Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Oggi alle ore 16.00 a Legnano i militanti della sinistra locale –Prc, Sd, PdCI, Verdi- distribuiranno dei volantini ai cittadini nella centrale piazza San Magno. Una perfetta non-notizia, direte, visto che cose del genere accadano ogni giorno in ogni angolo del nostro paese e della nostra regione. Invece no, la notizia c’è, perché a Legnano il Sindaco Lorenzo Vitali ha deciso di imporre ai suoi cittadini l’obbligo dell’autorizzazione preventiva e il pagamento di una tassa, nonché il divieto assoluto di volantinare in alcuni luoghi, tra cui anche piazza San Magno.
La vicenda sembra incredibile, ma è vera. I primi ad accorgersi della novità erano stati due aderenti a Sinistra Democratica, cacciati da una pubblica piazza da agenti della Polizia Locale, perché stavano volantinando senza autorizzazione. Lo stesso Sindaco, interrogato in Consiglio Comunale, ha poi confermato che il regolamento comunale per la disciplina della pubblicità andava applicata a ogni forma di comunicazione mediante volantino. Cioè, dal volantino politico fino a quello prodotto dal ragazzino alla ricerca del suo gattino scappato da casa.
Quindi, secondo il Sindaco Vitali, il cui partito, ironia della sorte, si chiama Popolo della Libertà, chiunque intenda distribuire anche un solo volantino deve fare preventiva “denuncia di diffusione volantini” all’Amga Legnano S.p.A., società multiservizi controllata dal Comune, e seguire la seguente procedura: depositare e far timbrare l’originale del volantino, indicare il numero esatto delle persone incaricate della distribuzione e pagare una tassa. Se l’Amga ritiene che quanto scritto nel volantino possa violare delle norme, allora potrà negare l’autorizzazione.
Insomma, la civilissima città di Legnano, appartenente alla Repubblica Italiana, si scopre improvvisamente proiettata in altri tempi e in altri luoghi, dove non vige più la Costituzione, né la legge. Infatti, l’articolo 21 della nostra carta costituzionale parla chiaro: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Tanto è vero che la legge, l’unica fonte normativa legittimata a disciplinare l’esercizio di tale diritto fondamentale dei cittadini, impone unicamente l’obbligo di scrivere sui volantini la data e il luogo della stampa.
L’applicazione del regolamento comunale sulla pubblicità commerciale a volantini di carattere politico o sociale è pertanto un grave e palese atto illegale e chiediamo quindi che venga rimosso immediatamente.
Se ciò non dovesse accadere e al fine di ristabilire il rispetto della legalità, chiederemo il doveroso intervento da parte del Prefetto di Milano.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
La Corte d’Appello di Filadelfia (Usa) ha annullato la condanna a morte contro Mumia Abu-Jamal, l’attivista e giornalista afroamericano detenuto da 26 anni nel braccio della morte.
Mumia, ex militante dei Black Panthers, era stato condannato a morte perché accusato dell’omicidio di un agente di polizia di Filadelfia. Mumia si era sempre professato innocente e il processo era a dir poco costellato di irregolarità, ma in tutti questi anni non è stato possibile arrivare a una revisione, nonostante le molteplici campagne internazionali.
La decisione della corte di Filadelfia, che di fatto commuta la pena di morte in ergastolo, a meno che l’accusa non riapra nuovamente il processo, non fa certo giustizia, ma almeno apre uno spiraglio di speranza.
Formigoni ama definirsi il Presidente di tutti i lombardi e tende a considerare l’amministrazione regionale cosa sua. Questo la sapevamo. Ma quanto accaduto ieri alla Conferenza Stato-Regione, dove il suo fedelissimo, l’assessore ciellino Colozzi, ha posto il veto contro le linee guida sull’applicazione della legge 194, oltrepassa ogni limite di decenza politica ed istituzionale.
