Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Da non credersi! Stamattina il Comune di Milano ha fatto cancellare il murale sulla Darsena in memoria di Dax, appena rifatto. E pensare che erano passate soltanto poche ore dalla fine delle iniziative che ricordavano l’anniversario dell’omicidio del giovane milanese assassinato dai neofascisti.
Certo, sappiamo bene come la pensa il vicesindaco De Corato a proposito della memoria storica e tutti in città conoscono le sue crociate per riabilitare il fascismo storico, sradicare le lapidi in piazza Fontana e cancellare i murales di sinistra. Ma quanto accaduto oggi ha un sapore strano, sa di eccesso e di provocazione.
In politica la scelta dei tempi non è mai casuale e non c’era giornata più sbagliata di quella di oggi per cancellare quel murale. Ebbene sì, perché ieri cadeva appunto il quinto anniversario dell’omicidio di Dax e domani ricorre il trentennale dell’assassinio di Fausto e Iaio, tuttora impunito. E, a Milano, queste date le conoscono tutti, a partire dal vicesindaco.
E allora, perché cancellarlo proprio oggi? Perché si spera in qualche reazione impulsiva da giocarsi in campagna elettorale? O semplicemente perché si vuole comunicare alla città che l’antifascismo non ha più cittadinanza, nemmeno quando di mezzo ci sono i morti ammazzati?
Comunque sia, lo squallido atto di oggi non fa che rafforzare la nostra convinzione che a Milano vi è un grande bisogno, civile e culturale, di investire energie, intelligenza e passioni per tenere viva la memoria e contrastare ogni compromesso con le tesi revisioniste, ahinoi sponsorizzate con ogni mezzo dalla seconda carica della nostra città.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Dopo due giorni e mezzo di seduta il Consiglio regionale ha approvato il nuovo Statuto d’autonomia della Lombardia. Hanno votato a favore i gruppi della maggioranza di centrodestra (Fi, An, Lega, Udc) e il Partito Democratico, mentre i gruppi della sinistra (Prc, Sd, Verdi, Pdci) si sono astenuti.
Lo statuto entrerà in vigore soltanto dopo una seconda votazione da parte del Consiglio, da tenersi tra due mesi, e verrà definitivamente promulgato se il Governo non lo impugnerà per motivi di illegittimità costituzionale e se non verrà richiesto il referendum popolare.
La Lombardia è tra le ultimissime regioni italiane a dotarsi di un nuovo statuto, come richiesto dalla legge costituzionale n. 1 del 1999, ed è forse l’unico caso in cui questo non sia stato approvato all’unanimità dal Consiglio. Siamo dunque consapevoli che la nostra odierna astensione non rappresenta un fatto ordinario. Dall’altra parte, la Lombardia è il luogo dove il presidenzialismo regionale all’italiana ha mostrato più nitidamente il suo carattere squilibrato e autoritario, anche a causa della forza del sistema di potere di Formigoni, e sarebbe stato irresponsabile e miope adagiarsi su un coro bipartisan che fotografa la distorsione democratica esistente (vedi nostro articolo dell’11 marzo).
Il risultato finale della tre giorni dedicati allo statuto non si discosta molto dal testo iniziale. Sono stati accolti una trentina di emendamenti, ma non sulle parti fondamentali del testo, cioè quelle relative ai poteri e alle funzioni dell’assembla legislativa e del Presidente. E così, da una parte c’è stato qualche abbellimento e, dall’altra, qualche contentino alla Lega, con l’introduzione della “festa regionale”. Non è stata stabilita la data, ma va per la maggiore l’ipotesi del 7 aprile, in memoria del giuramento di Pontida dell’anno 1167…
Significativo era però il lungo dibattito in aula, parecchio lontano dal presunto “spirito costituente” invocato dalle destre e dedicato, invece, in larga misura alle contraddizioni della maggioranza. Tutto sommato, un clima scialbo, dove si toccava con mano che la testa di tanti non stava in Consiglio, bensì in campagna elettorale (quella politica e quella regionale, che si avvicina sempre di più).
