Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di lucmu (del 05/12/2006, in Casa, linkato 1157 volte)
Oggi il Consiglio Regionale ha approvato a maggioranza, con il voto contrario di Rifondazione Comunista, il Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2007-2009.
Avvio della ritirata del pubblico e apertura dell’edilizia residenziale pubblica sia ai criteri di gestione privatistici che direttamente al privato. Sembra essere questo il messaggio di fondo del centrodestra lombardo con l’approvazione del Prerp 2007-2009, che comporta un taglio secco delle risorse per le case popolari.
I numeri parlano chiaro. Il programma triennale precedente disponeva di quasi 1.200 milioni di euro complessivi, mentre ora si stanziano appena 512 milioni, comprensivi peraltro dei fondi statali. Una riduzione che colpisce quasi esclusivamente gli investimenti per la realizzazione e la riqualificazione degli alloggi, investimenti che scendono così dagli 810 milioni di prima ai miseri 233 di oggi.
Ci pare davvero incredibile che tutto questo possa avvenire esattamente nel momento in cui si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa, come rilevano tutti gli indicatori esistenti, nonché le segnalazioni dei sindacati inquilini e della stessa Anci Lombardia. Perché vi è una crescente insufficienza dell’offerta abitativa rispetto alla domanda, in particolare per quanto riguarda quella parte di edilizia destinata ai settori sociali più disagiati.
E non regge nemmeno la motivazione che non ci sarebbero i fondi. Beninteso, siamo consapevoli che c’è un problema di finanziamento dell’edilizia residenziale pubblica, ma poi basta spulciare velocemente il bilancio regionale per scoprire, per esempio, che per lo stesso periodo sono stati stanziati senza battere ciglio 470 milioni di euro per la nuova e superlativa sede amministrativa della Regione. No, non siamo di fronte a una semplice difficoltà oggettiva, bensì a una scelta politica ben precisa.
Scegliere la strada del ritiro dell’intervento pubblico è un grave errore politico che si ripercuoterà negativamente sulle fasce sociali più deboli. E così, ancora una volta, l’impeto privatizzatore di Formigoni ha la meglio sui bisogni sociali. Rifondazione Comunista si è opposta oggi e continuerà farlo, a partire dalla discussione del bilancio regionale, dove chiederemo nuovamente di destinare i fondi necessari alla realizzazione e riqualificazione delle case popolari.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui puoi scaricare l'Ordine del Giorno del Prc sulla partecipazione nei contratti di quartiere che è stato approvato oggi in aula
di lucmu (del 05/12/2006, in Lavoro, linkato 1127 volte)
Tredici consiglieri regionali di tutti i gruppi dell’Unione, primo firmatario Luciano Muhlbauer di Rifondazione Comunista, hanno oggi presentato il progetto di legge regionale “Contrasto dello sfruttamento del lavoro irregolare in Lombardia”.
“Si aggira una favola nella nostra regione - afferma il consigliere Muhlbauer – secondo cui lo sfruttamento del lavoro nero e irregolare sarebbe tutto sommato cosa marginale e trascurabile, mentre il vero problema risiederebbe nelle sole regioni meridionali del nostro Paese. E questa convinzione pare non sia venuta meno nemmeno con le ultime denunce pubbliche relative ai casi di caporalato nell’edilizia o nell’ortomercato di Milano.”
“Una sottovalutazione grave - spiega Luciano Muhlbauer - di quello che sta avvenendo e che tutti gli indicatori disponibili segnalano come fenomeno in espansione, specie nei settori costruzioni e servizi. L’infamia del caporalato, di per sé inaccettabile da ogni punto di vista, è purtroppo soltanto la punta dell’iceberg, di un diffuso non rispetto delle norme contrattuali e di legge. Un’illegalità che priva i lavoratori colpiti, spesso immigrati, dei loro diritti fondamentali e che esercita una pressione al ribasso sul livello delle tutele e delle retribuzioni di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici.”
