Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ghe pensi mi ha esclamato Silvio Berlusconi e oggi sono volati i manganelli sulle teste dei terremotati aquilani che manifestavano in 5mila a Roma.
Certo, il Cavaliere non avrà pensato all’Aquila quando l’aveva detto. O meglio, non solo agli ingrati aquilani, che non apprezzano a sufficienza la sua generosità e quella di Bertolaso. No, lui ha tanti altri problemi a cui pensare, da Fini alla figuraccia berlusconian-leghista su Brancher, dalla manovra economica fino alla legge-bavaglio.
Ma, quanto successo oggi, riassume forse meglio di ogni altra cosa la situazione complessiva, lo stato della nazione. Quando dei terremotati che protestano, peraltro con solide ragioni, ottengono dal Governo come unica risposta cariche e manganellate, allora qualcosa non funziona più.
Non so voi, io quando ho sentito la notizia, ho pensato a Genova. Nel 2001 era diverso, ovviamente, lì avevano ammazzato Carlo e sospeso per giorni lo stato di diritto. Ma, chissà perché, io ho pensato lo stesso a Genova. Questione di stomaco, o di naso, fate voi.
Solidarietà ai terremotati de L’Aquila.
Oggi, lunedì 5 luglio, alle ore 18.00, si tiene un presidio davanti a Palazzo Marino contro il Pgt (Piano del governo del territorio) che il centrodestra vuole far adottare in queste settimane. Il presidio è stato promosso da diversi comitati cittadini (Ass. Vivi e Progetta un’altra Milano, Rete dei Comitati Milanesi, Comitato “I MILLE” Isola, Comitato Cittadinanza Metropolitana, Comitato di quartiere Salomone, Isola Art Center, Ass. per la salvaguardia e la valorizzazione di Viboldone, Ass. Culturale Union, Comitato Ferrovia Mi Mo Zona 5 e 6, Centro Culturale Conca Fallata, Comitato No al grattacielo in via Principe Eugenio, Coordinamento Nord Sud del Mondo, Polis, Libertà e Giustizia) e hanno aderito tutti i partiti dell’opposizione.
Vi segnalo, inoltre, che questa prima mobilitazione di piazza contro il Pgt segue di pochi giorni un appello contro il Pgt sottoscritto da un numero significativo di architetti, urbanisti ed intellettuali, che potete scaricare in allegato a questo articolo.
Qui di seguito, invece, il testo del mio comunicato di oggi sulla vicenda del Pgt di Milano:
Manca meno di un anno alle elezioni comunali e adottare ora il contestatissimo Piano di governo del territorio (Pgt), con la prospettiva di trascinare il procedimento di approvazione definitiva in piena zona Cesarini, è insensato ed offensivo nei confronti della cittadinanza, persino a prescindere da ogni valutazione di merito.
L’unica scelta sensata e rispettosa della città, tenuto conto anche delle molteplici e autorevoli contestazioni, non circoscritte affatto ai partiti di opposizione, bensì diffuse sia sul territorio, che tra urbanisti e addetti ai lavori, ci pare sia quella di consegnare la parola ai milanesi e alle milanesi.
Il centrodestra rinunci dunque a voler imporre l’adozione del Pgt e si faccia di necessità virtù, consegnando questo atto al nuovo Consiglio Comunale, che verrà eletto tra pochi mesi.
Il Pgt è l’atto di programmazione urbanistica fondamentale della città, disegna il suo volto futuro, dice qual è l’idea di città. Come fa a stare fuori dalla campagna elettorale e dalle scelte che i milanesi saranno chiamati a fare quando voteranno per il Sindaco e il Consiglio Comunale?
E questo è vero, a maggior ragione, guardando il merito del Pgt voluto dal centrodestra, che presenta un’idea di città da paura, priva di strategia pubblica ed incentrato sugli interessi immobiliari particolari, compresi quelli rappresentati dall’Assessore Masseroli, cioè la Compagnia delle Opere.
Un Pgt che produce un mercato delle volumetrie che si tradurrà in cementificazione spinta e nuove e spericolate operazioni finanziarie –visto che i diritti edificatori sono commerciabili- e che giustifica il tutto con l’obiettivo voler di acquisire oltre mezzo milione di nuovi abitanti per Milano, offrendo loro però delle case in larga misura inaccessibili per i redditi da lavoro dipendente.
