Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 19/06/2012, in Lavoro, linkato 993 volte)
La richiesta del Governo Monti di accelerare l’approvazione del ddl lavoro, che manomette l’articolo 18 e taglia gli ammortizzatori sociali, l’incredibile truffa ai danni degli “esodati”, il forte aumento della pressione fiscale sui lavoratori e sui ceti medi e la contestuale assenza di interventi fiscali sui redditi alti e sulla rendita finanziaria e, infine, le pesanti nubi che si addensano sulla testa dei lavoratori pubblici con l’arrivo della “spending review”, sono tutti fatti che meriterebbero una forte e decisa iniziativa da parte del mondo del lavoro, cioè lo sciopero generale. E, infatti, in molti altri paesi europei succede proprio così, ma non in Italia, dove invece si fa l’esatto contrario.
Non si era ancora spento l’eco delle parole di Monti e Fornero, che ieri avevano spiegato alla loro maggioranza parlamentare che bisognava fare in fretta ed approvare il ddl sul mercato del lavoro prima del Consiglio europeo del 28 giugno, quando il Direttivo della Cgil ha votato a maggioranza, con la contrarietà di “La Cgil che vogliamo” che ha abbandonato la sala, di cancellare le 8 ore di sciopero generale decise nel marzo scorso, ma mai proclamate dalla Segretaria. In loro vece si farà, invece, una mobilitazione con Cisl e Uil in autunno, cioè fuori tempo massimo.
Ebbene, non facciamo parte di quanti assegnano allo sciopero generale poteri quasi soprannaturali, specie di questi tempi, quando scioperare rappresenta un costo economico non indifferente per molti lavoratori, ma da qui a sostenere che non bisogna nemmeno tentare di contrastare la controriforma sociale ce ne passa. Peraltro, c’è pure un precedente, cioè la riforma delle pensioni, che dimostra quanto sia deleterio non opporsi a certi provvedimenti, considerato che la truffa contro i lavoratori “esodati” è nata proprio da lì.
No, lo sciopero generale andava fatto, già molto prima e seriamente. E l’unico motivo per cui non è stato fatto e che era stata persino accreditata la favola che l’articolo 18 fosse salvo, sta nell’assoluta mancanza di autonomia dal quadro politico e dal governo da parte dei gruppi dirigenti non solo di Cisl e Uil, ma anche della Cgil. Ne dovrebbero prendere atto anzitutto quanti ultimamente si sono esercitati nel puntare il dito contro la Fiom, perché “fa politica”.
A questo punto, ci sarà ovviamente molto da ragionare e discutere, perché decisioni come queste, anche se non sorprendono, sono destinate a lasciare il segno. Comunque sia, non è solo l’ora del ragionamento, ma anche e soprattutto quello dell’azione.
Per quanto mi riguarda ritengo necessario sostenere tutte le mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici che si pongono l’obiettivo di contrastare la controriforma sociale e di costruire un’opposizione che assuma il punto di vista del lavoro come bussola. E una prima occasione c’è già venerdì, 22 giugno, con lo sciopero generale proclamata dal sindacalismo di base (a Milano, corteo con partenza alle 9.30, da L.go Cairoli).
 
Luciano Muhlbauer
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Articolo di Luciano Muhlbauer pubblicato sul giornale on line MilanoX il 15 giugno e su il Manifesto il 16 giugno 2012
 
