Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Giovedì 20 maggio lo Statuto dei Lavoratori, cioè la legge n. 300/70, compie 40 anni di vita. Era stata una conquista epocale per i lavoratori e le lavoratrici italiani, perché aveva fissato per prima volta nel nostro ordinamento dei principi come quello del divieto di licenziamento senza giusta causa (art. 18).
Al momento della sua approvazione, in conseguenza dell’”autunno caldo” del 1969, i settori più combattivi del movimento dei lavoratori consideravano lo Statuto dei Lavoratori troppo moderato. Oggi, con i tempi decisamente cambiati, lo Statuto dei Lavoratori appare invece come una delle ultime dighe di civiltà di fronte alla prepotenza padronale.
Infatti, lo Statuto è sotto attacco perenne delle organizzazioni padronali e delle destre (e, ahinoi, non solo), sebbene sia già un po’ ammaccato a causa della dilagante precarizzazione del lavoro e della vita, che di fatto ha reso inapplicabile una serie di principi fondanti della legge 300/70 per un numero crescente di lavoratori e lavoratrici, specie quelli più giovani.
Ma tutto ciò sembra non bastare e lo Statuto dei Lavoratori continua ad essere bersaglio di scorrerie ideologiche e, soprattutto, di operazioni normative. Proprio in questi giorni, ad esempio, quando si avvicina il 40° anniversario, in Parlamento si discute del “collegato lavoro”, che dopo essere stato rimandato alle camere dal Presidente della Repubblica (a causa dell’uso truffaldino dell’arbitrato per neutralizzare l’articolo 18), ora rischia di tornare in versione persino peggiorata. E l’obiettivo fondamentale resta sempre il medesimo: la libertà di licenziare, cioè l’aggiramento dei diritti dei lavoratori fissati nello Statuto, in particolare quello del divieto di licenziamento senza giusta causa.
Insomma, la crisi viene utilizzata per riproporre con determinazione e brutalità quelle ricette che hanno contribuito in maniera decisiva a causare la crisi stessa: libertà di fare quello che vogliono per i capitali e gli speculatori e riduzione di diritti e potere d’acquisto per i lavoratori.
E in mezzo a tutto questo ci sono poi le persone in carne ed ossa, gli uomini e le donne e loro famiglie che rischiano il posto di lavoro e, dunque, la fonte di reddito. Molti di loro non ci stanno, reagiscono, lottano e chiedono l’intervento delle istituzioni, non semplicemente per l’elargizione di qualche ammortizzatore sociale, ma per la difesa dei posti di lavoro.
Molti di loro, in questi anni, hanno bussato ripetutamente alle porte del Pirellone. Pochissimi hanno ottenuto risposte sensate. E oggi, sono ancora lì. Ieri gli operai e le operaie della Maflow di Trezzano sul Naviglio, hanno montato un gazebo in piazza Duca D’Aosta, davanti al Pirellone e continuano a stare lì. Sono passati anche quelli dell’Agile (ex-Eutelia) di Pregnana Milanese, vittime di speculatori e banditi economici senza scrupoli.
E domani 20 maggio, anche grazie all’iniziativa dei sindacati Fiom e Cub, si sono dati appuntamento alle ore 10.00, insieme agli operai metalmeccanici in lotta di molte aziende in crisi del milanese (Mangiarotti Nuclear, Lares, Metalli Preziosi, Novaceta, Marcegaglia ecc.), per una manifestazione.
Chiedono per l’ennesimo volta una risposta e un’iniziativa forte alle istituzioni, a partire dalla Regione. E questo sarebbe già sufficiente per motivare una presenza solidale domattina, anche se solo per alcuni minuti. Ma il 20 maggio, appunto, è anche il 40° anniversario dello Statuto dei Lavoratori e non c’è modo migliore di ricordare che i diritti non si toccano che sostenere la mobilitazione degli operai delle aziende in crisi.
Appuntamento: giovedì 20 maggio, ore 10.00, in piazza Duca D’Aosta (davanti al Pirellone)
 