Insomma, siamo completamente d’accordo con le voci di allarme che si levano in queste settimane dalla società civile e consideriamo la nostra netta opposizione a questo Pgt pienamente coerente con la battaglia fatta negli ultimi 5 anni in Regione Lombardia contro la legge regionale n. 12/2005, cioè contro un’urbanistica ridotta a negoziato tra amministratori pubblici ed interessi privati e per un’idea del governo del territorio che metta al centro chi sul territorio ci lavora e ci abita.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto, cliccando sull’icona, puoi scaricare l’appello di urbanisti, architetti ed intellettuali contro il Pgt
L’odierna operazione antimafia della Dda contro la cosca dei Valle evidenzia ancora una volta, se ce n’era ancora bisogno, la serietà e la gravità del radicamento sul territorio milanese da parte della ‘ndrangheta.
La ‘ndrangheta è presente da molto tempo in Lombardia, ma negli ultimi due decenni ha accresciuto enormemente il proprio peso e rappresenta oggi, senza dubbio alcuno, l’organizzazione criminale egemone sul territorio milanese.
A maggiore ragione siamo stupefatti di fronte alle dichiarazioni del vicesindaco di Milano, De Corato, che suonano quasi come quel tristemente famoso “la mafia non esiste” di una volta.
Che senso ha negare l’evidenza e relativizzare il peso della ‘ndrangheta, per dire che in realtà il vero problema sono le mafie straniere e, in particolare, la mafia cinese, tirando in ballo persino via Sarpi?
A De Corato non sfuggirà sicuramente la crescente capacità di condizionamento e di costruzione di alleanze affaristiche a livello politico da parte della ‘ndrangheta, come hanno dimostrato le inchieste di questi ultimi anni e come ha riconfermato l’operazione di oggi, che peraltro ha già coinvolto un Assessore della vicina Pero, in piena zona Expo.
Anche per questo è deviante e devastante cambiare discorso, perché proprio oggi è fondamentale ed imprescindibile che la politica, in tutte le sue parti, dica una parola chiara e si schieri senza tentennamenti contro la ‘ndrangheta e contro chi collabora con essa, assumendo la lotta contro la mafia come una priorità.
Non vorremmo che con la ‘ndrangheta si ripetesse in grande stile la vicenda delle infiltrazioni della malavita nelle case popolari di Milano, avvenuta nella troppa indifferenza della Giunta comunale, in primis il vicesindaco, impegnato invece a farsi pubblicità con gli sgomberi di un po’ di occupanti senza titolo, ma privi di protezioni e amicizie incisive.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Questo blog aderisce all’odierna giornata di mobilitazione nazionale contro la cosiddetta legge-bavaglio e, considerato che facciamo base a Milano, invita a partecipare all’appuntamento in piazza Cordusio, dalle 18.30, in contemporanea con la manifestazione nazionale a Roma.
Non penso sia necessario in questa sede elencare le ragioni che motivano l’adesione, che vanno dalla libertà di stampa, già di per sé assai malmessa nel nostro paese, fino al fatto che questa legge è scritta su misura per ostacolare le indagini su chi governa e su chi è corrotto.
Ma è utile, invece, ricordare che c’è una ragione specifica che motiva un’adesione anche in quanto blog. Infatti, il disegno di legge in questione ("Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”), approvato dal Senato il 10 giugno scorso e che il centrodestra cerca di far approvare in via definitiva alla Camera per la fine di luglio, contiene anche una norma che va ad incidere sulla libertà di espressione sul web.
Non si tratta del primo tentativo di mettere un po’ di bavagli anche a quanti comunicano e parlano su internet. Forse ricordate il tentativo fatto ai tempi del “pacchetto sicurezza”, rispetto al quale scrivemmo su questo blog il 12 marzo 2009 le seguenti righe: “Infine, vi è il gentile contributo dell’Udc al pacchetto, cioè l’emendamento, ovviamente accolto, del Senatore D’Alia. Si tratta di un vero e proprio intervento censorio rivolto a internet, poiché prevede che se su un sito vengono pubblicati contenuti considerati apologia di reato, istigazione a delinquere o semplicemente un invito ‘a disobbedire alle leggi’, allora il Ministro potrà ordinare al provider di oscurare il sito entro 24 ore. Detto altrimenti, Facebook, You Tube o blog che sia, tutti a rischio censura. E soprattutto una pesante limitazione della libertà di espressione e di parola di ognuno e ognuna di noi.”
Comunque, allora si levarono molte proteste e alla fine quella norma fu stralciata dal pacchetto sicurezza (lo ricordiamo, anche perché ancora oggi sono in circolazione delle mail, a dir poco, inesatte sull’argomento).
