Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L’ultima trovata pubblicitaria del duo Moratti-De Corato, quella di trasformare in sceriffi gli amministratori di stabile mediante ordinanza comunale, non solo è repellente, ma è anche un imbroglio.
È repellente imporre agli amministratori di stabili e ai portieri di fare la spia nel condominio, pena una multa da 500 euro da parte della polizia locale per “omessa vigilanza”.
Ed è da bugiardi patentati propagandare l’imbroglio di ordinanze comunali che ricalcano, peraltro in modo poco legittimo, delle norme di legge già esistenti, come nel caso del registro dei contratti d’affitto.
Infatti, la legge n. 191 del lontano 1978 prevede quanto segue: “Chiunque cede la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato (…). Nel caso di violazione delle disposizioni indicate nei commi precedenti si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire tre milioni.”
Moratti e De Corato, peraltro, sono pure recidivi da questo punto di vista. Vi ricordate l’ordinanza comunale del luglio scorso, che vietò la vendita di bevande alcoliche a minori di 16 anni? Ebbene, era un imbroglio anche quello. Tutto ciò era già scritto da tempo immemorabile nell’articolo 689 del codice penale.
Ma cosa non si fa per farsi campagna elettorale e, soprattutto, per cercare di far parlare d’altro. Insomma, trattiamo via Padova come una zona di guerra e indichiamo nell’immigrato il pericolo pubblico numero uno, così magari nessuno si ricorda del menefreghismo dei governanti rispetto alla crisi o alla questione morale.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
La Celere di De Corato, cioè i reparti antisommossa dotati di caschi, scudi e manganelli, che la Polizia Locale di Milano sta costituendo, sono impropri ed illegali. Pertanto, oggi mi sono rivolto al Prefetto con una nota scritta, chiedendo il suo urgente intervento affinché venga ristabilita la legalità e scongiurata la costituzione di reparti antisommossa del Comune.
Infatti, da qualche anno il vicesindaco De Corato sta incentivando la formazione di nuclei speciali nell’ambito della polizia municipale milanese, a partire da quelli “problemi del territorio” e trasporto pubblico, che tendono ad assumere compiti e funzioni che si sovrappongono a quelli delle forze dell’ordine, sebbene ciò sia fuori dalla legge nazionale e regionale e gli agenti coinvolti non dispongano di una formazione anche soltanto lontanamente paragonabile a quella delle forze di polizia.
Non c’era dunque da stupirsi che ad un certo punto saltasse fuori anche una specie di reparto antisommossa, vecchio sogno finora proibito del vicesindaco. Era successo sicuramente, come avevamo potuto documentare e denunciare proprio noi, il 9 febbraio scorso, quando lo sgombero dell’insediamento rom di Chiaravalle fu eseguito da un reparto della Polizia Locale equipaggiato con caschi antisommossa, manganelli e scudi con la scritta “Polizia Locale” e in assenza di funzionari di polizia o carabinieri.
Ebbene, oggi l'edizione milanese del quotidiano La Repubblica ha reso noto che all’interno della PL di Milano sono iniziati i corsi di formazione per la celere di De Corato. Prevedono anche esercitazioni pratiche in palestra con l’armamentario antisommossa, anche se il tutto, cioè teoria e pratica messi insieme, non dura più di 24 ore. Cioè, una sorta di lezione in pillole: 24 ore e anche tu puoi fare il celerino.
Complimenti vicesindaco! Dopo l’ennesimo abuso da parte di qualche agente dei reparti antisommossa (vedi il caso Gugliotta), sempre più persone si rendono conto che la formazione, tecnica e civica, andrebbe rafforzata e il nostro buon De Corato se ne esce con l’instant-celerino…
Ma non è soltanto questione di formazione, ma anche e soprattutto di legalità. Il nostro ordinamento e le nostre leggi, nazionali e regionali, prevedono che di ordine e sicurezza pubblica si occupi lo Stato –e dunque Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza- e non i Sindaci, o i Vicesindaci, che dovrebbero invece occuparsi di quello che gli compete e che troppo spesso dimenticano.
