunale PRC Garbagnate; Stefano Nutini, segretario circolo Perucchini PRC; Gianni Occhi, comitato politico PRC Milano; Rocco Ornaghi, iscritto circolo Inzago PRC; Rita Parozzi, vicesindaca comune di Bresso; Anna Pasquetti, iscritta circolo Legnano; Ciro Piscelli, assessore comunale Rozzano; Stefano Poloni, iscritto circolo Binaschino PRC; Roberto Pozzoli, iscritto circolo Novate PRC; Matteo Prencipe, comitato politico PRC Milano; Andrea Quatrociocchi, consigliere di zona 9 Sinistra per Pisapia FdS; Laura Re Garbagnati, comitato politico PRC Milano; Carmela Restelli, comitato antifascista zona 8, Rosa Riboldi, assessora comunale Cinisello Balsamo; Massimo Righetti, consigliere zona 8 Sinistra per Pisapia FdS; Alessandro Rivolta, iscritto circolo Novate PRC; Nadia Rosa, segretaria circolo Cinisello PRC; Mara Rossetti, iscritta circolo San Giuliano; Carlo Rutigiano, segreteria regionale PRC; Luigi Santese, comitato politico PRC Milano; Ermes Severgnini, capogruppo PRC Cernusco/sn; Piero Spadaro, segretario circolo PRC Magenta; Josè Luis Tagliaferro, iscritto circolo Perucchini Milano PRC; Michele Tedesco, segreteria regionale PRC; Maria Tedesco, comitato federale PRC Milano; Valerio Tradardi, segretario circolo Battaglia PRC; Francesco Trunfio, iscritto circolo San Giuliano; Franco Tucci, consigliere zona 9 Sinistra per Pisapia FdS PRC; Antonio Turri, segretario PRC Novate; Franco Vaia, segretario circolo PRC Vittuone; Luigi Verderio, assessore comunale Vimodrone; Diego Weisz, comitato politico PRC Milano; Rita Zecchini, assessora comunale Cernusco sul Naviglio; Mario Agostinelli, Presidente Associazione Energiafelice; Massimo Conte, ricercatore e operatore sociale; Ugo Mattei, ordinario diritto civile Università di Torino; Saverio Ferrari, osservatorio democratico nuove destre; Giorgio Riolo, Associazione Punto Rosso; Laura Cantelmo, insegnante; Giuseppe Garufi, insegnante e consigliere di zona 5; Ulisse Morelli, insegnante; Luca Pace, tecnico del suono; Aldo Giannuli, ricercatore storia contemporanea Università Statale; Michelangelo Secchi, Cooperativa Mesaverde; Alex Foti, editor Il Saggiatore e presidente Arci Milano X; Valentina La Terza, presidenza Arci Milano; Giuseppe Pipitone, scrittore giornalista musicale; Nicolò Calloni, impiegato e attivista; Ilaria Villa, studentessa; Ilaria Scovazzi, responsabile immigrazione Arci Milano; Federica Sossi, ricercatrice Università di Bergamo; Giulia Rivoli, operatrice umanitaria; Federico Bernini, fotografo; Massimo Laratro, avvocato; Matteo Paulli, avvocato; Domenico Vitale, dottore di ricerca in scienze del lavoro; Antonio Pironti, avvocato; Francesca Lenzini, dottoressa in legge; Giuseppe Paudice, insegnante