Oggi ci riprovano, dunque, con un norma diversa, apparentemente più soft e più ambigua, ma non per questo meno foriera di guai per la libertà di espressione sul web.
Ma andiamo con ordine.
La prima versione della legge-bavaglio, approvata dalla Camera, conteneva al comma 28 del suo unico articolo una modifica della legge sulla stampa del 1948, inserendovi la seguente formulazione: “Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.”
Il Senato, nella versione approvata a giugno e ora in discussione in seconda lettura alla Camera, ha aggiunto soltanto una lieve modifica di questa norma (che ora si trova al comma 29), inserendo dopo “i siti informatici” le parole “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”.
Questa aggiunta, tuttavia, invece di chiarire le ambiguità su che cosa siano questi “siti informatici”, le ha rese ancora più gravi, poiché l’”ivi compresi” significa, appunto, che il legislatore non si riferisce soltanto alle edizioni online dei quotidiani. Ergo, non sono esclusi né i blog, né i social network!
In altre parole, con questa norma, qualora approvata, qualsiasi sito non professionale, anche questo blog, che dovesse pubblicare dei contenuti che danno fastidio a qualcuno, è a rischio richieste di rettifiche entro 48 ore, pena pesanti multe o, perlomeno, procedimenti giudiziari.
Vi immaginate cosa potrebbe succedere su un “sito informatico” come facebook, dove tantissimi di noi scrivono, esternano eccetera?
Insomma, una norma tutt’altro che innocente, che intende trattare abusivamente un privato cittadino come se fosse un network commerciale dell’informazione e sottoporre la libertà di espressione individuale alle stesse regole che valgono per i servizi del Tg1.
Cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo integrale del Ddl attualmente in discussione alla Camera, nella versione che evidenzia le modifiche introdotte dal Senato rispetto alla prima versione
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione il 30 giugno 2010
Mentre leggete queste righe, il consiglio di amministrazione della società di gestione di Expo 2015 è riunito per nominare Giuseppe Sala, attuale city manager di Milano ed ex-dirigente Telecom e Pirelli, suo nuovo direttore generale.
Tra due settimane arriverà anche la nomina al vero incarico, cioè ad amministratore delegato, in sostituzione del dimissionario Stanca, ma ora bisognava inventarsi in fretta qualcosa per tranquillizzare un sempre più irritato Bie (Bureau International des Expositions), che domani riceverà a Parigi la Moratti.
Si chiude così definitivamente l’ingloriosa era Stanca. Cosa sarà la nuova gestione è ancora tutto da scoprire, ma dall’altra parte non si è ancora capito cos’è stata quella vecchia, poiché si sa soltanto che Stanca prendeva il doppio stipendio, cioè quello da parlamentare e quello da amministratore delegato, e che già sei mesi fa la Expo 2015 Spa aveva speso 11 milioni di euro, pur non avendo fatto ancora assolutamente nulla.
Tuttavia, non ci interessa partecipare al tiro al bersaglio su Stanca, comodo capro espiatorio per un CdA piuttosto popolato, essendo composto da rappresentanti del Ministero del Tesoro, di Regione Lombardia, della Provincia e del Comune di Milano e della Camera di Commercio.
E poi, se vogliamo proprio cercare il pelo nell’uovo, se è vero che Stanca prendeva il doppio stipendio, è altrettanto vero che gli incarichi molteplici e i conflitti d’interesse sembrano quasi un requisito per poter entrare nel consiglio di amministrazione.
Un esempio? L’uomo di Bossi, il leghista doc Leonardo Carioni. Egli siede nel CdA in rappresentanza del Ministero del Tesoro, ma contemporaneamente è anche Presidente della Provincia di Como, componente del CdA di Autostrada Pedemontana Lombarda Spa e, soprattutto, Presidente di Sviluppo Sistema Fiera Spa, cioè il braccio operativo della Fondazione Fiera.
Insomma, le vicende del CdA sono una perfetta metafora di tutta l’operazione Expo, iniziata come una marcia trionfale e trasformatasi in tempo zero in un B-movie all’italiana. A questo punto, cosa sarà l’Expo nessuno è in grado di dirlo e moltissimi milanesi hanno pure smesso di chiederselo, ormai rassegnati di fronte al quotidiano festival di litigi e polemiche, propinato dagli amministratori locali del centrodestra. Altro che nord virtuoso, l’immagine è piuttosto quella del caos che regna sovrano.
