Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
De Corato sbaglia su tutta la linea. Così come ieri non c’è stata alcuna “fuga” dall’ospedale San Paolo, oggi non c’è alcun bisogno di buttare benzina sul fuoco, invocando show down drammatici in via Imbonati. Anzi, proprio oggi è il momento di sostenere il dialogo aperto tra rappresentanti degli immigrati che protestano, associazioni e Prefettura.
Riteniamo irresponsabile che amministratori pubblici propongano ricostruzioni fantasiose su quello che è avvenuto ieri all’ospedale San Paolo, soltanto per rendere più difficile e, forse, sabotare il confronto in atto in Prefettura.
Infatti, ieri non è successo assolutamente nulla che potesse assomigliare a una “fuga”. Nei confronti dell’immigrato ricoverato al pronto soccorso del San Paolo non vi era alcun provvedimento restrittivo da parte delle autorità competenti e la sua dimissione, secondo quanto ribadito dall’ospedale, è avvenuta rispettando tutte le procedure. Insomma, il tutto è avvenuto nel pieno rispetto della legalità.
Da parte nostra, confidiamo negli accertamenti che la magistratura eventualmente vorrà fare rispetto alla vicenda del San Paolo.
Rinnoviamo pertanto il nostro appello alle istituzioni di favorire e sostenere il confronto in atto, sottoposto a scossoni e tensioni ogniqualvolta si intravede un passo in avanti.
E non lo diciamo per buonismo, ma perché dovrebbe essere interesse condiviso, anzitutto da parte di chi occupa posizioni di responsabilità, accertare i casi di truffa nell’applicazione della sanatoria ed evitare che in via Imbonati qualcuno si faccia male.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, su MilanoX n° xxii del 26 novembre 2010, la free press eretica in distribuzione a Milano.
 
Del “collegato lavoro” avevamo già parlato in questa rubrica. Ora ci torniamo, perché la legge n. 183/2010 è entrata in vigore il 24 novembre.
E qui e ora non vogliamo parlare dell’intero minestrone di fregature, ma concentrarci invece sulla novità più micidiale, perché immediatamente operativa. Si trova all’articolo 32 e prende di mira i tempi di impugnazione dei contratti di lavoro precari (a termine, somministrato, interinale, a progetto ecc.).
Per capirci, fino all’entrata in vigore del “collegato”, un precario o una precaria poteva impugnare un contratto ritenuto illegittimo e quindi chiedere l’assunzione a tempo indeterminato o un risarcimento monetario anche molto tempo dopo la fine del rapporto di lavoro.
Ora, invece, tutto cambia e con una salto mortale giuridico la fine del periodo di lavoro temporaneo viene equiparata al licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato. In altre parole, se vuoi impugnare il contratto precario, devi farlo entro 60 giorni dalla sua scadenza e poi procedere, entro altri 270 giorni, al deposito del ricorso in tribunale.
Ma la fregatura non finisce qui, perché questo principio non si applica soltanto al futuro, ma anche al passato. Cioè, se vuoi impugnare un contratto relativo a un periodo di lavoro antecedente il “collegato”, allora devi farlo entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, cioè entro il 23 gennaio 2011.
Infine, anche se alla fine riesci ad avere ragione in tribunale, l’eventuale risarcimento non sarà più proporzionale al danno subito, ma potrà arrivare al massimo a 12 mensilità di retribuzione.
Insomma, considerato che la grande maggioranza dei contratti precari presentano delle illegittimità e che di solito, per vari motivi, un precario non è molto tempestivo nell’impugnazione, questa norma equivale a un condono preventivo e permanente.
Conclusione? Se sei un precario e stavi pensando di impugnare un contratto, presente o passato, allora corri subito a uno sportello o da un’organizzazione sindacale (sicuramente Cub, Usb, Fiom, Cgil). E soprattutto, dillo anche ai tuoi conoscenti precari, perché non soltanto vogliono fregarti, ma pure senza dirtelo.
 