in pensione; Stephan Greco, Arci Acropolis; Marco Philopat, editore e scrittore; Ivano Tajetti, presidente Anpi Barona Milano; Aaron Paradiso, Comitato Antifascista zona 8; Giuliano Zosi, compositore di musica; Viola Calabrese, dottoressa; Tiziana Laratro, segretaria; Anita Pessognelli, insegnante; Emanuele Napoli, ceramista; Guido Cavalca, professore Scienze dell'Educazione Università Bicocca; Marco Penso; Stefano Mansi, San Precario Milano; Anna Serlenga, regista e ricercatrice; Marcella Anglani, Lavoratori dell'Arte; Fabio Zambetta, direttore libri Feltrinelli Milano; Giuseppe Natale, Forum Civico Metropolitano e Anpi Crescenzago; Alessandra Naldi, Presidente Antigone Lombardia; Piero Basso; Giovanni Rossella, funzionario comunale Opera; Alessandra Manzoni, psichiatra; Tilde Napoleone, educatrice carcere di Bollate/Associazione Antigone; Gilda Zazzara, Università Ca' Foscari, Venezia; Marco Gabriele Armanini, Presidente Circolo Zanna Bianca di Legambiente; Fabbro Aurelia, pensionata; Simone Parasole, libero cittadino; Daria Carmi, curatrice; Marta Lodola, studentessa; Matteo Marchetti, Presidente Circolo Arci Bitte; Daniele Grassini, educatore professionale; Adalberto Borioli, artista; Mirna Miglioranzi, musicista; Antonio Caronia, Accademia di Brera Milano; Roberto Maggioni, giornalista; Vera Tisot, attiva miltante di Sel; Alessandra Cecchinato, cittadina; Silvana Botassis, cittadina no tav; Andy Perego, devoto di San Precario; Romano Miglioli, associazione Micene; Ines Biemmi, insegnante; Gabriele Di Tonno, insegnante; Arianna Lissoni, ricercatrice; Davide Steccanella, avvocato; Vitaliano Caimi, docente di storia e filosofia presso il Liceo Scientifico Statale di Busto Arsizio; Franca Venesia, pensionata; Adriana Perrotta Rabissi, insegnante; Paolo Rabissi, insegnante e poeta; Gilda Zazzara, ricercatrice Univ. Ca'foscari Venezia; Loris Caruso, ricercatore, Università Torino; Annamaria De Pietro, casalinga; Marcello Montedoro, ingegnere pensionato; Vera Silveri, pensionata; Carla Ridella, pensionata; Franco Romano', scrittore; Michele Arcangelo Finnu, pensionato; Angela Passarello, insegnante; Anita Pessognelli, insegnante; Emanuele Napoli, artista; Adam Vaccaro, poeta e operatore culturale; Lelio Scanavini, editore; Giuliano Zosi, musicista e compositore; Mirna Miglioranzi, musicista e insegnante; Adalberto Borioli, pittore e musicista; Aldo Marchetti, docente Università Statale Brescia; Luca Galantucci, dottore di ricerca Politecnico di Milano; Michele Spreafico aka Junior Sprea; Assalti Frontali, Roma; Punkreas; Arci Groove, Rozzano; Arci Acropolis, Vimercate; Arci Milano X; Arci Bitte; Circolo Prc Luca Rossi; Rosso si spera
 
