Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Musica con i DjSet di Vito War, Facchini, Jam, Cegna e Dottor Noise (from Punkreas), reading di Renato Sarti, Bebo Storti, Dijana Pavlovic e Stefano Massaron, interventi dei Comitati x Pispia, del Circolo Magnolia, della rete Milano l’è bela e di altr* e, ovviamente, di GIULIANO PISAPIA. Questo ed altro succederà martedì 3 maggio, dalle ore 18.30 alle 23.00, all’aperitivo in piazza Leonardo da Vinci, a Milano.
Insomma, un’occasione per stare insieme, per chiacchierare e, soprattutto, per discutere e ragionare con il candidato Sindaco, Giuliano Pisapia, sulla questione degli spazi nella Milano che c’è e in quella che (auspichiamo) verrà. Infatti, la Milano della destra, dei De Corato, dei leghisti e dei berluscones è anche la città delle aree dismesse e abbandonate, degli spazi vuoti, degli sgomberi, della chiusura di circoli e locali indipendenti, del fastidio istituzionale verso la musica e la cultura, dei giovani trattati come sorvegliati speciali, delle piazze recintate e dei coprifuochi.
E allora, si impone in maniera dirimente la domanda se possiamo immaginarci una Milano diversa, che magari cominci ad assomigliare un po’ ad altre metropoli europee, come Berlino, Parigi, Barcellona, Amsterdam o Londra. Una Milano che potrebbe esserci senza spendere tanti soldi, perché a Milano lo spazio c’è; quello che manca è una politica decente sugli spazi che li valorizzi, che stimoli il loro riuso, che li renda accessibili e fruibili.
E allora, ci vediamo martedì 3 maggio, dalle ore 18.30, in piazza Leonardo da Vinci.
In fondo, in allegato puoi scaricare il flyer dell’iniziativa, in formato pdf e jpg. Qui di seguito invece, il mio articolo sul 3 maggio, pubblicato sulla freepress eretica MilanoX di questa settimana:
IL CIELO SOPRA MILANO
articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su MilanoX del 29 aprile
Una delle caratteristiche dei quasi vent’anni di governo del centrodestra a Milano è l’incessante opera di produzione di nemici da additare e di conflitti da cavalcare. Ormai la città è letteralmente disseminata di conflitti: italiani contro stranieri, giovani contro anziani, residenti contro movida e chi più ne ha più ne metta.
Certo, un modo ben strano di amministrare una città e di volerle bene, ma indubbiamente un metodo che si è dimostrato efficace per legittimare la propria permanenza a Palazzo Marino.
Per Milano, però, il risultato finale è un disastro. Una città sempre più grigia, inospitale e chiusa. La cultura, specie quella prodotta nei quartieri, nei circoli o negli spazi sociali, viene vissuta come un fastidio. I luoghi pubblici sono sempre più recintati e sottoposti a divieti, perché se tante persone si ritrovano in piazza lo si considera un problema. Per quanto riguarda le numerose aree dismesse di Milano, si preferisce consegnarle all’abbandono e al degrado, piuttosto che incentivare il loro riuso per finalità sociali o per attività produttive.
Tra le prime vittime di questa visione di città ci sono ovviamente i giovani, trattati come se fossero dei sorvegliati speciali. Altro che stimolare il protagonismo giovanile! Chi ha amministrato la città ha reso Milano una città ostile per i giovani. E come meravigliarsi, dunque, che l’età media a Milano città sia ormai di 45,1 anni, cioè superiore non solo alla media nazionale (42,8), ma anche a quella della stessa provincia (43,6).
Poi, nella nostra città c’è pure un aggravante, di non poco conto, rappresentato dalla presenza determinante nel governo cittadino della cultura politica di provenienza missina, peraltro intrisa di revanscismo, di cui il vice del sindaco, Riccardo De Corato, è il massimo, ma ahinoi non unico, esponente.
Fino a non troppi anni fa era assai diffusa la convinzione che quest’ultimo fosse un problema che riguardava i soli centri sociali, ai quali il vicesindaco riserva da lungo tempo un trattamento speciale. Ma le cose non stavano affatto così e, infatti, presto la destra cittadina iniziò a dedicare un’attenzione particolare anche ai circoli Arci. Vi ricordate la chiusura forzata del circolo La Scighera nel 2007? Ebbene, nel frattempo le cose sono notevolmente peggiorate e l’ultimo intervento mirato in ordine di tempo ha portato alla chiusura di La Casa 139.
Ma il problema va ben oltre, come aveva giustamente rilevato anche l’appello Liberiamo la Musica, firmato da uno schieramento molto ampio di circoli, artisti e locali all’inizio di marzo: “La Musica a Milano non è più di casa, soprattutto se indipendente, autorganizzata e di base. E non fa differenza se viene promossa da un circolo Arci, da un locale pubblico o da un centro sociale”.
Appunto, non fa differenza, poiché quello che è considerato insopportabile è che i milanesi e le milanesi prendano iniziative culturali, artistiche o sociali indipendenti, cioè fuori dagli spazi politicamente o commercialmente controllati. Infatti, al trattamento iper-severo riservato ad alcuni, corrisponde una tolleranza totale per altri. Vi ricordate la vicenda delle bustarelle e delle dimissioni del comandante della Polizia Locale? Ecco, ci fermiamo qui.