Sabato a Milano c’è un corteo con e per i lavoratori di Basiano. Bisogna andarci e invitare altri ed altre a fare altrettanto. Punto e a capo, senza le nostre solite questioni di sigle, annessi e connessi. Ebbene sì, questa volta c’è una sola cosa da fare: prendere parte e schierarsi, perché tra l’operaio licenziato e il padrone che lo fa manganellare non esiste una terza via.
Bisogna schierarsi con chi ha subito un sopruso in nome della solidarietà, certo, ma anche nell’interesse dell’insieme del mondo del lavoro. Basiano non riguarda soltanto quei 90 operai licenziati, in maggioranza di origine egiziana e pachistana, ma noi tutti. Oggi è toccato a loro, ma sarebbe una grave ingenuità pensare che si tratti di un fatto inedito o di una storia che non si possa riprodurre anche altrove.
Infatti, il significato ultimo della vicenda di Basiano non sta nel suo epilogo temporaneo, cioè nel violento intervento dei carabinieri, nei lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, nei tanti feriti e nei 19 arresti, bensì in quello che è avvenuto prima, nella dinamica che ha portato a quel lunedì mattina.
I lavoratori picchettavano quell’azienda perché gli era stato comunicato il loro licenziamento. E non perché il loro lavoro non servisse più, anzi, ma molto più banalmente perché al loro posto vorrebbero mettere altri operai, sempre immigrati, ma pagati ancora meno. “Non si può fare”, penserete voi, ma vi sbagliereste, perché non solo si può fare, ma in alcuni settori economici lo si fa persino abitualmente. E uno di questi settori è, appunto, quello della logistica.
Funziona così: un importante gruppo della grande distribuzione, nel nostro caso “il Gigante”, appalta alcuni processi lavorativi ad alta intensità di manodopera, tipo la movimentazione merci e il magazzinaggio, a una società esterna, la quale a sua volta evita di assumere direttamente personale e procede a uno o più subappalti. Comunque sia, alla fine di questo gioco di scatole cinesi troviamo le cooperative, una delle forme d’impresa più micidiali per quanto riguarda l’elusione di norme e contratti. Se poi l’azienda madre, nel nostro caso “il Gigante”, decide di risparmiare ulteriormente sul costo del lavoro, allora è sufficiente sostituire un appalto con un altro e voilà il gioco è fatto, senza procedure, trattative sindacali, statuti dei lavoratori o altre fastidiose perdite di tempo.
Un meccanismo infernale, spacciato per modernità, ma che in realtà ci porta indietro di cent’anni, a quel clima che molti pensavano appartenesse ormai soltanto a quei film in bianco e nero, dove il padrone licenzia gli operai per sostituirli con altri operai e se poi qualcuno protesta, allora arrivano le botte. Almeno, a quei tempi le cose erano chiare, il padrone rivendicava il suo diritto di fare così, mentre oggi siamo impantanati nella palude dell’ipocrisia e della menzogna.
Comunque, a questo punto vi sarà suonato qualche campanello d’allarme. Già, perché la storia di appaltare il lavoro a delle cooperative, invece che assumere, la troviamo ormai un po’ dappertutto, nel privato e nel pubblico, nelle ferrovie e negli ospedali, nell’industria e nell’edilizia. E le cooperative, insieme ad altre forme di lavoro una volta dette “atipiche” (interinale, somministrato, a chiamata ecc.), altro non sono che il modo concreto in cui si sta smantellando quel sistema di regole e diritti conquistato in lunghi decenni di aspro conflitto sociale.
Ora, come tutti sappiamo, in nome della crisi e dello stato di necessità, si tenta l’assalto finale al nucleo duro dei diritti e delle regole che ancora resiste. Dalla vicenda Fiat fino al ddl sul mercato del lavoro, passando per il pubblico impiego, il punto è sempre e soltanto questo e Monti, durante nella sua recente visita a Berlino, l’ha ribadito a chiare lettere, parlando di “eccessiva protezione” dei lavoratori italiani e rassicurando Confindustria, perché vedrà “quanto potente sarà l’impatto di aver ora la libertà di procedere con licenziamenti individuali senza passare dal giudice”.
Insomma, pensare che Basiano riguardi soltanto gli operai pestati lunedì mattina o il mondo della logistica o al massimo i lavoratori immigrati, sarebbe un errore imperdonabile. Basiano oggi, come Pomigliano ieri, raccontano la medesima storia, quella di noi tutti. Ecco perché non si devono lasciare da soli gli operai di Basiano.
 
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Appello di convocazione della manifestazione:
 
NO AI LICENZIAMENTI! BASTA SFRUTTAMENTO E CAPORALATO!
UNITI CONTRO LA REPRESSIONE DELLO STATO E DEI PADRONI
LA LOTTA DEGLI OPERAI DI BASIANO E’ LA NOSTRA LOTTA
 
 
Le immagini delle cariche e della mattanza davanti ai magazzini del “Gigante” di Basiano, da parte dei carabinieri di Monza, hanno fatto il giro di tutta Italia. E con esse sono emerse tutte le ragioni degli operai e della loro resistenza.
L’accanimento contro gli operai prima licenziati, poi pestati e infine arrestati in ospedale, mostra il vero volto della “crisi”: una guerra aperta ai lavoratori (ben simboleggiato dall’attacco all’art.18, e quindi a ogni garanzia sui posti di lavoro), per far strada ad una nuova forma di schiavitù necessaria a salvaguardare i profitti.
Di fronte a tutto questo noi rivendichiamo con forza la strada dell’autodifesa, del rifiuto di qualsiasi logica di competizione fra lavoratori per praticare, invece, la strada della lotta e dell’unità che cresce dal basso.
Opponiamoci ai licenziamenti di massa, respingiamo la repressione dello stato, sosteniamo senza condizioni la lotta degli operai di Basiano e di tutti gli operai immigrati delle cooperative, nella prospettiva di un’unità più ampia contro i piani padronali e governativi.
Su questi obiettivi chiamiamo urgentemente ad una mobilitazione generale
 
Sabato 16 giugno - manifestazione con corteo
concentramento a Milano, alle ore 16.00, in piazzale Loreto
 
 
Promuovono, aderiscono, partecipano:
 
SI. Cobas (Milano-Piacenza-Lodi-Parma-Bologna); Presidio permanente Esselunga Pioltello; CSA Vittoria; CUB; USI-AIT;  USB; ADL; SLAI Cobas per il Sindacato di Classe; Comitato No-debito; Resistenze metropolitane; Coll. “La sciloria” Rho; Spazio popolare “La forgia”-Crema; Presidio Martesana-Comitato No Tem;  Centro d’iniziativa proletaria “G.B.Tagarelli”-Sesto S.G.; Sin.Base Genova, GCR (Roma-Milano-Genova), Movimento di lotta “Banchi nuovi”-Napoli; Coll. Red Link-Napoli; Cobas-Pisa, Collettivo 25 aprile-Pisa; Gruppo discussione su crisi e repressione-Pisa; Collettivo “aula r”-Pisa; Comunisti per l'organizzazione di classe Combat; Sinistra Critica-Milano e provincia; Piattaforma comunista; Coord. Regionale PCL-Piemonte; Pdac Bergamo; CARC-Milano; PRC Milano; Sinistra critica-Milano e provincia; Sindacato intercategoriale Lavoro Ambiente Solidarietà; Assemblea antifascista-antirazzista Massa Carrara; Gruppo consigliare “un'altra provincia” Prc-PdcI provincia Milano; Comitato immigrati; Cobas scuola
 
