Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di lucmu (del 04/07/2007, in Casa, linkato 1221 volte)
La proposta di riforma dei canoni di locazione nelle case popolari lombarde, approvata oggi dalla Giunta regionale, incontra la nostra totale contrarietà. Il provvedimento non soltanto è iniquo in sé, poiché comporterebbe un aumento generale dei livelli d’affitto, colpendo in maniera particolare le fasce economicamente più deboli, ma si inserisce in quella politica di smantellamento dell’edilizia residenziale pubblica che sembra ormai predominare in Lombardia.
Infatti, è dall’inizio della legislatura che il centrodestra lombardo persegue una controriforma strisciante di tutta la normativa in materia, difficilmente leggibile e comprensibile per un non addetto ai lavori, visto il metodo a spizzichi e bocconi adottato. E così, un giorno si approva il piano triennale regionale, un altro si incentiva la vendita degli alloggi popolari vuoti e un altro ancora, come ieri, si interviene sull’edilizia convenzionata. E non finirà nemmeno con il provvedimento sui canoni d’affitto delle case popolari, poiché altre modifiche sono già annunciate per il futuro, come quella sulla vendita degli alloggi occupati.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, i diversi pezzi del puzzle vanno messi in relazione tra di loro. Per esempio, prima di Natale il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza il Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2007-2009 che ha imposto un taglio brutale, nell’ordine del 75%, dei fondi per la manutenzione e la costruzione di case popolari. Cioè, per dirla con i numeri, dagli 810 milioni di euro del triennio precedente, si è scesi ai 233 milioni di quello odierno. Tutto chiaro? Non si costruiscono più case popolari, né si riesce a finanziare una manutenzione decente, ma in cambio si incentivano le dismissioni, si aprono le porte alle immobiliari private e si aumentano i canoni d’affitto. E, manco a dirlo, degli sprechi e delle tante consulenze dell’Aler nessuno sembra voler parlare.
Insomma, proprio quando il problema dell’accesso alla casa per i ceti popolari si fa sempre più esplosivo, specie nelle aree metropolitane, la Giunta Formigoni punta sulla dismissione dell’intervento pubblico e sull’aumento dei canoni di locazione nelle case popolari. Una scelta politica che consideriamo altamente irresponsabile e socialmente insostenibile.
Per questo ci opporremo in Consiglio al provvedimento sui canoni e chiediamo di nuovo che si apra invece una discussione organica e comprensibile sulla politica generale per la casa in Lombardia, con l’obiettivo del rilancio e della riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica e non della fuga verso il privato.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberamente di luglio/agosto 2007
La situazione di incertezza e difficoltà che vive la scuola pubblica italiana, anche a causa dei tagli della Finanziaria e dell’immobilismo governativo rispetto al quadro legislativo morattiano, consente ai tanti nemici dell’istruzione pubblica e laica di riprendere l’iniziativa.
A dare il via non è a caso il Presidente della Regione Lombardia, Formigoni, il quale ha presentato un progetto di legge regionale sul “sistema educativo di istruzione e formazione”, che rappresenta insieme un progetto federalista dal sapore devoluzionista e incostituzionale, nonché un autentico rilancio per la via dei fatti del disegno di una scuola al servizio del mercato, anzi essa stessa mercato.
La proposta del centrodestra lombardo fa leva sui pasticci del riformato Titolo V della Costituzione e pretende di esercitare unilateralmente tutte le competenze concorrenti (a fine maggio la Regione ha impugnato l’articolo 13 del decreto Bersani), istituendo de facto il doppio canale, con l’istruzione liceale e quella tecnico-professionale che si allontanano sempre di più. In altre parole, torna il vecchio avviamento al lavoro e la canalizzazione precoce a partire dal 14° anno di età.
Il sistema si basa sulla piena di equiparazione tra istituzioni formative pubbliche e private, che dovranno quindi accreditarsi presso la Regione per ottenere risorse sulla base del principio della quota capitaria. Inoltre, alle famiglie verrà riconosciuto un “buono” da spendere presso l’operatore che ritengono e gli istituti potranno assumere direttamente il personale docente e non docente, senza dover ricorrere a fastidiose graduatorie.