Non a caso, dalle parti della Lega è suonato l’allarme, o per dirla con il viceministro Castelli: “attenzione, qui è in gioco una partita ancora più ampia. La mia sensazione, suffragata da tanti episodi, è che se salta l’Expo, salta la credibilità della classe dirigente lombarda. Quindi, se salta l’Expo, salta grande fetta di credibilità della Lega”.
Insomma, bisogna correre ai ripari, tamponare le falle, dare la sensazione di avere la situazione sotto controllo, non solo per tenere buono il Bie, visto che entro novembre deve dare il suo via libera definitivo, ma anche perché l’anno prossimo a Milano si vota.
Il primo passo è, appunto, ristabilire una parvenza di governance credibile. Ed ecco Sala al posto di Stanca. Il secondo passo, urgentissimo anche quello, è la soluzione della questione delle aree. Infatti, l’evento del 2015 deve sorgere su terreni per il 70% di proprietà della Fondazione Fiera e per il 30% del costruttore Cabassi.
Ovviamente, si litiga anche su questo e la Moratti non la pensa come Formigoni, e nemmeno Podestà, mentre la Lega ha un’altra idea ancora. Ma in questo momento sembra prevalere la soluzione Formigoni, che prevede l’acquisto delle aree da parte di una società pubblica, appositamente costituita da Regione, Provincia e Comune.
Una soluzione non priva di curiosità, peraltro, considerato che in questo caso una società pubblica, costituita dalla Regione, acquisterebbe con i soldi pubblici della Regione e a “congruo” prezzo i terreni di una Fondazione, il cui Presidente viene nominato dalla Regione. E senza dimenticare che nel CdA di Expo 2015 Spa siede il Presidente di Sviluppo Sistema Fiera Spa, che è anche… eccetera.
Comunque sia, e tralasciando qui delle quisquilie come il conflitto di interessi e la trasparenza, una volta risolte, si fa per dire, le questioni della governance e delle aree, rimane ancora l’ultimo e più importante interrogativo. Cioè, chi paga, quanto paga e per che cosa paga?
Vi ricordate la riunione del Cipe di novembre scorso? Erano momenti di polemica feroce sull’Expo –tanto per cambiare- e il Governo intervenne per rassicurare tutti. E così, il Cipe annunciò che i soldi c’erano tutti, sia per l’evento, che per le opere connesse. Ma c’era anche il trucco. Cioè, per far quadrare i conti sono stati conteggiati anche dei fondi che avrebbero dovuto stanziare gli enti locali, ma che questi non avevano e che oggi, a maggior ragione, non hanno.
Nel frattempo, le lotte di potere nel centrodestra sono ricominciate come e più di prima e ora è arrivata anche la manovra del governo, con il suo articolo 54 e i suoi tagli a Regioni ed enti locali. E, intanto, il nostro interrogativo è sempre più orfano di risposte.
Per concludere, allo stato attuale le uniche cose concrete di Expo sono i litigi, qualche affaruccio immobiliare, un bel po’ di conflitti di interesse, una poderosa spinta alla deregulation urbanistica (proprio in questi giorni è partita la pesante offensiva di Ligresti e Podestà per edificare nel Parco Sud di Milano) e qualche infrastrutture autostradale, mentre quelle veramente utili, come le linee metropolitane milanesi, sono a rischio tagli.
Insomma, l’Expo della classe dirigente lombarda, che è poi quella che comanda anche a Roma, assomiglia sempre di più a una gigantesca presa per i fondelli dei milanesi e dei lombardi.
Ci vorrebbe, invece, il coraggio e la lungimiranza di procedere a una riconversione dell’evento, ispirandolo alla sobrietà e alla tutela dell’ambiente e , soprattutto, privilegiando l’investimento in opere di interesse comune, come il trasporto pubblico locale.
di lucmu (del 27/06/2010, in Pace, linkato 1102 volte)
Il 28 giugno 2009 era riapparso il fantasma dei colpi di stato in America Latina. In quel giorno, in Honduras, i militari presero il potere con la forza ed arrestarono il Presidente legittimo, Manuel Zelaya. Ora è passato un anno, le tante chiacchiere internazionali contro il golpe si sono rilevate essere soltanto chiacchiera e il fantasma non se n’è più andato.