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Dopo l’approvazione al Senato il 31 maggio scorso, a colpi di voti di fiducia, il ddl sul mercato del lavoro sembrava destinato a un corsa velocissima alla Camera. Il Governo aveva persino annunciato di poter arrivare al voto in questi giorni. Ma poi le cose si sono dimostrate più complicate e i tempi sono slittati, un po’ per i pasticci sul ddl anticorruzione e un po’ per lo scandalo della truffa di Stato ai danni degli “esodati”, ma anche perché manomettere l’articolo 18 e tagliare gli ammortizzatori sociali, come prevede il ddl lavoro, nel bel mezzo di una devastante crisi occupazionale risulta né popolare, né particolarmente comprensibile.
Allo stato è difficile dire quando il ddl lavoro, ora fermo in Commissione, andrà al voto alla Camera, ma sicuramente questo non avverrà in questa settimana. E questo significa che ogni giorno guadagnato è utile per costruire opposizione e contrasto e per fare il possibile perché la (contro)riforma non venga approvata.
Ovviamente siamo tutti e tutte consapevoli che non sarà facile ottenere un risultato, anzi. La maggioranza parlamentare a favore del ddl è ampia e bipartisan (Pdl-Pd-Udc) e le tre grandi confederazioni sindacali, al di là delle parole di fuoco, si sono sostanzialmente astenute da azioni concrete che potessero contrastare il percorso del ddl, così come era già accaduto in occasione dell’aumento brutale dell’età pensionabile (che peraltro aveva provocato tutta la vicenda “esodati”). Lo stesso sciopero generale di otto ore deciso a suo tempo dal direttivo della Cgil è rimasto lettera morta, perché la segretaria non l’ha mai proclamato.
Eppure, nonostante tutto ciò, non riescono ad andare veloci come vorrebbero. E noi, da parte nostra, abbiamo non soltanto la possibilità, ma anche il dovere, di produrre conflitto e contrasto. E se qualcuno dovesse ancora nutrire dei dubbi circa la posta in gioco, allora basterebbe richiamare alla mente quanto avvenuto ieri a Basiano, che altro non è che la tragica normalità in un mondo del lavoro dove diritti e regole sono stati aboliti.
 
Comunque, per farla breve, queste sono le mobilitazioni in programma a Milano e sul piano nazionale:
 
Mercoledì 13 giugno - Milano
 
mattina: nel quadro delle giornate nazionali di mobilitazione del 13, 14 e 15 giugno promosse dalla Fiom, a Milano sono state proclamate 4 ore di sciopero nel comparto metalmeccanico, con tre di diverse manifestazioni a Milano-Rogoredo, Rho e Sesto San Giovanni. Per più info clicca QUI.
 
ore 18.00: presidio contro il ddl Fornero presso la Prefettura di corso Monforte, promosso da una serie di realtà di movimento (Collettivo Lab.Out, Collettivo Lambretta, Rete San Precario Milano, Rete Studenti Medi Milano, ZAM). Per info clicca QUI, per adesioni manda mail a blockupymilano@gmail.com
 
 
Giovedì 14 giugno – Roma
 
Anche a Roma la mobilitazione parte il 13, ma nel pomeriggio del 14 assumerà un carattere nazionale. L’appuntamento è in piazza del Pantheon. Questo appuntamento è stato promosso da un arco di forze largo ed ha carattere unitario. Per info andate sul blog dedicato Blockupy DDL Fornero.
 
 
Infine, vi segnalo sin d’ora lo sciopero generale del sindacalismo di base, con manifestazioni a Roma e Milano, proclamato per tutta la giornata di venerdì 22 giugno. Per info Usb o Cub oppure i siti degli altri sindacati di base.
 