Adesioni aggiornate al 2 febbraio 2012. Per vedere successivi aggiornamenti delle adesioni consulta il sito Milano in Movimento. Per inviare adesioni: appellonoarresti@gmail.com
 
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La maxi operazione di polizia contro 41 persone, di cui 25 agli arresti, per i fatti del 3 luglio scorso in Val di Susa non può che suscitare allarme e forte preoccupazione, poiché comunica in maniera inequivocabile la volontà di spezzare con la forza e la repressione ogni dissenso organizzato verso il progetto Tav.
Prendiamo atto delle dichiarazioni del Procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, che oggi ha affermato che i provvedimenti non sono da intendersi come atti diretti contro il movimento No Tav e che “il terrorismo non ha assolutamente nulla a che vedere” con i fatti del 3 luglio.
Tuttavia, non possiamo che rimanere esterrefatti di fronte alla precisione chirurgica con i quali i provvedimenti sembrano essere stati spalmati sulle diverse componenti del composito movimento No Tav.
Sono stati arrestati esponenti di centri sociali di diverse città e di diverse aree di riferimento, colpendo anzitutto quelli piemontesi. Colpiti anche un dirigente di Rifondazione Comunista di Torino, Andrea Vitali, e un dirigente sindacale della Filctem-Cgil calabrese, Giuseppe Tiano. Tra gli arrestati troviamo poi anche un barbiere di Bussoleno e un consigliere comunale di 66 anni di Villar Focchiardo. Infine, come in tutti i gialli che si rispettino, c’è ovviamente anche il vecchio brigatista, sempre utile a insinuare mille dubbi nell’opinione pubblica.
Il 3 luglio dell’anno scorso in Val di Susa c’erano tante migliaia a manifestare e l’aria era irrespirabile per la quantità folle di gas lacrimogeni, anche quelli in teoria vietati, che furono lanciati senza troppi complimenti sull’insieme dei manifestanti. C’erano anche gli scontri, a tratti duri, certo, ma soprattutto si evidenziò un dissenso forte e di massa della popolazione della Val di Susa e di una parte significativa dell’opinione pubblica italiana contro il progetto Tav.
Dopo quel 3 luglio si poteva e si doveva scegliere la politica e la riapertura del confronto di merito, anzitutto con la popolazione della Val di Susa. Invece, era stata fatta la scelta diametralmente opposta, quella della militarizzazione della Valle e delle leggi speciali. Oggi, poi, sembra arrivata la fase 2, cioè la criminalizzazione del dissenso, con dei messaggi inequivocabili mandati a tutti.
Riteniamo quella strada folle ed inaccettabile. Esprimiamo il nostro pieno sostegno al movimento No Tav e chiediamo la liberazione degli arrestati.
 
Luciano Muhlbauer
 
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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (GU n. 19 del 24.01.2012 – Suppl. Ordinario n. 18) ed è entrato in vigore, il 24 gennaio 2012, il cosiddetto “decreto liberalizzazioni”, varato dal Governo Monti settimana scorsa, ma il cui testo definitivo era finora un piccolo mistero.
La sua denominazione formale è: Decreto-Legge 24 gennaio 2012, n. 1 - “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.
Ora il Parlamento ha complessivamente 60 giorni per convertirlo in legge, con o senza modifiche.
Rispetto alle bozze di decreto circolate in rete fino alla vigilia della pubblicazione, le modifiche sembrano essere poche e, comunque, non toccare alcuni degli aspetti più pesanti e negativi, come l’accelerazione della privatizzazione dei servizi pubblici locali o l’abolizione del contratto nazionale nelle ferrovie (art. 37).
 
Per consultare la versione testuale del decreto direttamente sul sito della Gazzetta Ufficiale, clicca qui: Decreto-Legge 24 gennaio 2012, n. 1.
 
Cliccando sull’icona qui sotto, invece, puoi scaricare sia l’articolato, che la relazione del decreto-legge in formato pdf.
 