Ma un anno fa, in quel 28 giugno, era nata anche la resistenza popolare e democratica contro il golpe e in occasione del primo anniversario del golpe, che loro considerano appunto il primo anniversario della nascita della resistenza, gli oppositori hanno lanciato un appello internazionale, in cui ci chiedono di non lasciarli soli. Lo riproduciamo qui di seguito:
APPELLO INTERNAZIONALE
Il Frente Nacional de Resistencia Popular (FNRP) rappresenta gli interessi di tutto il popolo che continua a lottare contro l’attuale regime repressivo camuffato da democrazia. La resistenza cresce ogni giorno e si estende su tutto il territorio nazionale, coordinando le diverse agende politiche e sociali in un unico progetto con il quale si è cominciato a costruire i pilastri su cui verrà fondata una nuova società in Honduras.
Dopo il colpo di stato del 28 giugno 2009 è stato ridotto il già debole stato di diritto e il piccolo gruppo di imprenditori che ha sequestrato il legittimo presidente dei/delle honduregni/e ha mantenuto il potere con la violenza delle forze repressive (Polizia Nazionale e Forze Armate dell’Honduras), assassinando, picchiando, arrestando, abusando e obbligando all’esilio centinaia di honduregni e honduregne. I “golpisti” che hanno cacciato Manuel Zelaya Rosales sono gli stessi che ora presentano Porfirio Lobo come un burattino per continuare a consolidare il proprio regime di violenza.
Quello che i criminali non si aspettavano era l’enorme coraggio del popolo honduregno che ora ha deciso di lottare fino alla fine. La resistenza si basa sulla costruzione del potere popolare dalla base e sulla partecipazione diretta di tutti i settori nella costruzione di una proposta politica che dia risposte alla grave crisi che si sta vivendo nel paese.
Andiamo verso la Costituente per creare il quadro legale che ci permetta come popolo organizzato di riprenderci il destino della nostra patria e strapparlo dalle mani meschine del piccolo gruppo che mantiene sequestrato il governo.
I popoli del mondo hanno seguito da vicino la nascita della resistenza e il suo consolidamento. Ora siamo in un momento di una nuova prova di forza con la presentazione di più di un milione di dichiarazioni sovrane nelle quali come cittadini e cittadine disconosciamo questo governo illegale e illegittimo e invitiamo la popolazione a convocare una nuova Assemblea Nazionale Costituente.
Questo 28 giugno compiamo il nostro primo anniversario come Frente Nacional de Resistencia Popular (FNRP), ma non lo vogliamo fare ricordando l’attacco alla democrazia fatto dai golpisti, anzi, vogliamo celebrare la nascita della vera democrazia popolare che ha iniziato il suo cammino verso la rifondazione dello Stato e verso la costruzione di un futuro giusto per tutti e tutte.
La Resistenza Honduregna invita tutti i popoli del mondo ad essere parte di questo progetto rifondatore e rivoluzionario, a seguirlo da vicino e ad aggiungersi a quella che sarà la celebrazione del primo anno di questo cammino verso la vittoria.
Vi invitiamo a visitare il nostro sito officiale www.resistenciahonduras.net per conoscere da vicino le diverse attività che vengono realizzate e per scaricare i diversi documenti ufficiali e informativi, per invitare anche voi a questa data di resistenza che non è solo nostra ma di tutti i popoli in lotta nel mondo.
Il Frente Nacional de Resistencia invita tutte le persone, organizzazioni o gruppi di compagni e compagne che sono stati solidali con il popolo dell’Honduras ad accompagnarci con attività politiche di pressione contro il regime.
Questo 28 giugno nessuna voce rimarrà inascoltata e ogni presidio, marcia, comunicato, incontro o gruppo in appoggio agli honduregni e alle honduregne che scenderanno in massa nelle strade, si aggiungerà alla forza che oggi costruisce nel nostro paese il vero Potere Popolare.
Ringraziamo in anticipo per tutte le azioni che si realizzeranno e vi lasciamo i nostri contatti per stringere relazioni e permettere a tutto il popolo honduregno di sapere che non siamo soli e sole, che tutto il mondo lotta con l’Honduras in questa trincea di giustizia e dignità.
Un abbraccio solidale in Resistenza ai compagni e compagne internazionalisti.
Comisión Internacional (CI) – Frente Nacional de Resistencia Popular
Honduras, Centro América
P.S. vi segnaliamo che lunedì 28 giugno, alle ore 21.30, presso il Csa Baraonda -via Pacinotti 13, Segrate (MI)- si terrà un’assemblea pubblica con la partecipazione di Wilmer Ricky, rappresentante del FNRP (Frente Nacional de Resistencia Popular).