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L’assegnazione al gruppo militante neonazista, Forza Nuova, di un locale di proprietà pubblica e per giunta in una prestigiosa zona centrale di Milano, effettuata dal Comune con completa cognizione di causa, è un atto vergognoso, offensivo ed inaccettabile.
Chiediamo quindi al Sindaco Moratti di revocare immediatamente questa incredibile concessione, prima che si possa realizzare l’apertura formale del centro di reclutamento e iniziativa del gruppo neonazista, annunciata per il pomeriggio del 18 dicembre.
In caso contrario, cioè in assenza dei doverosi atti istituzionali volti alla tutela della legalità costituzionale e alla rottura delle complicità tra esponenti dell’amministrazione cittadina e i gruppi dell’estremismo neofascista, riterremo pienamente legittime le iniziative che i cittadini milanesi vorranno promuovere autonomamente.
C’è, infatti, una diretta responsabilità degli amministratori cittadina in questa squallida vicenda, considerato che i neonazisti di Forza Nuova non si siano nemmeno dovuti travestire, come in altre occasione, per ottenere dal Comune di Milano, in regolare concessione e per 12 anni, un locale di 290 mq in piena zona shopping, cioè in Corso Buenos Aires, 19/20.
Anzi, chi fosse il beneficiario reale dell’assegnazione del locale era noto sin dal primo momento: tutti gli atti formali e amministrativi identificano chiaramente il soggetto richiedente come “DUILIO CANU/FORZA NUOVA”, come si può evincere sia dal verbale dell’asta pubblica, tenutasi il 5 luglio 2010 presso gli uffici del Settore Demanio e Patrimonio del Comune, siti in via Larga 12, che dall’atto definitivo di concessione del locale del 23 novembre scorso (vedi allegato).
Con questa vergogna il centrodestra milanese si mostra peraltro recidivo, poiché sono passati soltanto poche settimane dalla concessione di un’altra spazio di proprietà pubblica a una formazione esplicitamente nazifascista. Ci riferiamo al locale concesso dall’Aler nelle case popolari di viale Brianza 20, con postuma benedizione politica del centrodestra in Consiglio regionale, a una delle organizzazioni di facciata degli Hammerskins, la “Associazione Lealtà Azione”.
Insomma, è evidente a chiunque che a Milano, dopo l’implosione del progetto Cuore Nero,  vi è in atto un nuovo e, a nostro avviso, più insidioso tentativo di radicamento territoriale dei gruppi militanti della galassia neofascista, xenofobo e antisemita. E che quanti amministrano Milano siano complici di questo tentativo, mettendo a disposizione persino proprietà pubbliche, è semplicemente allucinante.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare i documenti del Comune citati nel testo
 