Luciano Muhlbauer
 

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Martedì 24 gennaio, al Teatro Franco Parenti di Milano, ci sarà la prima milanese di “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio” e ci sarà una mobilitazione di protesta da parte di una serie di organizzazioni integraliste che considerano lo spettacolo “blasfemo” e quindi da censurare.
Premetto subito che non ho visto lo spettacolo, come peraltro la quasi totalità di quanti ora ne chiedono la censura, e quindi non so dire se mi piace o meno oppure se lo ritengo offensivo o meno dei sentimenti religiosi. Tuttavia, so che lo spettacolo ha fatto il giro di mezza Europa, compresa Roma, senza che succedesse alcunché, con l’unica eccezione di Parigi, dove alcuni integralisti religiosi hanno inscenato una contestazione. Inoltre, ho letto anche le parole del regista, Romeo Castellucci, Perché il mio spettacolo non ha nulla di osceno, che non mi sembrano proprio quelle di un blasfemo.
Insomma, c’è qualcosa che non quadra, considerato che ora si è alzato improvvisamente un polverone tale da spingere persino il Vaticano a prendere posizione. Cioè, lo stesso che non ebbe nulla da dire quando lo spettacolo andò in scena nella capitale, praticamente a due passi da San Pietro. Per non parlare, poi, del crescendo di minacce ed intimidazioni di cui è stato fatto oggetto il Teatro Parenti in questi giorni.
E quello che non quadra -e preoccupa- c’entra più con la politica che non con la religione, come peraltro accade quasi sempre nel caso degli integralismi religiosi. In fondo, per arrivare a quella conclusione è sufficiente leggere la lista dei promotori ed aderenti alla “manifestazione di protesta” contro lo spettacolo (che si terrà p.le Libia, nelle immediate vicinanze del teatro).
Infatti, tanto per fare un esempio, tra i principali promotori della mobilitazione troviamo anche quei gentiluomini di “Militia Christi”. E poi basta scorrere la non breve lista dei gruppi che aderiscono all’iniziativa per trovarvi un pericoloso minestrone, dove si mischiano gruppi antiabortisti ed integralisti, spesso di natura neofascista e xenofoba.
Beninteso, e ci teniamo a sottolinearlo, non tutti coloro i quali oggi si sentono offesi dallo spettacolo, che peraltro non hanno visto, rientrano in quella casistica. A maggiore ragione è, dunque, necessario dire le cose così come stanno, chiarendo a tutti e tutte, credenti e non credenti, chi sono i soggetti che oggi stanno montando la panna e che cercano così di accreditarsi su scala più ampia.
E quindi, benissimo ha fatto il circolo di Rifondazione della zona 4 a lanciare per primo l’idea di un presidio democratico, contro le intimidazioni, le censure e le pratiche neofasciste. Un’idea che in queste ore sta per essere raccolta da diversi altri soggetti della zona 4 (Sel, Pdci, Comitato per Milano, Casa della Sinistra, Comitato citt. Per la riapertura Piscina Caimi ecc.).
 
Sotto trovate l’appello e le coordinate per aderire. Vi invito a farlo.
 
Il presidio si terrà martedì 24 gennaio, a partire dalle ore 18.30, all’angolo tra c.so Lodi e via Lazzaro Papi (p.zza Buozzi) (il luogo di ritrovo circolato precedentemente è da considerarsi superato)
 
Luciano Muhlbauer
 
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Appello:
 
NON ACCETTIAMO INTIMIDAZIONI, CENSURE E PRATICHE NEOFASCISTE E INTOLLERANTI!
 
La rappresentazione al Teatro Franco Parenti di Milano, dal 24 al 28 gennaio, dello spettacolo “Sul concetto del volto di Dio” ha scatenato in questi giorni una sequenza di intimidazioni e divieti, a cui il teatro e il regista hanno reagito dichiarando il carattere non irreligioso della pièce e invitando ad attenuare i toni intolleranti, in nome di un confronto civile e democratico.
Su questo evento la destra oltranzista e integralista ha imbastito un attacco forsennato, spalleggiata da forze apertamente razziste e neofasciste, che promettono presidi e preghiere di riparazione, ma soprattutto non nascondono l'intenzione di negare la libertà di espressione artistica, sulla base di argomentazioni intolleranti.
Respingiamo, da uomini e donne liberi, credenti e non, queste due offese - alla libera espressione artistica e alla Costituzione antifascista - e dichiariamo la nostra piena solidarietà al Teatro Franco Parenti e al regista Castellucci.
 
Invitiamo i cittadini e le cittadine, gli antifascisti e i democratici a partecipare al
PRESIDIO INDETTO PER IL 24 GENNAIO
h. 18.30
Piazza Buozzi (angolo tra c.so Lodi e via Lazzaro Papi)
 
