Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, su MilanoX n° xxii del 26 novembre 2010, la free press eretica in distribuzione a Milano.
 
Del “collegato lavoro” avevamo già parlato in questa rubrica. Ora ci torniamo, perché la legge n. 183/2010 è entrata in vigore il 24 novembre.
E qui e ora non vogliamo parlare dell’intero minestrone di fregature, ma concentrarci invece sulla novità più micidiale, perché immediatamente operativa. Si trova all’articolo 32 e prende di mira i tempi di impugnazione dei contratti di lavoro precari (a termine, somministrato, interinale, a progetto ecc.).
Per capirci, fino all’entrata in vigore del “collegato”, un precario o una precaria poteva impugnare un contratto ritenuto illegittimo e quindi chiedere l’assunzione a tempo indeterminato o un risarcimento monetario anche molto tempo dopo la fine del rapporto di lavoro.
Ora, invece, tutto cambia e con una salto mortale giuridico la fine del periodo di lavoro temporaneo viene equiparata al licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato. In altre parole, se vuoi impugnare il contratto precario, devi farlo entro 60 giorni dalla sua scadenza e poi procedere, entro altri 270 giorni, al deposito del ricorso in tribunale.
Ma la fregatura non finisce qui, perché questo principio non si applica soltanto al futuro, ma anche al passato. Cioè, se vuoi impugnare un contratto relativo a un periodo di lavoro antecedente il “collegato”, allora devi farlo entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, cioè entro il 23 gennaio 2011.
Infine, anche se alla fine riesci ad avere ragione in tribunale, l’eventuale risarcimento non sarà più proporzionale al danno subito, ma potrà arrivare al massimo a 12 mensilità di retribuzione.
Insomma, considerato che la grande maggioranza dei contratti precari presentano delle illegittimità e che di solito, per vari motivi, un precario non è molto tempestivo nell’impugnazione, questa norma equivale a un condono preventivo e permanente.
Conclusione? Se sei un precario e stavi pensando di impugnare un contratto, presente o passato, allora corri subito a uno sportello o da un’organizzazione sindacale (sicuramente Cub, Usb, Fiom, Cgil). E soprattutto, dillo anche ai tuoi conoscenti precari, perché non soltanto vogliono fregarti, ma pure senza dirtelo.
 
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De Corato sbaglia su tutta la linea. Così come ieri non c’è stata alcuna “fuga” dall’ospedale San Paolo, oggi non c’è alcun bisogno di buttare benzina sul fuoco, invocando show down drammatici in via Imbonati. Anzi, proprio oggi è il momento di sostenere il dialogo aperto tra rappresentanti degli immigrati che protestano, associazioni e Prefettura.
Riteniamo irresponsabile che amministratori pubblici propongano ricostruzioni fantasiose su quello che è avvenuto ieri all’ospedale San Paolo, soltanto per rendere più difficile e, forse, sabotare il confronto in atto in Prefettura.
Infatti, ieri non è successo assolutamente nulla che potesse assomigliare a una “fuga”. Nei confronti dell’immigrato ricoverato al pronto soccorso del San Paolo non vi era alcun provvedimento restrittivo da parte delle autorità competenti e la sua dimissione, secondo quanto ribadito dall’ospedale, è avvenuta rispettando tutte le procedure. Insomma, il tutto è avvenuto nel pieno rispetto della legalità.
Da parte nostra, confidiamo negli accertamenti che la magistratura eventualmente vorrà fare rispetto alla vicenda del San Paolo.
Rinnoviamo pertanto il nostro appello alle istituzioni di favorire e sostenere il confronto in atto, sottoposto a scossoni e tensioni ogniqualvolta si intravede un passo in avanti.
E non lo diciamo per buonismo, ma perché dovrebbe essere interesse condiviso, anzitutto da parte di chi occupa posizioni di responsabilità, accertare i casi di truffa nell’applicazione della sanatoria ed evitare che in via Imbonati qualcuno si faccia male.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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A Milano abbiamo degli strani amministratori, visto che l’unica cosa che sanno fare, in una giornata come questa, è insultare gli studenti che protestano, mentre ignorano completamente il fatterello che la scuola e l’università pubbliche vengono sottoposte a tagli e mutilazioni, mentre quelle private continuano allegramente a godere del privilegio del finanziamento pubblico.
Chi fa il vicesindaco di Milano, come De Corato, o presiede l’assemblea legislativa lombarda, come Davide Boni, dovrebbe mostrare maggior interesse per la cosa pubblica e un minimo di disponibilità a confrontarsi con le ragioni di chi non la pensa come lui.
Quello che oggi fa specie non è certo che a Milano degli studenti protestino, e giustamente, contro il ddl Gelmini, ma il grado impressionante di menefreghismo degli amministratori locali rispetto ai destini di quella cosa pubblica essenziale chiamata scuola e università.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Il 31 Dicembre 2010 verrà chiusa la UO di Malattie a Trasmissione Sessuale di Sesto San Giovanni, che opera su un bacino d’utenza di circa 270.000 abitanti del Nord Milano.
In Italia ci sono 160 mila sieropositivi, 45 mila solo in Lombardia, 4000 casi di contagio all’anno, solo nella nostra regione 4 nuovi contagi ogni giorno!
Solo per quello che riguarda l’HIV!
Nonostante questi numeri spaventosi la Regione Lombardia consente alla ASL di Milano di sradicare dal territorio del Nord Milano l’UOMTS, importante baluardo per la prevenzione e la cura.
 