De Corato i comunicati stampa li produce in serie. In particolare gli piacciono quelli che aggiornano il suo personalissimo contatore degli sgomberi di rom. Gli piacciono così tanto che ieri si è fatto prendere la mano, rivendicando per mezzo stampa uno sgombero immaginario.
E così, per evitare che qualche giornalista se ne accorgesse e per salvare la faccia al nostro vice, la Polizia Locale è stata mobilitata immediatamente ed ha eseguito lo sgombero ex post. Ma sabato di solito non si fanno queste cose, perché i servizi sociali durante il weekend non sono disponibili. E quindi, stamattina in viale Forlanini, nella zona ex-caserma, non c’era nemmeno un funzionario dei servizi sociali, ma soltanto poliziotti locali.
Ma andiamo con ordine. Ieri in tarda mattinata il vice della Moratti ha sfornato un lunghissimo comunicato stampa con il quale annunciavo gli sgomberi n. 282 e n. 283. “Doppio sgombero” gongolava il vice, uno in via Colico e l’altro “in un'area privata di via Forlanini vicino all'ex caserma militare. Amsa ha provveduto a ripulire i luoghi da rifiuti e masserizie”.
I più sorpresi della notizia erano i volontari della zona che seguono da tempo le famiglie rom e che erano presenti sul posto. Infatti, ieri non è successo assolutamente nulla. Né sgomberi, né Amsa che ripulisce.
A questo punto possiamo soltanto provare ad immaginarci quello che è successo in Comune. Lo sgombero era effettivamente programmato per ieri mattina –infatti, questo è quanto si aspettavano i volontari-, ma poi qualcuno dalle parti della polizia locale si sarà accorto che c’era lo sciopero generale e che forse non era in grado di garantire il personale necessario. Quindi, rinviato tutto, ma si era dimenticato di avvertire il capo -oppure anche in polizia locale non ne possono più di De Corato?- che nel frattempo fremeva nel suo ufficio con il comunicato stampa già pronto.
Il vice, da parte sua, parla molto di sgomberi, abusivi eccetera, perché questo fa bene alla sua campagna elettorale permanente, ma poi più di tanto non gliene frega e così non ha verificato un bel niente. Un ok all’addetto stampa e avanti con il prossimo comunicato sul prossimo argomento.
Quando qualcuno gli avrà detto come stavano le cose si sarà arrabbiato e così, sabato o non sabato, servizi sociali aperti o chiusi, che caschi il mondo, ma lo sgombero andava recuperato ex post. E così è stato.
Ora, per concludere, potremmo farci tutti quanti una bella risata di fronte alla sempre più farsesca politica degli sgomberi della destra cittadina, se non fosse che di mezzo ci sono delle persone in carne ed ossa, bambini compresi, nonché la decenza e il decoro della città.
De Corato dovrebbe chiedere scusa e qualcuno dovrebbe spiegargli che la cosa pubblica non è cosa sua, da utilizzare per i suoi fini politici privati.
Post Scriptum: se i rom a Milano sono soltanto qualche migliaio, secondo i dati della Prefettura e del Ministero degli Interni, e se il Comune ha effettuato 283 sgomberi, cioè praticamente uno sgombero ogni 10 persone, come mai ci sono ancora insediamenti rom a Milano? Non sarà che tutto è una gigantesca presa per i fondelli ad uso e consumo dei vari De Corato e Salvini, con l’inaccettabile conseguenza di un sacco di bimbi costretti a crescere sotto i ponti e nelle baracche?
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 24/06/2010, in Lavoro, linkato 1173 volte)
Dopo lo sciopero generale del pubblico impiego del 14 giugno scorso, proclamato dal sindacato di base Usb, venerdì 25 giugno c’è il prossimo appuntamento di mobilitazione contro la manovra economica del governo, con lo sciopero generale dei lavoratori e delle lavoratrici di tutti i settori pubblici e privati, proclamato nella stessa giornata sia dalla Cub, che dalla Cgil, ma separatamente.
Non ripetiamo qui quanto già scritto in occasione dello sciopero del 14 giugno scorso a proposito della dispersione e divisione delle azioni di lotta sindacali, poiché oggi e qui non ci rimane che prendere atto che le cose stanno così.