 
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Il Governo Monti va avanti come un treno e produce decreti e misure a raffica, tanto che non solo i comuni mortali, ma anche qualche addetto ai lavori, faticano terribilmente a tenere il ritmo. Comprensibilmente, beninteso, perché già gli ultimi mesi del Governo Berlusconi-Lega erano segnati dal susseguirsi a raffica di manovre finanziarie, alle quali si è poi aggiunto il cosiddetto “decreto Salva Italia” del Governo Monti, cioè il decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, ed ora è arrivato anche il decreto liberalizzazioni. Inoltre, è già in pieno svolgimento anche il confronto sulle misure destinate ad intervenire sul mercato del lavoro.
Orbene, non abbiamo certamente la pretesa e la presunzione di fornire qui una spiegazione dettagliata ed esaustiva di tutte le misure, ma ci sembra doveroso esprimere un giudizio molto netto sulla natura di quei provvedimenti, che ci pare confermino, ahinoi, tutte quelle preoccupazioni che ci fecero dire “no” al Governo Monti sin dalla sua nascita (vedi nostro articolo su il Manifesto del 17 novembre scorso).
Anche qui, vogliamo risparmiarci lunghi elenchi, per concentrarci, invece, su due punti altamente significativi per poter valutare il senso, la direzione di marcia del progetto di riforma del governo Monti.
In primo luogo, i servizi pubblici locali. Ebbene, quanto contenuto nel decreto liberalizzazioni non solo si colloca pienamente nel solco della tendenza dominante degli ultimi anni, che individua nella messa a gara dei servizi, cioè nella loro privatizzazione, il rimedio universale, ma molto più concretamente è in piena continuità con le ultime misure del Governo Berlusconi-Lega, delle quali costituisce anche tecnicamente un’evoluzione e una radicalizzazione.
L’unico servizio a salvarsi per ora dalla furia privatizzatrice è stato quello idrico. Ma non perché il governo non ci avesse provato, anzi, bensì perché vi è stata un’immediata mobilitazione che ha fatto riscrivere la prima bozza. Ma questa bella vittoria dei referendari rischia di avere carattere terribilmente precario se dovesse avanzare senza ostacoli la privatizzazione di tutto il resto.
In secondo luogo, il lavoro. E in questo caso la continuità con il Governo Berlusconi-Lega è ancora più accentuata. Infatti, non solo il Governo Monti non si è nemmeno sognato di toccare il famigerato articolo 8 della manovra agostana (legge n. 148 del 14 settembre 2011), che stabilisce che i contratti aziendali possono derogare al contratto nazionale e persino alla legge, ma anzi estende addirittura l’art. 8 al trasporto ferroviario, abolendo di fatto l’obbligo per gli operatori del settore, presenti e futuri (leggi: Montezemolo), di applicare i “contratti collettivi nazionali e di settore” (vedi art. 37 del decreto liberalizzazione).
A questo, inoltre, va aggiunto che il “dibattito” sulle misure sul mercato del lavoro sembra orientarsi definitivamente verso l’ipotesi di un “contratto di inserimento”, che significherebbe, per i neoassunti, la sospensione per tre anni del contratto nazionale e del divieto di licenziamento senza giusta causa. Cioè, senza diritti e con salario più basso. Ma qui siamo ancora nel regno delle ipotesi e, quindi, ci fermiamo qui. Ma è bene sapere in che direzione vogliono marciare.
Ebbene, nel frattempo, mentre tutto questo succede, le misure sul mercato del lavoro introdotte dal Governo Berlusconi-Lega, tipo l’art. 8, stanno iniziando a produrre i loro effetti devastanti, mostrando chiaramente a che cosa e a chi servono. Infatti, il 1° gennaio di quest’anno, la Fiom e i sindacati di base sono stati espulsi da tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat-Chrysler (e c’è il rischio che questo principio si allarghi in tutto il settore metalmeccanico, mentre in quello automotive è già così).
Cioè, grazie alla copertura legislativa, i contratti aziendali separati, imposti da Marchionne con la complicità di Cisl e Uil, hanno eliminato non semplicemente un contratto, bensì la libertà dei lavoratori di poter scegliere il sindacato a cui iscriversi e il diritto di poter eleggere i propri rappresentanti. Anzi, come sta accadendo alla Fiat di Pomigliano, dove Marchionne ha licenziato tutti per poi riassumerli in una nuova società, tra i “neo”assunti non trovi nemmeno uno con la tessera della Fiom o Cobas in tasca. Cioè, non solo il diritto e la libertà ti tolgono, ma pure il lavoro!
 