Ebbene, tutto questo per dire una cosa fondamentale e determinante: a Milano il problema non è la mancanza di spazi, ma la politica sugli spazi. Cioè, gli spazi ci sono, ma latita una politica che favorisca e stimoli il loro uso, a fini sociali, lavorativi, culturali, artistici o anche, semplicemente, per stare insieme.
E poi, uno spazio abbandonato, magari in attesa di qualche speculazione immobiliare, non è semplicemente uno spazio vuoto, bensì uno spazio sottratto alla città e un luogo di insicurezza. Anche per questo, vi dovrebbe essere un interesse pubblico affinché venga stimolato il riuso, temporaneo o permanente, delle aree dismesse e abbandonate.
Infine, le esperienze delle metropoli europee ci confermano che un’altra politica sugli spazi è possibile, che diversi approcci culturali possono convivere nello spazio urbano e che il conflitto frontale e permanente è una scelta dell’amministratore e non una legge della natura. Beninteso, anche nelle altre città europee non mancano i problemi, ma una cosa ottusa come qui non è facile trovarla.
Ebbene, se il problema è cambiare politica, allora un’occasione ce l’abbiamo. Il 15 e il 16 maggio si vota per le comunali e decidiamo se tenerci la Moratti, le destre e la loro politica oppure se finalmente si cambia, scegliendo Giuliano Pisapia come Sindaco.
E siccome, appunto, cambiare significa anche cambiare la politica sugli spazi e sulla cultura, c’è un’occasione per parlarne prima del voto, tra di noi e con Pisapia, all’aperitivo in piazza Leonardo da Vinci, martedì 3 maggio. A Milano c’è spazio!
clicca sull’icona qui sotto per scaricare il flyer in formato jpg o pdf
Mancano due settimane al voto, quasi tutti i sondaggi danno la Moratti sotto il 50%, la Lega litiga con il Pdl e dentro il Pdl tutti litigano con tutti. In altre parole, dopo quasi 20 anni di governo ininterrotto le destre potrebbero perdere Milano e questo sarebbe un botto il cui eco arriverebbe indubbiamente fino a Palazzo Chigi.
Per questo Berlusconi, le sue truppe cittadine e i numerosissimi clan ex-post-neo fascisti che popolano il Pdl e la sua periferia sono seriamente preoccupati e, soprattutto, sono incattiviti, disposti a tutto pur di salvare il loro potere e i loro interessi.
Questa è la premessa necessaria per leggere l’alzarsi della tensione in città e finanche per comprendere meglio fatti come quelli di ieri, cioè l’incredibile storia della corona per Gaetano Amoroso, giovane di sinistra ammazzato dai neofascisti a Milano nel 1976, e l’aggressione di Forza Nuova a un’assemblea antifascista in serata.
Per farla breve, la vicenda era iniziata con il divieto del Questore della posa dei fiori alla lapide di Amoroso, scattato soltanto perché la consigliera provinciale del Pdl, Roberta Capotosti (ex-Msi), la considerava provocatoria nel giorno nell’anniversario dell’omicidio Ramelli. Cioè, tanto per capirci, il Questore ha ritenuto normale accogliere la richiesta di un’ex dirigente del Msi, alla quale dava fastidio la posa di una corona in memoria di un giovane antifascista assassinato da un commando che era partito proprio dalla loca sede del Msi…
La cerimonia si era poi tenuta lo stesso, grazie a una mediazione e all’anticipo di un’ora, ma il bello, si fa per dire, sarebbe arrivato in serata, in occasione dell’assemblea pubblica in Sala Guicciardini, organizzata da Memoria Antifascista e alla quale partecipavano anche il segretario della Camera del Lavoro e il vicepresidente dell’Anpi di Milano. Infatti, davanti all’ingresso della sala si è materializzato all’improvviso un corteo di una quarantina di neonazisti di Forza Nuova, che brandivano le loro spranghe e minacciavano i presenti. La polizia, pure presente sugli angoli, non gli aveva fermati, perché “non li aveva visti”…
Insomma, troppe cose strane e una certezza: c’è interesse perché in città salga la tensione, che qualcuno reagisca alle provocazioni, che succeda il famoso incidente. E forse è un caso o forse no che proprio ieri, in contemporanea con i fatti milanesi di cui sopra, a Napoli una provocazione dei neofascisti di Casa Pound all’Università avesse portato all’accoltellamento di tre studenti di sinistra.
