Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Sabato 5 giugno si terranno a Milano due mobilitazioni a cui vale la pena partecipare, sebbene si tengano purtroppo in contemporanea, ma in cambio a poca distanza. Insomma, vedete voi, se non siete via per il ponte, andateci, almeno a una.
- Alle ore 15.00, in Largo Cairoli, si trovano i lavoratori e le lavoratrici dei sindacati di base Usb, Confederazione Cobas e Slai-Cobas, per la manifestazione regionale contro la manovra economica del Governo. In contemporanea c’è anche un corteo nazionale a Roma.
La parola d’ordine della manifestazione è “la crisi va pagata da chi l’ha provocata”. Noi siamo completamente d’accordo. Comunque, se volete conoscere meglio le posizioni dei sindacati di base andate a visitare i loro siti: Usb, Confederazione Cobas e Slai-Cobas.
Infine, vi segnaliamo che si tratta della prima mobilitazione sindacale contro la manovra che si tiene in Italia.
- Sempre alle ore 15.00, in piazza Cordusio, si tiene l’iniziativa convocata dal Comitato Primo Marzo e dal Comitato Immigrati in Italia “contro la sanatoria truffa”. Il riferimento è alla sanatoria di colf e badanti di un anno fa e al fatto, poco conosciuto a livello pubblico, che molti lavoratori e lavoratrici immigrati che hanno partecipato alla sanatoria si trovano oggi inguaiati, chi per disonestà del datore di lavoro, chi per i meccanismi poco trasparenti della sanatoria. Comunque, se volete approfondire di più la vicenda della sanatoria 2009 vi consigliamo lo speciale di melting pot.
 
Da parte nostra condividiamo le motivazioni e le richieste di ambedue le iniziative. E quindi, invitiamo a partecipare.
 
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Il blitz notturno, organizzato dalla direzione della Mangiarotti Nuclear Spa, con il quale sono stati asportati dallo stabilimento di viale Sarca, a Milano, alcuni manufatti, rappresenta una grave provocazione da parte dell’azienda, resa possibile soltanto grazie al vuoto di iniziativa da parte delle istituzioni, in particolare di Regione Lombardia.
Com’era già successo a suo tempo nel caso dell’Innse di Lambrate, l’immobilismo delle istituzioni viene interpretato dalla proprietà come un via libera ad atti provocatori, tesi ad imporre con i fatti compiuti ciò che non soltanto è insensato, ma anche illegale.
Il governo regionale lombardo era stato investito del caso Mangiarotti Nuclear all’inizio dell’anno, anche grazie alla nostra iniziativa istituzionale. E nonostante fosse palese che il progetto di chiusura dello stabilimento milanese non era giustificato e che la direzione aziendale aveva violato gli accordi sindacali sottoscritti, l’Assessore regionale al Lavoro, Rossoni, aveva dato parere positivo all’estensione della cassaintegrazione alla totalità delle maestranze.
La collocazione in Cigs degli operai della Mangiarotti è stata poi revocata, all’inizio di marzo, su iniziativa del giudice del lavoro, che aveva accolto pienamente il ricorso della Fiom e sbugiardato di fatto l’Assessore regionale.
Da tre mesi, dunque, gli operai sono tornati al lavoro, ma Regione Lombardia è rimasta sonnolente, come se la questione della salvaguardia dell’attività produttiva e dei posti di lavoro fosse una questione che riguarda soltanto i lavoratori e il giudice.
Chiediamo quindi nuovamente e con forza quanto avevamo già chiesto ripetutamente nei primi mesi dell’anno: il governo regionale intervenga al fianco degli operai, della legge e del buon senso. E lo faccia subito, ponendo un freno all’arroganza padronale.
E lo chiediamo in particolare al nuovo Assessore all’Industria, Andrea Gibelli, perché non ripeta le inqualificabili ed incompetenti performance del suo predecessore, Romano La Russa.
Nel frattempo, esprimiamo il nostro completo sostegno agli operai della Mangiarotti, che in questo momento stanno presidiando gli uffici della direzione aziendale, riconfermando il nostro impegno al loro fianco.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
visita il blog della Rsu della Mangiarotti Nuclear di Milano
 