Per capire meglio cosa dobbiamo aspettarci, conviene brevemente ricordare due precedenti lombardi. In primo luogo, il nuovo sistema pubblico-privato è in vigore per la formazione professionale sin dal 2001. Ebbene, il primo effetto fu che tra il 2000 e il 2004 il numero degli enti formativi balzò da 282 a 1143. Un esercito di enti privati, spesso erogatori di un unico corso in tutto l’anno scolastico, che senza trasparenza e controllo effettivo si accaparrava i miliardi del fondo sociale europeo, dequalificando l’intero sistema. In secondo luogo, nel 2001 fu introdotto anche il “buono scuola”, cioè un sussidio pubblico, che nel solo anno scolastico 2005/2006 assorbì 43 milioni di euro di fondi regionali. Ma, e sta qui lo scandalo, il 99% è andato a famiglie i cui figli frequentano la scuola privata e il 63% beneficiari dispongono di un reddito dichiarato che si colloca nella fascia tra 35 e 180mila euro annui.
Ebbene, mentre scriviamo il progetto di legge, in alternativa al quale Rifondazione ha presentato un proprio Pdl, è tuttora in discussione nella competente Commissione consiliare, anche se il centrodestra ha già esplicitato l’intenzione di farlo approvare dall’Aula nella seduta del 30-31 luglio, cioè con le scuole chiuse e i cittadini partenza per le ferie. Non sappiamo, dunque, quale sarà la situazione nel momento in cui questo articolo verrà letto, così come sappiamo se saremo in grado di bloccare l’ultima provocazione formigoniana, piovuta in Commissione a fine giugno.
Infatti, il centrodestra ha presentato una versione modificata della sua proposta di legge, che contiene una serie di novità dirompenti. Con un colpo di mano, il centrodestra tenta ora di abrogare tutte le leggi regionali vigenti in materia (diritto allo studio, edilizia scolastica ecc.) –con la sola esclusione della normativa sul buono scuola…-, assegnando alla Giunta regionale tutti i poteri decisionali. In altre parole, una ipercentralizzazione in una sorta di Ministero regionale dell’istruzione, a scapito non soltanto dello Stato, ma anche degli enti locali.
Sarebbe un grosso errore sottovalutare la mossa di Formigoni. Qui non si tratta di un semplice affare lombardo, bensì del tentativo di aprire un varco su scala nazionale, approfittando dell’inerzia governativa, dell’assenza di mobilitazione sociale e delle troppe ambiguità in settori non marginali del Partito Democratico. La via delle Regioni per riproporre l’attacco alla scuola pubblica, libera e laica è oggi quella più insidiosa e, se non si svilupperà un’iniziativa politica, istituzionale e sociale all’altezza, rischia pure di essere quella vincente. E, non dimentichiamolo, come “danno collaterale” ci troveremo un ulteriore concentrazione di potere nelle mani di un Presidente che assomiglia sempre di più a un moderno principe.
Si fermi la distribuzione nelle scuole di quel volume, che contiene gravi travisamenti della realtà storica, e lo si ritiri dalle biblioteche scolastiche. Il volume è quella “Storia della Lombardia a fumetti” che il Consiglio regionale ha promosso, acquistato e contribuito a diffondere, e la richiesta di fermarne la distribuzione viene dai consiglieri dell’opposizione Giuseppe Civati e Arturo Squassina (Ds-Ulivo), Luciano Muhlbauer (PRC), Carlo Monguzzi e Marcello Saponaro (Verdi), che in merito hanno firmato una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Ettore Adalberto Albertoni. La lettera denuncia alcune lacune e alcuni errori macroscopici contenuti nel testo, che è destinato agli studenti delle scuole elementari e medie. In particolare si denuncia l’assenza della figura di Giuseppe Garibaldi e della vicenda dell’unificazione d’Italia, la dimenticanza di un pur grandissimo lombardo come Alessandro Manzoni e il grave travisamento dei fatti rispetto agli anni ’60 e ’70, fino all’attribuzione delle stragi fasciste di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia al movimento operaio e studentesco.