Auspichiamo che il Prefetto voglia intervenire in tempi brevi, perché con l’avvio dei corsi di formazione è iniziata la fase della formalizzazione dei reparti antisommossa e questo equivale all’istituzionalizzazione di una situazione illegittima e illegale.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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Il testo della lettera inviata al Prefetto:
Milano, 14 maggio 2010
Al Prefetto di Milano
Dott. Gian Valerio Lombardi
Oggetto: impiego improprio ed illecito Polizia Locale Milano in funzioni di ordine pubblico
Egregio Prefetto,
mi rivolgo a lei nella sua qualità di massima autorità in materia di pubblica sicurezza sul territorio, per esprimerle la nostra viva preoccupazione e sollecitare il suo intervento in relazione a quello appare a tutti gli effetti un impiego improprio ed illecito di unità della Polizia Locale di Milano in funzioni tipicamente di ordine pubblico.
In particolare, ci riferiamo alle notizie apparse sulla stampa di oggi (La Repubblica, ed. Milano, 14.05.10), laddove si segnala che la Polizia Locale di Milano avrebbe avviato corsi di formazione, destinati anzitutto a due nuclei speciali (trasporto pubblico e problemi del territorio), dove si insegnerebbero, mediante lezioni teoriche e pratiche (in palestra) della durata di 24 ore, delle tecniche antisommossa. Le fonti giornalistiche precisano, inoltre, che le lezioni pratiche comprenderebbero anche l’uso di attrezzature tipiche dei reparti mobili della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, cioè caschi antisommossa, scudi e manganelli.
Peraltro, reparti della Polizia Locale di Milano, equipaggiati con casco antisommossa, scudo e manganello sono già stati utilizzati sul campo in diverse occasioni. A tal riguardo, ricordiamo la nostra denuncia pubblica delle modalità atipiche dello sgombero dell’insediamento rom di Chiaravalle del 9 febbraio u.s., eseguito dalla sola Polizia Locale di Milano, senza la presenza di funzionari delle forze dell’ordine e con l’utilizzo di una sorte di “Celere” della Polizia Locale. Tali modalità atipiche erano state documentate dal sottoscritto anche con materiale fotografico.
Inoltre, ricordiamo che il 10 febbraio u.s., in seguito ai fatti di Chiaravalle, anche il sindacato SdL, presente nella Polizia Locale di Milano, aveva denunciato il ripetuto impiego illegittimo in operazioni di ordine pubblico di agenti della PL di Milano, invitando in quella occasione “il Prefetto e il Questore a riprendere in mano la situazione, ripristinando la situazione di legalità in materia di ordine pubblico e sicurezza” (comunicato stampa di SdL del 10.02.10).
Ebbene, qualora le notizie di stampa in relazione ai corsi di formazione dovessero essere confermate, saremmo di fronte all’istituzionalizzazione dei reparti antisommossa della PL di Milano. E questo equivarrebbe senz’altro, considerata la realtà normativa in vigore, ad un’istituzionalizzazione di una situazione illegittima ed illegale.
Infatti, intendiamo rammentare che sia la normativa nazionale, che quella regionale (l.r. n. 4/2003) escludono che le polizie municipali possano svolgere funzioni di ordine pubblico, riservando tali compiti allo Stato e ai suoi corpi di sicurezza. Più concretamente la legge regionale n. 4/2003, in armonia con le prescrizioni della legge nazionale, parla di “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza” da esercitare non solitudine, bensì “in concorso con le forze di polizia dello Stato”.
Inoltre, la costituzione e l’impiego di reparti antisommossa nel quadro dei corpi di polizia municipale è da considerarsi illecito anche alla luce di quanto previsto dalla legge in materia di equipaggiamento. Citando di nuovo la l.r. n. 4/2003, va sottolineato che l’armamento è da intendersi esclusivamente in funzione dell’autotutela dell’operatore di PL, cioè a “tutela dell’incolumità personale” dell’agente (art. 18), e pertanto gli strumenti ammissibili sono “lo spray irritante privo di effetti lesivi permanenti e il bastone estensibile” (art. 18).
Quanto sopra esposto dovrebbe essere già sufficiente per motivare una richiesta di intervento al Prefetto, ma vogliamo, infine, sottolineare che, secondo le citate fonti giornalistiche, il citato corso di formazione avrebbe una durata complessiva di sole 24 ore. Davvero un po’ pochine…
Certo della sua attenzione rispetto ai fatti esposti, le chiedo dunque un intervento urgente affinché venga garantita la legalità in una materia costituzionalmente e socialmente molto sensibile, come l’ordine e la sicurezza pubblica, e che dunque venga scongiurata l’ipotesi della costituzione di reparti antisommossa nel quadro della PL di Milano, per motivi di legalità e di opportunità.