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Gli operai della Mangiarotti Nuclear, in seguito alla provocazione padronale, hanno prima presidiato la sede della direzione aziendale a Milano, in via Piero e Alberto Pirelli n. 6, e poi anche occupato gli uffici.
La proprietà, che si trova in Friuli, ha chiesto immediatamente l’intervento delle forze dell’ordine per liberare con la forza gli uffici, ma il Questore non gli ha dato per ora retta, anche perché il Prefetto di Milano, dopo aver anche sentito nel tardo pomeriggio i dirigenti milanesi della Fiom, ha deciso di convocare per domani mattina, alle 11.00, presso la Prefettura, le parti, compreso il proprietario che dovrà muoversi da Udine.
Allo stato, dunque, gli uffici della direzione in via P.e A. Pirelli sono occupati da un gruppo di operai e davanti alla sede del palazzo è in corso un presidio. E questa situazione non cambierà fino a quando non si saprà l’esito dell’incontro di domani mattina in Prefettura. Dopo, gli operai decideranno.
 
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di lucmu (del 10/06/2010, in Lavoro, linkato 1320 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale AprileOnline.info il 10 giugno 2010
 
In fondo a viale Sarca, alla periferia nord-est di Milano, proprio sul confine con Sesto San Giovanni, la fu "Stalingrado d'Italia", si trova la Mangiarotti Nuclear. I suoi operai, un centinaio, sono in lotta dall'anno scorso per impedire la chiusura dello stabilimento e la perdita del posto di lavoro.
Ieri hanno dovuto affrontare l'ennesima provocazione del management che, come i ladri di pollo, aveva approfittato della notte per portare fuori dalla fabbrica due manufatti, nonostante questo contravvenisse alla sentenza del Tribunale di Milano. Gli operai hanno reagito e sono andati ad occupare gli uffici della direzione nella vicina via Pirelli, dove hanno passato la notte.
Ma quello che è successo in questi giorni non è che l'epilogo provvisorio di una storia che si trascina da tempo e dove l'elemento dominante non è tanto l'arroganza padronale, ma piuttosto il menefreghismo delle istituzioni territoriali -Comune di Milano, Provincia e Regione- che la rende possibile.
Lo stabilimento, che produce componenti per centrali nucleari, aveva attraversato tutte le fasi della deindustrializzazione del territorio milanese. Una volta era della Breda, poi si trasformò in Ansaldo Energia e, poi ancora, nel 2001, fu ceduto al gruppo bresciano Camozzi, l'attuale proprietario dell'Innse. Quest'ultimo, due anni fa, vendette la fabbrica, ma non il terreno, alla Mangiarotti Nuclear Spa, con sede nel Friuli.
A questo punto, però, i guai per gli operai di viale Sarca iniziarono a farsi seri, poiché apparve subito chiaro che la nuova proprietà non era interessata a mantenere in vita lo stabilimento milanese. Beninteso, non perché mancasse il lavoro, visto il tipo di produzione e la presenza di una commessa internazionale nuova di zecca della Westinghouse, per la produzione di componenti per una centrale in Cina, ma perché intendeva spostare la produzione in un nuovo impianto friulano.
E così, dopo aver firmato il 30 aprile 2009 un accordo sindacale, in cui si impegnava "al mantenimento dello stabilimento produttivo di Milano", confermando "la fabbricazione di componenti nucleari, attualmente acquisiti", la proprietà fece invece l'esatto contrario.
Cioè, nell'autunno spostò tutto il lavoro della commessa in Friuli e chiese l'estensione della cassa integrazione alla totalità dei lavoratori addetti alla produzione. In altre parole, chiese il via libera per la dismissione dell'attività produttiva.
Nonostante fossero manifesti la violazione degli accordi sindacali, l'illegittimità della richiesta di Cigs e il carattere pretestuoso dello spostamento della produzione, Regione Lombardia diede "parere non ostativo" alla richiesta aziendale, come comunicò formalmente il 12 gennaio scorso in Consiglio, in risposta alla nostra interrogazione, l'assessore regionale al lavoro.
L'azienda aveva motivato lo spostamento della produzione con gli eccessivi costi di trasporto da Milano, ma è un ragionamento che non sta in piedi. Infatti, a pochi chilometri da viale Sarca si trova lo stabilimento dell'Innse, che ha ripreso alla grande la produzione. E che cosa produce? Componenti per centrali nucleari e i costi di trasporto non sembrano proprio essere un problema.
No, la vera ragione sta da un'altra parte. In Friuli c'è uno stabilimento nuovo e la proprietà punta sul fatto che gli operai, privi di una tradizione sindacale paragonabile a quella degli operai di viale Sarca, siano più docili e più a buon mercato. E poi, c'è la vicenda dei terreni, che si trovano in una zona ormai post-industriale e dove oggi abbondano gli affari immobiliari. C'è chi dice che c'entra, c'è chi giura il contrario, ma sta di fatto che Camozzi, il proprietario dei terreni, non ha mai pronunciato una parola chiara in merito.
Comunque sia, anche se il governo regionale lombardo aveva chiuso occhi ed orecchie di fronte agli inganni della Mangiarotti, il giudice del lavoro di Milano, su ricorso della Fiom, ha rimesso le cose a posto, almeno da un punto di vista giuridico. Nel marzo scorso ha revocato la collocazione in cassaintegrazione degli operai, perché illegittima, e ha ordinato all'azienda di riportare la commessa nello stabilimento milanese.
Ma poi, appunto, grazie al sonno delle istituzioni, la proprietà è passata alle vie dei fatti. E, invece di riportare la commessa in azienda, la proprietà ha asportato anche gli ultimi due pezzi di quella commessa rimasti a Milano.
 