Ma quello di ieri non è un fatto isolato, poiché la strategia della provocazione e la ricerca dell’incidente salta fuori un po’ dappertutto. Vi ricordate il 25 aprile? Ebbene, in realtà non era successo assolutamente nulla, era il 25 aprile più tranquillo da molti anni, e l’unica notizia vera era che nonostante pasquetta fossero scesi in piazza 60mila persone e che Pisapia, candidato sindaco del centrosinistra, fosse stato accolto nel corteo da una marea di applausi. Ma il giorno dopo, eccoci le “notizie” più o meno immaginarie lanciate dagli organi di informazione: fischi, contestazioni, tensioni e un mezzo scontro tra polizia e centri sociali…
E poi, cambiando ancora scenario, che dire del 1° Maggio, con tutte le polemiche e il tentativo di vietare il centro alla MayDay, con la negazione di piazza Duomo a Cgil-Cisl-Uil e, last but not least, con la trovata dell’ancora assessore Terzi, che prima delibera l’apertura di negozi per domenica 1° maggio, costringendo persino la Cisl a dichiarare sciopero, e poi annuncia pure la sua partecipazione al corteo sindacale del 1° Maggio?
Insomma, queste ultime due settimane di campagna elettorale non saranno soltanto all’insegna della scesa in campo del capo, cioè Silvio Berlusconi, e degli attacchi personali contro Giuliano Pisapia (al quale, ricordo, sono stati distrutti negli ultimi giorni ben tre gazebo elettorali), ma anche dell’ossessiva ricerca della provocazione, dell’incidente, del fattaccio da esibire poi sulla pubblica piazza come prova della necessità di votare la destra che garantisce ordine e sicurezza. I mezzi saranno i più diversi, dagli sgomberi ai blitz, dalle presenze inopportune fino alle sviste del Questore.
E noi? Ebbene, noi dobbiamo essere consapevoli della situazione e della posta in gioco, che è Milano (e forse non soltanto). Quindi, occhi aperti e nervi saldi!
Luciano Muhlbauer
È di nuovo 25 aprile. Sono passati 66 anni dalla Liberazione dal nazifascismo, ma guardandoci attorno sembra sia passata un’epoca. La Costituzione costantemente sotto tiro, quella materiale prima ancora di quella scritta, la coscienza democratica sempre più fragile e i revisionismi che spuntano da tutte le parti. E, come sempre accade in questi casi, la cosa peggiore non sono gli ex-post-neo-para fascisti che vogliono riscrivere la storia, ma gli altri che stanno in silenzio, che lasciano fare, che non si ricordano o che blaterano di pacificazioni.
Stando così le cose, c’è poco da meravigliarsi che anche quest’anno si ripresentino situazioni come quella di Cornaredo, dove l’amministrazione comunale ha cancellato il tradizionale corteo del 25 aprile, o Trezzano sul Naviglio, dove il Sindaco ha addirittura escluso l’Anpi dalla celebrazione. E non stupisce neppure che, andando a spulciare le liste del Pdl per le amministrative di Milano, saltino fuori cuori neri un po’ dappertutto.
Segni dei tempi che corrono, insomma, e questo dovrebbe rafforzare non tanto la nostra rassegnazione, bensì la nostra voglia e determinazione di cambiamento. E, almeno questa è la mia più profonda convinzione, non ci sarà cambiamento senza antifascismo, valore non soltanto del passato, ma anche e forse soprattutto del futuro.
Beninteso, l’antifascismo non è una bandiera da esibire nei giorni delle ricorrenze, ma piuttosto una bussola per la quotidianità. Detto questo, tuttavia, al 25 aprile bisogna andarci, perché è la nostra giornata, da rivendicare e vivere, anche per non dimenticare, soprattutto il sacrificio dei partigiani e delle partigiane, di chi ha dato tutto per la libertà e la giustizia.
E poi, quest’anno, è anche un 25 aprile per continuare a sentirci vivi, con il governo che ci ritroviamo, e per coltivare la nostra speranza e il nostro impegno per cambiare a Milano e far vincere Giuliano Pisapia.
Ebbene, ecco i due appuntamenti centrali di Milano a cui non bisogna mancare:
- anzitutto il tradizionale corteo, che parte alle ore 14.30 da P.ta Venezia e finisce in piazza Duomo, dove dalle ore 16.00 in poi si susseguiranno gli interventi dal palco. Quest’anno niente esponenti istituzionali che parlano dal palco, come hanno deciso l’Anpi e il Comitato permanente antifascista. Una decisione condivisibile, vista l’imminenza della scadenza elettorale a Milano, e così, en passant, ci risparmiamo pure le ipocrisie di Sindaci o Presidenti che durante l’anno fiancheggiano i revisionismi, o peggio, e poi il 25 aprile pretendono di spiegarci la liberazione.
- dopo il corteo, come già gli anni scorsi, c’è l’evento di Partigiani in Ogni Quartiere, organizzato da una rete di soggetti e realtà. Quest’anno si svolge in zona Corvetto, in via dei Cinquecento, ang. San Dionigi (MM Corvetto) per essere precisi. Si inizia alle 18.30, ci sarà musica, parole, mostre, banchetti, video, da mangiare e da bere. Insomma, tutto quello che serve per stare bene insieme il 25 aprile. O detto altrimenti: ama la musica, odia il fascismo.
Buon 25 aprile!
Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 15/04/2011, in Pace, linkato 1564 volte)
Immensa tristezza e tanta rabbia è quello che sento. Vittorio Arrigoni non c’è più, gli hanno rubato la vita, l’hanno ammazzato. È successo tutto così in fretta. Ieri sera le terribili immagini di Vittorio rapito, poi la corsa al computer, per cercare di smuovere le acque, dalle mail a facebook, al telefono. Giravano i primi appelli da firmare ieri sera, venivano lanciate le prime mobilitazioni, a Roma, a Milano, da altre parti. Free Vittorio Arrigoni now! Liberatelo, ridatecelo! Poi la notte e il risveglio e… Vittorio non c’era più.
Tutto così in fretta, molte cose da chiarire, certo, ma soprattutto, ora, quella grande rabbia, perché Vittorio era di quelle persone che subito sentivi tuo fratello, perché era limpido nel suo impegno. Agiva come parlava e parlava come agiva. Lui la solidarietà la praticava, dal basso, direttamente. Vittorio con il suo agire disvelava le ipocrisie dell’Occidente.
Vittorio odiava la guerra e l’ingiustizia, amava la Palestina e la sua gente. E questa sua ostinazione di restare umano anche laddove la barbarie la faceva da padrona, ha fatto sì che rimanesse spesso l’unica voce italiana a raccontare gli orrori che vivevano i palestinesi di Gaza, rinchiusi dal governo di Israele in un carcere a cielo aperto.
Attraverso il Manifesto Vittorio divenne il nostro occhio durante l’operazione “piombo fuso” e anche oggi era quello che ci raccontava la realtà di Gaza. Ricordo, un mese fa a Milano, una serata per presentare la Freedom Flotilla e c’era la telefonata di Vittorio da Gaza City. Ci ha raccontato che quel giorno c’erano in piazza tantissimi giovani che chiedevano libertà e democrazia. Giovani come quelli di Tunisi o Il Cairo. Ebbene sì, perché Vittorio non sapeva raccontare soltanto gli orrori, ma anche le speranze. Anzi, forse soprattutto quelle.
Vittorio non c’è più e c’è un unico modo perché lui possa continuare a vivere. Cioè, rafforzare il nostro impegno a fianco del popolo palestinese, per la fine dell’assedio israeliano a Gaza e per rompere l’isolamento a cui è sottoposta, per una pace con giustizia. Insomma, rifiutando le voci di ipocriti ed avvoltoi che ora si leveranno per dire che bisogna stare lontani dai palestinesi.
Un abbraccio ai familiari di Vittorio, agli attivisti dell’International Solidarity Movement e a tutti quelli e quelle che gli volevano bene.
Ciao Vittorio! Restiamo umani.
Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 12/04/2011, in Lavoro, linkato 1261 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale online Paneacqua il 12 aprile 2011
Le elezioni delle Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) nella pubblica amministrazione si terranno il 5-7 marzo 2012. Lo stabilisce il protocollo firmato ieri pomeriggio dall’Aran, l’agenzia che rappresenta le pubbliche amministrazioni al tavolo negoziale nazionale, e le organizzazioni sindacali confederali e autonome (vedi allegato).
“Evviva!”, viene da esclamare, visto che le elezioni Rsu nel pubblico impiego si devono tenere ogni tre anni e che, dunque, i delegati attualmente in carica erano scaduti il 30 novembre dell’anno scorso. Era ora, certo, ma intanto passerà ancora un anno prima che i quasi 3 milioni di lavoratori e lavoratrici del pubblico possano esercitare uno dei loro più elementari diritti democratici.
Formalmente il rinvio delle elezioni e la conseguente proroga delle Rsu in carica era dovuto alla legge Brunetta, che prevede la riorganizzazione dei comparti contrattuali della P.A., riducendone il numero. La tesi era la seguente: prima si fanno i nuovi comparti e solo dopo i lavoratori potranno eleggere le Rsu. Tuttavia, essendo nella realtà quella riorganizzazione sostanzialmente ferma, la proroga delle Rsu scadute risultava di fatto sine die.
Tifosi particolarmente accalorati di quella tesi, a parte Brunetta e Sacconi, ovviamente, erano due organizzazioni sindacali: Cisl e Uil. Cioè, gli stessi che hanno firmato l’abolizione tout court delle elezioni Rsu negli stabilimenti Fiat di Mirafiori e Pomigliano, introducendo in loro vece l’edificante principio che gli unici delegati saranno quelli nominati da loro.
Insomma, più che di questioni “organizzative” si trattava di questioni politiche. In altre parole, i vertici di Cisl e Uil, impegnati come sono nella politica degli accordi separati e del sostegno al governo amico, non intendevano sottoporre a verifica democratica le loro scelte finché queste non fossero divenute fatti compiuti, temendo evidentemente il giudizio dei diretti interessati.
Ma poi qualcosa è andata storta. Non soltanto i sindacati di base e la Cgil erano attivamente ostili a questo furto di democrazia, ma due mesi fa era arrivato anche un parere del Consiglio di Stato, che ribadiva che la mancata definizione dei nuovi comparti contrattuali non giustificava la sospensione delle elezioni. O per dirla con le parole dei giudici amministrativi: “dopo il 30 novembre 2010 si riespande il diritto al rinnovo degli organi di rappresentanza sindacale”.