E non lo diciamo semplicemente perché siamo avversari politici di Formigoni, bensì perché riteniamo che anche in un clima di un aspro scontro politico ed elettorale vadano rispettate alcune regole.
Formigoni ha ritenuto opportuno candidarsi al Senato della Repubblica, con l’obiettivo di fare poi il Ministro, rimanendo tuttavia in carica come Presidente della Lombardia. Certo, una legge sbagliata glielo consente, ma ciò non toglie che egli sia tenuto a distinguere la sua funzione istituzionale dalla sua battaglia politico-elettorale.
Quanto accaduto ieri è un’offesa bella e buona nei confronti dei lombardi, perché pur di far parlare di sé in campagna elettorale ha abusato del suo ruolo istituzionale, schierando la Lombardia intera sul fronte antiaborista. Appunto, una cosa è il pensiero del ciellino e candidato del PdL, ma altra cosa è l’istituzione Regione Lombardia.
Se poi vogliamo entrare nel merito della questione, dobbiamo rilevare che Formigoni e Colozzi non hanno alcun titolo per pontificare sull’applicazione della legge 194. Anzi, proprio loro dovrebbero sedere sul banco degli accusati, poiché il governo regionale promuove da anni una politica di sistematico boicottaggio dell’applicazione della legge 194. Gli ospedali lombardi straboccano letteralmente di medici “obiettori di coscienza”, per convinzione o per convenienza, mentre le strutture private accreditate, in base a una delibera di Giunta del 2000, possono incredibilmente “obiettare” in quanto tali.
Forse non è un caso che il veto di Colozzi-Formigoni si è scagliato contro delle linee guida che prevedevano anche l’obbligo di garantire in ogni distretto la presenza di almeno un medico non obiettore.
Insomma, se Formigoni non è in grado di rispettare i suoi concittadini e concittadine, anche se non la pensano come Comunione e Liberazione, allora si dimetta subito da Presidente della Lombardia e non quando il gioco delle poltrone ministeriali l’avrà accontentato. Altrimenti, ritiri immediatamente il veto contro l’applicazione della 194. Scelga lui.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Ieri notte, dopo tre giorni di ostruzionismo nell’aula del Consiglio regionale da parte dei gruppi della sinistra (Prc, Sd, Verdi, PdCI), la maggioranza di centrodestra è riuscita ad approvare la legge regionale quadro sul “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario”.
La logica di fondo di questa legge è quella ormai abituale nella Lombardia di Formigoni, cioè la piena equiparazione tra pubblico e privato. E come già accade in molteplici settori, a partire dalla sanità, la tanto invocata “libertà di scelta” si traduce nei fatti nella libertà di scegliere il privato, che gode di ampi sostegni e finanziamenti pubblici ed è sottoposto a pochissimi controlli e verifiche.
Ma, visti i tempi che corrono, l’aderente numero 1 al Comitato lombardo per la moratoria sull’aborto, cioè Roberto Formigoni, non ha voluto perdere nemmeno questa volta l’occasione per attaccare la 194 e il diritto e la libertà delle donne di autodeterminarsi. E così, ha fatto il suo ingresso nella legge l’edificante principio secondo il quale i servizi sociali e sociosanitari lombardi sono finalizzati anche alla tutela della vita sin dal suo concepimento.
È significativo, peraltro, che in tutti questi giorni di battaglia politica la maggioranza si sia mostrata disponibile a trattare delle modifiche, seppure limitate, su quasi tutti gli articoli della legge, tranne su quello del concepimento.
Certo, si tratta soprattutto di propaganda e ideologia, ma sarebbe sbagliato pensare che questa ennesima porcata formigoniana non possa avere anche qualche conseguenza concreta. Essa legittima, infatti, tutte quelle azioni e pressioni da parte di soggetti, anzitutto privati, tese ad imporre alle donne la loro visione del mondo. E che tutto questo venga permesso, se non incentivato, in un servizio pubblico rivolto alle persone più deboli è di uno squallore umano e politico davvero sconcertante.