P.S. Mentre scriviamo, gli uffici direzionali sono tuttora occupati e Tarcisio Testa, uno dei proprietari della Mangiarotti, ha ribadito al Prefetto di Milano che di rispettare le decisioni del Tribunale di Milano non se ne parla neanche e che la produzione va spostata in Friuli. Punto e a capo.
 
Pubblicato alle ore 17:25 del 10 giugno 2010 su www.aprileonline.info
 
N.B. ora sono le ore 23.30, l’occupazione degli uffici della direzione continua. La delegazione dei lavoratori e della Fiom era uscita dalla Prefettura verso le 21.00. Niente da fare, la proprietà non cambia posizione, si mostra molto arrogante e il fatto che stia violando le sentenze del tribunale non sembra scandalizzare le istituzioni… Conclusione: l’occupazione va avanti. Forse domani all’alba arriva la polizia per sgomberare o forse domani il Prefetto farà un altro tentativo. Vedremo. Comunque sia, i lavoratori vanno avanti con la lotta, che sarà ancora lunga, e hanno bisogno di solidarietà, domani e nei giorni a venire.
 
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Quanto avvenuto stamattina è di una gravità inaudita, poiché, mediante l’uso della forza pubblica, è stato ristabilito il regime di illegalità, costruito e persino rivendicato dalla proprietà di Mangiarotti Nuclear Spa.
Sono passati tre mesi dalla sentenza del Tribunale di Milano che imponeva a Mangiarotti Nuclear di riportare nello stabilimento di viale Sarca le produzioni da lì spostate in maniera illegittima e in piena violazione degli accordi sottoscritti dallo stesso management. E non solo non è stata rispettata la decisione del giudice, ma due giorni fa la direzione ha persino fatto asportare di notte dalla fabbrica gli ultimi due pezzi di quella commessa rimasti a Milano, in piena e palese violazione dell’ordine del giudice.
Eppure, tutte queste illegalità e provocazioni non hanno suscitato alcune reazione da parte delle istituzioni, né di quelle politiche, né di quelle preposte all’applicazione della legge.
Tutt’altro discorso vale, invece, per gli operai. Dopo appena due giorni di pacifica occupazione degli uffici della direzione della Mangiarotti, in segno di protesta contro le illegalità della proprietà, e dopo qualche ora soltanto dalla fine infruttuosa degli incontri con proprietà e sindacati in Prefettura, terminati verso le 21.00 di ieri sera, la Questura ha mandato la Celere e sgomberato gli operai che occupavano come se fossero dei delinquenti.
Se stamattina, poco dopo le ore 6.00, nessuno si è fatto male, questo è merito esclusivamente del senso di responsabilità dei lavoratori della Mangiarotti, presenti al presidio davanti alla sede occupata in una cinquantina.