MANIFESTAZIONE CONTRO LA CHIUSURA DELL’UNITA’ OPERATIVA
MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE DI SESTO SAN GIOVANNI
 
Mercoledì 1° dicembre - ore 17:00
piazza della Resistenza - Sesto San Giovanni (MI)


VOGLIAMO
CHE VENGA BLOCCATO LO SMANTELLAMENTO DELL’UOMTS DI SESTO E CHE LA REGIONE E L’ASL DI MILANO CONVOCHINO SUBITO UNA CONFERENZA DEI SERVIZI PER GARANTIRE IL FUTURO DI QUESTA STRUTTURA,MANTENENDONE INTEGRALMENTE L’ATTUALE ATTIVITÀ.

ADERISCONO ALLA MANIFESTAZIONE
AMBULATORIO PER STRANIERI SESTO S.G.
AMBULATORIO MEDICO POPOLARE MILANO
ANNA PAOLA CONCIA (DEPUTATA PD)
ASSOCIAZIONE RADICALE "CERTI DIRITTI"
ARCIGAY PALERMO
AURELIO MANCUSO
AZIENDA SPECIALE FARMACIE COMUNALI SESTO S.G.
CARITAS SALESIANI SESTO S.G.
CIG ARCIGAY MILANO
COBAS MILANO
COMITATO SOLIDALE CONTRO L’OMOFOBIA “ALZIAMO LA TESTA”
COOPERTATIVA LOTTA CONTRO L‘EMARGINAZIONE
DI'GAY PROJECT
ASSOCIAZIONE CITTADINI PER LA SALUTE
CIRCOLO TONDELLI LGBT (BASSANO DEL GRAPPA)
DOTT. ROBERTO PENNASI (MEDICO DI SESTO S.G.)
EMERGENCY (COORDINAMENTO SESTO S.G.)
FERNANDA IMPERIALE (Vicepresidente Progetto IST Onlus)
FIOM (Federazione Impiegati Operai Metallurgici)
FRANCO GRILLINI
GIULIANO PISAPIA (CANDIDATO SINDACO A MILANO)
LA TARTAVELA ONLUS FAMILIARI PER LA SALUTE MENTALE
LUCIANO MUHLBAUER - PRC
RSU ASL MILANO
RSU ASL MONZA E BRIANZA
NPS (NETWORK PERSONE SIEROPOSITIVE)
RETE LOMBARDA SALUTE
RIFONDAZIONE COMUNISTA SESTO S.G.
PARTITO DEMOCRATICO NORD MILANO
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA’ NORD MILANO
 
qui sotto puoi scaricare il volantino della manifestazione
 

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“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, su MilanoX n° xxiii del 3 dicembre 2010, la free press eretica in distribuzione a Milano.
 