“Nel progetto di legge - aggiunge ancora il consigliere del Prc - non c’è nulla che non si possa fare. Anzi, il Consiglio regionale della Puglia ha votato un provvedimento analogo già un mese fa. Con questa legge vogliamo partire anzitutto da noi stessi, dal sistema regionale. Chi riceve un qualsiasi contributo regionale, diretto o indiretto, sarà tenuto al rispetto delle regole, a partire dai contratti nazionali, pena la revoca del beneficio, e per ogni appalto sarà necessario dimostrare gli indici di congruità. La Regione dovrà altresì definire azioni di contrasto su tutto il suo territorio, con strumenti come i piani di emersione, il rafforzamento dell’azione ispettiva o le campagne informative rivolte ai lavoratori immigrati.”
“Di fronte alla gravità della situazione - conclude Muhlbauer - non è ammissibile che le istituzioni persistano nell’immobilismo. Occorre invece prendere iniziative forti, che facciano capire che il tempo della tolleranza nei confronti degli sfruttatori senza scrupoli è finito. Chiediamo dunque alla maggioranza di centrodestra di aprire immediatamente il confronto, al fine di arrivare nel più breve tempo possibile al varo di una legge regionale seria e incisiva.”
comunicato stampa
qui puoi scaricare il testo del progetto di legge contro lo sfruttamento del lavoro nero
di lucmu (del 29/11/2006, in Casa, linkato 1213 volte)
Oggi la V Commissione consiliare ha dato il via libera, a maggioranza, al Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2007-2009, che dunque verrà discusso in Aula il 5 dicembre prossimo.
Pur riconoscendo al nuovo assessore alla partita una disponibilità al dialogo ben diversa rispetto a quella del suo predecessore non possiamo che riconfermare il nostro giudizio decisamente negativo e preoccupato sul provvedimento della Giunta regionale. Infatti, mentre tutte le stime relative al fabbisogno abitativo nella nostra regione, in particolare nelle aree metropolitane, segnalano una crescente insufficienza dell’offerta rispetto alla domanda, la Giunta Formigoni non trova niente di meglio che tagliare drasticamente le risorse destinate alle politiche per la casa, specie per quanto riguarda la realizzazione e la riqualificazione degli alloggi.
Per dirla con i numeri, il programma triennale precedente disponeva di quasi 1.200 milioni di euro, mentre ora si intendono stanziare appena 512 milioni, comprensivi peraltro dei fondi statali. Un taglio che colpisce quasi esclusivamente gli investimenti sull’edilizia residenziale pubblica, che scendono così dagli 810 milioni di prima ai miseri 233 di oggi.
Ci pare davvero incredibile che tutto questo avvenga esattamente nel momento in cui si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa, fatta di crescenti difficoltà di accesso alla casa per i ceti popolari, che si tratti di cittadini italiani o stranieri, di contratti di quartiere che nel capoluogo non funzionano proprio e di riqualificazioni che non arrivano mai. E così rimangono inascoltate anche le voci sia dell’Anci Lombardia che dei sindacati inquilini, i quali hanno fatto rilevare come ciò che maggiormente manca è proprio quella parte di edilizia destinata ai settori sociali più disagiati.
E, francamente riteniamo fuori luogo l’argomento secondo cui non ci sarebbero i soldi, poiché basta spulciare il bilancio regionale per scoprire, ad esempio, che sono stati stanziati tranquillamente 470 milioni di euro per la nuova e superlativa sede amministrativa della Regione. Quindi, se i soldi davvero non ci sono, cosa di cui ci permettiamo di dubitare, allora Formigoni rinunci alla sua, per nulla urgente, torre di cemento e vetro.