Due pesi e due misure. Una tolleranza totale nei confronti delle illegalità del padrone, un accondiscendere continuo rispetto all’arroganza di uno dei proprietari, Tarcisio Testa, che nei suoi comportamenti ricorda sempre di più il tristemente famoso Genta dell’Innse, ma una totale inflessibilità nei confronti degli operai e una completa disattenzione rispetto alla legge e alle ordinanze della magistratura. È come se l’articolo 41 della Costituzione, che così poco piace al Presidente del Consiglio, fosse già stato abolito!
Infine, una domanda. Considerato che la Mangiarotti non produce noccioline, ma componenti per centrali nucleari, siamo proprio sicuri che questa proprietà, che vuole chiudere dove c’è competenza e professionalità e che mostra spregio rispetto alle regole, sia in grado di garantire le condizioni di sicurezza e l’affidabilità necessarie a produzioni così delicate?
Insomma, qualcuno tra Prefettura, Provincia, Comune, Regione o Governo vuole intervenire o no, per garantire la difesa dell’occupazione e il rispetto della legge, nonché del buon senso e di un minimo di decenza?
 
Guarda su You Tube
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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In questi giorni e in queste ore Confindustria e Governo sono protagonisti di un’ignobile campagna di linciaggio mediatico contro la Fiom, additata come irresponsabile ed ideologica perché non ha accettato di sottoscrivere il testo della Fiat sullo stabilimento di Pomigliano.
Marcegaglia e Sacconi replicano pari pari il merito e i toni del ricatto della Fiat, che dice o accettate le nostre condizioni oppure chiudiamo anche Pomigliano, per portare anche quella produzione e quel lavoro in Polonia.
È inaccettabile il ricatto ed è inaccettabile il mare di bugie che lo accompagna, perché non è vero che la Fiom e gli operai non sono disponibili a trattare per aumentare la capacità produttiva e la produttività dello stabilimento napoletano. È vero, invece, che la Fiat intende imporre un contratto aziendale, il quale, derogando ai principi del contratto nazionale e del diritto di sciopero, si propone come leva per far saltare il contratto nazionale stesso.
La gravità della posizione politica del governo sta in questo, nello schierarsi supinamente con gli interessi dei capi della Fiat e di Confindustria e nell’assumere le organizzazioni sindacali che fanno il loro mestiere come nemici politici da schiacciare. Una fedele riproduzione, insomma, della logica della manovra economica, dove gli unici a pagare il conto dovrebbero essere i lavoratori.
Irresponsabili ed ideologici sono quanti in questo momento lavorano per isolare la Fiom e gli operai della Fiat di Pomigliano, sia attraverso le loro parole, che con il loro silenzio.
Come lavoratore dipendente (iscritto al sindacato Usb) e cittadino, prima ancora che come attivista politico, prendo dunque parola e mi schiero da parte degli operai e della Fiom, perché la ripresa produttiva a Pomigliano avvenga in condizioni decenti e giuste per i lavoratori.
 
per saperne di più leggi il comunicato stampa della Fiom di ieri, che spiega le posizioni del sindacato.
 