Unico fatto degno di nota, in senso negativo, è il tentativo dell’assessore Buscemi (Fi) di abrogare ogni, pur timido, riferimento alle pari opportunità tra i generi, nel caso degli organi di governo della Regione e degli organi direttivi degli enti e delle aziende controllati dalla Regione. Certo, il senso era quello di salvaguardare la mano libera della Giunta nelle nomine, ma il dibattito era più che paradigmatico, perché andava ben oltre alla questione concreta, toccando punte di misoginia stupefacenti, dall’intervento inqualificabile dell’assessore Prosperini (An) fino agli insulti gratuiti a Vladimir Luxuria della Lega. Alla fine, dopo le aspre proteste dell’opposizione e una conseguente sospensione della seduta, il tutto si è risolto con una piccolissima modifica, che in realtà non cambia molto. Ma lo spettacolo è stato davvero imbarazzante!
Dulcis in fundo, il comportamento del Presidente Formigoni, che la dice lunga sul rispetto che gode l’assemblea legislativa da parte del presidente. La sua presenza in aula è durata, infatti, il tempo del suo intervento, dove ha rivendicato che lo statuto è lo “specchio” della sua azione politica, e poi non si è più visto. Nemmeno oggi, durante il “solenne” voto finale, si è presentato perché impegnato in qualche riunione di partito relativa alla sua campagna elettorale per il Senato della Repubblica…
Insomma, lo statuto approvato oggi è uno statuto che si limita a fotografare l’esistente, cioè il modello Formigoni.
qui puoi scaricare sia il testo dello Statuto approvato, che l’intervento in aula consiliare dell’assessore Prosperini, dedicato alla questione pari opportunità. Buona lettura…
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 11 marzo 2008 (pag. Milano)
Da oggi il Consiglio regionale è riunito per discutere e votare, in prima lettura, la proposta di nuovo Statuto della Lombardia. A livello pubblico se n’è parlato poco finora, forse perché si tratta di materia ostica e poco accattivante. Tuttavia, la vicenda non va sottovalutata, visto che lo statuto “determina la forma di governo e i princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento”, come recita l’articolo 123 della Costituzione. Insomma, stiamo parlando di come si organizza la democrazia, il potere politico e il rapporto regione-cittadini nella regione di Formigoni.
E allora, cominciamo dall’inizio, cioè dallo stato di cose presente. La prolungata egemonia culturale e politica delle destre ha segnato profondamente la Lombardia e Formigoni è forse l’uomo politico che più di altri l’ha tradotta in un modello politico e sociale coerente. Le sue parole d’ordine, cioè federalismo e sussidiarietà, si sono concretizzate in un crescente accentramento di potere nel figura del presidente e in una sempre più estesa privatizzazione delle funzioni pubbliche. Un mix micidiale, che fa sì che la stessa privatizzazione sia pesantemente condizionata dalla tutela pubblica di interessi particolari, a partire da quelli della Compagnia delle Opere.
Sul piano istituzionale e su quello dell’equilibrio dei poteri, per scomodare il vecchio Montesquieu, tutto questo ha comportato un progressivo svuotamento dell’assemblea legislativa. Ne costituisce prova lampante il fatto che il 90% delle leggi regionali approvate sono proposte dalla Giunta oppure la forte tendenza alla delegificazione, spacciata come “semplificazione”, ma che nella realtà significa che le leggi fissano criteri sempre più generali, mentre le regole e le norme che contano, specie quando si tratta di distribuire denaro pubblico, le delibera poi la Giunta nelle segrete stanze.
In altre parole, il presidente lombardo non assomiglia tanto ai suoi colleghi statunitensi, ma piuttosto a un’edizione moderna del Principe, che emargina l’assemblea legislativa e instaura un rapporto diretto, neocorporativo e verticistico, con la società.
Ebbene, mesi fa la discussione in commissione statuto iniziò con una proposta di “compromesso” che salvaguardava il presidenzialismo, condiviso da centrodestra e Pd, ma che restituiva al Consiglio almeno alcuni poteri, legislativi e di controllo. Ma poi piombò in commissione l’emissario di Formigoni, cioè l’assessore Colozzi, e fu una raffica di emendamenti e modifiche, con il risultato finale di un testo che fotografa l’esistente. Cioè, un Consiglio debole e un Presidente onnipotente.
È sintomatica a questo riguardo la riscrittura, in extremis, della norma originale che prevedeva una riserva di legge per quanto attiene le prestazioni relative ai diritti civili e sociali. Ora non c’è più nessuna riserva e sarà, dunque, il Presidente ad occuparsene direttamente.