A noi pare che le difficoltà di finanziamento fungano piuttosto da utile alibi per aprire l’edilizia residenziale pubblica a criteri di gestione privatistici e direttamente al privato. Certo, così i conti dell’Aler saranno forse più equilibrati e qualche immobiliare potrà fare un po’ di affari in più, ma in cambio si consegnerebbero le fasce sociali più deboli all’abbandono.
Per questi motivi chiediamo ancora una volta che la maggioranza di centrodestra cambi radicalmente strada, reperendo nuove risorse e soprattutto destinandole all’aumento dell’offerta abitativa per i ceti popolari.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 27/11/2006, in Casa, linkato 1273 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberamente di novembre-dicembre 2006
Quando leggerete questo articolo, il Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2007-2009 sarà già stato approvato. Tuttavia, essendo, ahinoi, più che improbabile che il centrodestra accetti delle modifiche sostanziali, possiamo sin d’ora esprimere la nostra preoccupazione e il nostro giudizio completamente negativo.
Infatti, siamo di fronte a una riduzione secca dei fondi e a una diminuzione ancora più accentuata degli investimenti destinati all’aumento dell’offerta abitativa. Per dirla con i numeri, il programma triennale 2002-2004 disponeva di quasi 1.200 milioni di euro, mentre ora si prevedono appena 513 milioni, peraltro comprensivi dei fondi statali, mentre l’allocazione delle risorse disponibili subisce un vero e proprio rovesciamento a favore del sussidio della domanda (fondo sostegno affitti, acquisto prima casa) che ora assorbe oltre il 49% del totale, mentre nel triennio precedente non superava il 26%. A farne le spese, ovviamente, gli investimenti per aumentare il patrimonio pubblico.
Certo, l’unanime levata di scudi di opposizione, sindacati inquilini e Anci, aveva provocata qualche modesto aggiustamento rispetto alla proposta originaria, ancora più povera di fondi e scandalosamente punitiva con gli alloggi a canone sociale, ma il risultato finale riconferma ampiamente la direzione di marcia che intende imboccare la Giunta Formigoni in materia di case popolari.
Beninteso, non viviamo sulla luna e sappiamo bene che c’è un grave e irrisolto problema di finanziamento dell’edilizia residenziale pubblica, poiché ai fondi ex-Gescal non è ancora stata trovata un’alternativa valida, e che le Regioni non possano risolvere il problema da sole. Ma nel nostro caso non siamo di fronte ad un semplice limite imposto dall’esterno, bensì ad una precisa scelta politica. Infatti, basta spulciare velocemente il bilancio regionale per rendersi conto che i soldi si trovano tranquillamente quando interessa a Formigoni. Ci riferiamo ad esempio al fatto, per rimanere in tema di mattoni, che vengono stanziati la bellezza di 470 milioni per la nuova e superlativa sede amministrativa della Regione, per nulla necessaria e funzionale unicamente ai sogni di grandeur del “governatore”.
Meno fondi dunque, ma soprattutto meno nuovi alloggi, specie quelli destinati alle fasce sociali più bisognose. Così, nel triennio precedente si prevedevano 5.651 nuovi alloggi a canone sociale, ora soltanto 1.825. Una scelta apparentemente incomprensibile, viste non sole le più recenti inchieste sul fabbisogno abitativo, ma altresì le segnalazioni dei comuni lombardi e dei sindacati inquilini, i quali fanno rilevare che oggi vi è anzitutto scarsità di offerta abitativa rivolta ai settori sociali più svantaggiati. Ma appunto, le apparenze ingannano, e il tutto diventa leggibile se consideriamo la parola d’ordine dell’autofinanziamento del sistema che pervade l’intero Prerp.