 
Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 11/06/2012, in Lavoro, linkato 1077 volte)
Quanto avvenuto questa mattina a Basiano (MI), con le violente cariche delle forze dell’ordine contro un presidio di operai che protestavano contro il loro licenziamento, è grave, inaccettabile e non deve ripetersi.
I diversi livelli istituzionali che hanno delle responsabilità in materia di attività produttive ed di occupazione, dai Ministeri fino alle amministrazioni regionali e provinciali, devono invece adoperarsi da subito perché le vertenze del lavoro rimangano sul terreno proprio e per arrestare la pericolosa tendenza di delegare a polizia e carabinieri la soluzione di conflitti che nulla c’entrano con l’ordine pubblico.
E questo non un è appello al buon cuore di qualche amministratore o Ministro, bensì un richiamo ad una precisa responsabilità politica ed istituzionale, poiché situazioni come quelle del licenziamento dei 90 operai di Basiano, per sostituirli con altri operai che costano ancora meno, stanno purtroppo diventando ordinaria amministrazione e sono conseguenza diretta della continua erosione di diritti e regole nel mercato del lavoro e dell’ormai sistematico immobilismo delle istituzioni.
Il racconto ufficiale su quanto avvenuto stamattina, per cui le forze dell’ordine sarebbero state aggredite dagli operai, non spiega proprio nulla e, soprattutto, non restituisce la realtà di quanto sta accadendo in maniera sempre più estesa in alcuni settori economici, specie in quello della logistica. Infatti, per rimanere al nostro caso, i magazzini “il Gigante” appaltano i servizi di magazzinaggio ad altre società, come la “Gartico”, la quale a sua volte subappalta a delle cooperative i vari processi lavoratovi, a partire da quelli a più alta intensità di manodopera.
Insomma, un sistema di scatole cinesi che permette all’impresa di aggirare allegramente ogni norma e regola e di comportarsi come in quei film americani in bianco e nero, dove gli operai venivano licenziati per sostituirli con altri e se poi protestavano, allora arrivavano le legnate.
In altre parole, “il Gigante” vuole spendere ancora meno per la manodopera e così avvia una reazione a catena che finisce con la disdetta dell’appalto ad una cooperativa, per affidarlo ad un’altra cooperativa, dove le condizioni di lavoro sono peggiori. E così, i lavoratori della cooperativa che non ha più l’appalto finiscono disoccupati. È persino ovvio che a questo punto il licenziati tentino di fare qualcosa, di denunciare la porcata e di impedire che l’altra cooperativa possa entrare per prendersi il loro lavoro ed è esattamente quello che stavano facendo stamattina. Ma poi, appunto, l’azienda telefona alle forze dell’ordine, le istituzioni guardano da un’altra parte e arrivano le legnate.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
cliccando sull'icona qui sotto puoi scaricare il testo dell'interrogazione del consigliere provinciale Massimo Gatti, depositata il 12 giugno in Provincia di Milano, sui gravi fatti di Basiano.
 

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di lucmu (del 09/06/2012, in Regione, linkato 954 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer pubblicato su il Manifesto il 9 giugno 2012 con il titolo “L’era di Formigoni è finita? Sì, se il Pd battesse un colpo”
 
Al Pirellone non è successo niente. La mozione di sfiducia contro Roberto Formigoni è stata respinta. Nessuna emozione, nessuna sorpresa, beninteso. L’esito era talmente scontato che mercoledì il capogruppo regionale del Pd, in vacanza su un’isola greca, non si è nemmeno presentato in aula. Già, la logica del potere è implacabile e la Lega, al di là delle sceneggiate padane, non ha alcuna intenzione di mollare il Presidente ciellino e, soprattutto, di segare il ramo sul quale sta comodamente seduta da oltre un decennio.
Formigoni ovviamente gongola, ma la sfiducia mancata non toglie nulla alla profondità  della crisi che lo attanaglia. Al massimo dimostra che la paura di perdere poltrone e privilegi è un potente collante e che dopo 17 anni di governo ininterrotto della stessa persona e dello stesso gruppo politico, di sovrapposizione tra pubblico e privato, di complicità e di clientele, cambiare le cose in Lombardia è faccenda che non può essere affidata all’improvvisazione.
La crisi del formigonismo è definitiva, terminale. Quel modello aveva perso la sua spinta propulsiva anni fa ed ora siamo al tirare a campare in un clima da basso impero, popolato da corrotti, trote, minetti, faccendieri, vacanze di lusso e pure un pizzico di ‘ndrangheta. Insomma, un ciclo politico è finito e il dopo Formigoni è già iniziato, anche se questa constatazione, di per sé, non ci fornisce alcuna certezza sui tempi, sulle modalità e sugli esiti.
Si, perché le cose da sole non cambiano in meglio, anzi rischiano di imputridirsi rapidamente, soprattutto oggi, con l’intero sistema politico esposto al discredito di massae con una crisi economica ed occupazionale sempre più devastante. In altre parole, la fuoriuscita celere dall’epoca formigoniana e la definizione di un’alternativa netta, chiara e trasparente rappresentano oggi la principale urgenza politica in Lombardia.
Eppure, sembra che l’opposizione a Formigoni venga fatta seriamente soltanto dalla Procura della Repubblica e questo è un guaio. Sia chiaro, il problema non sono i magistrati, che fanno (e faranno) semplicemente il loro mestiere, bensì la politica, che non lo fa a sufficienza, determinando così un pericoloso vuoto.
In questo senso, dissento profondamente da chi è intervenuto ultimamente, anche da posizioni contigue al centrosinistra, come Piero Bassetti (ex Presidente della Regione e sostenitore di Pisapia l’anno scorso), affermando che Formigoni non si debba dimettere nemmeno in caso riceva un avviso di garanzia. Certo, un ragionamento ineccepibile in punto di diritto, ma politicamente perlomeno sospetto. Infatti, come negare rilevanza politica alla quantità e alla qualità di indagati nell’entourage del Presidente e al fatto che un terzo della sua Giunta degli anni 2005-2010 risulti oggi inquisita per fatti di corruzione? O al piccolo particolare delle firme false per la presentazione della sua lista elettorale? Oppure al quadro desolante che emerge con sempre maggior forza dalle vicende San Raffaele, Fondazione Maugeri e vacanze pagate?
Insomma, la rilevanza politica è evidente, per i fatti in sé e per quello che raccontano sulla vera essenza di un sistema di potere, ormai irreversibilmente marcio. Se a questo aggiungiamo il fatto che Regione Lombardia è ormai letteralmente immobile, se non addirittura disinteressata, rispetto all’incalzante questione sociale e alla galoppante desertificazione produttiva, abbiamo completato il quadro dell’insostenibilità della situazione.
Appunto, il dopo Formigoni è già iniziato. Per questo, se non si vuole delegare la politica alla magistratura o consegnare il futuro della Lombardia a un grande accordo con Cl, a una sorta di formigonismo senza Formigoni, occorre che dal campo dell’opposizione emerga un’iniziativa urgente e un percorso unitario che porti alla definizione di un’alternativa politica per la Lombardia. Un percorso, sia chiaro, il più pubblico ed aperto possibile, a partire dallo svolgimento delle primarie, perché solo così si potrà seriamente tentare di recuperare un rapporto di fiducia con i ceti popolari ed evitare in partenza tragici errori, come quello che aveva portato due anni fa alla candidatura di Filippo Penati.
 