C’è poi tutto il resto, come il rapporto tra Regione e i cittadini, dove la partecipazione è ridotta a qualche affermazione generica, salvo poi elevare a rango statutario il principio neocorporativa del “partenariato”. Oppure, c’è la solita “sussidiarietà orizzontale”, intesa come privatizzazione dei servizi pubblici. O ancora, la parte dei principi generali, dove si elude il fatto che la Lombardia è ormai multietnica e che le famiglie non sono solo quelle fondate sul matrimonio, ma in cambio non si dimentica di citare la “cooperazione” con la Chiesa cattolica.
Insomma, siamo sicuramente riusciti a eliminare dalla proposta alcuni eccessi, come la tutela della vita “sin dal suo concepimento”, trasformato poi in un più ambiguo “in ogni sua fase”, ma lo statuto così come si presenta è l’apoteosi del continuismo.
Non siamo dei pazzi e non sogniamo uno statuto di sinistra nella Lombardia di oggi. Ma pensiamo che uno statuto che assomiglia al programma di governo della maggioranza sia un cattivo statuto. Ecco perché in commissione non abbiamo votato a favore e perché continueremo la nostra battaglia politica.
qui sotto puoi scaricare la proposta di Statuto in discussione in Consiglio
Siamo donne e uomini, giovani e meno giovani, provenienti da esperienze diverse e dalla società civile, convinte/i che qui, ora e in particolare in Lombardia, si stia giocando una partita decisiva sulla libertà e l’autodeterminazione femminile nell’ambito di una più vasta messa in discussione della laicità dello Stato. Per questo l’assemblea della rete lombarda “194 ragioni “ha deciso di organizzare
una grande mobilitazione
sabato 8 marzo
alle ore 14.30 in Largo Cairoli - Milano
Un otto marzo di lotta per la libertà e l'autodeterminazione delle donne per non svuotare la legge 194, rivendicando:
- il pieno sostegno alle attività di prevenzione dei consultori pubblici: spazi e modalità adeguate, completamento e stabilizzazione degli organici, presenza di tutte le figure necessarie e con mediatrici linguistiche e culturali per le donne migranti;
- l’impegno a circoscrivere l’obiezione di coscienza, che in vari ospedali mette a repentaglio l’interruzione di gravidanza nei tempi previsti;
- un piano rinnovato di educazione alla sessualità, alla contraccezione, alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, da realizzare nelle scuole e nei consultori;
- l’impegno ad estendere anche in Lombardia metodi alternativi, meno dolorosi e meno costosi della tradizionale interruzione di gravidanza, come la pillola RU-486.
Io lotto marzo
Adesioni al 5 marzo (collettive): Associazione Dimensioni Diverse-Spazio Donna, Forum salute mentale, Osadonna, DonneInQuota, Rete centi antiviolenza della Lombardia, Associazione per una Libera Università delle Donne, Unione Femminile Nazionale, Associazione Crinali, Sinitra Critica, La mela di Eva, Amiche di ABCD, collettivo femminista Cercando la luna, Associazione Enzo Tortora-Radicali Milano, UICEMP, CED, Prc federazione Milano, FGCI Milano, Pdci federazione Milano, Sinistra l’Arcobaleno Milano, Network dei giovani per la Sinistra l’Arcobaleno, Collettivo femminista Cercando la luna, Partito Umanista, Usciamo dal silenzio, SdL intercategoriale, Associazione Todo Cambia, Ladyfest Pavia, UAAR
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 5 marzo 2008 (pag. Milano)
L’emendamento “ammazzaparchi” non c’è più. L’Assessore Boni ha dovuto ritirarlo in aula di fronte all’opposizione della sinistra e soprattutto delle forze della società civile lombarda.
La nostra soddisfazione è grande, perché è stata impedita un’ulteriore calata di cemento sui parchi lombardi. Perché questa era la ratio della norma voluta da Formigoni e dal partito degli affari.
Ma il pacchetto di modifiche della legge urbanistica regionale non prevedeva soltanto questa norma, bensì molto di più e, purtroppo, se ne’è parlato poco. Come ormai accade da oltre due anni, le continue modifiche della l.r. 12/2005 non sono ispirate al governo pubblico delle trasformazioni urbanistiche in atto, bensì alla tutela di interessi particolari, affaristici o politici.
E così, ad esempio, è stata varata una norma che favorisce gli interessi dei poteri forti, concedendo un aumento delle volumetrie nella misura del 15%, per quanto riguarda gli interventi edificatori sulle aree dismesse delle Ferrovie dello Stato. E non stiamo parlando di briciole, ma di uno degli affari del secolo, cioè di un milione di metri quadrati nella sola Milano.