A diposizione per ogni ulteriore chiarimento, porgo distinti saluti
Luciano Muhlbauer
L’odierna operazione antimafia della Dda contro la cosca dei Valle evidenzia ancora una volta, se ce n’era ancora bisogno, la serietà e la gravità del radicamento sul territorio milanese da parte della ‘ndrangheta.
La ‘ndrangheta è presente da molto tempo in Lombardia, ma negli ultimi due decenni ha accresciuto enormemente il proprio peso e rappresenta oggi, senza dubbio alcuno, l’organizzazione criminale egemone sul territorio milanese.
A maggiore ragione siamo stupefatti di fronte alle dichiarazioni del vicesindaco di Milano, De Corato, che suonano quasi come quel tristemente famoso “la mafia non esiste” di una volta.
Che senso ha negare l’evidenza e relativizzare il peso della ‘ndrangheta, per dire che in realtà il vero problema sono le mafie straniere e, in particolare, la mafia cinese, tirando in ballo persino via Sarpi?
A De Corato non sfuggirà sicuramente la crescente capacità di condizionamento e di costruzione di alleanze affaristiche a livello politico da parte della ‘ndrangheta, come hanno dimostrato le inchieste di questi ultimi anni e come ha riconfermato l’operazione di oggi, che peraltro ha già coinvolto un Assessore della vicina Pero, in piena zona Expo.
Anche per questo è deviante e devastante cambiare discorso, perché proprio oggi è fondamentale ed imprescindibile che la politica, in tutte le sue parti, dica una parola chiara e si schieri senza tentennamenti contro la ‘ndrangheta e contro chi collabora con essa, assumendo la lotta contro la mafia come una priorità.
Non vorremmo che con la ‘ndrangheta si ripetesse in grande stile la vicenda delle infiltrazioni della malavita nelle case popolari di Milano, avvenuta nella troppa indifferenza della Giunta comunale, in primis il vicesindaco, impegnato invece a farsi pubblicità con gli sgomberi di un po’ di occupanti senza titolo, ma privi di protezioni e amicizie incisive.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Nicolò Savarino faceva il vigile urbano a Milano. In realtà, oggi si dovrebbe dire che faceva l’agente della Polizia Locale, ma forse, parlando di Nicolò, è più giusto conservare la “vecchia” dizione. Già, perché lui faceva il vigile di quartiere, era uno di quei ghisa che stanno sul territorio, che lo frequentano e che lo conoscono. Insomma, che fanno sicurezza in mezzo alla gente e con la gente.
Nicolò aveva 42 anni e, come tantissimi milanesi, era nato nel Meridione. In Sicilia, per la precisione. Parte del suo tempo libero lo dedicava al volontariato. Sul lavoro era iscritto al sindacato di base Usb.
Mi pare imprescindibile dire tutte queste cose, le poche che in realtà conosco di Nicolò, non semplicemente perché ho in tasca la stessa tessera sindacale sua, ma perché penso sia corretto ricordare l’uomo e il lavoratore, così com’era. Ebbene sì, perché non erano passate ancora 24 ore dall’omicidio, quando alcuni politici senza scrupolo e rispetto, come i leghisti Salvini e Boni, avevano già fatto ripartire le loro campagne d’odio contro i rom.
Mentre scriviamo, l’assassino di Nicolò è ancora a piede libero. Ci auguriamo che venga assicurato alla giustizia nel più breve tempo possibile. Il suo atto di violenza non ha giustificazioni, è senza attenuanti nella sua terrificante gratuità.
Giustizia potrà essere fatta, ma nulla e nessuno potrà restituire Nicolò alla vita. Quello che, però, possiamo e dobbiamo fare è custodire la sua memoria e far vivere il suo esempio. Anzi, dobbiamo partire da questa tragedia anche per ricostruire una nuova vicinanza tra corpo dei vigili urbani e cittadinanza.
Oggi la distanza tra vigili e cittadini sembra più grande rispetto ad anni passati. I motivi sono molti e vari, ma comprendono anche, a nostro avviso, le scelte scellerate operate dalle precedenti amministrazioni, che consideravano il vigile di quartiere roba vecchia e puntavano tutto su nuclei centralizzati e militarizzati al servizio degli interessi politici degli amministratori.