La crisi del finanziamento pubblico funge in questo modo da potente alibi per aprire l’edilizia residenziale pubblica ai criteri di gestione privatistici o direttamente al privato, sia nella versione no profit che in quella profit. E così i dirigenti delle Aler non perdono occasione per invocare il problema della “redditività necessaria e sufficiente” del patrimonio pubblico affidato alla loro gestione, poiché “gli affitti sono determinati in funzione dei parametri di povertà delle famiglie senza tener conto dei parametri oggettivi relativi ai costi gestionali e manutentivi degli edifici”. Mentre l’ingresso dei privati dovrebbe essere stimolata mediante una strisciante revisione del concetto di edilizia residenziale pubblica, dove sempre di più trova spazio il principio del cosiddetto “mix sociale”, cioè interventi edilizi che affianchino in maniera crescente al canone sociale quelli più redditizi (convenzionato, concordato, finanziario, speciale ecc.).
Per concludere, esattamente nel momento in cui nelle aree metropolitane lombarde, in primis quella milanese, si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa -fatta di crescenti difficoltà di accesso alla casa per i ceti popolari e gli immigrati, di contratti di quartiere che nel capoluogo non funzionano proprio e di riqualificazioni che non arrivano mai- si imbocca la strada della smobilitazione dell’intervento pubblico e dell’abbandono al loro destino dei settori sociali più deboli.
E il nuovo Prerp rischia di essere soltanto il primo passo, poiché a breve toccherà ad altri provvedimenti, come quello relativo alla riforma dei canoni. Una strategia di stravolgimento della missione dell’edilizia residenziale pubblica, che è quella di rispondere ad un bisogno sociale, che va contrastata in ogni modo.
di lucmu (del 21/11/2006, in Lavoro, linkato 1025 volte)
Oggi Rifondazione Comunista ha formalmente sollecitato il Presidente della VII Commissione consiliare a mettere urgentemente in discussione il progetto di legge n. 109, “Norme concernenti le modalità di accesso alla previdenza integrativa”, presentato dai consiglieri regionali di Rifondazione Comunista un anno fa, ma mai messo all’ordine del giorno.
Non è certo la prima volta che progetti di legge presentati dalle opposizioni finiscono in una sorta di congelatore. Ma in questo caso sarebbe davvero incomprensibile e inaccettabile. Il pdl intende infatti intervenire sulla delicata questione del trasferimento del Tfr ai fondi pensionistici complementari. E visto che il recente decreto legge del Governo ha di fatto anticipato di un anno l’entrata in vigore della riforma, rimane poco più di un mese per poter intervenire.
Il progetto di legge regionale di Rifondazione prevede una cosa semplice, cioè l’obbligatorietà della corretta informazione e dell’acquisizione del consenso esplicito del lavoratore da parte delle imprese. Una cosa di buon senso, si direbbe; eppure l’ambigua formula del silenzio-assenso, già prevista dalla riforma Maroni, è stata mantenuta anche nell’attuale normativa. In altre parole, o il lavoratore si attiva di sua volontà per esplicitare il diniego al trasferimento del suo Tfr oppure una bella mattina si sveglia e la sua liquidazione non c’è più.
Il giudizio negativo di Rifondazione sul decreto legge del 13 novembre scorso, già espresso dal Ministro Ferrero è di dominio pubblico. E non pretendiamo certo che il nostro giudizio venga condiviso come d’incanto dalle altre forze politiche lombarde. Ma pretendiamo che almeno si discuta di una proposta la quale semplicemente chiede che ai lavoratori venga riconosciuta e garantita la libertà di scelta sul destino del loro salario.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui puoi scaricare il testo del progetto di legge del Prc
Preoccupano non poco alcune notizie provenienti dall’odierna riunione del “Tavolo Milano”, in particolare quelle che parlano di una disponibilità da parte del Governo di accogliere, in sede di emendamento alla Finanziaria, alcune richieste di Formigoni sulle grandi opere autostradali.
Rifondazione Comunista ribadisce tutta la sua contrarietà sia all’ipotesi che, dopo la Pedemontana, venga dato il via libera anche alle inutili e faraoniche colate di asfalto come la BreBeMi e la Tem, sia al riconoscimento a Formigoni di poteri speciali in materia di concessioni autostradali, di cui proprio non capiremmo il senso.