Come d’abitudine, però, la legge 12 è stata utilizzata anche per fini che con l’urbanistica non c’entrano un bel niente, ma che fanno comodo alle campagne securitarie delle destre.
Ci sono dunque nuove regole, di carattere restrittivo, per l’insediamento dei “campi nomadi” e la contemporanea abrogazione dell’art. 3 della l.r. 77/89, cioè viene abrogato l’obbligo di “evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica” e di “facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale”.
Non manca, ovviamente, un altro cult leghista, con l’introduzione di una nuova regola che rende ancor più difficoltosa la costruzione di moschee. E così, dopo la norma “urbanistica” speciale del 2006, che aveva messo fuori legge pregare, senza permesso del Sindaco, in un luogo non considerato ufficialmente di culto, ora si vuole ostacolare persino la costruzione di nuovi luoghi di culto regolari.
In altre parole, questioni di carattere sociale o attinenti alla libertà religiosa vengono trasformati in problemi urbanistici e, per questa via, in questioni di ordine pubblico. Insomma, il solito squallido gioco del tanto peggio, tanto meglio.
Per questo, pur essendo soddisfatti per il ritiro dell’emendamento “ammazzaparchi”, occorre essere consapevoli che la battaglia per un governo pubblico e sostenibile delle trasformazioni urbanistiche è ancora lunga. In fondo, si tratta di stabilire chi decide: o i grandi costruttori oppure i cittadini e i lavoratori che abitano i territori.
Il pacchetto di modifiche della legge sul governo del territorio, approvato nella seduta del Consiglio regionale di ieri, non contiene soltanto norme urbanistiche. Ancora una volta, l’assessore leghista ha inserito abusivamente delle modifiche legislative contro i rom e i cittadini di fede islamica. Ecco qui di seguito le nuove norme varate ieri e che, appunto, si trovano nella l.r. n. 12/2005.
Per quanto riguarda i “campi nomadi” sono state introdotte le seguenti nuove norme:
- nuova lettera e ter), al comma 2 dell’articolo 8: “d’intesa con i comuni limitrofi, può individuare, anche con rappresentazioni grafiche in scala adeguata, le aree nelle quali il piano dei servizi prevede la localizzazione dei campi di sosta o di transito dei nomadi”;
- nuovo comma 1 bis), all’articolo 9: “La realizzazione ovvero il mantenimento di campi di sosta o di transito dei nomadi può essere previste unicamente nelle aree a tal fine individuate dal documento di piano ai sensi dell’articolo 8, comma 2, lettera e ter). I campi devono essere dotati di tutti i servizi primari, dimensionati in rapporto alla capacità ricettiva prevista”;
Inoltre, è stato abrogato l’articolo 3 della l.r. 22 dicembre 1989, n. 77 (Azione regionale per la tutela delle popolazioni appartenenti alle “etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi”), che così recitava:
“Realizzazione di campi di sosta o di transito.
1. I comuni singoli od associati maggiormente interessati alla presenza di nomadi realizzano campi di sosta o di transito.
2. I comuni singoli od associati individuano dei campi aventi le caratteristiche specificatamente previste dalla apposita deliberazione di Giunta regionale, adottata previo parere della consulta per il nomadismo, distintamente per campi di sosta e campi di transito.
3. I sedimi da adibire a campi sono reperiti nelle aree da destinare a zone per attrezzature di uso pubblico dei piani regolatori generali dei comuni; i comuni potranno a tal fine introdurre apposite varianti agli strumenti urbanistici, ai sensi dell’art. 5 della L.R. 12 settembre 1983, n. 70 concernente "Norme sulla realizzazione di opere pubbliche di interesse regionale".
4. I comuni singoli od associati possono realizzare altresì progetti di zone residenziali intese a favorire la sedentarizzazione comunitaria dei nomadi.
5. L’ubicazione dei campi e delle zone residenziali deve essere individuata in modo da evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica e da facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale.”
Per quanto riguarda invece le moschee, ecco il nuovo comma 4 bis) dell’articolo 72: “Fino all’approvazione del piano dei servizi, la realizzazione di nuove attrezzature per i servizi religiosi è ammessa unicamente su aree classificate a standard nei vigenti strumenti urbanistici generali e specificamente destinate ad attrezzature per interesse comune”.