Questa settimana non ci occupiamo di storie precarie o operaie, come siamo soliti, bensì di chi esercita la professione medica. Non siamo esperti in materia, beninteso, ma alcune cose importanti le sappiamo. Per esempio, che ogni medico, facendo un lavoro molto particolare e di grande responsabilità umana e sociale, deve fare un solenne giuramento, detto di Ippocrate, che rappresenta una sorta di elenco dei principi deontologici ed etici della professione.
E così, tra le altre cose, il medico giura “di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologica” e “di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato”.
Detto in altre parole, se un medico assiste un cittadino immigrato, anche se non è in regola con il permesso di soggiorno e da lunghi giorni protesta in cima a una torre in via Imbonati, allora fa semplicemente il suo lavoro.
E se poi, dopo una notte di osservazione presso il pronto soccorso e dopo aver accertato che non vi erano più motivi per tenerlo ricoverato, non essendo peraltro in corso alcun provvedimento restrittivo da parte delle autorità di pubblica sicurezza, il medico dispone le dimissioni del cittadino immigrato, allora, ancora una volta, fa il suo mestiere.
Eppure, il dott. Andrea Crosignani, cioè il medico dell’ospedale San Paolo che ha fatto semplicemente il suo lavoro, si è trovato improvvisamente sbattuto in prima pagina, grazie a un comunicato stampa della Questura di Milano, che lo informava con questo curioso mezzo, che su di lui erano in corso indagini per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un’accusa che non ha né capo, né coda, ma tant’è.
Bel posto questa Italia, dove chi spaccia le sue amichette per nipotine di Mubarak fa il capo del governo e chi, invece, fa bene il suo lavoro rischia un procedimento penale.
Da parte nostra, per quello che possiamo, rendiamo omaggio ai medici e ai paramedici che fanno il loro lavoro, da Gino Strada fino ad Andrea Crosignani.
 
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La convalida del provvedimento di trattenimento presso il Cie (ex-Cpt) di via Corelli per Abdelkader, il ragazzo marocchino sceso ieri dalla ciminiera di via Imbonati, purtroppo non sorprende.
È come se si dovesse pagare una tassa a quegli esponenti politici della destra, come il vicesindaco De Corato o il Presidente del Consiglio regionale Boni, che reclamano da tempo una sanzione esemplare per chi osa protestare contro una sanatoria che ha truffato migliaia di lavoratori e lavoratrici immigrati.
Esponenti politici, beninteso, che sanno essere duri e implacabili con i deboli, ma che si mostrano troppo spesso accondiscendenti verso i poteri forti e i mille intrallazzi berlusconiani.
Chiediamo alle istituzioni e al Ministero degli Interni di non dare ascolto agli sciacalli e, dunque, di non procedere ad una espulsione lampo, che sarebbe a tutti gli effetti un atto di vendetta.
Ebbene sì, perché ripetere nel caso di Abdelkader l’espulsione lampo del cittadino egiziano conosciuto come Mimmo, espulso in maniera coatta prima ancora che il suo ricorso, regolarmente depositato, potesse essere discusso, sarebbe non una dimostrazione di forza, bensì di debolezza.
Non occorrono vendette, che sanno tanto di ipocrisia, bensì un gesto che dimostri che le istituzioni vogliano affrontare la squallida vicenda delle truffe ai danni di tantissimi lavoratori immigrati e non mettere la polvere sotto il tappeto.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 09/12/2010, in Migranti&Razzismo, linkato 1155 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 9 dicembre 2010, nell’ambito del dibattito “Dopo la gru”, che ha già visto gli interventi di Alessandro Dal Lago (7 dic.) e Annamaria Rivera (8 dic.).
 