Il nuovo Sindaco, Giuliano Pisapia, ancora in queste ore, ha ribadito un punto del suo programma elettorale: l’entrata in servizio a breve di centinaia di nuovi vigili di quartiere. Bene, siamo assolutamente d’accordo e pensiamo sia la strada giusta.
Tante altre cose ci saranno da fare, ovviamente, a partire dalla tutela della sicurezza e della salute dei vigili, ma ne parleremo in altri momenti. Tuttavia, una cosa va aggiunta subito, anche perché ne siamo convinti da sempre, cioè che la voce e le proposte dei vigili e delle loro organizzazioni sindacali debbano essere ascoltate e valorizzate. Oggi e domani.
Le mie condoglianze e la mia vicinanza ai familiari, alla compagna e ai colleghi e alle colleghe di Nicolò Savarino.
Ciao Nicolò!
Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale on line Paneacqua.eu il 15 febbraio 2012
Sembra il passato che torna, all’improvviso, brutalmente. Un passato che a volte ci sembra lontano anni luce, quasi fosse stato esorcizzato, anche se in realtà non è trascorso neanche un anno da quando Milano ha deciso di chiudere con le amministrazioni di destra, per affidarsi a Giuliano Pisapia.
Lunedì scorso al Parco Lambro, periferia nord est della città, un agente della Polizia Locale, Alessandro Amigoni, a conclusione di un inseguimento, ha estratto la pistola, premuto il grilletto e ucciso Marcelo Valentino Gomez Cortes, cittadino cileno di 29 anni e padre di due figli. Amigoni ha parlato subito di legittima difesa, poiché una seconda persona presente insieme a Gomez avrebbe puntato un’arma da fuoco contro i vigili intervenuti, ma già lunedì notte il pubblico ministero ha deciso di modificare l’ipotesi di reato, da “eccesso di legittima difesa” in “omicidio volontario”. Insomma, le cose sarebbero andate molto diversamente.
Il tempo e le indagini, che auspichiamo molto celeri, ci restituiranno la verità su quel maledetto lunedì pomeriggio al Parco Lambro e sulle responsabilità di Amigoni. Pertanto, non ha senso speculare sulla dinamica dei fatti e ci fermiamo qui.
Ma con la stessa determinazione e trasparenza non possiamo esimerci da una presa di parola rispetto a quella terribile sensazione che un pezzo di passato si sia ripresentato. Già, perché Alessandro Amigoni non era un vigile qualsiasi, ma faceva parte di quei “nuclei” costituiti in seno alla Polizia Locale dalla precedente amministrazione, soprattutto su spinta dell’ex vicesindaco De Corato.
Nuclei che dipendendo dal comando centrale e non da quelli di zona. Nuclei che di solito agiscono in borghese, ma che in qualche occasione si sono visti anche in tenuta antisommossa, tipo Celere, sebbene la legge lo vieti. Nuclei che si occupano –o che si sono occupati- di compiti specifici, come il contrasto del commercio abusivo, gli sgomberi o le retate anti-immigrati sui mezzi pubblici. Nuclei che fuoriescono dal quadro delle competenze e dei compiti tradizionali delle polizie municipali, per prefigurare quelle “polizie del sindaco”, sognate, ahinoi, non solo da amministratori leghisti ed ex-missini.
Quei nuclei, che di per sé rappresentano una realtà borderline, dal punto di vista normativo, formativo e della selezione del personale, sono stati coinvolti nel passato in diverse storiacce, finite anche sulla stampa cittadina. Di alcune di queste ci eravamo occupati anche noi in prima persona, quando eravamo in Consiglio regionale, come ad esempio la tenuta antisommossa, alcune risse, l’uso di equipaggiamento non in dotazione e di armi improprie o la schedatura su base etnica delle popolazioni rom e sinti ancor prima del governo nazionale.
Avevamo fatto interrogazioni in Consiglio regionale (a proposito, uno degli assessori regionali alla sicurezza di allora si chiamava Massimo Ponzoni…), avevamo fatto incontri specifici con il Prefetto di Milano, anche accompagnati da alcune rappresentanze sindacali dei vigili, e avevamo richiesto più volte interventi concreti per fermare almeno gli abusi e le violazioni di legge più palesi. Avevamo ottenuto molte parole, ma niente fatti.