E per conoscere direttamente quali siano le “proposte” dell’azienda –tra virgolette, perché la Fiat non intende finora discutere nemmeno una virgola- cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo integrale ed originale portato al tavolo di trattativa da parte della Fiat:
 

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Iniziano le azioni di sciopero contro la manovra economica del governo, con lo sciopero generale del Pubblico Impiego per l’intera giornata di lunedì 14 giugno, proclamato dal sindacato di base Usb. In diverse città si terranno manifestazioni. A Milano l’appuntamento è alle ore 9.30 in Largo Cairoli.
Nel comparto scuola, lo sciopero proclamato dai Cobas è articolato, invece, regione per regione. Sette regioni hanno già scioperato settimana scorsa, con un’adesione al blocco degli scrutini superiore alle aspettative, mentre le altre regioni sciopereranno il 14 e il 15 giugno.
La Cgil ha convocato uno sciopero generale per venerdì 25 giugno (4 ore nel settore privato, intera giornata in quello pubblico). Nello stesso giorno aveva già proclamato lo sciopero anche la Cub.
Cisl, Uil, Ugl e autonomi, da parte loro, continuano nella loro linea filo-governativa e allo stato non hanno promosso alcuna azione di mobilitazione.
Insomma, una parte delle organizzazioni sindacali pratica ormai esplicitamente il suo ruolo collaterale al governo e al padronato, mentre dall’altra parte continuano a prodursi troppe divisioni sulle azioni di lotta. Alcune voci si stanno levando dal basso, al fine di cercare più unità. Tra queste vi segnalo l’iniziativa dei lavoratori di alcune aziende in crisi del milanese, il cui appello puoi leggere (e far girare e sottoscrivere) sul sito degli operai in lotta della Maflow.
Detto questo, comunque, domani si sciopera. Ed è uno sciopero sacrosanto contro una manovra economica, corredata da una miriade di altre misure annesse, dagli interventi sull’età pensionabile fino alle annunciate modifiche costituzionali in materia di impresa, passando per la prosecuzione dei tagli della “riforma Gelmini” nella scuola, che scaricano l’intero peso della crisi sui soli lavoratori, colpendo in particolare, ma non soltanto, i lavoratori pubblici e le Regioni e gli enti locali (e dunque i cittadini, che si vedono tagliati i servizi da questi erogati).
Ma per tornare allo sciopero del pubblico impiego del 14 giugno, ecco alcune misure della manovra che riguardano i lavoratori pubblici:
  • blocco dei rinnovi contrattuali 2010-2012;
  • blocco delle retribuzioni (sia quella base, che quella integrativa) per 4 anni, fino al 2013, cioè una riduzione dello stipendio reale;
  • riduzione del 50% delle spese per la formazione del personale;
  • riduzione del 50% delle spese per le missioni;
  • proroga di altri 2 anni del blocco delle assunzioni (e dunque una quasi impossibilità di regolarizzare i numerosi precari che lavorano nel pubblico);
  • riduzione delle “finestre” d’uscita per la pensione, con il conseguente slittamento di un anno;
  • innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia per le dipendenti pubbliche da 60 a 65 anni;
  • a questo si aggiungono gli effetti della riforma del Tfr, che con l’equiparazione del regime delle liquidazioni nel pubblico impiego a quello vigente nel settore privato, si traduce, a partire dal 1° gennaio 2011, in una riduzione di quanto finora percepito dai lavoratori pubblici;
  • previsione di ridurre di 400mila unità i posti di lavoro nel pubblico impiego, mediante la non sostituzione del turn-over, che provocherà, secondo le stime, una riduzione del personale di 156mila lavoratori nella Sanità e di 60mila negli Enti Locali.
 