“È nostra opinione – scrivono i consiglieri nella lettera - che il Consiglio non debba diffondere nelle scuole un’opera così approssimativa e che le prossime e auspicabili iniziative di promozione culturale della regione, della sua storia ed identità, anche in relazione alla stagione statutaria, debbano essere poste su più solide basi scientifiche e attentamente valutate dal Consiglio stesso, nell’interesse dell’Istituzione e degli stessi destinatari: i cittadini lombardi”.
comunicato stampa
qui sotto puoi scaricare la lettera
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 6 luglio 2007 (pag. Milano)
Quanto rivelato ieri sul quotidiano la Repubblica dal vigile urbano di Milano, Federico Carrozzo, circa l’esistenza di un nucleo speciale di circa 30 agenti che opera fuori dalle regole esistenti è di inaudita gravità.
L’agente, infatti, non rileva e rivendica soltanto l’esistenza di tale nucleo di carattere semi-informale, ma altresì l’uso di abbigliamento e di armi improprie, come le pericolose torce elettriche dal manico lungo, non in dotazione alla Polizia Locale di Milano e acquistati in privato.
È stucchevole e stupefacente che il Vicesindaco di Milano non abbia sentito il bisogno di intervenire con durezza in seguito a tale rivelazione e che addirittura sia andato avanti ad elogiare questi agenti. Delle due cose l’una: o si tratta di una notizia inventata, e in tal caso ci aspettiamo una smentita ufficiale e credibile, oppure questo nucleo esiste e allora occorre che venga aperta un’inchiesta e che si sospendano gli agenti coinvolti.
A De Corato piace pensare alla vigilanza urbana di Milano come se fosse la Polizia del Sindaco, ma se un poliziotto o un carabiniere si fosse permesso di vantarsi pubblicamente di aver usato armi improprie e abbigliamento non in dotazione al corpo, sarebbe stato immediatamente sospeso e si sarebbe avviata un’indagine.
Oggi Rifondazione Comunista ha presentato in Regione un’interpellanza urgente all’Assessore regionale alla Polizia Locale, Ponzoni, perché intervenga a sua volta, accertando con urgenza quanto avviene nelle polizie municipali della Lombardia. Se la rivelazione fosse confermata rappresenterebbe, infatti, una palese violazione della legge nazionale n. 65/86 e della legge regionale n. 4/2003, nonché una vera e propria deviazione.
Chiediamo che si faccia immediatamente chiarezza e che si individuino le responsabilità. Non è possibile che continui un silenzio ufficiale imbarazzante e inaccettabile, soprattutto da parte di chi invoca ogni due secondi il rispetto della legalità. Tutto questo è dovuto ai cittadini e, soprattutto, ai tanti vigili urbani che svolgono quotidianamente il loro lavoro nel rispetto della legge e delle persone.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 13 luglio 2007 (pag. Milano)
Quattro mesi dopo l’ordinanza della sezione bresciana del Tar della Lombardia, ora anche la sezione di Milano ha accolto il ricorso di alcuni gestori di phone center, sospendendo i provvedimenti di chiusura e sollevando il dubbio di legittimità costituzionale della legge regionale 6/2006. In altre parole, il Tribunale amministrativo della Lombardia ritiene nella sua totalità, essendo composto da due sezioni, non legittima la legge regionale sui phone center.
Questa seconda sentenza conferma pienamente quanto affermato e denunciato da Rifondazione Comunista sin dal primo momento. Cioè, la legge regionale speciale per i phone center, entrata in vigore a fine marzo, non serviva a regolamentare un settore commerciale relativamente recente, bensì a provocare la chiusura massiccia e forzata di molte centinaia di legittime attività commerciali, colpevoli unicamente di essere gestite e utilizzate prevalentemente da cittadine e cittadini immigrati.
Infatti, la necessità di quella legge era stata motivata dai suoi più ferventi sostenitori, cioè Lega e An, con la tesi che i phone center fossero un “luogo di aggregazione di immigrati” e, quindi, in sé un pericolo per la sicurezza. Insomma, il commercio, le regole e la legalità non c’entravano nulla, ma si trattava semplicemente di mettere a disposizione di alcune forze politiche della Destra lombarda uno strumento legislativo per continuare le loro odiose e nocive campagne xenofobe e razziste, in spregio a ogni principio di ragionevolezza, equità e uguaglianza di trattamento.