Segnaliamo tuttavia che a Milano qualche piccolo, ma generoso tentativo di produrre unità dal basso c’è, grazie all’iniziativa avviata dai lavoratori, iscritti a diverse sigle sindacali, di alcune aziende in crisi, che si erano riuniti in assemblea il 18 giugno scorso, ospiti dei lavoratori della Maflow di Trezzano s/N. Hanno deciso di essere presenti in ambedue i cortei milanesi con lo stesso striscione -“Uniti per Resistere”- e di proporre a tutti, al termine dei cortei, di recarsi unitariamente davanti alla sede dell’Assolombarda.
Inoltre, va sottolineato che lo sciopero generale è fortemente segnato dalla vicenda di Pomigliano -alla quale abbiamo dedicato molta attenzione su questo blog e quindi non ci ripetiamo in questa sede- e che ci sarà la presenza caratterizzata nel corteo della Cgil da parte degli operai della Fiom, il cui spezzone si aprirà con uno striscione che dice: “IN FABBRICA, IN UFFICIO, A SCUOLA, A CASA: SENZA DIRITTI SIAMO SOLO SCHIAVI”.
Comunque sia, non vi vogliamo dare dei consigli su dove e come “collocarvi” nella giornata milanese di domani, perché pensiamo che siate perfettamente in grado di farlo da soli.
Ci limitiamo quindi a segnalarvi l’elenco degli appuntamenti milanesi e ad invitarvi, questo sì, a partecipare e a scioperare, contro una manovra che colpisce pesantemente, in maniera diretta e indiretta, i lavoratori e le lavoratrici. E, ovviamente, per ribadire che la crisi non può giustificare i ricatti padronali e che non ci può e non ci deve essere uno scambio tra diritti e lavoro.
Ecco dunque gli appuntamenti a Milano per venerdì 25 giugno:
- ore 9.00, P.ta Venezia, concentramento della manifestazione regionale della Cgil, che seguirà il percorso tradizionale fino in p.zza Duomo, dove si terrà il comizio finale. La Fiom sarà presente a questo corteo con un spezzone caratterizzato;
- ore 9.30, L.go Cairoli, concentramento della manifestazione della Cub. Il corteo svilupperà un percorso in centro e si concluderà in piazza Cordusio. Va segnalato che la Questura ha vietato il luogo inizialmente previsto per la chiusura, cioè Piazza della Scala…;
- al termine dei due cortei, i lavoratori autoorganizzati proporranno a tutti di proseguire unitariamente con una manifestazione fino alla sede dell’Assolombarda, in via Pantano.
P.S. per i trasporti a Milano, tenete conto che lo sciopero riguarda ovviamente anche l’Atm. Questa è l’articolazione comunicata dalle organizzazioni sindacali per lo sciopero del trasporto pubblico milanese:
Filt-Cgil – dalle 18.00 alle 22.00
Cub Trasporti – dalle 8.45 alle 15.00 e dalle 18.00 a fine servizio.
Benvenuti nel paese dell’ipocrisia e del doppiopesismo!
Per esponenti di primo piano del governo di centrodestra, oltre che per Marchionne, ovviamente, una delle prove più schiaccianti della tendenza al fancazzismo e all’assenteismo degli operai italiani della Fiat sarebbe la loro pretesa di poter guardare le partite della nazionale di calcio, invece di lavorare.
In seguito alla partita Italia-Paraguay erano volate parole grosse, in particolare sugli operai Fiat di Termini Imerese, ma Marchionne aveva subito specificato che il discorso valeva per tutte le fabbriche italiane della Fiat.
Erano i giorni che precedevano il referendum voluto dalla Fiat a Pomigliano e dipingere gli operai come fannulloni sembrava un’ottima maniera per vendere all’opinione pubblica un volgare ricatto come se fosse un’opera di beneficenza.
Ora il referendum è passato e arriva la prossima partita della nazionale. E, guarda un po’, laddove comanda incontrastato quel centrodestra che aveva sostenuto le accuse di Marchionne con la bava alla bocca, viene ritenuto assolutamente normale anticipare di un’ora la fine del lavoro, derogando così al normale orario di lavoro, e mettere a disposizione dei propri dipendenti una sala e uno schermo per vedersi la partita Italia-Slovacchia di domani 24 giugno.
Infatti, con una nota inviata oggi a tutti i dipendenti, l’amministrazione di Regione Lombardia, ha annunciato che domani l’orario di lavoro obbligatorio terminerà eccezionalmente alle 15.30, anziché alle 16.30, e che l’Auditorium Giorgio Gaber, situato nel Pirellone, sarà a disposizione per vedere la partita. Ergo, l’amministrazione pubblica regionale domani si fermerà alle 15.30.