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Proprio nel giorno in cui persino il quotidiano israeliano Haaretz esprime la sua preoccupazione rispetto all’attivismo dei gruppi nazifascisti a Milano, Forza Nuova ha ottenuto dalla Questura il via libera per un presidio in piazza Bernini. In altre parole, i militanti neonazisti, che si concentreranno in piazza Aspromonte, tenteranno di fare un corteo domani pomeriggio.
Siamo francamente sorpresi di fronte al repentino cambiamento di linea da parte dei responsabili dell’ordine pubblico milanese, che fino a ieri escludevano ogni piazza diversa da quella che ospita la sede dei neonazisti di Forza Nuova, cioè piazza Aspromonte, proprio per impedire tentativi di cortei.
Che cosa è successo? Che pressioni politiche sono intervenute? E come mai si è deciso di buttare inutilmente benzina sul fuoco di una giornata già di per sé difficile?
Di fronte al tentativo dei neonazisti di Forza Nuova di realizzare per prima volta un corteo a Milano, non possiamo che fare un appello a tutte le forze democratiche di far sentire la loro voce e, soprattutto, invitare i cittadini a partecipare alla manifestazione antifascista che si terrà domani pomeriggio, alle ore 14.30, in piazza XXIV Maggio.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Quanti a Milano si ricordano di Alberto Brasili? Temiamo pochi e tra questi sarà estremamente arduo trovare qualche rappresentante delle istituzioni milanesi, almeno a giudicare dal loro ostinato silenzio pubblico. In fondo, nulla di strano, si potrebbe dire, visto che gli amministratori milanesi non avevano dedicato nemmeno mezza parola a Gaetano Amoroso.
Eppure, qualcosa di strano c’è. Anzi, c’è qualcosa che puzza terribilmente, perché non si tratta di quella semplice smemoratezza, che ahinoi va tanto di moda. Quelli che comandano a Milano, in particolare gli ex-missini, si ricordano infatti molto bene degli anniversari, visto che si sono mobilitati ai massimi livelli, dal vicesindaco agli onorevoli, passando per il Presidente della Provincia, per sostenere, appoggiare e organizzare un gran numero di iniziative attorno alla data dell’anniversario dell’omicidio di Sergio Ramelli.
E non si è trattato nemmeno della semplice commemorazione di un anniversario, cosa ovviamente più che legittima, ma di ben altro. Si è trattato invece della sponsorizzazione politica, diretta e indiretta, di un mese di iniziative da parte della galassia dell’estremismo nazifascista milanese e, soprattutto, del tentativo di riscrivere la storia di quegli anni, per fare rientrare oggi dalla finestra quello che i nostri padri e nonni avevano buttato fuori dalla porta con la Liberazione e la Costituzione.
E per riscrivere la storia, come sempre, bisogna omettere, nascondere e censurare. Insomma, dalla memoria collettiva e pubblica devono sparire i morti ammazzati che non fanno comodo e, insieme a loro, i loro assassini. Infatti, a leggere e sentire le parole di amministratori e onorevoli ex-missini di queste settimane sembra che nel passato di Milano ci sia stato un unico morto, cioè Sergio Ramelli, e un unico assassino, cioè quelli di sinistra.
Finché un discorso bugiardo di questo tipo lo fanno i gruppi militanti del nazifascismo milanese, siamo purtroppo nella norma, ma quando lo fanno anche amministratori locali e deputati del partito di governo, allora il discorso cambia decisamente, perché entriamo nella dimensione dell’inaccettabile.
Quindi, anzitutto, ricordiamo noi la lista dei giovani milanesi morti ammazzati, il cui anniversario ricorre in questa primavera:
 
- 17 marzo 2003: Davide Cesare “Dax”, 26 anni, operaio e militante del centro sociale Orso, viene ucciso a coltellate nel Ticinese da un gruppetto di fascisti del quartiere.
- 18 marzo 1978: Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due ragazzi di 18 anni che frequentano il centro sociale Leoncavallo, vengono assassinati in via Mancinelli da un commando fascista.
- 16 aprile 1975: Claudio Varalli, bollatese di 17 anni viene assassinato in p.zza Cavour a revolverate da neofascisti.
- 17 aprile 1975: Giannino Zibecchi, 28 anni, viene ammazzato in c.so XXII Marzo da un camion dei Carabinieri nel corso della manifestazione di protesta per l’omicidio di Varalli.
- 27 aprile 1976: Gaetano Amoroso, studente-lavoratore di 21 anni, viene aggredito e accoltellato da un gruppo di 8 neofascisti provenienti dalla sede del Msi di via Guerrini. Morirà tre giorni dopo.
- 29 aprile 1975: muore Sergio Ramelli, 18enne militante neofascista del Fronte della Gioventù, in conseguenza dell’aggressione subita il 13 marzo per mano di alcuni esponenti di Avanguardia Operaia.
- 25 maggio 1975: Alberto Brasili, studente-lavoratore, viene assassinato a coltellate da cinque militanti del Msi davanti alla sede Anpi di via Mascagni. La sua compagna, Lucia, gravemente ferita anche lei, sopravvive soltanto per miracolo. La sua colpa? Aver strappato un manifesto del Msi in piazza San Babila.
 