Poi, appunto, è arrivata la primavera arancione e Milano ha voltato pagina. Nel programma del nuovo Sindaco c’è anche una scelta importante, di carattere strutturale: valorizzare la figura del vigile di quartiere e puntare sulla vicinanza al territorio. Cioè, l’esatto contrario della filosofia decoratiana, che derideva l’agente di Polizia Locale che stava sul territorio, per invece incentivare nuclei centralizzati e militarizzati, senza nemmeno prevedere una formazione adeguata.
In tempi brevi i nuovi vigili di quartiere inizieranno ad entrare in servizio e quei nuclei sono destinati a perdere rilevanza. Questo era già previsto, ma è opportuno ricordarlo.
Tuttavia, alla luce dei gravi fatti di lunedì scorso, è nostra convinzione che oggi occorra dare un segnale alla città e, dunque, accelerare questo processo. In particolare, bisogna procedere in tempi molto brevi a una riorganizzazione completa del sistema dei nuclei centralizzati e militarizzati. Qualcosa potrà essere aggiustato, altre cose vanno semplicemente smantellate. E questo a prescindere dalle eventuali responsabilità che potranno emergere dalle indagini sulla morte violenta del giovane cileno.
In secondo luogo, riteniamo che sia ingiustificabile, data la sua funzione istituzionale, che il Comandante della Polizia Locale, Tullio Mastrangelo, abbia immediatamente, pubblicamente e incautamente sposato la versione dei fatti dell’agente incriminato, omettendo peraltro di esprimere qualsiasi rammarico per la morte di Gomez Cortes.
Facendo così, il Comandante non è stato soltanto protagonista di una caduta di stile, ma ha fatto un cattivo servizio sia all’amministrazione cittadina, che allo stesso corpo della Polizia Locale.
I vigili urbani milanesi hanno subito da poco un grave lutto con l’infame omicidio di Niccolò Savarino ed è comprensibile e persino ovvio che questo aumenti non solo la rabbia, ma soprattutto le preoccupazioni ogniqualvolta si prende servizio e si va in mezzo alla strada. E proprio per questo sarebbe imperdonabile se qualcuno pensasse di utilizzare questo stato d’animo per costruire una sorta di spirito di corpo a difesa di ciò che non può e non deve essere difeso.
Oggi la magistratura ha bisogno di fiducia per poter accertare nei tempi più brevi possibili la verità. Milano ha bisogno di essere rassicurata che con il passato si chiude definitivamente. I vigili urbani milanesi hanno bisogno di quelle certezze e di quella vicinanza che gli permettono di non doversi arroccare, quasi a prescindere.
E, infine, una cosa che dovrebbe essere scontata, ma che in questi giorni non lo è. Cioè, esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia di Marcelo Valentino Gomez Cortes.
Non è abitudine di questo blog pubblicare interventi di altri, ma questa volta faccio un’eccezione e riproduco così come mi è arrivata la lettera di Danilo Tosarelli, agente della Polizia Locale di Milano e delegato sindacale dell’Usb. Parla dei nuclei speciali, creati e incentivati durante l’amministrazione Pdl-Lega della città, e parla dell’uccisione di Marcelo. Mi pare importante farla conoscere, proprio perché viene dall’interno del corpo, da qualcuno che quel mestiere lo fa tutti i giorni. È magari può funzionare anche come antidoto contro alcuni discorsi stucchevoli che si sentono in giro in questo periodo. Buona lettura.
Luciano Muhlbauer
P.S. la foto che accompagna questo post l’avevo scattata io nel corso dello sgombero del campo rom di Chiaravalle, a Milano, nel febbraio 2009. La tenuta antisommossa dei nuclei speciali della Polizia Locale di Milano non si vede più, ovviamente, ma è bene ricordare qual’è la filosofia che aveva portato alla loro costituzione e che forse spiega molto.
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UNA SCELTA NECESSARIA
Sono tra coloro che chiedono lo scioglimento del Nucleo Operativo della Polizia Locale di Milano. Questa scelta giunge dopo una riflessione che dura da tempo.