Ebbene, ci fermiamo qui. In fondo, l’obiettivo era quello di cercare di chiarire, per chi avesse ancora dubbi, di che cosa stiamo parlando. Stiamo parlando, appunto, di un’operazione politica che intende ristrutturare il modello politico e sociale italiano, in linea con l’idea dominante tra le élites europee, puntando su un’uscita dalla crisi del neoliberismo mediante un’estremizzazione del liberismo stesso. Insomma, i conti del disastro dovrebbero pagarlo i lavoratori e le lavoratrici, fissi o precari che siano, con la disoccupazione, la riduzione del salario e dei diritti, con la sospensione delle loro libertà democratiche sul luogo di lavoro e con l’eliminazione del welfare, conquistato in lunghi decenni di dure lotte.
 
In conclusione, se di questo si tratta, allora c’è un grande bisogno di opposizione e, soprattutto di alternative. Eppure, quelle non si vedono granché e, anzi, il consenso al Governo Monti sembra ancora molto significativo. Un consenso un po’ particolare, ovviamente, perché basato essenzialmente sulla convinzione, diffusa a piene mani dall’informazione dominante (gli altri magari vengono chiusi con il taglio dei finanziamenti) e da un fronte politico bipartisan (Pdl-Pd-Udc), che non c’è alternativa. E poi, non aiuta di certo la politica dei grandi sindacati, sempre disponibili a trattare al ribasso e che nel dicembre scorso si erano “opposti” alla manovra che ha massacrato le pensioni con ben 3 ore di sciopero…
In altre parole, la forza delle politiche di austerità sta soprattutto nella nostra debolezza, nell’assenza della capacità di produrre alternative e percorsi conflittuali incisivi. E quindi, invece di lamentarci e leccarci le ferite, dovremmo darci una mossa, subito!
 
E in questo senso voglio segnalare due date, che corrispondono a due mobilitazioni del mondo del lavoro, ma non solo. Usiamole, riempiamole, perché diventino occasione e punti di passaggio per ricostruire la nostra il nostro punto di vista:
 
Venerdì27 gennaio 2012 – Sciopero Generale di tutte le categorie, proclamato dai sindacati di base Usb, Orsa, SlaiCobas, Cib-Unicobas, Snater, SiCobas e Usi.
 