E allora chiediamo ai vari De Corato, Podestà, Fidanza e Frassinetti, così attivi in queste settimane a difesa dei gruppi neofascisti, cosa hanno da dire, proprio oggi, quando ricorre l’anniversario dell’omicidio di Alberto Brasili.
Al Comune e alla Provincia di Milano, in quanto istituzioni che rappresentano l’insieme dei cittadini, chiediamo invece se non gli sembra il caso di smarcarsi dai giochetti politici degli ex-missini e di rendere omaggio a tutti i morti ammazzati, a partire da Brasili.
Per parte nostra, saremo oggi in via Mascagni, alla commemorazione organizzata alle ore 18.30 davanti alla lapide che ricorda Alberto Brasili.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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L’indagine per corruzione nei confronti dell’ex-assessore e attuale consigliere regionale del Pdl, Massimo Ponzoni, è uno scandalo ampiamente annunciato e l’unica cosa che sorprende è che egli sia stato eletto, soltanto due settimane fa, nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio senza che nemmeno l’opposizione sollevasse la sua protesta.
Insomma, il problema non è chiedere oggi le sue dimissioni, cosa peraltro sacrosanta e doverosa, bensì affrontare di petto e senza ulteriori tentennamenti la questione morale che Formigoni e Lega hanno trascinato nella quarta legislatura dell’era formigoniana. Cioè, l’opposizione appare in questo inizio legislatura troppo timida e conciliante.
Eppure, tutto quanto era già scritto. Lo sapevano anche i sassi che, una volta passate le elezioni, i magistrati avrebbero ripreso il loro lavoro e che proprio Ponzoni si trovava nell’occhio del ciclone. Non per quel comprovato abuso edilizio dell’allora assessore all’ambiente, bensì per i suoi molteplici affari con la moglie di un altro ex-assessore regionale, nonché deputato del Pdl, Giancarlo Abelli.
Infatti, Ponzoni e altri politici del centrodestra lombardo (Buscemi e Pozzi), oltre ad occuparsi di politica, erano anche soci in affari con lady Abelli. Tutte queste cose emersero in seguito all’arresto della moglie di Abelli per lo scandalo delle bonifiche. Non a caso, l’attuale indagine di corruzione nei confronti di Ponzoni è un filone che affonda le sue origini in quella vicenda
Lo stesso centrodestra, al di là dei proclami pubblici, è peraltro ampiamente consapevole della delicatezza della situazione. Proprio per mettere in salvo la sua persona e il suo sistema di potere, Formigoni ha sacrificato due uomini legati strettamente a lui, ma a rischio: Massimo Ponzoni, al quale è stata negata la riconferma come assessore, e Giancarlo Abelli, ex-signore delle nomine nella sanità lombarda per conto di Formigoni,  che si è già dimesso da consigliere regionale, per continuare a fare il deputato a Roma, cioè lontano da Milano.
Infine, potremmo ricordare il silenzio pubblico imposto già durante la campagna elettorale sulla vicenda Prosperini, il quale sembra aver fatto la fine di quei oppositori di Stalin, che furono eliminati persino dalle fotografie. Insomma, non sono mai esistiti…
Tuttavia, la questione morale aperta al Pirellone non si limita, ahinoi, a quanto ricordato. E i guai giudiziari non finiranno qui. Ma anche questo dovrebbero saperlo tutti gli addetti ai lavori. La domanda è dunque se tutto il lavoro debba essere lasciato alla sola magistratura oppure se la politica intende fare la sua parte attiva.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 27/05/2010, in Lavoro, linkato 1358 volte)
Scioperare contro la manovra del Governo è giusto, anzi giustissimo.
Bene ha fatto il sindacalismo di base, con la neonata Usb (Unione Sindacale di Base), ad indire una manifestazione nazionale il 5 giugno e uno sciopero generale del pubblico impiego per il 14 giugno.
Un po’ meno bene ha fatto la Cgil, che finora si è limitata a parlare di uno sciopero di sole 4 ore entro giugno. Malissimo continuano a fare invece Cisl e Uil, che balbettano cose incomprensibili e, soprattutto, ribadiscono le loro relazioni privilegiate e consociative con il Governo e Confindustria.
Mobilitarsi contro la manovra governativa non è una questione pregiudiziale o un esercizio di irresponsabilità in un momento di crisi, come sostengono i portavoce del centrodestra e delle associazioni padronali, ma il suo esatto contrario: è un atto di decenza e di responsabilità di fronte a una Finanziaria socialmente iniqua ed economicamente depressiva.
Ancora oggi, due giorni dal suo varo, il testo esatto del decreto legge “Misure urgenti finalizzate alla stabilizzazione finanziaria e alla competitività economica” non è ancora disponibile e le discrepanze tra i vari organi di stampa nel descrivere il provvedimento ne è una riprova. Inoltre, il passaggio nelle aule parlamentari apporterà verosimilmente delle modifiche, forse migliorative, se le pressioni saranno sufficientemente forti, oppure addirittura peggiorative, come farebbero intendere alcuni rumors.