Ed eccoci al protocollo firmato ieri, che finalmente stabilisce una data certa per il rinnovo della rappresentanza sindacale per i lavoratori pubblici. Tuttavia, quella della data certa è anche l’unica notizia buona, considerato che le elezioni si terranno soltanto tra un anno e che questo tempo sarà utilizzato per accontentare Brunetta sui nuovi comparti contrattuali e, soprattutto, per riscrivere gli accordi del 1998 che regolano la rappresentanza sindacale nel pubblico impiego.
E questo ultimo elemento, alla luce dei tempi che corrono e delle numerose dispute interpretative degli anni passati, di solito provocate dalla pretesa degli apparati confederali di limitare i diritti e le libertà di delegati sindacali troppo indipendenti (e ci riferiamo non soltanto a quelli dei sindacati di base), solleva numerosi interrogativi e fondate preoccupazioni.
Insomma, è netta l’impressione che questo protocollo sia figlio di uno scambio tra la necessità di individuare una data per le elezioni e la volontà di blindare preventivamente le rappresentanze sindacali elette dai lavoratori.
Ovviamente, speriamo di sbagliarci, ma il fatto che le categorie del pubblico impiego della Cgil, fino a ieri sul piede di guerra, abbiano accettato nella massima tranquillità una dilatazione dei tempi fino al 2012, non fa ben sperare. In altre parole, segniamoci sull’agenda le date del 5-7 marzo 2012, ma le condizioni per guardare con serenità all’anno prossimo non ci sono proprio. Anzi, occorre vigilare ed agire da subito, per non ritrovarci domani con una democrazia sindacale mutilata.
E, beninteso, questa avvertenza non vale semplicemente per gli attivisti sindacali del sindacalismo di base, ma anche -e forse soprattutto- per quanti in Cgil pensano che il superamento della contrattazione separata non si faccia comprimendo lo spazio democratico dei lavoratori e delle lavoratrici e, in ultima analisi, convergendo sulla linea della Cisl.
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo del Protocollo sul rinnovo delle Rsu firmato il 11.04.2011
di lucmu (del 07/04/2011, in Lavoro, linkato 1469 volte)
“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, sulla free press eretica MilanoX, n° xxix del 7 aprile 2011.
Quando in una categoria le adesioni agli scioperi crescono velocemente, a prescindere dalle sigle sindacali che li proclamano e nonostante i tempi di crisi e di portafogli magri, allora vuol dire che la misura è davvero colma. Ed è esattamente quello che ora sta accadendo nel trasporto pubblico locale.
Lo scorso venerdì, 1° aprile, a Milano ha scioperato l’80% degli autoferrotranvieri. Metro, tram e bus, quasi tutta l’Atm è rimasta ferma. Eppure non era la prima astensione dal lavoro in questo ancora giovane 2011, ma già la terza. E scioperare costa, perché quando scioperi non ti pagano.
Questa volta lo sciopero l’avevano proclamato le organizzazioni confederali e autonome, cioè Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl, Orsa, Fiasa-Cisal e Fast. Lo sciopero precedente, di venerdì 11 marzo, si era invece realizzato nel quadro dello sciopero nazionale di tutte le categorie, indetto dai sindacati di base Usb e Slai-Cobas, e aveva sorpreso stampa e Comune per l’alta adesione: le tre linee della metropolitana e oltre il 40% dei mezzi di superficie bloccati. E ci sono già le prossime date: lo sciopero generale della Cub del 15 aprile e quello della Cgil del 6 maggio.
Insomma, l’Atm assomiglia sempre di più a una pentola a pressione. Non siamo ancora al clima dell’inverno 2003-2004, quando gli autoferro si videro costretti a passare ai cosiddetti “sciopero selvaggi”, ma nella sostanza non siamo molto lontani.
Non a caso, una delle ragioni di fondo del malessere di macchinisti, tranvieri, autisti ed operai è identica a quella di sette anni fa, cioè il non rinnovo del contratto nazionale, scaduto ormai da oltre tre anni. Ma questa volta ci sono anche altri due elementi che aggravano la situazione. Primo, i draconiani tagli governativi dei fondi per il trasporto locale e, secondo, gli effetti devastanti dei contratti di ingresso. Questi ultimi, infatti, stabiliscono per i nuovi assunti degli stipendi più bassi rispetto a quelli dei “vecchi” dipendenti e provocano un divario di retribuzione, a parità di mansione, fino a 7mila euro all’anno.
Saranno ovviamente i lavoratori dell’Atm a decidere i prossimi passi, ma sta a noi non lasciarli soli e sostenerli, ognuno e ognuna per quello che può. Anche quando ci capiterà di rimanere appiedati di fronte alla stazione del metro chiuso.
di lucmu (del 31/03/2011, in Lavoro, linkato 1633 volte)
“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, sulla free press eretica MilanoX, n° xxviii del 31 marzo 2011.
Telecomunicazioni e Information technology sono termini che evocano la modernità e che solitamente indicano uno di quei settori economici su cui puntare per uscire dalla crisi. Altro che tutte quelle industrie “vecchie” e ad alta intensità di manodopera che vengono allegramente delocalizzate verso la Cina, la Romania o la Tunisia.