Il “Tavolo Milano”, in materia di infrastrutture, non può essere un semplice duetto tra Governo e Formigoni e riteniamo pertanto imprescindibile coinvolgere nella discussione anche gli Enti locali i cui territori sono direttamente interessati dalle opere.
Infine, fa davvero specie che proprio nei giorni in cui Milano e la Lombardia si apprestano a battere nuovamente ogni record di inquinamento atmosferico, Formigoni non trovi niente di meglio che chiedere ancora più autostrade. Evidentemente il tema dell’ammodernamento e del potenziamento del trasporto pubblico ferroviario va bene unicamente per i comunicati stampa, ma mai quando si tratta di chiedere fondi.
Per questo, in Regione e a livello nazionale, continueremo a batterci perché in Finanziaria non entrino le richieste di Formigoni e si punti invece a investimenti significativi sul sistema ferroviario lombardo.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Si sono appena spenti gli echi dello sgombero del centro sociale che fu di Dax, cioè l’Orso, ed ecco che già sembra toccare al prossimo. Infatti, oggi in Consiglio di zona 8 è prevista la votazione di un ordine del giorno presentato dal centrodestra che chiede formalmente di sgomberare la Cascina Autogestita Torchiera.
A guardarla bene, la faccenda ha del grottesco, poiché non si capisce proprio a chi dovrebbe dare fastidio il Torchiera. La cascina, ubicata di fronte al Cimitero Maggiore, risale al XIV secolo e, all’inizio degli anni novanta, si trovava in stato di degrado avanzato, visto che le amministrazioni comunali dell’epoca se n’erano completamente disinteressate. Arrivò allora un gruppo di ragazzi del quartiere che iniziò di propria iniziativa i lavori di ristrutturazione, recuperandola. E così nacque uno spazio di aggregazione e di iniziativa sociale, in una zona della città che ne è peraltro priva.
Ma, alla parte più oltranzista della destra milanese, tutto ciò non sembra interessare. Interessa, invece, alimentare continuamente quella crociata contro i centri sociali, che poco c’entra con la tanto invocata legalità, ma molto con i miseri giochi di autopromozione politica. E allora, avanti con le richieste di sgombero e chi se ne frega se i ragazzi del Torchiera non si sono mai sottratti al dialogo con chicchessia.
Il nostro auspicio è che oggi il Consiglio di zona 8 faccia prevalere il buon senso e rinunci dunque a quella votazione. E, soprattutto, chiediamo al sindaco Moratti se non ritiene finalmente giunto il momento di togliere la copertura politica alle campagne d’odio di alcuni suoi alleati.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 11 novembre 2006
“Neocentrismo”, “seconda fase” eccetera. I neologismi si sprecano per nominare quella potente tendenza all’ammucchiata al centro, che dalle parti del centrosinistra si traduce nel progetto del partito democratico. Cioè, nell’intenzione di traghettare, con le buone o con le cattive, larga parte della sinistra verso l’integrazione nel modello socio-economico esistente, marginalizzando le istanze di alternativa e cambiamento.
Ma in fondo tutto questo lo sappiamo già e, semmai ce ne fosse bisogno, alcune stucchevoli polemiche seguite alla manifestazione del 4 novembre ce l’hanno ricordato. Quello che invece spesso si ignora è che non si tratta di semplici manovre di palazzo romane, ma di qualcosa di più esteso e profondo. E allora conviene volgere lo sguardo alla Lombardia, terra che tradizionalmente fa da laboratorio politico per l’intero paese, sia nel bene che nel male.
In Lombardia e a Milano l’egemonia politica e culturale delle destre, seppure indebolita rispetto a dieci anni fa, è ancora integra, così come appare tuttora irrisolta la crisi delle sinistre. Quindi non stupisce che proprio da qui parta l’offensiva più consistente, capitanata da Formigoni e, in misura minore, dalla sua collega-concorrente Moratti, per risalire la china dopo la sconfitta elettorale alle politiche. Quello che invece stupisce è che quella offensiva trovi interlocutori nella stessa Unione.