La grande mobilitazione di tutto il centrosinistra in Consiglio regionale, delle associazioni ambientaliste, di buona parte dei parchi lombardi, dei cittadini, degli urbanisti e dei sindaci ha costretto l’assessore Boni a ritirare l’emendamento “ammazzaparchi”, il provvedimento che avrebbe permesso alla Regione di dare l’ok ai progetti edificatori all’interno dei parchi anche se questi avessero espresso parere contrario.
E’ una grande vittoria per Sinistra Arcobaleno e per tutti coloro che si sono opposti a un provvedimento che di fatto avrebbe aperto le porte allo smantellamento dei parchi lombardi, a cominciare dal Parco Sud Milano. Le aree protette lombarde vanno tutelate e promosse con attività compatibili con la cura del territorio e della biodiversità.
Ora vigileremo affinché l’emendamento cacciato oggi dalla porta non rientri in futuro dalla finestra.
Comunicato stampa dei Consiglieri regionali: Luciano Muhlbauer (Prc), Carlo Monguzzi (Verdi), Marco Cipriano (Sd)
Dopo quasi un anno di aspro dibattito nella quinta commissione consiliare, l’ennesimo pacchetto di modifica della legge regionale n. 12 sul governo del territorio approderà domani in Consiglio regionale. E come nelle modifiche precedenti, il leitmotiv è quello delle norme speciali per garantire degli interessi particolari.
Non vi è alcun interesse pubblico nella nuova norma sui parchi lombardi, come avevano già dimostrato sia la posizione perplessa dell’Anci, che l’aperta ostilità di Federparchi. Infatti, le uniche voci fuori dal coro della protesta sono non a caso Milena Bertani, presidente del Parco del Ticino e soprattutto ex-assessora della Giunta Formigoni, e Letizia Moratti, Sindaco di Milano e tra i principali interessati a mettere le mani sul verde del Parco Sud.
Insomma, si tenta di ripetere la storia del 2006, quando la legge n. 12 fu modificata per facilitare l’edificazione dell’area verde della Cascinazza a Monza. Allora, si trattava di garantire anzitutto gli affari di Paolo Berlusconi, ora invece gli appetiti speculativi in gioco sono ben più consistenti e vedono coinvolti i principali costruttori dell’area milanese, ansiosi di poter ottenere varianti per rendere edificabili porzioni del Parco Sud.
E, come nel 2006, il proponente della norma speciale è un assessore della Lega Nord, cioè una forza politica che a parole si dichiara estranea al partito degli affari, raccolto attorno al Presidente della Regione, ma che nei fatti è sempre disponibile ad assecondare i poteri forti, in cambio di un po’ di propaganda securitaria.
Quindi, nel pacchetto di modifiche troviamo anche questa volta due capolavori del genere. La prima riguarda, manco a dirlo, i “campi nomadi”, mediante l’introduzione di una norma restrittiva per il loro insediamento e la contemporanea abrogazione dell’articolo 3 della legge regionale n. 77/89, che con l’urbanistica non centra un fico secco. In altre parole, quello che viene abrogato è l’obbligo di “evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica” e di “facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale”. Insomma, tanto peggio, tanto meglio.
La seconda, un altro cult leghista, è una norma che intende rendere più difficoltosa la costruzione delle moschee. E così, dopo la norma “urbanistica” speciale del 2006, che aveva messo fuori legge pregare, senza permesso del Sindaco, in un luogo non considerato ufficialmente luogo di culto, ora si vuole ostacolare persino la costruzione di nuovi luoghi di culto regolari. Anche qui, la morale è sempre la stessa: tanto peggio, tanto meglio.
Ma chissà, forse questa volta la moneta di scambio è anche un’altra e si tratta di dimostrare ai poteri forti l’affidabilità della Lega in vista della successione di Formigoni.
Comunque sia, se la norma dovesse passare, a rimetterci saranno i cittadini, o meglio, quelli tra di noi che non posseggono un’impresa di costruzioni. Per tutto questo, domani in aula ci batteremo con tutti i mezzi a nostra disposizione, compresi gli oltre 150 emendamenti della Sinistra, per impedire questo scempio.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Ieri notte, dopo tre giorni di ostruzionismo nell’aula del Consiglio regionale da parte dei gruppi della sinistra (Prc, Sd, Verdi, PdCI), la maggioranza di centrodestra è riuscita ad approvare la legge regionale quadro sul “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario”.