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Arriva l’inaugurazione ufficiale dei cantieri della Tem, cioè la Tangenziale Est Esterna di Milano, uno dei tre mega progetti autostradali (gli altri due sono la Pedemontana e la BreBeMi), che dovrebbero inondare la nostra Regione con un’ulteriore colata d’asfalto e consumare oltre 11 miliardi di euro, di cui circa 2,5 mld per la Tem.
L’inaugurazione in pompa magna dell’11 giugno, con la presenza di Formigoni, Podestà, il Ministro Passera ecc., doveva tenersi al “campo base” di Truccazzano (MI), ma poi le autorità hanno pensato bene di scappare dal territorio interessato dall’opera e di spostare la cerimonia ufficiale alla più rassicurante (e lontana!) sede della Provincia, in pieno centro di Milano. Uno spostamento altamente simbolico ed indicativo della crescente opposizione sul territorio contro questa ennesima opera senza senso.
E, per favore, lasciamo stare la solita demagogia sui Nimby (Not In My Back Yard) che non capiscono, che sono egoisti eccetera. No, qui si tratta di ben altro, cioè di quale futuro ci immaginiamo per il nostro territorio.
Già, in una Regione dove il trasporto pubblico locale è fortemente sottodimensionato e, per usare un eufemismo, molto carente dal punto di vista qualitativo e dove l’inquinamento atmosferico è un problema acuto, che senso ha continuare a concentrare gli investimenti in via prioritaria sulle autostrade, aumentando così ulteriormente il ricorso all’automobile? E vi pare responsabile continuare a piazzare opere invasive di tale natura e dimensione su un territorio densamente popolato e già fortemente antropizzato? È peraltro sufficiente consultare i dati in circolazione, da qualsiasi fonte provengano (Legambiente, Regione Lombardia o Istat), per rendersi conto che dalle nostre parti il consumo del territorio ha raggiunto un punto limite, anzi di allarme. Non a caso, infatti, la BreBeMi e la Tem andranno a consumare non poco terreno agricolo del Parco Sud.
Insomma, altro che Nimby, qui siamo di fronte a una questione generale, che interessa l’insieme dei cittadini e delle cittadine dell’area metropolitana milanese e della Regione.
 
Per questo vi invito a partecipare al corteo contro la Tem che si terrà domenica 10 giugno, con partenza alle ore 15.00 a Melzo (MI), via Cristoforo Colombo 6 (piazzale del Millepiedi). Ci saranno i comitati cittadini della zona, movimenti, Legambiente, alcune forze politiche ecc. E sarà, ovviamente, un punto di partenza per rafforzare le molte resistenze e opposizioni che stanno crescendo sui territori.
 