Ma cominciamo dall’inizio, cioè da quel 27 di luglio allorquando in Consiglio regionale, con i voti favorevoli del centrodestra, di Ds e Margherita, era stato approvato un ordine del giorno che consegnava a Formigoni il nulla osta per trattare con il governo nazionale alcune sciocchezzuole, tra cui il reperimento di fondi per le grandi opere autostradali (Pedemontana, Bre.Be.Mi. e Tem), il federalismo fiscale e l’avvio delle procedure per l’assegnazione alla Lombardia di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. In altre parole, una larga intesa su un pezzo di programma elettorale di Formigoni e, soprattutto, sul cavallo di battaglia del centrodestra nordista, cioè la devolution sotto mentite spoglie.
Un fatto che difficilmente può essere relegato a incidente di percorso, visto che la “mossa” era stata concordata con Enrico Letta, e che si annuncia denso di implicazioni, poiché la giunta formigoniana ha nel frattempo deliberato il documento di indirizzo per l’avvio della procedura per i poteri speciali –compresa l’istruzione-, convocato un consiglio regionale straordinario sull’argomento per il 13 e 14 novembre e annunciato la volontà di arrivare al voto formale in consiglio entro natale.
Insomma, in Lombardia la “seconda fase” sembra già in piena sperimentazione, mettendo a nudo l’indole profonda dell’operazione partito democratico. Ossia, la rinuncia ad un progetto politico alternativo e la mera competizione per la gestione dell’esistente, con tanti saluti alla nuova questione sociale che bussa alle porte. È come se i tanti anni all’opposizione nel regno di Formigoni si fossero tramutati in una gigantesca sindrome di Stoccolma in salsa padana.
A finire legittimato da quella disinvolta politica ulivista non è soltanto il presidente Formigoni, oggi appunto decisamente rafforzato, ma soprattutto il suo modello politico e sociale. Quel modello, tanto per intenderci, che privatizza il privatizzabile, salvo poi finanziarlo lautamente con denaro pubblico, come già accade con la sanità, la formazione professionale, la scuola privata e a breve anche con i servizi al lavoro.
La Lombardia è più vicina a Roma di quello che comunemente si pensa e le performance dei sostenitori del partito democratico del nord rischiano dunque di condizionare il quadro nazionale. Ecco perché ci vorrebbe uno scatto straordinario di iniziativa e progettualità, anzitutto in loco, ma anche sul piano nazionale.
di lucmu (del 09/11/2006, in Casa, linkato 1245 volte)
Diminuzione significativa dei fondi per l’edilizia popolare e riduzione ancora più accentuata degli investimenti destinati all’aumento dell’offerta abitativa, in particolare quella rivolta alle fasce sociali più disagiate. È questo il succo del programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2006-2008, predisposto dalla giunta Formigoni e ora in discussione nella competente commissione consiliare.
Per dirla con i numeri il programma triennale precedente disponeva di quasi 1.200 milioni di euro, mentre ora di appena 410 milioni. Prima, il 67% dei fondi era destinato alla realizzazione e riqualificazione di alloggi, ora soltanto il 54%, e la quota destinata alle case a canone sociale si è ridotta addirittura dal 64% al 30%. Cioè, in tre anni e in tutta la Lombardia si prevede che le Aler potranno aumentare l’offerta abitativa per le fasce più bisognose di misere 824 nuove unità.