Basta girare tra i vari Comandi di zona e raccogliere le impressioni dei colleghi, per scoprire che questo Nucleo è sempre stato poco amato. Questione centrale la sua effettiva utilità ed il discutibile agio operativo che gli è sempre stato concesso.
Da sempre il sottoscritto e la sua organizzazione sindacale, rivendica la necessità di non sovrapporre i compiti e le funzioni della Polizia Locale a quelli di Polizia di Stato e Carabinieri, ma evidentemente non è opinione condivisa. Alcuni settori del Comando ed alcune Organizzazioni Sindacali si ostinano a difendere le prerogative operative di questo Nucleo.
Un nucleo di circa 60 colleghi che vede al suo interno scarsa esperienza professionale ed un alto tasso di sopravalutazione del proprio ruolo. Ne fanno gran parte colleghi che hanno poca anzianità di servizio e che sino ad oggi si sono sentiti più poliziotti che vigili. Una devianza inaccettabile.
Credo di poter affermare, che gli ultimi avvenimenti giungono a conferma che l'era DeCoratiana dei super poliziotti della Polizia Locale è davvero finita. Purtroppo il tragico episodio del Parco Lambro getta un'ombra inquietante sull'intero corpo della Polizia Locale di Milano ed io non voglio sentirmi complice di una morte che grida vendetta.
Sarà compito della Magistratura ricostruire i fatti, ma quello che è certo è che un uomo è stato colpito alle spalle e chi ha sparato è un vigile di Milano. Tutto ciò mi addolora. Lungi da me sputar sentenze, ma quello che mi sta a cuore e possiamo fare, è di recuperare i grandi valori e lo spirito democratico che ha sempre caratterizzato i Vigili di Milano.
Per me la colleganza è un valore importante, perché significa innanzitutto solidarietà. Ma la solidarietà non può essere cieca. Si deve scegliere a chi offrire la propria solidarietà. Personalmente non sono disponibile a difendere qualunque collega, sempre e comunque, solo perché indossa la mia stessa divisa. Ho sentito dichiarazioni interne al Corpo, ma anche di alcuni politici della Lega e del PDL, che mi hanno fatto rabbrividire.
Il rispetto della legge non può avere più binari. Tutti noi continuiamo ad essere cittadini dello stesso Paese e quindi assoggettati alle stesse leggi.
Dopodiché deve essere chiaro, mi rivolgo a chi come me da anni svolge lo stesso lavoro, che noi uomini e donne in divisa abbiamo più responsabilità di qualunque altro cittadino. Sono consapevole che tutto ciò sia impegno difficile e gravoso (spesso purtroppo non riconosciuto), ma credo sia questa la prerogativa essenziale per chiunque voglia rappresentare degnamente le nostre istituzioni.
Sono convinto che forte di questi valori, il vecchio Ghisa potrà ritrovare e consolidare l'affetto e la solidarietà di tutti i milanesi. Nel frattempo Milano piange un altro lutto.
DANILO TOSARELLI - Delegato USB Polizia Locale Milano Zona 2
22 febbraio 2012
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 29 febbraio 2012 (ripreso anche da Paneacqua.eu)
Milano sa essere strana. E anche la sinistra milanese, da quella istituzionale a quella di movimento, sa esserlo. Proviamo ad immaginarci cosa sarebbe accaduto un anno fa, ai tempi dell’amministrazione Moratti e De Corato, se un vigile urbano, appartenente ad un nucleo speciale, avesse ucciso con un colpo di pistola alla schiena un giovane straniero disarmato. Non c’è alcun dubbio che si sarebbe levato un moto di indignazione e, forse, avremmo pure organizzato una manifestazione di piazza.
Quindi, non è solo lecito, ma persino doveroso domandarci come mai non sia successo nulla di tutto ciò oggi, quando purtroppo il 29enne cileno Marcelo Valentino Gomez Cortes è stato davvero ucciso dal vigile, Alessandro Amigoni. Già, perché è scattata una sorta di rimozione collettiva in tempo reale, che ha impedito persino che si manifestasse un po’ di pietà e solidarietà umana. E così, nulla di sorprendente, ahinoi, che l’altro giorno la messa funebre per Marcelo, prima del rimpatrio del suo corpo in Cile, si sia svolta nella disattenzione generale e alla presenza di sole trenta persone, compresi la compagna e i due figli piccoli.
