Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Articolo di Luciano Muhlbauer e Piero Maestri (cons. prov. Prc), pubblicato su il Manifesto del 12 genn. 2006 (pag. Milano)
Sulla vicenda dei profughi di via Lecco l’ultima settimana è stata costellata di polemiche, dai toni francamente eccessivi da parte di Albertini, mentre il prefetto Lombardi sembra aver rinunciato al suo ruolo istituzionale, praticando una sorta di sottrazione.
Una situazione tutt’altro che rassicurante in vista del 10 gennaio. Eppure, dietro le apparenze, qualcosa si muove. Infatti, se inizialmente il Comune aveva considerato le quattro sistemazioni di via Pucci, via Anfossi, via Di Breme e viale Ortles come definitive e incontestabili, dopo le denunce di Prc e associazioni e degli stessi profughi, dopo la pubblicazione delle fotografie dei luoghi della vergogna e dopo la visita dei rappresentanti dell’Acnur, l’assessore Maiolo ha messo progressivamente in discussione ben tre luoghi su quattro, indicando possibili alternative. Per i rifugiati di via Pucci si prospetta una ex-scuola di via Fulvio Testi, per quelli stipati in via Anfossi si parla di appartamenti a Gallarate e, infine, per quelli di viale Ortles viene indicato il convitto di viale Piceno, messo a disposizione dalla Provincia.
Vi sono dunque dei timidi segnali positivi, ma rimangono aperti problemi enormi che rischiano di far precipitare la situazione. In questi giorni, a dimostrazione del clima avvelenato, non c’è mai stata trattativa, né un luogo istituzionale di discussione. Tutto è avvenuto sulla stampa, trasformatasi per l’occasione in un sostituto del tavolo che non c’è. Conclusione? I rifugiati, che non padroneggiano l’italiano e che nel corso della loro odissea hanno imparato a diffidare, semplicemente non sanno quasi nulla di tutto ciò e aspettano ancora una risposta alla loro lettera del 4 gennaio scorso, in cui chiedevano un incontro a Comune, Prefetto, Provincia e Questura.
Insomma, dopo i segnali di fumo da parte del Comune e la messa a disposizione di due spazi da parte della Provincia, sembrano esserci gli ingredienti per una soluzione dignitosa e possibile. Quello che ancora manca è la volontà politica di mettere da parte la campagna elettorale.
Chiediamo dunque al Prefetto di convocare immediatamente il tavolo interistituzionale e all’assessore Maiolo di incontrare urgentemente i rifugiati. Gli interlocutori ci sono, poiché i profughi hanno da tempo dimostrato di poter esprimere propri delegati rappresentativi, e anche una soluzione alternativa ai poco decorosi container di via Di Breme, suggerita peraltro dalla stessa Acnur, si troverebbe senza troppe difficoltà.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 12 genn. 2006 (pag. Milano)
Ieri sera i rifugiati sudanesi, alloggiati in viale Ortles, hanno lasciato il dormitorio comunale e si sono diretti a Como, dove hanno varcato il confine di Stato. Attualmente 62 di loro si trovano a Chiasso, nei centri competenti delle autorità elvetiche. Secondo quanto dichiarato dai profughi, l’intenzione è quella di raggiungere la sede Onu di Ginevra, per denunciare il trattamento che hanno subito da parte del Comune di Milano.
Il gesto disperato dei profughi del Sudan aggiunge una nuova vergogna ad una vicenda che ha dell’incredibile e rappresenta l’ultimo capolavoro dell’assessore Maiolo. Proprio ieri sera, insieme all’assessore comunale Manca, ha diffuso una dichiarazione stupefacente con la quale i difficili passi avanti realizzati negli ultimi giorni venivano praticamente vanificati. Non solo i due sono tornati ai toni polemici e sgradevoli di una settimana fa, ma hanno apertamente accusato il Presidente della Provincia, Penati, di parlare con tre rifugiati non rappresentativi, mentre il Comune avrebbe trovato un accordo con le tre comunità eritrea, etiope e sudanese. E l’assurdo è che già nei giorni precedenti la Maiolo aveva rivendicato ripetutamente di aver trovato un’intesa in particolare con i rifugiati sudanesi!
Una colossale bugia, visto che proprio i profughi sudanesi se ne sono andati ieri sera. La responsabilità di quanto accaduto è esclusivamente dell’assessore Maiolo, poiché ha rifiutato sistematicamente ogni dialogo con i rifugiati, tentando invece di creare insane divisioni e conflitti, ricorrendo persino all’arma della minaccia e del ricatto. Il risultato di questo atteggiamento irresponsabile e ingiustificabile è sotto gli occhi di tutti. Complimenti assessore Maiolo. Oggi c’è da vergognarsi di essere milanesi.