La vicenda dell’irruzione delle forze dell’ordine al Policlinico di Napoli è di gravità inaudita ed evidenzia, più di ogni altra cosa, quali siano le conseguenze nefaste sul clima politico e culturale delle continue campagne contro la 194 e le libertà delle donne.
Aderiamo pertanto con convinzione al presidio promosso per oggi alle ore 17.30, in piazza San Babila a Milano, dalla Rete regionale lombarda “194 ragioni”, nel quadro delle mobilitazioni che oggi si tengono in tutto il paese.
Proprio in Lombardia è più che mai urgente e necessario ricostruire un tessuto di mobilitazione civile e politico, poiché la Giunta regionale di Formigoni persegue da anni, con determinazione e ostinazione degne di miglior causa, una politica di graduale smantellamento della 194.
La vicenda degli “indirizzi” regionali di qualche settimana fa, con i quali Formigoni pretende di imporre ai medici il tempo massimo entro cui può essere praticata l’interruzione volontaria di gravidanza, non è che l’ultima puntata e nemmeno la più grave. Basti qui ricordare l’introduzione del funerale per i feti di anno fa oppure l’inserimento del principio della tutela della vita fin dal suo concepimento in un progetto di legge che andrà in consiglio settimana prossima.
Ma l’aggressione più grave alle libertà e all’autodeterminazione delle donne è sicuramente il consapevole e continuo boicottaggio dell’applicazione di una legge, cioè della 194. Ebbene sì, perché negli ospedali lombardi i medici “obiettori di coscienza”, per convinzione o per convenienza, sono ormai la grandissima maggioranza. E Regione Lombardia non solo non interviene al fine di garantire il servizio pubblico in tutte le strutture, ma fa di peggio, permettendo ai consultori familiari privati accreditati di poter “obiettare” in toto.
Bisogna essere consapevoli che oggi in Italia e, in particolare, in Lombardia non è in gioco “semplicemente” il rispetto di una legge dello stato, bensì il ruolo della donna nella società. Ovvero, la sua libertà e il suo diritto di poter decidere in autonomia del suo corpo e del suo futuro.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Formigoni non è un politico da strapazzo e, quindi, la sua più volte annunciata iniziativa sulla 194, cioè sull’interruzione volontaria della gravidanza, non si è tradotta in una carnevalata di militanti antiabortisti. Anzi, alla conferenza stampa al Pirellone, il presidente di Regione Lombardia si è circondato di medici autorevoli, come la dott.ssa Kustermannn, e ha invocato la scienza.
E così, anche il merito dei provvedimenti appare piuttosto innocente. In primo luogo, gli stanziamenti regionali per le attività di prevenzione dei consultori (284 in Lombardia) aumentano di 8 milioni di euro. In secondo luogo, viene data indicazione alle strutture sanitarie lombarde di non effettuare il cosiddetto “aborto terapeutico” oltre il limite di 22 settimane + 3 giorni di gravidanza, salvo i casi in cui non sussiste la possibilità di vita autonoma del feto.
In altre parole, non si tratta di novità stravolgenti. Semplicemente, anche i molti consultori gestiti o fortemente influenzati dalle campagne antiabortiste avranno qualche soldo in più, mentre il limite massimo indicato dalla Regione in realtà è già praticato spontaneamente dal personale medico, laddove il progresso scientifico permette di tenere in vita anche feti dell’età di 22 o 23 settimane.