Una freddezza che non si deve certo all’incertezza circa la dinamica dei fatti, visto che quello che si sapeva sin dai primi giorni era ampiamente sufficiente per indignarsi. Insomma, quel 13 febbraio al Parco Lambro l’agente Amigoni, indagato per “omicidio volontario”, ha sparato da distanza ravvicinata, uccidendo con un colpo alla schiena Gomez Cortes. Non solo il giovane era disarmato, ma i tre colleghi di Amigoni hanno dichiarato che loro non avevano avvertito alcuna situazione di pericolo. In altre parole, sarà ovviamente l’azione giudiziaria ad accertare le responsabilità penali, ma una cosa è chiara oltre ogni ragionevole dubbio: quanto accaduto non può trovare giustificazioni.
Inoltre, la rimozione non si spiega nemmeno con quella reticenza politica che spesso e volentieri scatta quando a governare siamo “noi” e non “loro”. Già, perché il Sindaco Pisapia in questa vicenda non ha proprio alcuna responsabilità. Anzi, sta partendo proprio in questi giorni la riforma che valorizza la figura del vigile di quartiere, che è poi l’esatto contrario di quei nuclei centralizzati e militarizzati dei quali Amigoni faceva parte.
Infine, che nessuno tiri in ballo l’omicidio di Nicolò Savarino, il vigile milanese ucciso il 12 gennaio scorso, perché non c’entra proprio nulla. Può spiegare lo stato d’animo dei vigili milanesi, ma non può certamente giustificare lo sparo che ha ammazzato Marcelo.
C’è rabbia nella comunità cilena di Milano, per quello che è successo, ma anche per com’è stato trattato l’omicidio. E qui il problema è tutto nostro, cioè di noi della sinistra milanese, di quelli che si erano indignati ai tempi dell’amministrazione delle destre, quando i nuclei speciali facevano rastrellamenti anti-immigrati sui mezzi pubblici o sgomberavano campi rom vestiti da celerini.
So bene che a Milano non vogliamo più sentir parlare di quel passato che abbiamo archiviato nella primavera scorsa, ma che l’omicidio di Marcelo ci ricorda con brutalità. Ma non è girando la testa dall’altra parte che costruiamo il futuro, anzi, semmai rischiamo di riaprire le porte al passato.
Riformare la Polizia Locale di Milano e chiudere con le squadre di decoratiana memoria è possibile, anche perché lo vuole molta parte del vigili urbani. Ma il silenzio e la disattenzione non aiutano per nulla. E poi, diciamocelo, quella mancanza di umanità ci dovrebbe far vergognare un po’.
Ma cosa succede nella Questura di Milano? Troppi fatti in troppo poco tempo per non porsi qualche serio interrogativo ed esigere qualche risposta, specie dopo l’intervento irresponsabile e pazzesco al rave di Cusago, sabato sera. Beninteso, forse sono solo coincidenze, ma considerato che queste coincidono con le prime settimane di lavoro del nuovo Questore, Luigi Savina, insediatosi all’inizio di ottobre, ci pare doveroso parlarne.
Tralasciamo per un attimo le botte agli studenti per non farli arrivare sotto gli uffici di Roberto Formigoni del 5 ottobre scorso, per concentrarci invece sull’ultima settimana. Lunedì 22 ottobre, nel quartiere San Siro, è andato in scena lo sgombero di un appartamento nella case popolari, occupato da una famiglia, e si è presentato anche il reparto mobile della Questura. Ahinoi, non è la prima volta che accade, ma la violenza dell’intervento contro il presidio solidale, composto da abitanti delle case e da attivisti del Cs Cantiere, è stato senz’altro di un'intesità non consueta. Manganelli che volavano, teste spaccate e, poi, quella scena ripresa in un video, dove una ragazza viene gratuitamente e violentemente picchiata da un uomo in borghese. Su questa mattinata ci vorrebbero molte spiegazioni, ma soprattutto vorremmo sapere chi è quell’uomo che picchia la ragazza? Un agente di polizia, un funzionario Aler, uno che passava da lì per caso, un fantasma?
Dopo lunedì è arrivato martedì e con esso, un po’ a sorpresa, visto che erano passati solo pochi giorni dallo scambio pubblico di lettere tra Comune e Questore sull’argomento, è scattato anche lo sgombero del Lambretta di piazza Ferravilla. Per fortuna, questa volta, di teste spaccate non ce n’erano, forse in ragione del fatto che diversi ragazzi erano minorenni, ma alla fine è stato ristabilito il vuoto ed impedito ogni dialogo.