Fatta questa premessa, le disposizioni fondamentali contenute nella manovra di 24,9 miliardi di euro sono però conosciute e risulta evidente che il peso dei “sacrifici” grava anzitutto sulle spalle dei lavoratori e dei ceti sociali economicamente più deboli.
In primo luogo, ai 3,5 milioni di dipendenti pubblici (Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Sanità, Scuola ecc.) viene imposto il blocco delle retribuzioni e dei rinnovi contrattuali per 3 anni, che a conti fatti saranno de facto almeno 4. In base al calcolo fatto oggi dal Corriere della Sera, ipotizzando nel prossimo triennio un’inflazione del 4,5%, come sostengono le attuali previsioni, il blocco degli stipendi si tradurrà in una perdita media di 1.600 euro a lavoratore pubblico.
Visti la situazione generale e gli stipendi molto modesti dei dipendenti pubblici, questa perdita salariale avrà effetti molto concreti sulla vita delle persone e delle famiglie. Molto più aleatori e simbolici sono invece i tanto strombazzati “sacrifici” imposti ai dirigenti della pubblica amministrazione: una riduzione del 5% della quota eccedente i 90mila euro di retribuzione e del 10% di quella eccedente i 150mila euro… Insomma, alla pari dei tagli delle indennità dei parlamentari, ancora tutti da definire peraltro, queste riduzioni sono poco più che specchietti per le allodole, esibiti nel tentativo di far digerire la manovra vera.
In secondo luogo, rimanendo sempre nel pubblico impiego, nelle pieghe della manovra e nel nome dell’austerity, hanno pensato bene di disapplicare alcune norme fondamentali del T.U. sulla sicurezza sul luogo di lavoro (ex 626). A quanto risulta allo stato, questa disapplicazione riguarderebbe genericamente le “pubbliche amministrazioni” e, quindi, potenzialmente anche luoghi come scuole e ospedali…
In terzo luogo, c’è un nuovo intervento sulle pensioni, sia sul versante dell’età pensionabile, con un’accelerazione dell’aumento dell’età pensionabile per le donne nel pubblico impiego, che su quello della riduzione del numero di “finestre” (per pubblico e privato).
Giusto per la cronaca, visto che ormai, in base a una presunta insostenibilità del sistema, si mette mano alle pensioni con una certa regolarità, determinando così una sorta di riforma delle pensioni permanente, è utile ricordare che il fondo lavoratori dipendenti dell’Inps risulta essere in attivo, di miliardi, da qualche anno!
In quarto luogo, il taglio più forte, dell’entità di quasi 15 miliardi di euro, si dovrebbe abbattere sulle Regioni e sugli enti locali. In altre parole, il Governo taglia le risorse a Regioni e Comuni e questi saranno costretti a scegliere tra due alternative: o tagliare i servizi oppure farli pagare di più agli utenti. E non bisogna essere certo dei geni in economia per capire che questi tagli si ripercuoteranno soprattutto sui ceti popolari.
Potremmo ricordare tante altre misure ancora, come l’aumento della percentuale di invalidità per poter ottenere un sostegno pubblico, ma ci fermiamo qui, segnalando tuttavia che tra tanti che piangono, c’è anche qualcuno che ride. Infatti, se invece di essere un lavoratore pubblico, un giovane precario o un operaio in cassa, sei uno che si è dedicato all’abusivismo edilizio, allora per te c’è un premio: arriva l’ennesimo condono (secondo Tremonti del valore di 1 mld di euro).
Questa manovra è dunque profondamente iniqua, nella misura in cui colpisce i soliti noti. Cioè, quelli che, prima della crisi, erano chiamati alla moderazione salariale e alla precarietà, perché altrimenti l’economia non poteva funzionare, e che ora devono pagare pure il conto del fallimento di quella economia, perché altrimenti non si esce mica dalla crisi. Cornuti e mazziati, insomma.
Ma, appunto, la manovra non è soltanto iniqua, è anche senza prospettiva futura. Non solo non si prende atto del fallimento del modello liberista -perché la crisi non è un incidente di percorso, bensì la crisi di un modello-, ma addirittura si rilanciano con brutalità inaudita i suoi capisaldi: privatizzazioni e deregolamentazioni, smantellamento del welfare, precarietà, bassi salari e zero diritti.
Tutti parlano della necessità della ripresa economica per superare la crisi. Bene, siamo d’accordo, ma chi cavolo comprerà le merci se si continua ad impoverire i lavoratori?
Proprio in questi giorni è stato pubblicato il rapporto annuale dell’Istat e il dato saliente che emerge è che la crisi ha colpito con particolare violenza i giovani. Leggetevi la sintesi del rapporto, è illuminante, poiché non dà soltanto i numeri dell’impatto della crisi sui giovani, ma sottolinea altresì che in Italia gli abbandoni scolastici sono superiori alla media europea. E poi arrivano la Gelmini e Tremonti con i loro tagli e le loro “riforme”…
Insomma, scioperare contro questa manovra è giusto, anzi giustissimo!
 