Tutto bene, dunque? Per nulla, perché, guardando bene, di innocente con c’è proprio niente nella mossa del capo di Cielle e della Regione. Anzitutto, c’è la coincidenza temporale, peraltro rivendicata apertamente in queste settimane, con l’offensiva politica della gerarchia ecclesiastica contro la 194. E il fatto che una Regione si assuma, proprio oggi, la responsabilità di stabilire autonomamente dei criteri propri di applicazione di una legge nazionale altro non significa che lanciare il messaggio che “toccare la 194 si può”. Inoltre, questa iniziativa formigoniana non è certo un atto isolato, visto che gli interventi sul terreno dell’interruzione volontaria di gravidanza, della libertà di scelta delle donne e della sessualità sono all’ordine del giorno in Lombardia. Non soltanto i due terzi dei medici lombardi sono obiettori di coscienza, rendendo così difficoltosa l’applicazione della 194, e alle strutture private accreditate viene persino premesso, grazie alle regole definite dalla Regione, di “obiettare” in quanto tali, ma soltanto l’anno scorso un regolamento regionale ha introdotto la possibilità di dare sepoltura formale ai feti, mentre un altro progetto di legge del centrodestra, che andrà in aula a breve, interviene sul terreno della sessualità.
Insomma, il senso degli atti formigoniani è sempre il medesimo ed è tutto politico e culturale: riproporre il tema della tutela della vita sin dal suo concepimento, criminalizzare le donne che, con scelta dolorosa, ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza e, in ultima analisi, smontare come un carciofo la 194.
Ecco perché non bisogna sottovalutare quanto avvenuto oggi in Lombardia, ma occorre invece chiamare le cose con il loro nome.
Il centrodestra lombardo tenta di giustificare l’adesione e la partecipazione ufficiali al Family Day da parte di Regione Lombardia, con tanto di gonfalone, sostenendo che non si tratta di un atto né contro il Governo, né contro i cittadini e le cittadine omosessuali. Ma purtroppo le cose non stanno esattamente così.
Ci pare già abbastanza grave che vengano usati i simboli e il nome di un’istituzione che appartiene a tutti i cittadini lombardi, a prescindere dai loro orientamenti politici, religiosi o sessuali, per sostenere e promuovere una manifestazione palesemente di parte. Ma se poi quella adesione è motivata esplicitamente, stando agli atti ufficiali del Consiglio Regionale della Lombardia, con un pregiudizio omofobico e con la volontà di boicottare preventivamente un’eventuale legge dello Stato, allora siamo al vero e proprio abuso.
Infatti, l’ordine del giorno contenente l’adesione al Family Day, votato a maggioranza dal Consiglio Regionale il 27 marzo scorso, era abbinato a una mozione, votata sempre a maggioranza, che ne fissava il contenuto politico. E quella mozione, farcita di citazioni ecclesiastiche, enuncia concetti edificanti quali “l’impulso naturale, tra uomo e donna, prevede la formazione di una coppia per creare una vita umana” e termina con l’invito “a valutare quali strumenti giuridici esistano per non obbligare i comuni della Lombardia a dotarsi dei Registri delle coppie dello stesso sesso”.
E, tanto per non lasciare dubbi, va ricordato che tra i primi firmatari della mozione risultava l’Assessore Prosperini, allora nel pieno della bufera politica a causa dei suoi insulti contro i gay e dell’istigazione a garrotarli.
Insomma, sabato i lombardi e le lombarde omosessuali, o semplicemente in disaccordo con la posizione ufficiale della gerarchia ecclesiastica, dovranno assistere all’indecente spettacolo di una istituzione, cioè Regione Lombardia, che scende in piazza contro di loro, poiché li considera cittadini di serie B o, addirittura, contro natura.
Formigoni ci aveva abituati da tempo al fatto che egli considera le istituzioni sua cosa privata, ma questa volta il centrodestra ha decisamente oltrepassato il limite della decenza e dell’accettabile.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
L’invito esplicito di “garrotare” i cittadini e le cittadine gay, lanciato dalle pagine de il Giornale dall’assessore regionale di An, Prosperini, equivale a una vera e propria istigazione a delinquere. Nel nostro Paese avanza una preoccupante campagna omofoba e ritornano dal passato concetti aberranti, come quelli che identificano nell’omosessualità una malattia da curare. Una campagna scatenata consapevolmente dalle Destre e che, in questi ultimi anni, ha favorito un clima di intolleranza, sfociato persino in aggressioni fisiche.