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Che le luminarie natalizie in via Padova recassero gli auguri di buone feste in diverse lingue non era certo una notizia, ma che queste siano state rimosse, proprio perché multilingue, invece lo è. Ed è un pessima notizia, perché significa che chi governa Milano ha scelto la strada dell’idiozia.
Infatti, ieri molte associazioni e residenti di via Padova, tra cui anche il sottoscritto, hanno iniziato a scambiarsi messaggi. Quelle luminarie a forma di cuore, basate su un progetto artistico dell’artigiano Claudio Sighieri, che facevano gli auguri nelle diverse lingue che si possono incontrare in via Padova, erano sparite. Erano rimasti soltanto gli auguri in italiano.
Qualcuno ha accusato subito l’assessore Maurizio Cadeo. Noi non sappiamo come siano andate le cose, né se sia lui il ladro di luminarie, ma sappiamo con certezza che è lui l’assessore all’arredo urbano e pertanto competente in materia. E quindi ci rivolgiamo a lui per chiedere, in primo luogo, una spiegazione e, in secondo luogo, il ristabilimento della situazione precedente.
Insomma, che cavolo di segnale si vuole lanciare con questa pulizia linguistica? Chi ha ideato e realizzato questa idiozia non vuole bene a via Padova. Anzi, sembra quasi che la convivenza, alla quale tanti residenti, italiani e stranieri, del quartiere stanno lavorando, dia fastidio e che si vogliano creare a tutti i costi dei conflitti ed evocare delle paure anche dove non ci sono.
A via Padova e alle altre periferie di Milano non servono coprifuochi o stupide guerre linguistiche, bensì attenzione istituzionale, rispetto per i cittadini che vi abitano ed investimenti in servizi. Cioè, tutte quelle cose che in città mancano da tanti anni.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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L’odierna espulsione coatta di Mohamed, cittadino egiziano, fermato lunedì scorso in occasione di un pacifico presidio davanti al Consolato d’Egitto di Milano, è avvenuta con procedure irritualmente veloci e senza che il suo avvocato potesse fornirgli l’assistenza dovuta.
Questa espulsione, come già le nove precedenti di cittadini stranieri fermati al presidio di Brescia, si configura pertanto non come una “riaffermazione del principio della legalità”, come sostiene il Vicesindaco De Corato, ma piuttosto come un atto di rappresaglia politica dello Stato contro quanti stanno denunciando la sanatoria truffa.
Invitiamo pertanto Prefetto e Questore di Milano ad ignorare la richiesta di De Corato, che oggi chiede di fermare ed espellere anche i cittadini stranieri che protestano in via Imbonati a Milano, e a favorire invece una soluzione pacifica e concordata, che non solo è possibile, ma anche necessaria, a fronte del gran numero di lavoratori stranieri truffati.
Al Vicesindaco De Corato piace giocare alla guerra, specie sulla pelle degli altri, ma qui occorre partire dalla consapevolezza che il problema sollevato dalle proteste di Brescia e Milano è reale e coinvolge migliaia di lavoratori immigrati e che non esistono soluzioni militari a un problema di equità e giustizia.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, su MilanoX n° xxi del 18 novembre 2010, la free press eretica in distribuzione a Milano.
 
Trent’anni fa all’Alfa Romeo di Arese lavoravano in 20mila, poi lo Stato cedette l’Alfa, quasi a gratis, alla Fiat, la quale avviò subito lo smantellamento dello stabilimento. Fu così che cominciò quella desertificazione produttiva, che fa oggi dell’area ex-Alfa uno dei più ambiti bocconi per la speculazione.
Ovviamente, le istituzioni si erano sempre riempite la bocca con i progetti di reindustrializzazione. Formigoni ne firmò uno in pompa magna nel 2005, alla vigilia di una delle sue numerose rielezioni, ma poi non se ne fece nulla. Anzi, nel 2010 Formigoni ha sostituito il vecchio piano con uno nuovo, dove le attività produttive spariscono, ma in cambio ci sono un centro commerciale, parcheggi per l’Expo e un po’ di edilizia residenziale.
Eppure, sul sito ex-Alfa c’è ancora chi lavora. Qualcuno per la Fiat, anche se la maggior parte è in cassa, ma anche per altre aziende insediatesi negli anni. In teoria, tutte le aziende presenti dovevano assumere anche operai ex-Alfa, ma questo avvenne soltanto in parte. Gli ex-alfisti sono invece tanti alla Innova Service, che ne impiega 70.
La Innova è un’azienda un po’ strana, o meglio, strano è che quella azienda avesse ottenuto certi appalti, come quello della vigilanza degli ingressi, visto che i suoi proprietari e dirigenti vengono regolarmente coinvolti in storie losche, compresa quella della cimice al Comune di Milano. “Azienda spionistica”, la chiamano infatti i suoi dipendenti, organizzati dallo SlaiCobas.
L’illegalità la fa da padrona anche nei rapporti di lavoro in quella strana azienda: truffe ai danni dell’Inps, il licenziamento di due delegati sindacali, poi reintegrati dal giudice, fino all’epilogo provvisorio di questi giorni: il licenziamento di 62 dipendenti.
Insomma, l’eliminazione di ogni residuo di lavoratore sindacalizzato dall’area sembra ormai la missione della Innova. Uno scandalo in sé, ma ciò che fa più specie è il silenzio di tomba di Regione, Provincia e Prefettura. Tutti sanno tutto sugli affari sporchi della Innova, eppure tutti tacciono sui licenziamenti. Forse perché fa comodo che non ci siano occhi ed orecchie aperti quando arriva la speculazione?
 