Se non sapete bene dove passa la Tem o volete semplicemente conoscere in dettaglio il progetto definitivo dell’opera, andate sul sito ufficiale della Tem.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Il Governo ha messo la fiducia e il Senato ha approvato, a stragrande maggioranza (231 sì, 33 no e 9 astenuti). Ora il ddl lavoro (nome completo: "Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”), in una versione persino peggiorata rispetto a quella iniziale, specie per quanto rigurada i precari, passa alla Camera, dove la maggioranza intende approvarlo in via definitiva entro il mese di giugno.
L’hanno fatto, secondo Monti, “per il bene dei giovani e non per il plauso delle categorie”, anche se, a dire la verità, tra i plausi di ieri mancavano proprio i  giovani. Hanno invece applaudito i capigruppo di Pd e Pdl, “organismi imparziali” (copyright di Mario Monti) come la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale e l’Osce, e, ovviamente, la Cisl di Bonanni, mentre la Uil un po’ sì un po’ no e la Cgil più no che sì, ma soprattutto per il fatto che era stata scelta la strada della fiducia, che impediva la discussione degli emendamenti.
D’altronde, non c’è proprio nulla da applaudire per i giovani, così come per tutte le altre classi d’età. L’art. 18 viene manomesso ed i licenziamenti illegittimi diventano più facili (già, il punto è questo, poiché quelli legittimi si potevano fare anche prima). Vengono colpiti e ridimensionati i diritti di chi ha un contratto a tempo indeterminato, senza darne dei nuovi ai precari e alle precarie. Nessuna forma contrattuale precaria è stata abolita e, anzi, il ricorso ad alcune di esse è stato persino facilitato. Per non parlare poi dell’apprendistato, che dovrebbe diventare il principale canale (e salario) di ingresso nel mondo del lavoro. Peccato che in Italia l’apprendistato venga utilizzato anzitutto come forma contrattuale flessibile e a buon mercato, piuttosto che non come percorso formativo, come denunciano peraltro persino fonti imprenditoriali. E che dire del forte ridimensionamento degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità), proprio in un momento di crisi, di esodati e di aumento smisurato dell’età pensionabile, e dell’introduzione in loro vece di un nuovo sistema assicurativo, l’Aspi, che, alla faccia dei proclami ufficiali, prevede criteri di accesso talmente restrittivi da escludere larga parte dei precari?
Insomma, non può certo sorprendere che ad applaudire siano state anzitutto istituzioni filantrope come il Fmi e non quanti e quanti di lavoro e relativo reddito devono campare. Quello che, invece, non finisce mai di stupire è l’insipidezza dell’opposizione a questi provvedimenti. Non che negli altri paesi europei sia tutto rose e fiori, figuriamoci, ma l’inconsistenza e la subalternità dell’azione del sindacalismo “maggiormente rappresentativo” italiano o l’estremismo moderato del Pd fanno davvero cascare le braccia.
Comunque, con i lamenti non andiamo da nessuna parte ed occorre invece agire. Per fortuna non tutto tace ed è calmo. Ci sono diverse ipotesi di mobilitazione, che tendono tutte ad individuare la discussione alla Camera del ddl lavoro come momento e luogo. Allo stato, purtroppo, non c’è ancora una discussione convergente e, pertanto, mi limito a segnalare le proposte emerse da diversi luoghi:
Assemblea nazionale delegati ed eletti Rsu, che si è tenuta a Roma il 26 gennaio;
Blockupy DDL Fornero - Riunione nazionale al Cinema Palazzo di Roma del 30 maggio;
Giornate mobilitazione Fiom, lanciate il 31 maggio.
Insomma, ancora ipotesi separate, ma il lavoro per costruire convergenze è in corso. È probabile che il grosso della mobilitazione (solo Roma o anche sui territori?) si realizzerà attorno ai giorni 13 e 14 giugno –sempre che non ci siano accelerazioni e fiducie anche alla Camera-, considerato anche che Usb ha sospeso gli scioperi previsti per l’8 giugno, in seguito al terremoto in Emilia.
In altre parole, a partire da oggi tutti e tutte dobbiamo concentrarci a costruire la mobilitazione, in maniera possibilmente convergente e unitaria, sia sui territori, che centralmente. E poi, ci vorrebbe questo benedetto sciopero generale!
 
Luciano Muhlbauer
 
La versione iniziale del ddl puoi consultarla qui. Sotto, in allegato, puoi invece scaricare il testo del Ddl "Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, così come approvato dal Senato il 31 maggio 2012. Per la ver
 

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Ci sarà ancora molto da dire e da discutere sul terremoto che ha colpito l’Emilia e il mantovano, specie per quanto riguarda (ancora una volta!) la prevenzione e le norme antisismiche. Già, perché la ragione del crollo di quei capannoni di recente costruzione, responsabili della morte di tanti operai, è purtroppo estremamente banale: non erano costruiti per far fronte ad oscillazioni orizzontali, cioè a terremoti anche di entità media…
Una questione che riguarda direttamente la sfera pubblica, del legiferare e del governare, così com’è di responsabilità pubblica, a partire dalla Presidenza della Repubblica, la stupefacente e stupida autoreferenzialità che ha portato alla conferma della parata militare del 2 giugno.
Di tutto questo si parlerà ancora, anzi si sta già parlando. E giustamente, aggiungo. Tuttavia, oggi è anche il momento di fare un’altra cosa e con urgenza: portare alle popolazioni colpite la nostra solidarietà, umana e materiale.
Umana, perché in situazioni come queste non sentirsi soli è un aiuto molto concreto e importante. Materiale, perché c’è bisogno di un sacco di cose nel momento dell’emergenza, come ci confermano peraltro gli appelli che giungono anche in queste ore dai territori colpiti. Certo, sono cose di cui si deve occupare lo Stato, nelle sue molteplici articolazioni, e poi, direte voi, ci sono gli sms da mandare, le grandi campagne di sottoscrizione delle grandi organizzazioni, delle tv eccetera. Tutto vero, anche se su certe campagne ci sarebbe molto da ridire, ma poi c’è anche qualcosa d’altro, di maledettamente prezioso. Cioè, la solidarietà diretta e diffusa che, per fortuna, si sta mobilitando anche questa volta.
Ebbene, io penso che le iniziative dal basso, di solidarietà diretta vadano sostenute e praticate. Non vi voglio proporre liste esaustive di azioni, ma semplicemente elencarne alcune, di cui sono a conoscenza, delle quali penso ci si possa fidare e che sono coordinate con i territori colpiti. Le trovate qui sotto. Per il resto, vi invito ad usare lo spazio dei commenti per aggiungere, integrare ecc.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
A Milano, il centro sociale Zam ha allestito un punto di raccolta materiale (dai pannolini fino ai piatti di plastica), operativo da oggi. L’iniziativa è coordinata con il lavoro del Laboratorio AQ 16 di Reggio Emilia e con le attività delle Brigate di Solidarietà Attiva. Per tutte le info cliccate qui (verificate eventuali aggiornamenti): RACCOLTA DI MATERIALE PER LA POPOLAZIONE DELL’EMILIA COLPITA DAL TERREMOTO.
AGGIORNAMENTO DEL 5 GIUGNO: per un resoconto della prima consegna di materiali da parte di Zam e sul proseguo della raccolta, leggete Cavezzo, la solidarietà da Milano. Continua la raccolta a ZAM!
AGGIORNAMENTO DEL 12 GIUGNO: il resoconto della seconda consegna Ritorno a Cavezzo. Solidarietà senza divise
 