Eppure, guardando alla realtà del settore nell’area milanese, si fatica terribilmente a distinguere il nuovo dal vecchio. Infatti, anche qui prevalgono chiusure, delocalizzazioni, cassa integrazione e licenziamenti. Nokia Siemens Network, Competence-Jabil, Agile-Eutelia, Italtel, Alcatel, Linkra, Gruppo Compel, Siae Microelettronica ecc., tutti a rischio.
Volete un esempio? Eccovi quello dei lavoratori dello stabilimento ex-Siemens di Cassina de’ Pecchi. Nel marzo 2007 finiscono nella joint venture Nokia Siemens Networks, ma alla fine dell’anno vengono già ceduti alla transnazionale statunitense Jabil. Questa annuncia grandi progetti, ma nel 2010 cede gli stabilimenti di Cassina e quello di Marcianise (CE) al fondo di investimento Usa Marcatech, che darà vita alla newco Competence. A questo punto la storia si fa sempre più torbida e l’unica cosa certa è che Competence accumula in pochi mesi un debito stratosferico, finendo in stato di insolvenza. Ma alla vigilia della decisiva udienza in tribunale del 23 febbraio scorso, eccoci all’ennesimo colpo di scena: Jabil rientra nuovamente in possesso di Competence. Dunque, niente commissariamento e incertezza totale per i 350 lavoratori di Cassina e gli 850 dello stabilimento casertano.
Potremmo fare altri esempi ancora, ma la nota stonata sarebbe sempre la medesima: la passività delle istituzioni e l’assenza totale di una politica industriale degna di questo nome. E questo vale anche per i casi manifestamente delinquenziali, come l’affaire Agile-Eutelia.
Un mese fa, Formigoni ha annunciato alla stampa un miliardo di euro per “sferzare” l’economia, investire sulla banda larga e creare nuovi posti di lavoro. La realtà è però un’altra e lunedì scorso l’assessore alle attività produttive, il leghista Gibelli, quello della “legge Harlem”, ha persino sconvocato un incontro con la Fiom, perché tanto di Competence se ne occuperà il Ministero a Roma…
di lucmu (del 31/03/2011, in Pace, linkato 1714 volte)
Sabato 2 aprile ci sarà una mobilitazione anche a Milano, in piazza Fontana, dalle ore 16.00 alle ore 19.00. Un presidio con parole e musica, simile nella forma a quello che si terrà in contemporanea a Roma, contro la guerra, a sostegno delle rivoluzioni democratiche e per l’accoglienza e la protezione dei profughi e dei migranti.
L’iniziativa raccoglie dunque sul territorio milanese l’appello nazionale del Coordinamento 2 aprile, già pubblicato sul blog, per dare la possibilità di manifestare anche a quanti e quante non potranno o vorranno andare a Roma. Iniziative analoghe vengono organizzate anche in altre città.
Sotto trovi riprodotto l’appello per il 2 aprile nella versione milanese, con l’appuntamento di piazza Fontana e le prime adesioni territoriali. Vi chiedo di farlo circolare a tutti i vostri contatti, informando anche tutte le realtà che non ne sono ancora a conoscenza. Per aderire: milano@arci.it
APPELLO COORDINAMENTO 2 APRILE
Le persone, le organizzazioni e le associazioni che in questi giorni hanno sentito la necessità, attraverso appelli, prese di posizioni e promozione di iniziative, di levare la propria voce
CONTRO LA GUERRA E LA CULTURA DELLA GUERRA
PER SOSTENERE LE RIVOLUZIONI E LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA DEI POPOLI MEDITERRANEI E DEI PAESI ARABI
PER L'ACCOGLIENZA E LA PROTEZIONE DEI PROFUGHI E DEI MIGRANTI
CONTRO LE DITTATURE, I REGIMI, LE OCCUPAZIONI MILITARI, LE REPRESSIONI IN CORSO
PER IL DISARMO, UN'ECONOMIA ED UNA SOCIETÀ GIUSTA E SOSTENIBILE
CHIEDONO
LO STOP AI BOMBARDAMENTI E IL CESSATE IL FUOCO IN LIBIA
per fermare la guerra, la repressione ed aprire la strada a una soluzione politica coerentemente democratica.
IL 2 APRILE 2011 SARÀ UNA GRANDE GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE E PARTECIPAZIONE ATTIVA A ROMA e IN TANTE PIAZZE D'ITALIA.
A MILANO ci troviamo in Piazza Fontana, dalle 16.00 alle 19.00, con parole e musica ed interventi contro la guerra
A partire da quella data ci impegniamo a dar vita ad un percorso diffuso sul territorio di mobilitazioni, iniziative, informazione, assemblee, incontri e solidarietà con i movimenti dei paesi arabi.