L’assessore regionale, Prosperini, non è nuovo a uscite del genere. Per chi vive e fa politica in Lombardia, ahinoi, è una triste abitudine sentire parole di incitamento all’odio da parte sua, ma non solo. Perché Prosperini non è l’unico componente della Giunta Formigoni a inondare televisioni locali e carta stampata con frasi degne di un gerarca del Ventennio.
Conosciamo bene la differenza tra le parole e i fatti e difendiamo fino in fondo la libertà di esprimere le proprie opinioni. Tuttavia, sarebbe un errore imperdonabile non rendersi conto che la continua e prolungata legittimazione del razzismo, dell’omofobia e dell’intolleranza da parte di importanti esponenti istituzionali produce guasti profondi nel corpo sociale della nostra regione.
Le parole di Prosperini sono inconciliabili con l’importante posizione istituzionale che egli occupa e pertanto chiediamo, insieme a tutta l’Unione, le sue immediate dimissioni. Non è ulteriormente tollerabile che il Presidente Formigoni faccia lo struzzo. E riteniamo sia giunto il momento che si assuma le proprie responsabilità, rimettendo la Giunta su un binario compatibile con i valori della democrazia e della civiltà.
dichiarazione congiunta di Luciano Muhlbauer, Mario Agostinelli e Osvaldo Squassina (Prc)
''Basta all'omofobia, questo e' un banco di prova per capire se Formigoni vuole discriminare l'orientamento sessuale e scagliarsi, come fa la Lega, contro gli omosessuali''. Ad affermarlo e' Luciano Muhlbauer, consigliere regionale della Lombardia per la presentazione, oggi a Milano, del progetto di legge contro le discriminazioni sessuali e di genere.
La proposta inviata a tutti gli 80 consiglieri e' stata firmata da sette esponenti della sinistra ''a conferma -spiega il primo firmatari dei Verdi, Marcello Saponaro - del basso livello di laicita', ma della voglia di rivendicare con forza alcuni diritti fondamentali''. Il testo scritto in collaborazione con alcune associazioni di gay e transessuali e' ''una proposta che mira - dichiara Carla Turolla, coordinatrice nazionale Arcitrans - ad eliminare ogni prefisso come omo o trans ed equiparare una possibilita' 'diversita'' ad una qualsiasi normalita' di vita''.
Il progetto di legge propone misure e azioni concrete contro la discriminazione nei luoghi di lavoro, nella formazione professionale, nella sanita', nell'informazione e che ''risponde - afferma Monica Frassoni, eurodeputato dei Verdi - alle sollecitazioni piu' volte giunte dall'Unione Europea''.
Sui tempi dell'approvazione ''c'e' un cauto ottimismo - afferma Saponaro. Sono convinto che questo testo che non stravolge il diritto italiano e non rientra nel diritto di famiglia, sia approvato da ogni schieramento politico perche' garante di diritti fondamentali, come la possibilita' per una persona di assistere in ospedale il proprio compagno''. Piu' cauto su questo punto Renato Sabbadini, responsabile Esteri Arcigay che sottolinea: ''Anche se l'Organismo Mondiale della Sanita' ha depennato nel 1991 l'omosessuaita' come malattia, temo che ci saranno due blocchi politici contrapposti che vedranno fianco a fianco la destra e il partito della Margherita e l'Udeur contrari a questa integrazione''. Sulla necessita' da parte della sinistra di marciare uniti contro queste discriminazioni si alza la voce della Frassoni che evidenzia: ''All'influenza negativa della Chiesa bisogna rispondere con atti normativi, fermezza ed unita' per continuare a combattere tutte le discriminazioni sessuali''.
lancio agenzia Adnkronos
qui puoi scaricare il testo del progetto di legge
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