CLICCANDO SULL’ICONA QUI SOTTO PUOI SCARICARE IL TESTO DEL DECRETO LEGGE LICENZIATO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI
 

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Il violento intervento delle forze armate israeliane, per giunta in acque internazionali, contro le navi della Freedom Flotilla, è un atto di pirateria, che non può trovare giustificazione alcuna, né giuridica, né morale.
Esprimiamo la nostra solidarietà con gli attivisti delle Ong che hanno tentato di forzare pacificamente il blocco israeliano della striscia di Gaza, “armati” soltanto di aiuti umanitari, e che per questo hanno pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane.
L’uso deliberato e ingiustificato della violenza da parte delle forze armate israeliane è la conseguenza diretta della politica dei due pesi e delle due misure che pratica la cosiddetta comunità internazionale, compreso il Governo italiano, e che provoca nel governo israeliano quel senso di impunità, che ha portato al massacro di oggi.
Invitiamo tutti i cittadini e le cittadine milanesi che hanno a cuore la causa della pace e dei diritti del popolo palestinese, a mobilitarsi per ripudiare l’azione criminale da parte delle forze di sicurezza di Israele, partecipando al presidio in piazza San Babila, alle ore 18.00 di oggi.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Vi ricordate della vicenda dell’indennità ex-legge regionale 38/81, di cui più volte abbiamo parlato su questo blog?
Si tratta di quella strana storia per cui, in spregio al buon senso, all’equità e alle sentenze della magistratura, Regione Lombardia aveva deciso, prima, di non erogare più ai propri dipendenti un’indennità da loro maturata e a loro quindi dovuta e, poi, dopo tanti anni e tanti pronunciamenti in sede legale, di concedere l’erogazione, ma solo nella misura del 75%. Comunque, se volete approfondire l’argomento o rinfrescarvi la memoria, rileggetevi alcuni post vecchi di questo blog, in particolare questo e quello (che contengono una spiegazione della questione e della truffaldina mossa passata in Consiglio regionale), oppure anche questo, relativo alle indebite pressioni esercitate sui dipendenti regionali perché accettassero la soluzione del 75%.
Ebbene, ora che vi siete rinfrescati la memoria, arriviamo al punto. È passato  quasi un anno dall’imposizione della norma del 75% e nel frattempo molti/e dipendenti regionali, in servizio o in pensione, hanno ceduto alle pressioni e accettato il 75% (e, di conseguenza, rinunciato a ogni rivendicazione presente e futura sul 100% di quanto dovuto). Ma qualcuno non ha voluto cedere, come quelle due lavoratrici, sostenute dal sindacato SdL intercategoriale (ora Usb), alle quali il giudice del lavoro del Tribunale di Milano ha comunicato ieri che hanno pienamente ragione. Cioè, il magistrato ha condannato l’amministrazione regionale lombarda a pagare non soltanto il 100% del dovuto, ma anche tutte le spese legali.
Sebbene siamo ancora in attesa della motivazione del giudice, che come sempre tarda una pochettino, ci pare sin d’ora una sentenza di estrema importanza, perché ribadisce il ragionamento già fatto a suo tempo dalla Corte di Cassazione in presenza delle modifiche di legge regionale pienamente vigenti. In altre parole, è stato confermato esattamente quanto avevamo sostenuto nel corso nostra battaglia in Consiglio regionale: quella del 75% era da interpretarsi unicamente come una “possibilità”, ma non certo come un’alternativa obbligatoria al 100%. Tutto il resto erano soltanto bugie e pressioni indebite contro i lavoratori e le lavoratrici.
Questa sentenza ristabilisce la giustizia e sbugiarda quanti ai vertici dell’amministrazione lombarda, anzitutto a livello politico, hanno voluto, approvato e gestito questa norma truffaldina. Ma purtroppo arriva troppo tardi per molti dipendenti o pensionati, che hanno già accettato “liberamente” –a volte su consiglio persino di qualche sindacalista poco serio- l’erogazione di cifre inferiori a quella che a loro spettava di diritto.
 