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Oggi pomeriggio il Comitato Centrale -il massimo organo decisionale- della Fiom ha detto di no al ricatto della Fiat sullo stabilimento di Pomigliano, rifiutandosi dunque di cedere all’ignobile campagna di linciaggio in atto.
La Fiom, quindi, non firma il documento della Fiat e dice no ad un eventuale referendum, poiché il diritti costituzionali dei lavoratori e delle lavoratrici non possono essere aggirati o eliminati con una consultazione aziendale con la pistola puntata (e poi, quelli che oggi parlano di referendum sono gli stessi che l’avevano negato agli operai in occasione del contratto nazionale separato dei metalmeccanici) .
È significativo che la posizione della Fiom di oggi sia stata presa all’unanimità. Cioè, ha votato a favore dei documenti conclusivi –che puoi scaricare cliccando sull’icona in fondo all’articolo- anche la minoranza dei metalmeccanici, che fa riferimento alla maggioranza della Cgil di Epifani. Rimangono così delusi i furbetti che hanno puntato a giocare in casa Fiom.
Inoltre, la Fiom ha proclamato 8 ore di sciopero dei metalmeccanici per il 25 giugno.
Tutto questo non significa ovviamente che la Fiom considera chiusa la vicenda. Anzi, il documento votato, così come avevano già fatto le posizioni espresse nei giorni precedenti, si dice disponibile a trattare sugli obiettivi produttivi della Fiat. Ma, appunto, si dichiara indisponibile all’operazione di deroga al contratto nazionale e ai diritti dei lavoratori, fissati dalla legge e dalla Costituzione, che nulla c’entra con la produzione della Panda, ma che c’entra invece molto con la voglia matta della Fiat (e di Confindustria e del Governo) di riscrivere le relazioni industriali in pieno stile anni ’50, non solo nel gruppo Fiat, ma sul piano nazionale.
Come avevamo già scritto su questo blog, noi stiamo dalla parte della Fiom e lo ribadiamo ancora una volta oggi.
 
Cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare i due documenti (su Pomigliano e sullo sciopero di 8 ore il 25 giugno) votati oggi all’unanimità dal Comitato Centrale della Fiom:
 

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Fa davvero impressione l’ottusità di uomini come il vicesindaco De Corato, che proprio non ce la fanno a trovare modi diversi dagli sgomberi, dalle minacce e dai divieti per rapportarsi a quelle parti della città che non sono come loro vorrebbero.
La parole del vicesindaco De Corato o del Presidente del Consiglio di Zona 6, Girtanner, anche lui di provenienza An, espresse in merito allo sgombero di Lab Zero, in Ripa di Porta Ticinese 83, sono semplicemente penose nella loro pochezza.
Secondo Girtanner, un vero signore, gli occupanti, in gran parte studenti, “erano paragonabili ai loro cani”, mentre De Corato si diletta nel suo sport preferito, cioè facendo la lista dei luoghi a lui politicamente sgraditi e dunque da eliminare militarmente in vista della campagna elettorale.
Quanto allo svolgimento dello sgombero di Lab Zero di questa mattina, c’è da evidenziare soltanto la teatralità politica dell’azione delle forze dell’ordine, intervenute con palese sproporzione di uomini e mezzi e con l’aggiunta di qualche inutile distruzione di cose all’interno dello stabile.
Insomma, siccome la premessa era che lì dentro c’erano dei soggetti pericolosi, allora bisognava pure giustificarla, mobilitando mezzo esercito. E visto che poi tutto si è svolto senza incidenti, essendo evidentemente i soggetti pericolosi un po’ meno pericolosi di quanto gridato ai quatto venti, allora a De Corato non è rimasto altro che la miseria di riesumare per l’ennesima volta la storia familiare di Valerio Ferrandi, che non c’entra nulla, ma che in cambio fa audience.
Detto diversamente, un’altra giornata da dimenticare nella grigia Milano del centrodestra, che oggi ha perso un altro spazio sociale.
Da parte nostra, continuiamo a batterci perché a Milano possano esistere e crescere gli spazi sociali, perché riteniamo che essi siano un sano antidoto contro la desertificazione culturale e sociale che tanto piace al Sindaco e al suo vice.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo originale ed integrale dell’accordo separato sullo stabilimento di Pomigliano d’Arco (NA), sottoscritto dalla Fiat con Fim, Uilm, Fiscmic nella giornata di martedì 15 giugno (peso: 2,5 Mb)
 

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