Sabato11 febbraio 2012 – Manifestazione nazionale a Roma “Democrazia al Lavoro”, organizzata dalla Fiom e aperta alle realtà di movimento.
per info: pagina dedicata della Fiom – per i mezzi di trasporto da Milano, metteremo info anche su questo blog appena disponibili.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Chiediamo al Presidente Formigoni di dare le sue dimissioni e di porre anticipatamente fine ad una legislatura sempre più ipotecata da una questione morale, che sta trascinando tutta l’istituzione regionale verso la delegittimazione.
L’ordine di arresto del giudice monzese nei confronti di Massimo Ponzoni, ex assessore regionale e attualmente componente dell’ufficio di presidenza del Consiglio, non è semplicemente l’ennesimo scandalo in Regione, ma è la goccia che fa traboccare il vaso.
A differenza degli altri casi, infatti, di Ponzoni tutti sapevano tutto, da sempre. Era di dominio pubblico che era indagato nel quadro della bancarotta fraudolenta della società “Pellicano”, di cui peraltro era socio anche un suo ex collega di Giunta, Buscemi. A questo, inoltre, andrebbe aggiunto che il nome di Ponzoni era finito anche tra le carte della Direzione distrettuale antimafia, a causa delle sue frequentazioni, quando faceva l’assessore regionale, con alcuni boss della ‘ndrangheta.
Eppure, nonostante tutto ciò, non solo Ponzoni nel 2010 era stata nominato dalla maggioranza Pdl-Lega nell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, ma era persino riuscito a sopravvivere ad altri due illustri componenti di quell’ufficio, cioè Filippo Penati e Nicoli Cristiani.
Insomma, è netta l’impressione che il Presidente Formigoni, ben conscio del fatto che il marcio del suo sistema di potere stesse ormai per straripare, come infatti sta succedendo, avesse optato per collocare i suoi collaboratori più a rischio fuori dalla Giunta, ma in posti protetti e ben retribuiti, che peraltro gli permettevano di continuare ad agire.
In altre parole, il Presidente Formigoni e la sua maggioranza hanno trasformato consapevolmente luoghi come l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale nella loro discarica politica. Già, perché se in un ufficio composto da cinque consiglieri, ben tre finiscono in seri guai giudiziari nel giro di meno di due anni, allora c’è un problema. E, a parte il caso Penati, che non è responsabilità di Formigoni, gli altri due rappresentano per intero la quota Pdl in seno all’ufficio.
È nostro convincimento che Formigoni sia il primo ad essere conscio che questa legislatura regionale, peraltro nata sulla base della famose firme false, non ce la farà ad arrivare alla sua fine naturale. Semplicemente, egli cerca di tirare fino al 2013, quando tenterà per l’ultima volta il suo salto nazionale.
Ebbene, noi pensiamo invece che questa legislatura debba finire subito, prima che sia troppo tardi e con un Presidente e un sistema di potere finalmente costretti ad assumersi le loro responsabilità di fronte agli elettori e alle elettrici della Lombardia.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 14/01/2012, in Sicurezza, linkato 1888 volte)
Nicolò Savarino faceva il vigile urbano a Milano. In realtà, oggi si dovrebbe dire che faceva l’agente della Polizia Locale, ma forse, parlando di Nicolò, è più giusto conservare la “vecchia” dizione. Già, perché lui faceva il vigile di quartiere, era uno di quei ghisa che stanno sul territorio, che lo frequentano e che lo conoscono. Insomma, che fanno sicurezza in mezzo alla gente e con la gente.
Nicolò aveva 42 anni e, come tantissimi milanesi, era nato nel Meridione. In Sicilia, per la precisione. Parte del suo tempo libero lo dedicava al volontariato. Sul lavoro era iscritto al sindacato di base Usb.
Mi pare imprescindibile dire tutte queste cose, le poche che in realtà conosco di Nicolò, non semplicemente perché ho in tasca la stessa tessera sindacale sua, ma perché penso sia corretto ricordare l’uomo e il lavoratore, così com’era. Ebbene sì, perché non erano passate ancora 24 ore dall’omicidio, quando alcuni politici senza scrupolo e rispetto, come i leghisti Salvini e Boni, avevano già fatto ripartire le loro campagne d’odio contro i rom.
Mentre scriviamo, l’assassino di Nicolò è ancora a piede libero. Ci auguriamo che venga assicurato alla giustizia nel più breve tempo possibile. Il suo atto di violenza non ha giustificazioni, è senza attenuanti nella sua terrificante gratuità.
Giustizia potrà essere fatta, ma nulla e nessuno potrà restituire Nicolò alla vita. Quello che, però, possiamo e dobbiamo fare è custodire la sua memoria e far vivere il suo esempio. Anzi, dobbiamo partire da questa tragedia anche per ricostruire una nuova vicinanza tra corpo dei vigili urbani e cittadinanza.
Oggi la distanza tra vigili e cittadini sembra più grande rispetto ad anni passati. I motivi sono molti e vari, ma comprendono anche, a nostro avviso, le scelte scellerate operate dalle precedenti amministrazioni, che consideravano il vigile di quartiere roba vecchia e puntavano tutto su nuclei centralizzati e militarizzati al servizio degli interessi politici degli amministratori.
Il nuovo Sindaco, Giuliano Pisapia, ancora in queste ore, ha ribadito un punto del suo programma elettorale: l’entrata in servizio a breve di centinaia di nuovi vigili di quartiere. Bene, siamo assolutamente d’accordo e pensiamo sia la strada giusta.
Tante altre cose ci saranno da fare, ovviamente, a partire dalla tutela della sicurezza e della salute dei vigili, ma ne parleremo in altri momenti. Tuttavia, una cosa va aggiunta subito, anche perché ne siamo convinti da sempre, cioè che la voce e le proposte dei vigili e delle loro organizzazioni sindacali debbano essere ascoltate e valorizzate. Oggi e domani.
 