La stucchevole prassi delle leggi ad hoc, a fini propagandistici o affaristici, è purtroppo una triste abitudine in Regione Lombardia. Non ci illudiamo, quindi, di convincere il centrodestra a cambiare strada con qualche richiamo al ragionamento. Tuttavia, che i giudici amministrativi lombardi dicano ormai all’unisono che ci sono serissimi dubbi di legittimità, è un fatto nuovo che non può e non deve essere ignorato.
Chiediamo dunque ai Comuni lombardi, a partire da quello di Milano, un atto di buon governo e di sospendere immediatamente i provvedimenti di chiusura dei phone center, disposti in base alla legge regionale 6/2006, in attesa della decisione definitiva della Corte Costituzionale.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 24 luglio 2007 (pag. Milano)
Luglio sta volgendo alla fine, le scuole sono chiuse e studenti, famiglie e insegnanti si apprestano a godersi le vacanze. Difficile che in un momento del genere possa esserci qualche attenzione a quello che accade nel Consiglio regionale lombardo. Eppure, è proprio per il giorno venerdì 27 luglio che il centrodestra ha imposto la discussione in Aula della sua controriforma del “sistema educativo di istruzione e formazione professionale” in Lombardia.
Una vera e propria porcata, visto che tutta questa improvvisa fretta non può trovare alcuna giustificazione valida. E’ evidente che una riforma di tale entità, anche se fosse approvata ora, non potrebbe produrre effetti concreti prima dell’anno scolastico 2008/2009, a meno che non si voglia sostenere che sia possibile rivoluzionare l’istruzione lombarda nel mese di agosto. A riprova di quanto affermato, basti ricordare che nel corso dell’approvazione definitiva del Pdl in Commissione, la maggioranza ha dovuto modificare in extremis due articoli (21 e 22), poiché questi facevano riferimento a due allegati semplicemente inesistenti. Si trattava delle definizioni dell’offerta formativa e del repertorio regionale, senza le quali la legge non può funzionare nemmeno in via ipotetica, e che ora dovrebbero essere prodotti entro il mese di ottobre.
Per capire la ragione di questo procedere alla maniera dei ladri di polli, bisogna dunque guardare al merito dell’operazione formigoniana. In primo luogo, il centrodestra intende rilanciare in salsa padana la Riforma Moratti, proponendo un modello di scuola basato su canali differenziati e sulla vecchia ricetta dell’avviamento precoce al lavoro per gli studenti provenienti dai ceti popolari, peraltro in netto contrasto con gli obiettivi dell’innalzamento dell’obbligo d’istruzione a 16 anni, introdotto dal Parlamento nell’autunno scorso. In secondo luogo, si vorrebbe estendere anche all’istruzione tecnico-professionale il sistema di piena parificazione tra pubblico e privato già vigente nella formazione professionale lombarda sin dal 2001 e che tanti danni ha provocato. Il finanziamento di tale sistema sarebbe garantito attraverso il meccanismo della quota capitaria -destinato agli istituti- e la generalizzazione del buono scuola -destinato alle famiglie delle scuole private-. I singoli istituti sarebbero, inoltre, liberi di selezionare il proprio personale docente come meglio credono, senza ricorrere a fastidiose graduatorie. Infine, tale progetto apre un palese conflitto di competenza con lo Stato -la Lombardia ha già impugnato l’articolo 13 del decreto Bersani-, mentre contestualmente marginalizza il ruolo di Province e Comuni. Insomma, il solito federalismo alla lombarda, che potremmo tradurre con la formula “tutto il potere a Formigoni”.