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Invece di scatenare le istituzioni regionali e comunali contro la persona di Saviano, gli esponenti della Lega e Pdl lombardi farebbero meglio a lanciare segnali chiari e netti contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta, a partire dall’allontanamento dagli incarichi istituzionali di quegli esponenti definiti dalla magistratura inquirente come “capitale sociale” della ‘ndrangheta.
Ci riferiamo in particolare a un necessario chiarimento relativo alla vicenda del coinvolgimento nelle inchieste di uomini dell’entourage dell’ex-assessore e uomo di fiducia di Formigoni, Giancarlo Abelli, e soprattutto al persistere della presenza nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Lombardia del consigliere Massimo Ponzoni.
Beninteso, non è nostra intenzione anticipare l’esito delle indagini e dei processi, ma ci pare perlomeno inopportuno e pregiudizievole per la onorabilità delle istituzioni che quanti vengono definiti dagli inquirenti “capitale sociale” del crimine organizzato continuino a svolgere tranquillamente alti incarichi istituzionali.
Insomma, se la Lega o il Pdl ritengono che le parole di Saviano, pronunciate durante la trasmissione “Vieni via con me”, siano diffamatorie nei loro confronti, fanno bene a ricorrere agli strumenti legali previsti dallo stato di diritto, ma finché non si produrranno atti concreti e forti contro le infiltrazioni mafiose e non si farà un po’ di pulizia in casa propria, il tutto suona francamente poco credibile.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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di lucmu (del 15/11/2010, in Politica, linkato 3991 volte)
Giuliano Pisapia ce l’ha fatta, è il candidato sindaco dell’opposizione a Milano. Ha vinto le primarie battendo il candidato del Pd, Boeri, con il 45% dei consensi contro il 40%. Ha vinto contro le indicazioni e la macchina del Pd e nonostante i troppi che gufavano e quelli che “sarebbe bello, ma non ci credo, tanto ha già vinto Boeri”.
È stata una bella vittoria, perché non ha vinto qualche apparato, ma la voglia di non arrendersi, di cambiare, di non voler morire rincorrendo centri e destri o astenendosi.
È stata una bella vittoria perché spariglia le carte, da molte parti, beninteso, e questo non è un male, anzi, perché nell’immobilismo generale a sinistra un po’ di movimento fa sempre bene.
Oggi ci godiamo il risultato, anche perché abbiamo ri-scoperto che si può essere di sinistra e anche vincere.
Domani si ricomincia il difficile cammino, ci saranno mille problemi ed ostacoli, ci sarà la destra scatenata, chi ritenta la carta centrista e chi non riesce proprio a liberarsi dall’autoreferenzialità.
Chissà come andrà a finire, ma oggi abbiamo la possibilità di poter combattere la nostra battaglia. E quindi, combattiamola.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Domenica a Milano ci saranno le primarie per decidere chi sarà il candidato sindaco delle opposizioni che sfiderà nella primavera prossima la Moratti, o chi per lei, e tenterà dunque di porre fine a 17 anni di ininterrotto governo cittadino delle destre.
Faccio una premessa: le primarie non mi sono mai piaciute, perché le ho sempre considerate per quello che in realtà sono, cioè un sottoprodotto di quella logica maggioritaria che esclude e che mortifica la partecipazione. So che molti e molte di voi, che capitate su questo blog, la pensate allo stesso modo.
Non ho cambiato opinione, eppure domenica vado a votare alle primarie e con convinzione metterò la mia crocetta per Giuliano Pisapia. E vi chiedo di fare altrettanto.
Perché? Semplice, perché 17 anni sono tanto, troppo tempo, perché hanno ridotto la nostra città a un grigio parco giochi per speculatori edilizi, spacciatori di lavoro precario ed aspiranti vicesceriffi e, infine, perché sono strastufo di trovarmi ogni volta di fronte al dilemma vado a votare turandomi il naso oppure non ci vado e poi ho i sensi di colpa quando vedo De Corato?
Oggi, invece, c’è la possibilità che il candidato sindaco del centrosinistra sia una persona presentabile, che rivendica il suo essere di sinistra. E soprattutto, è una persona che in questi anni ha dimostrato coerenza, non barattando convinzioni e principi sul mercatino della politica politicante. Nemmeno nei tempi più bui della rincorsa meneghina della destra sul terreno del securitarismo e della xenofobia, cioè nella triste e fallimentare era Penati, di cui molti esponenti del Pd sono, ahinoi, tuttora prigionieri, Giuliano Pisapia ha perso la bussola. Anzi, la sua opposizione alla visione carceraria della città è sempre stata pubblica e trasparente.
E poi, c’è il fatto, non indifferente, che non ha mai fatto il palazzinaro, né è mai stato al soldo dei palazzinari, che sono tra le principali calamità di Milano.
Insomma, penso che Pisapia sarebbe un ottimo candidato sindaco del centrosinistra, anzi il migliore che si sia visto in questi 17 anni. E se c’è la possibilità che Giuliano Pisapia possa diventare effettivamente il candidato sindaco, allora, che le primarie piacciano o meno, domenica bisogna andare a votare.
E la possibilità c’è. Ce lo dicono tutti i dati e le proiezioni ad oggi disponibili, che parlano di un testa a testa tra Pisapia e Boeri e di un numero significativo di indecisi. In altre parole, sarà una lotta all’ultimo voto e, quindi, vi chiedo di non far mancare il vostro.
Poi, dopo domenica arriva lunedì, con l’esito del voto e con i bilanci da fare. Comunque vadano le cose, i problemi da risolvere da qui alle elezioni saranno una marea e le difficoltà tante. Ma con Giuliano Pisapia, almeno li potremo affrontare con un sorriso e una speranza in più.
 