Prime adesioni:
Associazioni: Arci Milano, AteneinRivolta Milano, Camera del lavoro Milano, Donne in nero Milano, Emergency Milano, Fiom Milano, Legambiente Milano, Leoncavallo-Spazio Pubblico Autogestito,Libera Milano, Mondo Senza Guerre Milano,Punto Rosso, Amigs Sem Terra, Attac Milano, Cisda, Milano città aperta, Memoria storica-Giovanni Pesce, Iomondo-Onlus, Uisp Milano
Partiti: Rifondazione Comunista, Sinistra Critica, Sinistra ecologia e libertà, Pdci, Partito Comunista dei Lavoratori, Federazione della Sinistra, Lista Civica Un'Altra Provincia
(aggiornate al 30.03.2011)
di lucmu (del 28/03/2011, in Pace, linkato 1804 volte)
Questo blog sostiene la giornata nazionale di mobilitazione lanciata da persone, associazioni ed organizzazioni per sabato 2 aprile. Di seguito il testo dell’appello del Coordinamento 2 aprile, con le prime adesioni.
APPELLO COORDINAMENTO 2 APRILE
Le persone, le organizzazioni e le associazioni che in questi giorni hanno sentito la necessità, attraverso appelli, prese di posizioni e promozione di iniziative, di levare la propria voce
-
CONTRO LA GUERRA E LA CULTURA DELLA GUERRA
-
PER SOSTENERE LE RIVOLUZIONI E LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA DEI POPOLI MEDITERRANEI E DEI PAESI ARABI
-
PER L'ACCOGLIENZA E LA PROTEZIONE DEI PROFUGHI E DEI MIGRANTI
-
CONTRO LE DITTATURE, I REGIMI, LE OCCUPAZIONI MILITARI, LE REPRESSIONI IN CORSO
-
PER IL DISARMO, UN'ECONOMIA ED UNA SOCIETÀ GIUSTA E SOSTENIBILE
CHIEDONO
LO STOP AI BOMBARDAMENTI E IL CESSATE IL FUOCO IN LIBIA
per fermare la guerra, la repressione
ed aprire la strada a una soluzione politica coerentemente democratica.
IL 2 APRILE 2011 SARÀ UNA GRANDE GIORNATA DI MOBILITAZIONE E PARTECIPAZIONE ATTIVA A ROMA E IN TANTE PIAZZE D'ITALIA.
A partire da quella data ci impegniamo a dar vita ad un percorso diffuso sul territorio di mobilitazioni, iniziative, informazione, assemblee, incontri e solidarietà con i movimenti dei paesi arabi.
Prime adesioni:
Arci, Action, Associazione Ya Basta Italia, Associazione Mediterranea, Associazione per il rinnovamento della sinistra, Associazione per la pace, Associazione Senzaconfine, A Sud, Attac Italia, AteneinRivolta, Comitato Fiorentino Fermiamo la guerra, Cobas, Democrazia Chilometro Zero, Donne in nero, Emergency, ESC, FIOM–CGIL, Gruppo Abele, Horus Project, Lega diritti dei Popoli, Legambiente, Libera, Lunaria, Rete@Sinistra, Rete della Conoscenza, Rete Romana Solidarietà al Popolo Palestinese, Rete Studenti Medi, Sinistra Euromediterranea, Stryke-Yomigro, UDU, Un ponte per, Forum Ambientalista, Altraagricoltura, IPRI, ASCIA, Comunità Somala Lazio, Amig@s Sem Terra, Associazione Obiettori Nonviolenti, Punto Rosso, Senzaconfine, Rete Antirazzista Firenze, Gruppo Sconfinate, Terre del Fuoco, Iniziativa Femminista Europea
FedS, FGCI, GC, PCL, PdCI, Prc, Sinistra Critica, SeL
Altre adesioni:
Rete Nazionale Radiè Resh, Associazione Donne Brasiliane in Italia,
Associazione Sopra i ponti Bologna, WILPF, associazione Ecoinformazioni, perUnaltracittà-Firenze, Centro ligure di documentazione per la pace, Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti, comitato intercomunale per la Pace nel Magentino, Movimento Nuovi Profili, Collettivo Byzantium Onlus, associazione Spirit Romanesc, Coordinamento Donne contro il razzismo - Casa Internazionale delle Donne di Roma, Rete Internazionale delle Donne per la Pace, Associazione Casa Rossa – Spoleto, Convergenza delle Culture – Milano, Rete delle donne Anti Violenza onlus – Perugia, Comitato Piazza Carlo Giuliani Onlus, Comitato Internazionale di Educazione per la Pace – Ciep, Servizio Civile Internazionale, Consorzio Città dell'Altraeconomia, Reorient Onlus, Associazione Trama di terre – Imola, Centro di Solidarietà Internazionalista Alta Maremma, Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Associazione "Periferie al Centro" - Fuori Binario, Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, Associazione Convergenze, Il Cavatappi - Rivista Online, Comunità in Resistenza – Empoli, comitato "Lo sbarco della nave dei diritti di Genova", Freedom Flotilla Italia, Rete Nazionale Radié Resh, Chiama l’Africa, Presidio No Dal Molin –Vicenza, CISDA - Coordinamento italiano sostegno donne afghane, Associazione Dimensioni Diverse Onlus, Osservatorio Europa, Collettivo studentesco universitario Napoli, Centro Francescano di Ascolto – Rovigo, Comitato per la Pace “Rachel Corrie” – Genova, il