C’è il dopo-gru, ma a questo punto, c’è anche il dopo-Mohamed Fikri, cioè quel giovane operaio passato in un batter d’occhio dalla condizione di marocchino-mostro da prima pagina a quella di vittima di uno spiacevole errore di traduzione, degno tutt’al più della pagina 12 di la Repubblica e 22 del Corsera.
Certo, due vicende molto diverse tra di loro, ma che in fin dei conti raccontano la medesima storia: quella del rapporto irrisolto -e pertanto pericoloso- della società italiana con la sua componente immigrata. E, aggiungiamo, quella del rapporto altrettanto irrisolto tra progetti politici della sinistra, intesa in senso lato, e questione migrante.
Rapporti complessi, beninteso, dove realtà reale e realtà percepita si mescolano e sono in perenne conflitto tra di loro, con l’aggravante che sul mercato del consenso la seconda costituisce merce preziosissima che prevale sulla prima.
Ma partiamo dalla realtà reale, non tanto in omaggio all’ottimismo biblico del “la verità vi farà liberi”, ma soprattutto perché non vi può essere progetto di cambiamento, e nemmeno sogno o immaginario, che non assuma la materialità delle condizioni di esistenza e delle relazioni sociali come punto imprescindibile di partenza.
E la realtà ci dice alcune cose fondamentali. Primo, la società multietnica, multiculturale eccetera non è un disegno politico o un complotto, bensì un dato di fatto, che si sostanzia nella presenza nel nostro paese di 5 milioni di uomini e donne immigrati e in un 10% del totale dei lavoratori dipendenti (il 16% in Lombardia).
Secondo, questa nuova presenza è un dato irreversibile. Ne è prova inconfutabile, sebbene ampiamente ignorata, l’avvento della cosiddetta seconda generazione, cioè i figli e le figlie di genitori immigrati, nati e/o cresciuti qui. A Milano, ad esempio, prendendo in considerazione soltanto quanti regolarmente residenti, gli stranieri rappresentano il 15,3% dei milanesi, ma se ci limitiamo alla fascia d’età tra 0 e 17 anni, allora la percentuale sale al 21%. Chiaro?
Insomma, la realtà reale consiglierebbe a chiunque di impegnarsi per l’integrazione o, come preferiamo noi, l’inclusione, visto che, dati alla mano, il futuro si costruisce insieme oppure il futuro si annuncia molto difficile. Eppure, chi esercita responsabilità pubbliche e chi gestisce l’informazione mainstream tende a fare l’esatto contrario, come si è visto anche nei nostri casi di riferimento.
Mohamed Fikri era stato immediatamente espropriato del suo nome e cognome e trasformato in “marocchino” o “extracomunitario” assassino. Con rapidità incredibile sono spuntati gli idioti con i loro cartelli, immediatamente ripresi e rilanciati da schiere di giornalisti, che invocavano la cacciata di marocchini e simili dalla Padania. Un clima nauseabondo, dove l’importante era poter inveire contro “gli extracomunitari”, mentre il destino di Yara e la sofferenza della famiglia erano ridotti a mero contorno.
La protesta sulla gru di Brescia e quella sulla ciminiera a Milano, invece, un qualche risultato positivo l’ha prodotto, aprendo una finestra sulla realtà reale e svelando a un paese disattento e disinformato cosa fosse quella tanto chiacchierata sanatoria per badanti del 2009. Cioè, un grande inganno, fatto di speranze frustrate, di operai travestiti da badanti per tentare di fuoriuscire dal ricatto della clandestinità e del lavoro nero, di imprenditori e intermediari truffatori e di un Ministro degli Interni ingannevole, che prima dice una cosa e poi fa fare il contrario al suo capo della polizia.
Insomma, una finestra troppo scomoda perché potesse rimanere aperta troppo a lungo. Andava chiusa e bisognava anche punire in maniera esemplare chi aveva osato rompere il silenzio. Per questo ci sono state le espulsioni lampo, in un momento dove nella realtà reale le espulsioni sono praticamente ferme causa mancanza fondi, come denunciato, nel disinteresse generale, dal capo dei giudici di pace di Milano, Dattolico, il 1° settembre scorso.
Le proteste della gru e della ciminiera potevano essere gestite meglio? Si poteva evitare qualche espulsione-rappresaglia? Probabilmente sì, ma questo non avrebbe cambiato il dato di fondo, cioè l’indifferenza diffusa e la manifesta impermeabilità del potere.
Il punto è che non esiste ancora una visione politica della sinistra che includa la questione migrante, che la assuma come parte integrante e fondante della propria identità e progettualità e che, dunque, la traduca in azione politica incisiva. Continua, invece, a prevalere l’oscillazione tra due estremi, ambedue perdenti: la subalternità al discorso della destra e la sterile invocazione ideologica.
Per tentare di rimettere in connessione tra di loro la realtà reale e quella percepita, occorre anzitutto mettere in connessione tra di loro i soggetti sociali, le loro lotte e i loro discorsi e percorsi per uscire dalla crisi. Cioè, gli operai metalmeccanici, gli studenti, i movimenti in difesa dei beni comuni e, ovviamente, i movimenti dei migranti.
Questa ci pare l’unica strada realista, il resto rischia semplicemente di confermare e aggravare la miseria dell’esistente.
 