Ma la settimana non era ancora finita e così arriviamo a sabato, alla vicenda del rave di Cusago, in provincia di Milano. E qui non parliamo “solo” di teste spaccate, ma di una ragazza finita gravissima in ospedale (e le facciamo tutti i nostri auguri) e probabilmente dobbiamo ringraziare il cielo che non sia successo nulla di più grave.
Insomma, la Questura, perfettamente informata sul rave e dopo aver dato sostanzialmente il via libera all’afflusso delle persone, ha cambiato idea in serata, quando nel capannone c’erano già circa 1000/1500 persone, e a questo punto ha fatto intervenire la Celere per sgomberare il rave… Una scelta talmente irresponsabile, pericolosa e incomprensibile, che metteva palesemente a rischio l’incolumità delle persone, da provocare persino l’aspra critica pubblica di due sindacati di polizia, il Siap e il Siulp, oltre che ovviamente quello degli organizzatori del rave. Anche in questo caso, qualcuno deve urgenti spiegazioni.
Luciano Muhlbauer
Il taser, cioè la pistola che spara scariche elettriche, e la telecamera integrata nella divisa stanno per fare il loro ingresso ufficiale nell’equipaggiamento della polizia italiana. Siamo ancora a livello sperimentale, ovviamente, come peraltro accade da inizio anno con lo spray al peperoncino, ma ci sono pochi dubbi che la strada sia ormai tracciata.
Infatti, le microcamere applicate al gilet dei reparti mobili potrebbero essere utilizzate già il 2 ottobre a Napoli, in occasione delle manifestazioni di protesta contro il vertice Bce, mentre è di ieri la notizia che alla Camera le competenti Commissioni hanno approvato un emendamento che introduce il taser.
Dei famosi numeri identificativi sul casco degli agenti dei reparti mobili di Polizia e Carabinieri, invece, non si parla più nemmeno a Chi l’ha visto?. Eppure si tratterebbe di una misura tutt’altro che sovversiva, visto che quel numero se lo portano addosso in quasi tutti i paesi europei, dalla Germania alla Francia, e persino nell’autoritaria Turchia. Ce l’hanno semplicemente perché i superiori vogliono sapere chi fa che cosa.
E qui da noi? È risaputo che nelle questure e negli equilibri interni alla polizia di stato i reparti mobili e le loro rappresentanze hanno ormai acquisito notevole potere contrattuale e, quindi, sembra che nessun Ministro o partito di governo (e non solo di governo) abbia voglia di porre seriamente il problema. E soprattutto fa terribilmente comodo non porre il problema, specie quando mandi la celere a reprimere senza nemmeno pagare gli straordinari oppure quando metti in campo operazioni violente e palesemente illegali, come la macelleria messicana alla Diaz nel 2001.
È così l’asimmetria, che nelle vicende di piazza c’è sempre stata, si fa però davvero insopportabile. Grazie alla microcamera sul gilet dei reparti mobili, le forze dell’ordine potranno ora riprendere anche quel poco che finora era sfuggito alle numerose telecamere già presenti in occasione di manifestazioni, scioperi e presidi, ma in cambio, addirittura in caso di abusi palesi e documentati, non sarà possibile identificare i dirigenti o agenti di pubblica sicurezza responsabili
Ma quello che indigna veramente è la leggerezza e la naturalezza con le quali si coltiva quella asimmetria. Del numero identificativo non si può nemmeno discutere, ma l’introduzione del taser viene fatta in un batter d’occhio, senza alcun dibattito, sebbene sia universalmente noto che l’arma “non letale” abbia provocato numerose conseguenze letali in giro per il mondo. Infatti, secondo Amnesty International i morti per taser sarebbero 864 soltanto in Usa e Canada, dal 2001 a oggi. E cosa potrà mai succedere nel paese di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi?
Davvero, a parte le solite voci che per fortuna non si spengono mai, nessuno sente il dovere di dire o fare qualcosa? Davvero non c’è il coraggio di affrontare la questione ora e qui, prima di dover piangere altre vite rubate?
Luciano Muhlbauer
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