Luciano Muhlbauer
 
P.S. a proposito, le urne delle primarie saranno aperte dalle ore 8.00 alle ore 20.00 di domenica 14 novembre e può votare chi è iscritto nelle liste elettorali del Comune di Milano, nonché i 16enni e i cittadini immigrati residenti a Milano. Per sapere esattamente chi vota e come si vota, clicca qui. Per sapere invece dove votare, cioè per sapere qual è il tuo seggio, puoi consultare l’apposito elenco on line, cliccando qui.
 
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Sacconi non si ferma e con lui nemmeno il resto del centrodestra. Il governo e la coalizione sono in crisi, litigano e si fanno la guerra, ma quando si tratta di fare a pezzi i già malmessi diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, allora berlusconiani, finiani e leghisti sono tutti d’accordo. Anzi, su questo punto sono d’accordo pure pezzi importanti di quanti, in teoria, dovrebbero scatenare il finimondo, perché oppositori politici o sindacalisti.
E così, dopo soltanto qualche settimana dall’approvazione del collegato lavoro e mentre si sviluppa senza soste l’offensiva di Marchionne, Bonanni e Sacconi per far fuori con ogni mezzo la Fiom e piegare gli operai metalmeccanici, Sacconi ha formalizzato il progetto governativo di eliminare lo Statuto dei Lavoratori (cioè, quella legge che stabilisce, tra l’altro, il divieto di licenziamento senza giusta causa) e di sostituirlo con uno “Statuto dei Lavori”.
Infatti, giovedì scorso, 11 novembre, il Ministro del Lavoro e della Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, ha mandato alle parti sociali una lettera, una relazione e una bozza di legge, intitolata “Delega al Governo per la predisposizione di uno Statuto dei lavori”.
In allegato potete scaricare in formato pdf la versione originale della lettera, della relazione e della bozza di legge delega.
Qui di seguito, invece, riportiamo soltanto il breve articolato della bozza di legge delega, composta da soli due articoli, che però parlano più che chiaro. O meglio, sono una sintesi del peggior pensiero padronale e liberista del nostro tempo, una sorta di Pomigliano per tutti, comprensiva di deroghe elevate al rango di legge e di privatizzazione degli ammortizzatori sociali.
Insomma, leggetevi la bozza e i testi allegati, perché questa volta, davvero, non occorre essere giuslavoristi o legislatori per capire quello che c’è scritto.
 