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12 DICEMBRE 1969 – 12 DICEMBRE 2010: CONTRO I FASCISMI DI IERI E DI OGGI
Un corteo per ricordare la matrice fascista e di stato della strage di piazza Fontana, la morte di Giuseppe Pinelli, denunciare i pericoli attuali del neofascismo
 
La strage di piazza Fontana, con la morte di 17 persone inermi e il ferimento di quasi un centinaio, fu provocata da una bomba collocata dal gruppo fascista di Ordine nuovo all’interno della Banca nazionale dell’agricoltura, con la copertura di apparati dello Stato. L’intento era di creare nel Paese un clima di terrore per bloccare, attraverso la repressione poliziesca e il restringimento delle libertà democratiche, le lotte operaie e studentesche che stavano scuotendo dalle fondamenta la società.
A sancire questa verità le ultime sentenze degli stessi tribunali che hanno riaffermato la matrice dell’attentato, nonché le responsabilità di Franco Freda e Giovanni Ventura, due degli stragisti fascisti.
Ribadirlo significa testimoniare quella verità che si vorrebbe oggi oscurare in nome di una generica condanna al terrorismo. Con essa nascondere anche le tragiche circostanze della morte di Giuseppe Pinelli, la diciottesima vittima innocente di piazza Fontana, che precipitò da una finestra del quarto piano della Questura milanese, non certo per un “malore attivo”, quando si cercava di attribuire a Pietro Valpreda, agli anarchici e alle sinistre la responsabilità di quanto accaduto.
Ma la memoria di ieri impone di parlare del presente in una città che vede le destre di governo proteggere e sostenere i gruppi neofascisti, erogando loro finanziamenti pubblici per aprire nuove sedi in cui si omaggiano criminali nazisti, al punto che Milano si sta trasformando nella capitale per gli incontri e i raduni dell’estrema destra a livello europeo. Milano che militarizza i territori e vorrebbe chiudere i pochi spazi di socialità ancora esistenti, che finisce sulle prime pagine della stampa mondiale per la sua intolleranza nei confronti dei rom, dei migranti e le violenze nei confronti della comunità gay. Milano, la città che ha visto sette anni fa tre fascisti assassinare Dax e in cui solo due anni fa un ragazzo di 19 anni, “Abba” Abdoul Guibre, veniva, per razzismo, ucciso a sprangate per strada.
 
Per non dimenticare niente e nessuno
Per ribadire che la strage fascista di piazza Fontana è una strage di stato
Per esigere la chiusura delle sedi fasciste in città
 
Sabato 11 dicembre - ore 15.00
Milano – Porta Venezia
(il corteo terminerà in piazza Fontana)
 