La logica di fondo di questa legge è quella ormai abituale nella Lombardia di Formigoni, cioè la piena equiparazione tra pubblico e privato. E come già accade in molteplici settori, a partire dalla sanità, la tanto invocata “libertà di scelta” si traduce nei fatti nella libertà di scegliere il privato, che gode di ampi sostegni e finanziamenti pubblici ed è sottoposto a pochissimi controlli e verifiche.
Ma, visti i tempi che corrono, l’aderente numero 1 al Comitato lombardo per la moratoria sull’aborto, cioè Roberto Formigoni, non ha voluto perdere nemmeno questa volta l’occasione per attaccare la 194 e il diritto e la libertà delle donne di autodeterminarsi. E così, ha fatto il suo ingresso nella legge l’edificante principio secondo il quale i servizi sociali e sociosanitari lombardi sono finalizzati anche alla tutela della vita sin dal suo concepimento.
È significativo, peraltro, che in tutti questi giorni di battaglia politica la maggioranza si sia mostrata disponibile a trattare delle modifiche, seppure limitate, su quasi tutti gli articoli della legge, tranne su quello del concepimento.
Certo, si tratta soprattutto di propaganda e ideologia, ma sarebbe sbagliato pensare che questa ennesima porcata formigoniana non possa avere anche qualche conseguenza concreta. Essa legittima, infatti, tutte quelle azioni e pressioni da parte di soggetti, anzitutto privati, tese ad imporre alle donne la loro visione del mondo. E che tutto questo venga permesso, se non incentivato, in un servizio pubblico rivolto alle persone più deboli è di uno squallore umano e politico davvero sconcertante.
Il 20 febbraio scorso il Presidente Formigoni ha annunciato alla stampa di aver raggiunto un accordo con il Ministro Fioroni e che, pertanto, il Governo avrebbe ritirato il ricorso, giacente presso la Corte Costituzionale, contro la legge regionale n. 19/2007 sull’istruzione e dato il via libera all’attuazione della riforma del centrodestra. E l’accordo comprenderebbe persino la “chiamata diretta” del personale docente e non docente da parte degli istituti, aggirando così le graduatorie e i concorsi pubblici previsti dalla legge.
Una notizia che, qualora confermata, rappresenterebbe un capovolgimento secco delle posizioni del Ministero della Pubblica Istruzione, che nell’autunno scorso aveva impugnato la legge regionale su molti punti centrali. Ecco perché abbiamo sollecitato, per giorni, il Ministero a chiarire se tale accordo esista e cosa preveda. Ebbene, è passata una settimana e dal Ministero non è arrivato altro che silenzio.
Chiediamo dunque pubblicamente al Ministro Fioroni di precisare formalmente se esiste un accordo con il Presidente Formigoni e se intende ritirare il ricorso contro la legge 19.
Non si tratta di una questione di dettaglio, ma di sostanza politica e istituzionale. Come, infatti, aveva riconosciuto lo stesso Ministero, all’atto della formulazione del ricorso, la legge del centrodestra lombardo viola numerose leggi e precetti costituzionali, invadendo pesantemente le competenze dello stato in una materia delicata e di primaria importanza, come la scuola.
La ratio della riforma formigoniana dell’istruzione ripropone pari pari quanto avvenuto già nella sanità lombarda. Cioè, non si tratta soltanto di accentrare più poteri nelle mani dell’esecutivo regionale, a scapito dello Stato e degli enti locali, ma anzitutto di aprire anche l’istruzione alla privatizzazione.
Non a caso, in uno dei decreti applicativi della l.r. 19/2007, la Giunta lombarda ha trasformato il “buono scuola”, che ogni anno gira 45 milioni di euro alla scuola privata, in “dote per la libertà di scelta”, mutando l’esclusione de facto delle famiglie della scuola pubblica in un’esclusione de iure, cioè spavaldamente rivendicata in spregio alla legalità costituzionale.
Quella legge è una vera e propria bomba a orologeria contro la scuola pubblica e laica, non solo lombarda. Riteniamo che il governo avesse fatto semplicemente il suo dovere istituzionale quando l’aveva impugnata. Ritirare il ricorso in piena campagna elettorale, e scoprire un’improvvisa passione per i disegni formigoniani, significherebbe invece ben altro, cioè l’ennesimo mercanteggiamento politico tra il PD e il PdL.
Per tutti questi motivi, riteniamo doveroso e urgente che il Ministero chiarisca immediatamente la sua posizione.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer (Prc), Bebo Storti (PdCI) e Arturo Squassina (Sd)
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