Poi ci sono dei conti correnti, su cui effettuare dei versamenti. Eccovi due:
 
Arci nazionale d’intesa con l'Arci dell’Emilia Romagna e della Lombardia (per info clicca qui):
Banca Etica
c/c 145350
Iban: IT 39 V 05018 03200 000000145350
intestazione: ASSOCIAZIONE ARCI
Causale -Emergenza TERREMOTO in NORD ITALIA
Via dei Monti di Pietralata, n.16
00157 Roma
 
Usb (Unione Sindacale di Base):
BANCA UGF
IBAN: IT36 X031 2702 4090 0001 2345 678
FEDERAZIONE USB EMILIA ROMAGNA
CAUSALE: PRO TERREMOTO
(per info clicca qui)
 
Slow Food, raccoglie fondi per sostenere le comunità e le realtà produttive più colpite (info qui):
UNICREDIT BANCA
Codice Iban: IT12P0200846041000102096108
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Ma che cavolo devono fare i lavoratori per essere presi in considerazione? Eppure, di lavoro si parla tutti i giorni, per dire che bisogna “riformare”, “licenziare” (pardon, “aumentare la flessibilità in uscita”), “essere più produttivi” e così via. Ne parlano Ministri, Segretari, Commissari, Presidenti, Leader ed Opinion Maker, ma trovare sui media il punto di vista e la voce dei diretti interessati è compito davvero arduo. Insomma, sembra quasi che il non essere un lavoratore dipendente-precario-esodato-disoccupato-eccetera sia diventato un prerequisito per poter disquisire di lavoro.
Sono troppo tranchant? Troppo pessimista? Temo di no, perché stamattina, nonostante tutto, sono rimasto lo stesso di stucco quando sui giornali non ho trovato traccia della straordinaria mobilitazione di ieri dei lavoratori della Sirti. E non sto parlando delle pagine nazionali, bensì di quelle milanesi. E nemmeno della prima pagina locale, ma di una pagina qualsiasi.
Quello che è successo ieri a Milano sarebbe, invece, degno di essere raccontato e costituisce senz’altro una notizia. Ma in molto pochi hanno deciso di farlo: qualche radio amica, come Radio Popolare o Radio Onda d’Urto, alcune tv locali e il Tgr della Rai, che conferma una sua sensibilità sui temi del lavoro. Per il resto, appunto, silenzio totale. E allora, ci provo io a restituire in poche parole quello che è accaduto a Milano.
Ieri c’è stato lo sciopero nazionale del gruppo Sirti S.p.A. con manifestazione nazionale a Milano (vedi post di ieri su questo blog). La Sirti si occupa di reti di telecomunicazioni ed affini e impiega circa 4mila dipendenti. Troppi, secondo l’azienda, che sostiene che la crisi la costringe a ridurre il personale, ma tutti sanno che in realtà vorrebbe sostituire una parte dei dipendenti regolari con dei subappalti. Quindi, il 12 aprile scorso l’azienda ha respinto tutte le proposte sindacali, cioè contratti di solidarietà e cassaintegrazione a rotazione, e annunciato ben 1000 licenziamenti, di cui 200 nel milanese. È così che si è arrivati allo sciopero di ieri, il cui obiettivo era riaprire la trattativa e far ritirare i licenziamenti.
Ebbene, lo sciopero è riuscito alla grande, come si era capito subito guardando la piazza. Poco dopo le 10.00 il corteo si è mosso da piazzale Loreto ed ha imboccato via Padova. Erano un migliaio di lavoratori Sirti circa, provenienti da tutta Italia. C’erano pure quelli che di solito non scioperavano. Insomma, un quarto dei dipendenti del gruppo era in piazza. E questa sarebbe già una prima notizia, di cui la “grande stampa” non si è accorta, ma in cambio la Questura sì. Infatti, c’era uno schieramento antisommossa degno di un raduno di tifosi esagitati, ma assolutamente fuori luogo ieri.
La seconda notizia, per Milano, sarebbe che il corteo ha percorso via Padova, cioè quella parte della città che ai tempi decoratiani veniva additata come simbolo del degrado e dell’insicurezza, ma che poi si era riconquistata la sua dignità, ribellandosi civilmente alla follia del coprifuoco imposto dall’allora Sindaco Moratti. Saranno decenni che via Padova, zona popolare e multietnica, non vedeva più una manifestazione di lavoratori. E ieri ne ha vista una molto bella, combattiva e arrabbiata, ma anche colorata e comunicativa, grazie soprattutto ai lavoratori provenienti dalle sedi di Napoli, e ad assoluta prevalenza di bandiere Fiom.