Le mie condoglianze e la mia vicinanza ai familiari, alla compagna e ai colleghi e alle colleghe di Nicolò Savarino.
 
Ciao Nicolò!
 
Luciano Muhlbauer
 
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Feste amare quest’anno. Recessione, chiusura di aziende, disoccupazione, aumento di tasse, imposte, tariffe e prezzi, assalto al welfare, alle pensioni, ai contratti nazionali e persino al divieto dei licenziamenti discriminatori. Insomma, la crisi e le misure anticrisi pesano sempre sulle stesse spalle, quelle dei lavoratori e delle lavoratrici, dei ceti popolari e dei ceti medi. E pensare che c’è pure chi blatera di equità!
Questa volta non è facile farsi gli auguri, per le feste e per l’anno che viene. Di serenità non ce n’è molta in giro, di preoccupazione per il futuro, invece, ce n’è a iosa. Eppure, la cosa peggiore sarebbe arrendersi, rassegnarsi o dare retta a quelli che incitano alla guerra tra poveri, tra bianchi e neri, tra giovani e anziani.
Nel 2012 avremo terribilmente bisogno di solidarietà e volontà di lotta. E la maniera migliore per guardare all’anno che viene è non lasciare da soli quelli e quelle che lottano per il lavoro, anche sotto le feste, per convinzione o per necessità, o per le due cose insieme.
Ahinoi, l’elenco è molto lungo. Dai lavoratori delle cooperative che presidiano il punto vendita Esselunga di Pioltello (per info vedi siti di S.I. Cobas e Csa Vittoria) a quelli licenziati dalla Wagon Lits e che occupano la torre in stazione Centrale (guardate il video Binario 21 chiama Milano), per fare soltanto due degli esempi più conosciuti di Milano. Ma ci sono anche molti altri e, in fondo, ognuno e ognuna di noi ha modo di conoscere la realtà che lo circonda. Insomma, fate voi, decidete voi, perché sono tutti ugualmente degni.
 
Da parte mia, vi voglio però segnalare una situazione in particolare, di cui si parla troppo poco, forse perché Cassina de’ Pecchi è troppo lontano dal centro di Milano. Si tratta della Jabil (ex-Nokia Siemens Networks), che si trova, appunto, a Cassina de’ Pecchi (Milano).
Il 9 dicembre scorso l’azienda ha comunicato ai suoi 325 dipendenti la chiusura dello stabilimento per il 12 dicembre e, dunque, il loro licenziamento collettivo. Gli operai e le operaie non si sono arresi e hanno iniziato a presidiare il loro posto di lavoro. Sono lì ora, saranno lì durante le feste e anche nel 2012.
 
Come sapete, i presidi 24 ore su 24 ore sono duri e ancora più dura è sentirsi soli. E poi, ci sono anche delle spese da sostenere. Per questo gli operai e le operaie hanno attivato una cassa di solidarietà per i lavoratori del presidio Jabil. Insomma, contribuite, con quello che potete.
 
Eccovi le coordinate bancarie per fare un bonifico alla cassa di solidarietà Jabil:
intestatario/beneficiario: Cinzia Minao
IBAN: IT28S0312732860000000000331
causale: PRESIDIO JABIL
 
Se volete saperne di più sulla lotta alla Jabil, i lavoratori hanno aperto un profilo su facebook (Presidio Lavoratori Jabil). Oppure, se non siete sul social network, qualche info la potete trovare anche sul sito della Fiom Milano. O, molto più semplicemente, se vi trovate in zona Cassina, passateci direttamente.
 
Quindi, nonostante tutto, buone feste!
E che l’anno nuovo sia buono per quelli e quelle che lottano per il lavoro!
 
Luciano Muhlbauer
 
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