Un attacco frontale alla scuola pubblica, una riproposizione nemmeno tanto mascherata della devolution in materia scolastica e la solita pioggia di denaro a favore di un privato che campa sulle sovvenzioni pubbliche. Impensabile che un siffatto progetto possa essere approvato senza problemi e conflitti, se soltanto il dibattito si svolgesse alla luce del sole e con le scuole aperte. Ecco la ragione vera per la quale si tenta di farlo di nascosto, il 27 luglio, quando i cittadini lombardi sono occupati in altro.
Facciamo dunque appello a tutte le organizzazioni del mondo della scuola a far sentire la propria voce. Ma chiediamo anche all’Ulivo in Regione di abbandonare la linea della benevola astensione e di battersi unitariamente contro la porcata estiva di Formigoni.
Sul bilancio di attività propria del Consiglio regionale, quest’anno, contrariamente a una prassi che ha sempre visto il voto favorevole anche delle opposizioni, la sinistra si è astenuta.
Lo abbiamo fatto in segno di protesta contro la pubblicazione e la distribuzione del volume Storia della Lombardia a fumetti, che contiene non solo errori e strafalcioni, ma vere e proprie falsificazioni dei fatti e che è stata realizzata con un finanziamento posto a carico del bilancio consiliare.
Si tratta di una questione di merito da portare in evidenza anche dentro le istituzioni dove operiamo e non solo all’attenzione dell’opinione pubblica. Di fronte alla spesa per un libro che attribuisce provocatoriamente al movimento operaio e studentesco le stragi fasciste di Piazza Fontana e Piazza della Loggia, infangando la memoria storica e offendendo il ricordo delle vittime e i loro parenti, va ribadito il ruolo straordinario che la classe operaia e il movimento democratico - cittadini, studenti, lavoratori - hanno svolto anche in Lombardia per le riforme, il rinnovamento della politica, la crescita culturale e della coscienza civile.
Abbiamo già denunciato l’evidente operazione di revisionismo storico, ancor più grave perché destinata a circolare nelle scuole e nelle biblioteche come strumento di formazione dei nostri giovani. Oggi vogliamo segnalare l’incongruità di un bilancio che ne ha contemplato la copertura economica, mentre torniamo a chiedere con forza il ritiro della pubblicazione.
dichiarazione congiunta di Muhlbauer, Agostinelli, O. Squassina (Prc), Monguzzi, Saponaro (Verdi), A. Squassina (Ds) e Storti (Pdci)
Dopo mesi di silenzi e di rifiuti, e soltanto dopo le proteste in Aula degli ultimi giorni, l’Assessore Rossoni ha finalmente risposto all’interpellanza dei consiglieri di Rifondazione Luciano Muhlbauer, Mario Agostinelli e Osvaldo Squassina, relativa alla campagna pubblicitaria del nuovo “sistema di istruzione e formazione” della Lombardia realizzata nei mesi di aprile e maggio.
La risposta è francamente sconcertante e conferma tutti i sospetti di uso illegittimo di soldi pubblici. Infatti, la campagna pubblicitaria è costata 500 mila Euro ed è stata finanziata con fondi europei (Fse).
Insomma, per promuovere, alla vigilia del voto amministrativo, quella che ai tempi era una semplice proposta di legge del centrodestra, nemmeno ancora giunta in Consiglio, si sono utilizzati i fondi dell’Ue.
Un abuso bello e buono! Da parte nostra, muoveremo tutti i passi formali per chiedere l’intervento della Corte dei Conti. Questo incredibile fatto getta ulteriori ombre sul pdl sull’istruzione e la formazione in discussione in Consiglio proprio oggi, cioè il 27 luglio, quando le scuole sono chiuse e le famiglie in ferie.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
I consiglieri regionali della sinistra hanno votato contro una legge inaccettabile, che compromette l’unitarietà del sistema scolastico nazionale, mettendo in discussione anche la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione.
Regione Lombardia irrompe nell’istruzione con l’obiettivo di riprodurre quella divisione tra scuola di serie A e di serie B introdotta a suo tempo dalla riforma Moratti e abrogata, come primo atto dopo l’insediamento, dal Governo dell’Unione.
Lo fa andando ben oltre le proprie competenze e ignorando completamente le normative nazionali vigenti. Tanto che la legge approvata si presta a rilievi di illegittimità tali da poter essere impugnata dal Governo.