MEMORIA ANTIFASCISTA - Coordinamento di associazioni
 
 
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La retromarcia del Comune di Milano, con la revoca della concessione dei locali pubblici in centro città ai neonazisti di Forza Nuova, è una notizia positiva ed è, indubbiamente, il risultato delle mobilitazioni democratiche e antifasciste di questi giorni.
Il bel corteo di oggi pomeriggio, checché ne dica un De Corato con la coda di paglia sempre più lunga, le azioni di protesta degli ultimi giorni e l'annunciata manifestazione per sabato 18 dicembre, promossa da un arco di forze molto ampio, sono stati determinanti per convincere l'amministrazione Moratti che c'è un limite a tutto.
E dare delle proprietà pubbliche a gruppi neofascisti, neonazisti e antisemiti, come lo è Forza Nuova, ma anche "Azione e Lealtà", beneficiaria di un locale dell'Aler in viale Brianza 20, significa oltrepassare il limite dell'accettabile.
Chiediamo pertanto al Sindaco Moratti di mettere le briglie ai suoi vice ed assessori ex-missini e di porre fine al favoreggiamento dei gruppi militanti dell'estremismo nero.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 12/12/2010, in Antifascismo, linkato 1360 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 12 dicembre 2010, con il titolo “Ieri il corteo contro i fascismi di ieri e di oggi”.
 
Niente sede nel centro di Milano per i neonazisti di Forza Nuova. Il Sindaco Moratti ha dovuto fare retromarcia. E così, la notizia della revoca dell’assegnazione a Fn di un locale di proprietà comunale è arrivata quando le migliaia di persone che partecipavano al corteo antifascista dovevano ancora raggiungere piazza Fontana.
Ebbene sì, perché, cosa poco conosciuta in giro per l’Italia, l’amministrazione milanese, in particolare i settori ex-missini del Pdl, dal vicesindaco De Corato in giù, stanno da tempo favorendo e sostenendo le iniziative dei gruppi militanti dell’estremismo nero. E il loro capolavoro provvisorio era certamente la concessione di uno spazio pubblico a Forza Nuova in corso Buenos Aires, cioè in piena zona shopping.
Non un fatto isolato, comunque, perché soltanto pochi mesi fa, un’associazione degli Hammerskins ottenne una sede nelle case popolari di viale Brianza 20, poi inaugurata in onore a Léon Degrelle, nazista belga ed ex-ufficiale delle Waffen-SS.
Il clima in vista del 41° anniversario della strage fascista e di Stato di piazza Fontana si era, dunque, fatto più teso, aggiungendo veleno all’amarezza, per usare un eufemismo, per i quattro decenni di impunità, peraltro di recente ribadita anche per la strage di piazza della Loggia, a Brescia.
Tutto questo ha contribuito alla scelta di tenere la commemorazione ufficiale di questo 12 dicembre senza corteo e senza interventi delle autorità dal palco, perché era facilmente prevedibile che le contestazioni si sarebbero fatte incontenibili.
Quindi, il corteo antifascista, convocato dal network Partigiani in ogni quartieri e dal coordinamento Memoria antifascista, si è tenuto il giorno prima e, significativamente, si è intitolato “contro i fascismi di ieri e di oggi”. Due le richieste di fondo: fine dell’impunità per le stragi e revoca degli spazi pubblici ai gruppi nazifascisti.
Un bel corteo, fatto anzitutto di militanti, ma ben partecipato. C’erano molti familiari e amici dei morti ammazzati che la sinistra milanese ha dovuto collezionare in questi anni, da Fausto e Iaio a Dax. C’era anche Claudia Pinelli, figlia di Giuseppe, il ferroviere anarchico morto “accidentalmente” nella Questura di Milano il 15 dicembre 1969.
Insomma, c’erano tutti quelli che dovevano esserci e il messaggio in vista del 18 dicembre, giorno per il quale Forza Nuova aveva annunciato l’inaugurazione del suo centro di reclutamento, era chiaro e netto. Peraltro, non era nemmeno l’unico messaggio, perché un fronte molto ampio, che andava dalla Camera del Lavoro all’Anpi, dal Pd alla Federazione della Sinistra, aveva già indetto una manifestazione per il 18 dicembre, mentre nelle ultime due notti alcune azioni simboliche a firma dei Corsari avevano ribadito che i neonazisti in centro città non potevano starci.
Evidentemente, il messaggio era arrivato a destinazione e questo significa, per chi per caso l’avesse dimenticato, che la lotta può anche pagare.
 
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