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Delega al Governo per la predisposizione di uno Statuto dei lavori
 
Articolo 1
Delega al Governo per la predisposizione di uno Statuto dei lavori
 
1. Al fine di incoraggiare una maggiore propensione ad assumere e un migliore adattamento tra le esigenze del lavoro e quelle della impresa, il Governo è delegato a emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni, anche di carattere innovativo, volte alla redazione di un testo unico della normativa in materia di lavoro denominato Statuto dei lavori.
 
2. La delega di cui al comma 1 deve essere esercitata in conformità agli obblighi derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro e nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
 
a)       razionalizzazione e semplificazione con l’obiettivo di ridurre almeno del 50 per cento la normativa vigente anche mediante abrogazione delle normative risalenti nel tempo, prevedendo un nuovo regime di sanzioni, in particolare di tipo premiale, che tengano conto della natura sostanziale o formale della violazione e favoriscano la immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita;
 
b)      identificazione di un nucleo di diritti universali e indisponibili, di rilevanza costituzionale e coerenti con la Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, applicabili a tutti i rapporti di lavoro dipendente e alle collaborazioni a progetto rese in regime di sostanziale monocommittenza;
 
c)       conseguente identificazione della rimanente area di tutele con possibilità per la contrattazione collettiva di una loro modulazione e promozione nei settori, nelle aziende e nei territori, anche in deroga alle norme di legge, valorizzando il ruolo e le funzioni degli organismi bilaterali. Nell’esercizio di questa capacità la contrattazione collettiva tiene conto, in particolare, dei seguenti indici:
 
·         andamento economico della impresa, del territorio o del settore di riferimento con particolare riguardo alle crisi aziendali e occupazionali, all’avvio di nuove attività, alla realizzazione di significativi investimenti e ai più generali obiettivi di incremento della competitività e di emersione del lavoro nero e irregolare;
·         caratteristiche e tipologia del datore di lavoro anche con riferimento a parametri dimensionali della impresa non legati al solo numero dei dipendenti;
·         caratteristiche del lavoratore con specifico riferimento alla anzianità continuativa di servizio, alla professionalità o alla appartenenza a gruppi svantaggiati;
·         modalità di esecuzione della attività lavorativa autonoma e coordinata con un solo committente, con particolare riferimento all’impegno temporale e al grado di autonomia del lavoratore;
·         finalità del contratto con riferimento alla valenza formativa o di inserimento al lavoro.
 
d)      riordino della regolazione delle tutele nel mercato del lavoro con riferimento ai servizi di orientamento e collocamento al lavoro e ad attività di formazione secondo percorsi per competenze in ambiente produttivo, certificabili negli esiti, coerenti con i fabbisogni professionali rilevati;
 
e)       estensione, su base volontaria od obbligatoria e mediante contribuzioni corrispondenti alle prestazioni, degli ammortizzatori sociali senza oneri aggiuntivi di finanza pubblica.
 
3. I principi e criteri direttivi di cui al comma 2 potranno essere integrati da un avviso comune reso al Governo dalle associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
 
 
Articolo 2
Disposizioni concernenti l’esercizio della delega di cui all’articolo 1
 
1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, deliberati dal Consiglio dei Ministri e corredati da una apposita relazione sono trasmessi alle Camere, una volta sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei datori e prestatori di lavoro, per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del termine previsto per l’esercizio della relativa delega.
 
2. In caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione, il Governo decade dall’esercizio della delega. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni.
 
3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni modificative e correttive, comprensive della possibilità di adottare un testo unico delle disposizioni in materia di lavoro, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi.
 
cliccando sull’icona qui sotto, puoi scaricare la lettera di Sacconi, la relazione e la bozza di legge delega
 

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