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di lucmu (del 02/06/2010, in Politica, linkato 1315 volte)
Lunedì il Presidente della Repubblica ha firmato ed emanato il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", cioè la manovra economica da 24,9 miliardi di euro del Governo Berlusconi.
Rispetto alla prima versione, varata dal Consiglio dei Ministri, sono intervenute alcune modifiche, sollecitate dallo stesso Napolitano. Ma si tratta di modifiche che non cambiano la sostanza e la natura della manovra e, dunque, nemmeno il giudizio da noi già espresso su questo blog.
Infatti, a parte alcune correzioni di carattere tecnico, motivate da dubbi di “sostenibilità giuridica ed istituzionale”, le modifiche riguardano soprattutto la partita dei tagli e/o della soppressione indiscriminati di enti e fondazioni, che in molti casi avrebbero provocato un modesto risparmio economico e un grave danno culturale.
 
Di seguito, cliccando sull’icona che trovi qui sotto, puoi scaricare il testo definitivo del decreto-legge, che ora passa al Parlamento per la sua discussione ed approvazione.
 

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Bene hanno fatto oggi gli insegnati ad occupare la sede dell’Ufficio scolastico provinciale di Milano. Noi siamo pienamente solidali con loro.
Meritano un plauso e non certo delle reprimenda, poiché agiscono non per interesse corporativo, ma indubbiamente nell’interesse generale.
Chi invece merita una reprimenda è il Ministro Gelmini, che aveva assicurato che la sua riforma, cioè i tagli draconiani alla scuola pubblica, non avrebbe influito negativamente sul tempo pieno nella scuola primaria.
Era una bugia, ovviamente, perché non si possono tagliare fondi e insegnanti e poi garantire lo stesso servizio di prima. Eppure, quella bugia era stata ampiamente accreditata, dal centrodestra, dal Governo e da molta parte del sistema informativo.
Ora i nodi stanno venendo al pettine e nell’area metropolitana dove più che altrove il tempo pieno è largamente utilizzato, si annuncia un vero e proprio massacro per lanno scolastico 2010-2011: nella sola provincia di Milano quasi 3mila famiglie dovranno rinunciare al tempo pieno.
Infatti, si prevede per il prossimo anno scolastico un aumento, su base provinciale, di oltre 1.900 alunni nella scuola primaria e un contestuale taglio del personale docente di 700 unità. Conclusione, appunto, scuole elementari in difficoltà e taglio, tra le altre cose, delle classi a tempo pieno.
Quindi, non soltanto gli insegnati fanno bene a protestare, così come stanno facendo anche molti genitori, ma la protesta e la mobilitazione deve trovare il sostegno della città. Perché la Gelmini e il Governo Berlusconi ritirino i tagli e garantiscano i fondi, il personale docente e il tempo pieno nella scuola primaria.
 