Ma la cosa davvero incredibile è che tutto questo avviene esattamente nel momento in cui nelle aree metropolitane lombarde, in primis quella milanese, si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa, fatta di crescenti difficoltà di accesso alla casa per i ceti popolari e gli immigrati, di contratti di quartiere che nel capoluogo non funzionano proprio e di riqualificazioni che non arrivano mai. E così rimangono inascoltate anche le più recenti inchieste sul fabbisogno abitativo, nonché le segnalazioni sia dell’Anci Lombardia che dei sindacati inquilini, i quali hanno fatto rilevare che quello che maggiormente manca è esattamente l’edilizia sociale.
Beninteso, non viviamo sulla luna e sappiamo bene che c’è un grave e irrisolto problema di finanziamento dell’edilizia residenziale pubblica dopo la fine dei fondi ex-Gescal e che la Regione da sola non può certo risolverlo. Ma fa davvero specie, per usare un eufemismo, che il governo regionale lombardo, di fronte all’aggravarsi della questione abitativa, dica di non poter trovare più di 410 milioni di euro - peraltro comprensivi dei fondi statali! -, mentre per lo stesso triennio 2006-2008 ha messo in bilancio senza battere ciglio la bellezza di 470 milioni per la sua nuova sede amministrativa.
Non è dunque un mero problema di ristrettezza economica ma soprattutto di priorità. A noi pare che il diritto alla casa per i lombardi, siano essi nati qui o appena arrivati, sia ben più importante della nuova e superlativa sede di Regione Lombardia, considerato altresì che il Pirellone è stato appena ristrutturato e messo a nuovo. Quindi, se davvero non ci sono altri capitoli di bilancio a cui attingere, cosa di cui ci permettiamo di dubitare, allora Formigoni rinunci alla sua nuova e per nulla urgente torre di cemento.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 7 novembre 2006 (pag. Milano)
La vicenda del ticket di ingresso a Milano era iniziata male e ora rischia di finire peggio. Infatti, il pasticciato provvedimento partorito dalla giunta Moratti difficilmente potrà incidere positivamente sui livelli di inquinamento, mentre peserà economicamente soprattutto sui ceti popolari.
Com’è risaputo, la stragrande maggioranza del traffico d’ingresso a Milano o il traffico all’interno dell’area metropolitana è originata da motivi di lavoro e il motivo per cui si usa l’automobile è banale: si fa prima. E finché l’alternativa all’automobile e al traffico congestionato sarà un trasporto pubblico assolutamente inadeguato, che ti costringe ad alzarti un’ora prima e tornare a casa un’ora dopo, continuerà ad essere così. Insomma, difficile pensare che un ticket d’ingresso possa avere effetti maggiori del continuo aumento del prezzo della benzina, che infatti non ha scoraggiato per nulla l’uso dell’automobile.
Certo, forse circolerà qualche macchina in meno nella parte centrale della città, ma in cambio verranno intasate le zone e i comuni limitrofi, dove peraltro non esistono nemmeno parcheggi sufficienti, e comunque non si ridurrà l’inquinamento, poiché questo notoriamente non rispetta i confini amministrativi.
Il problema vero si chiama accessibilità alla città e non può essere risolto né dalla sola Atm, né dal solo Comune di Milano. E qui occorre, finalmente, fare i conti con un problema annoso, ma oggi drammatico. Cioè, con il fatto che in tutta la Lombardia prevale un modello di mobilità incentrato sul trasporto privato su gomma, mentre il sistema ferroviario regionale è invecchiato e incapace di far fronte alle necessità.
I livelli di inquinamento a Milano e in tutta la Lombardia hanno da tempo superato ogni soglia di pericolo e gli effetti sulla salute dei cittadini sono allarmanti. Proprio per questo, non servono misure demagogiche e irrealistiche, bensì un piano straordinario di investimenti per sviluppare un sistema di accesso pubblico alle città lombarde.
Quindi, il sindaco Moratti rinunci alle sue sciocchezze e piuttosto contribuisca affinché il tavolo con la Provincia e la Regione affronti con urgenza il tema del modello di mobilità. Dopo, ma soltanto dopo, si potrà ricominciare a parlare di pollution charge”.
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