Beninteso, non ce l’abbiamo affatto con quella decisione, che anzi ci sembra persino ispirata al buon senso, visto il ruolo del pallone nel nostro paese, ma quello che riteniamo insopportabile è la nauseabonda l’ipocrisia di Formigoni, PdL e Lega, che farebbero bene a chiedere scusa ai metalmeccanici della Fiat.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 23/06/2010, in Lavoro, linkato 1260 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale online Paneacqua (ex Aprileonline)
Ci vuole del fegato a dire di no quando ti ricattano brutalmente, dicendoti che devi applaudire il diktat del padrone, se non vuoi finire disoccupato in una terra dove un posto di lavoro vale oro.
E ci vuole una grande forza d’animo per non soccombere alle minacce e alle pressioni di mezzo mondo, che ti piombano addosso sotto forma di dvd aziendali, inviti televisivi alla responsabilità e volantini sindacali.
Hanno fatto di tutto e di più per drammatizzare, dalle marce del centrodestra locale e dei capi Fiat fino alla mobilitazione dei Ministri e del gotha dell’imprenditoria italica, liberista quando si tratta dei diritti e delle paghe dei lavoratori, statalista quando si tratta di reclamare e intascare denaro e favori pubblici.
E l’hanno fatto con la collaborazione attiva e volontaria di buona parte di quelli che, almeno per i ruoli formalmente ricoperti, avrebbero dovuto fare un po’ di opposizione e delineare qualche alternativa. Invece no, anche da Pd e IdV si levavano voci che dicevano che bisognava bere l’amaro calice, aggiungendo poi, con insopportabile ipocrisia e in aperta sfida alla realtà, che tanto quel contratto sarebbe rimasto un’eccezione.
Non diversamente sono andate le cose nel mondo sindacale. Lasciamo stare la Cisl di Bonanni, che ormai ha quasi completato la sua metamorfosi in organizzazione collaterale del Governo e di Confindustria, ma che dire della maggioranza della Cgil che platealmente ha preso le distanze dalla Fiom?
Insomma, una canea da pensiero unico che lasciava poco scampo e che preannunciava un plebiscito. Cioè, esattamente quello che Marchionne e tutto il coro volevano, non tanto per Pomigliano in sé, ma perché, appunto, in gioco c’erano e ci sono le relazioni tra lavoratori e imprenditori in generale nel nostro paese.
Per capire che questa fosse la posta in gioco, in fondo, era sufficiente guardare alla vicenda dell’Indesit che viene al pettine proprio in questi giorni. Il gruppo, replicando apertamente le modalità di Marchionne, intende chiudere gli stabilimenti bergamaschi, gettando sul lastrico oltre 500 operai, e trasferire la produzione a Caserta, cioè in quella regione italiana dove, secondo le parole della Marcegaglia, nessun imprenditore vorrebbe andare, salvo l’eroico e patriottico Marchionne.
Eppure, a Pomigliano il plebiscito non c’è stato, anzi. Una partecipazione al voto altissima, 4.642 su 4.881, ma i “sì” sono stati 2.888 (62,2%) e i “no” 1.673 (36%). Inoltre, va sottolineato, se da quelle cifre sottraiamo il voto dei capi e degli impiegati, cioè di quel seggio che ieri sera aveva fatto gridare al trionfo qualche incauto funzionario della Cisl, i “sì” superano di poco il 50%.
Dagli operai di Pomigliano viene una grande lezione di dignità a tutto il paese e un messaggio chiaro: non ci può e non ci deve essere nessuno scambio tra lavoro e diritti.
E per questo li ringraziamo.
Ora la Fiat cercherà di fare la furba, aggiungendo ricatti a ricatti e minacce a minacce. Che i no sono troppi, che a questo punto se ne andrà dall’Italia, che farà una newco eccetera. Dall’altra parte, stando a quanto firmato nell’accordo, l’investimento a Pomigliano non era sicuro nemmeno con il sì al 99%, visto che è condizionato da molti se e ma.
Tuttavia, se la Fiat riuscirà a ricattare ulteriormente oppure se riuscirà a trasformare questa vicenda in un pretesto per una decisione già presa, tutto questo dipende ora anche dalle scelte degli attori politici e sociali del nostro paese. Marchionne ha potuto fare quello che voleva perché aveva il tifo e il sostegno del Governo, di una parte considerevole del mondo sindacale e persino di parti significative dell’opposizione.
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