La terza notizia è che la mobilitazione non è affatto finita con l’arrivo a destinazione del corteo, cioè la sede centrale della Sirti in via Stamira d’Ancona (tra via Padova e v.le Monza). L’obiettivo era riaprire le trattative e quindi è iniziato un assedio rumoroso, ma pacifico. Una delegazione sindacale è entrata nella sede poco prima delle 13.00, per uscirne soltanto moltissime ore più tardi: cioè, all’alba di oggi. Nel frattempo, in strada il presidio continuava, tutta la notte, e soltanto stamattina alle 8.00 sono ripartiti gli ultimi pullman.
Alla fine, e questa è la quarta notizia, la mobilitazione ha ottenuto un risultato: l’azienda è stata costretta a risedersi al tavolo di trattativa e accettare di ridiscutere delle richieste sindacali. Non c’è ancora alcun accordo, perché le parti hanno deciso di aggiornare la trattativa a lunedì prossimo, in Assolombarda. Però, si può guardare a quella scadenza con un moderato ottimismo.
Insomma, non c’è proprio alcuna giustificazione per questo silenzio assordante da parte della stampa, se non quella deformazione culturale che riduce il lavoratore e la lavoratrice a mera comparsa del teatrino della politica. In tutto questo c’è un segno dei tempi, ma vi è anche molta ipocrisia e malafede. Comunque sia, è proprio in giornate come quelle di ieri che si ritrova l’antidoto a questo stato di cose. Basta volerlo vedere e condividere.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Prosegue senza soste e con ritmo ormai forsennato il processo di desertificazione industriale nel settore delle telecomunicazioni sul territorio milanese, con ricadute occupazionali sempre più devastanti e insostenibili e senza che le istituzioni, nazionali e regionali, escano da loro letargo e definiscano uno straccio di politica industriale. L’ultimo caso in ordine di tempo, si chiama Sirti S.p.A., 4mila dipendenti in tutta Italia, di cui 1000 sono stati dichiarati “in esubero”. Di questi, circa 200 riguardano i siti milanesi, principalmente quello di Cassina de’ Pecchi.
Della crisi del settore delle telecomunicazioni e dell’information technology in Lombardia e dell’immobilismo delle istituzioni abbiamo parlato a più riprese sul questo blog negli ultimi anni, dall’Agile-Eutelia all’Italtel, dall’Alcatel a Nokia Siemens Networks (NSN). Evito pertanto di rievocare tutta la storia, anzi tutte le storie, per sottolineare invece soltanto gli ultimissimi casi, che evidenziano senza ombra di dubbio l’estrema gravità della situazione, anche perché insistono tutti quanti su uno stesso territorio, quello di Cassina de’ Pecchi (MI), che rischia un vero e proprio cataclisma occupazionale.
Infatti, l’anno scorso la Jabil (un ramo ex NSN ceduto nel 2007) ha deciso di chiudere lo stabilimento di Cassina, licenziando in tronco tutte le maestranze, cioè 325 operai e operaie. Poi è arrivato il turno di Nokia Siemens Network, che ha dichiarato 580 esuberi entro la fine dell’anno, di cui ben 500 nel solo sito di Cassina. Infine, appunto, è arrivato la Sirti, che il 12 aprile scorso ha rotto le trattative (vedi verbale di mancato accordo) e annunciato mille esuberi, di cui 200 tra Cassina e Milano.
Non penso che ci sia molto da aggiungere, se non che tutte queste vertenze sono ancora aperte, cioè che ci sono lotte e mobilitazioni in corso. La Jabil è presidiata dall’anno scorso, per impedire l’asportazione dei macchinari e lo smantellamento del sito produttivo, i dipendenti della NSN sono in mobilitazione e nella Sirti è stato dichiarato lo sciopero generale del gruppo, con manifestazione nazionale a Milano, per domani 24 maggio.
Insomma, preso atto della situazione, resta però qualcosa di molto concreto e importante da fare per tutti e tutte noi: sostenere la resistenza e le lotte dei lavoratori. E domani c’è un primo appuntamento, quello della manifestazione nazionale dei dipendenti della Sirti, per scongiurare i licenziamenti e riaprire il tavolo di trattativa. Il corteo si svolgerà peraltro in una parte di Milano che da molti anni non vedeva più manifestazioni operaie: cioè la zona v.le Monza – v. Padova. Eccovi le coordinate: partenza alle ore 10.00 da P.le Loreto e arrivo in via Stamira d’Ancona (sede nazionale Sirti S.p.A.).
Se potete, domani portate la vostra solidarietà ai lavoratori Sirti.
 
Luciano Muhlbauer
 
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