Popolo Viola – Genova, Unione Inquilini, Associazione Campania Europa Mediterraneo, Assemblea studenti del corso di laurea in scienze per la pace – Università di Pisa, Genova laica, Fabbrica di Nichi – Genova, a-sinistra.blogspot.com, U.S. Citizens for Peace & Justice – Rome, Casa per la Pace Milano, Laboratorio politico Alternativa, Dna Altomilanese, Altragricoltura, Cgil Genova, Cipax, Associazione Ayusya, Associazione Usciamo dal Silenzio – Genova, Rete Antirazzista Catanese, Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, Blocchi Precari Metropolitani, Associazione Amici di padre Roberto Maestrelli, Tavolo della Cooperazione Internazionale –Empoli, ACS Associazione di Cooperazione e Solidarietà, Tavolo Interventi Civili di Pace, USB – Unione Sindacale di Base, Anpi provinciale Roma e Lazio, Fundacion Gentes de Yilania, Mondo Senza Guerre e Senza Violenza – Firenze, Rete Antirazzista IV Municipio Roma, Centro di accoglienza "E. Balducci" - Zugliano Udine, Csp-Csu (Comitato in difesa della Scuola Pubblica - Coordinamento Studentesco Universitario)
Partito Umanista Internazionale, Comunisti Sinistra Popolare – Venezia, Comunisti Sinistra Popolare - Treviso
Adesioni individuali:
Silvana Amati, Enrico Gasbarra, Giuseppe Giulietti, Paolo Nerozzi, Sabina Rossa, Vincenzo Vita, Grazia Scuccimarra, Luciano Muhlbauer, Lido Giampaoli, Barbara Ferrazzo, Tiberio Tanzini, Gian Carlo Bandinelli, Renata Lovati, Simone Lepore, Franco Russo, Agostino Giordano, Francesca Fabbri, Loris Viari, Francesco Cassotti, Paolo Limonta, Mimmo Pantaleo, Maria Silvia Parolin, Franco Origoni, Anna Steiner, Paola Manduca, Moreno Biagioni, Bruno Roveda, Giorgio Nebbia, Angelo Giampietri, Angela Mary Pazzi, Giovanni Capuzzi, Barbara Accetta, Mario Cocco, Maria Carolina Oro
(aggiornato al 30.03.2011)
Per aggiornamenti sulle adesioni e per conoscere tutte le mobilitazioni città per città, visita il blog del Coordinamento 2 Aprile:
“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, sulla free press eretica MilanoX, n° xxvii del 24 marzo 2011.
A Milano l’è dura non soltanto per chi vuole fare musica e cultura indipendente, ma anche per chi si guadagna da vivere vendendo il kebab. Infatti, mentre dei primi si occupa il vice del sindaco, dei secondi si prende poco amorevolmente cura la Lega, che gli immigrati non gli sopporta proprio, né quando non lavorano, né quando lavorano.
L’ultima trovata in ordine di tempo si chiama progetto di legge n. 85, depositato in Consiglio regionale il 9 marzo scorso, ma il vice del presidente, il leghista Gibelli, preferisce la dizione meno prosaica di “legge Harlem”. L’obiettivo della proposta è enunciato chiaramente sin dalle prime righe della relazione di accompagnamento: “La normativa, per ragioni di ordine pubblico e di sicurezza, prevede fra le altre cose la possibilità per i Comuni di evitare l’addensamento di negozi extracomunitari nella medesima zona”.
L’ordine pubblico e la sicurezza non c’entrano niente, ovviamente, ma è l’unica maniera per tentare di giustificare delle norme speciali e discriminatorie per alcuni settori commerciali, selezionati in base al numero di titolari di cittadinanza o origine straniera. D’altronde, quei motivi furono invocati già al tempo della razzista legge regionale contro i phone center, approvata quasi all’unanimità dal Consiglio regionale nel 2006 e dichiarata totalmente illegittima dalla Corte Costituzionale due anni dopo, ma che nel frattempo aveva rovinato economicamente un sacco di gente.
Ma inutile cercare coerenza nel discorso della Lega. A Roma, in nome della libertà di iniziativa economica, plaudono a Marchionne e sostengono la revisione dell’art. 41 della Costituzione, ma qui proclamano la necessità di “limitare talune libertà” nel caso di kebaberie e parrucchieri cinesi. Oppure, allo stesso Pirellone, la Lega ha dato il via libera al progetto di un mega centro commerciale sull’area ex-Alfa, destinato a mettere in crisi l’italianissimo commercio al dettaglio di Rho.
Anzi, a ben guardare la coerenza c’è: non gliene frega niente dei lavoratori, dei consumatori e dei negozi di vicinato, ma soltanto delle loro poltrone e, quindi, dagli all’immigrato per raccattare un po’ di voti. E così, proprio quando il kebab entra nel paniere Istat, la Lega pretende che esca da Milano.
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo originale della “legge Harlem”, cioè il pdl n. 85 del 9 marzo 2011
|
|
|