Comunicato stampa congiunto di Muhlbauer, Agostinelli, O. Squassina (Prc), Monguzzi, Saponaro (Verdi), Storti (Pdci), A. Squassina (Ds)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 31 luglio 2007 (pag. Milano)
Luglio è un mese maledetto. Ci portò via la scala mobile e ora ci consegna l’accordo che innalza l’età pensionabile e conferma la Legge 30. Ma anche il Presidente della Lombardia, Formigoni, ha pensato bene di approfittare delle particolari proprietà di luglio e così, nella disattenzione pubblica generale e con le scuole chiuse, venerdì 27 il Consiglio regionale ha approvato la legge sul nuovo “sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia”.
Il tutto iniziò in aprile, quando la Giunta regionale inondò le città lombarde con cartelli pubblicitari che annunciavano la nuova legge, anche se l’iter in Consiglio non era nemmeno iniziato. Cioè, una spesa di mezzo milione di euro, attingendo illegittimamente ai fondi europei (Fse), per propagandare quella che allora era una semplice proposta del centrodestra. I metodi spicci avrebbero poi caratterizzato anche i lavori in Commissione, dove il progetto di Formigoni si confrontava con altri due, uno del Prc e l’altro dell’Ulivo. La parola d’ordine era “fare presto” e, di conseguenza, le 80 audizioni si consumarono in un batter d’occhio e alla fine è stato approvato un Pdl sostanzialmente identico alla proposta iniziale, pieno di buchi e rinvii –dalla norma finanziaria all’offerta formativa- e che, comunque, non potrà entrare realmente in vigore prima dell’anno scolastico 2008-2009. Insomma, una storia iniziata male e finita peggio.
Ma, in fondo, il metodo adottato si spiega con il merito del provvedimento, il cui rilievo è inversamente proporzionale al livello di attenzione che la sua approvazione ha suscitato. La tesi di fondo che ispira la legge è che alla Regione compete non soltanto la formazione, ma altresì l’istruzione tecnica e professionale. Non a caso, già alla fine di maggio Formigoni ha impugnato presso la Corte Costituzionale l’articolo 13 del decreto Bersani, che appunto riafferma la competenza statale.
Tuttavia, non siamo soltanto di fronte alla solita offensiva “federalista”, che da queste parti si traduce in un crescente accentramento di potere nelle mani del Presidente-Principe, a discapito sia dello Stato che degli enti locali, bensì a un attacco bello e buono alla scuola pubblica. Il nuovo sistema regionale, infatti, si basa sulla piena equiparazione tra pubblico e privato e sul finanziamento attraverso la quota capitaria, che assegna le risorse in base al numero di studenti, e il “buono scuola”, che è accessibile soltanto alle famiglie delle scuole private. Va aggiunto, inoltre, che ogni istituto sarà libero di assumere il proprio personale come meglio crede, senza dover ricorrere a fastidiose graduatorie. Insomma, un’istruzione che si fa mercato e terra di conquista per un privato che campa sui sussidi pubblici.
L’idea di scuola che propone la filosofia formigoniana è la medesima che ispirò la Riforma Moratti. E così l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni non è vissuto come un’opportunità, in una regione dove la dispersione scolastica è in aumento e la mobilità sociale bloccata, bensì come una banale opportunità per rilanciare il doppio canale morattiano. Una concezione della scuola profondamente classista, dove non conta formare cittadini, ma produrre braccia per il mercato. Gli studenti che provengono dai ceti popolari o dall’immigrazione, a meno che non siano particolarmente “capaci e meritevoli”, saranno così destinati all’avviamento precoce al lavoro.
Non bisogna essere dei geni per capire che una siffatta controriforma non lascerà indifferente il quadro nazionale, dove l’immobilismo governativo e la mancanza di risorse offrono il fianco a quanti, non solo a destra, vogliono rilanciare la Riforma Moratti. Ancora più grave appare, dunque, la scelta della benevola astensione da parte del Partito Democratico lombardo, condita con attacchi espliciti contro i “conservatori” di sinistra che vogliono abrogare la Moratti.
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