per approfondimenti: http://www.retescuole.net/
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Nel quadro della giornata di mobilitazione nazionale, si tiene venerdì 4 giugno un corteo anche a Milano. L’appuntamento è alle ore 17.30 in piazza San Babila, dove già lunedì scorso si è tenuta una prima mobilitazione, iniziata come presidio, ma poi trasformatasi in corteo, vista la partecipazione di migliaia di persone.
La manifestazione è stata convocata dalle reti milanesi di solidarietà con la Palestina, insieme alle rappresentanze dei palestinesi in Italia (Comunità palestinese della Lombardia e Associazione dei palestinesi in Italia).
Vi invito a fare il possibile per far circolare l’appuntamento tra i vostri contatti, compagni, amici eccetera, perché è importantissimo che domani ci sia tanta gente nelle strade delle nostre città.
Perché non può essere accettato che uno stato tenga prigionieri un milione e mezzo di uomini e donne di ogni età, come accade con il blocco della striscia di Gaza, e che possa ammazzare nove persone disarmate, soltanto perché volevano forzare pacificamente quel blocco, senza che qualcuno chiami quei governanti a rispondere dei loro atti.
E perché non è possibile che il Governo italiano si comporti come si è comportato, prima, inalberandosi davanti ai giornalisti per dire che gli italiani sequestrati in acque internazionali e poi incarcerati in Israele “non sono prigionieri” e, poi, votando contro l’istituzione di una commissione d’inchiesta internazionale sulla strage.
Insomma, perché tutto questo non continui e, peggio, diventi “normale”, accettabile ed accettato, dobbiamo alzare la nostra voce. Perché il popolo palestinese, tenuto prigioniero in mezzo a muri di cemento, blocchi militari e ipocrisie e complicità internazionali, non rimanga da solo. Per tutto questo, partecipate!
 
Qui di seguito l’appello di convocazione della manifestazione:
 
A FIANCO DELLA FREEDOM FLOTILLA
SCENDIAMO IN PIAZZA
CONTRO I CRIMINI ISRAELIANI
 
All’alba del 31 maggio la Marina militare israeliana ha attaccato in acque internazionali le navi della Freedom Flotilla che, con 10.000 tonnellate di aiuti umanitari e circa 700 attivisti internazionali a bordo, si dirigevano verso le coste di Gaza. L’assalto ha provocato una strage tra gli internazionali, decine di feriti e il sequestro degli attivisti; a diverse ore dall’attacco non si hanno ancora notizie sulle loro condizioni, se non che sono ancora rinchiusi nelle prigioni israeliane del deserto del Neghev.
Con l’arrembaggio delle navi della Freedom Flotilla, cariche di civili, armati unicamente della loro solidarietà alla popolazione palestinese di Gaza da tre anni sotto embargo, Israele ha compiuto un vero e proprio atto di pirateria e di palese violazione del diritto internazionale. Come durante l’operazione Piombo Fuso, che a cavallo tra il 2008 e il 2009 ha provocato l’uccisione di oltre 1.400 palestinesi di Gaza e il ferimento di oltre 5.000, lo Stato di Israele continua a ritenersi sollevato da ogni regola del diritto internazionale, fino a compiere atti di terrorismo di Stato come quello che ha violentemente bloccato le imbarcazioni della Freedom Flotilla.
Nel nostro paese, come in tutto il mondo, tante manifestazioni hanno espresso una determinata protesta contro l’arroganza e la violenza militare israeliana e contro l’atteggiamento di una comunità internazionale che continua a rendersi complice garantendo l’impunità ai crimini di un paese ancora una volta immune da atti concreti di condanna delle sue politiche. Continueremo a scendere in piazza e invitiamo alla mobilitazione in tutte le città italiane finché tutti gli attivisti internazionali sequestrati da Israele non saranno liberati.
 
Israele non può rimanere impunita
Basta con il blocco di Gaza
Basta con l’occupazione
 
VENERDI’ 4 GIUGNO - GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE
 
MANIFESTAZIONE A MILANO
ORE 17.30 IN PIAZZA SAN BABILA
 
 
Comunità palestinese della Lombardia
Associazione dei palestinesi in Italia
Reti milanesi di solidarietà con la Palestina
 
 
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