La scorsa notte è stata sfiorata la rivolta nei container di via di Breme, dove sono alloggiati i rifugiati etiopi di via Lecco. Avvisati verso le 21.00 di ieri sera da volontari del Naga, io e il consigliere provinciale del Prc, Piero Maestri, ci siamo recati sul posto.
Tutto ha avuto origine da un fatto marginale accaduto il pomeriggio, quando un rifugiato etiope ha perso la calma, danneggiando leggermente un vetro e imprecando contro i custodi. Per punizione, il Comune ha successivamente decretato l’allontanamento del rifugiato dai container per due giorni.
Data la situazione di tensione e nervosismo che vivono i rifugiati in questi giorni, il provvedimento di espulsione è stato come gettare benzina sul fuoco e ha suscitato la reazione di tutti gli ospiti di via di Breme. Quando siamo giunti sul luogo, vi era una situazione di stallo, con i rifugiati etiopi che non intendevano cedere sull’espulsione del loro compagno e con il comune che non intendeva modificare di una virgola il suo provvedimento. Presenti anche funzionari delle forze dell’ordine, impegnati a mediare tra le parti e a evitare il precipitare della situazione.
Verso l’una di notte, sembrava ristabilita la calma e la polizia si è allontanata. A questo punto, però, è accaduto qualcosa di preoccupante e inaccettabile. Il nutrito gruppo di responsabili della cooperativa, che ha in gestione i container per conto del Comune, ha tentato una sorta di espulsione fai da te, cercando di allontanare con la forza il rifugiato etiope. Hanno tolto la corrente elettrica a tutti i container e assaltato quello in cui il rifugiato si trovava. Il tutto con il contorno di grida da bullo di quartiere, tipo “se sei un uomo viene con noi” .Ovviamente, ne è nato un parapiglia generale, terminato soltanto con il ritorno sul posto di funzionari della questura, che hanno messo fine a questa situazione al confine estremo della legge e del buon senso.
Rimane aperta la domanda se i responsabili della cooperativa, indubbiamente privi dei requisiti minimi per poter gestire un luogo come quello di via di Breme, abbiano agito di spontanea iniziativa oppure su indicazione di qualche funzionario del comune. Quello che pare invece certo è che occorre porre fine al più presto al clima di tensione instaurato dal Comune nei confronti dei rifugiati di via Lecco, trattati come nemici politici da sconfiggere e non come persone portatrici di bisogni e diritti.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Passata la giornata delle polemiche politiche, su via Triboniano sta di nuovo calando il silenzio. E soprattutto il campo e le famiglie rom sono stati riconsegnati all’abbandono, nonostante sia evidente a chiunque che siamo in pieno emergenza umanitaria.
Il Comune di Milano aveva annunciato di aver messo a disposizione posti letto di emergenza per i tanti rom che avevano perso la loro roulotte o baracca nell’incendio. Ebbene, questi posti letto esistono soltanto nelle dichiarazioni pubbliche, ma non sono reperibili nella realtà. Infatti, ieri notte, la Protezione Civile del Comune riusciva a mettere a disposizione la bellezza di 8 posti letto! Per il resto, erano a disposizione, nelle varie strutture del comune, soprattutto refettori e corridoi.
La ovvia conseguenza di questo stato di cose è stato ed è che i rom senzatetto, compresi molti bambini, si ammassano nelle roulotte sopravvissute all’incendio. Non si è visto nessuno intervento del Comune nemmeno da questo punto di vista. Anzi, le condizioni del campo, nella sua parte ancora integra, sono pessime e vi è il concreto rischio che possano scoppiare altri incendi, mentre non sono stati distribuiti nemmeno degli estintori. L’unico intervento concreto che si è visto finora è quello repressivo da parte della polizia, che nella giornata di ieri ha fermato ed espulso in modo coatto, con volo a Bucarest, circa 80 rom di via Triboniano non in regola con i documenti.
E’ davvero stucchevole dover assistere alle tante dichiarazioni e a qualche bella parola, salvo poi verificare che nella realtà prevale la politica di sempre. Cioè, quella dell’abbandono. Questa situazione non è accettabile, il Comune si assuma le sue responsabilità e intervenga almeno rispetto all’emergenza umanitaria.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Mentre a livello nazionale non accenna a placarsi il fuoco di fila scatenato dalla destra contro il neo-ministro Ferrero, reo di aver semplicemente annunciato la necessità di regolarizzare i lavoratori immigrati rimasti esclusi dall’ultima caotica sanatoria del governo Berlusconi, a Milano la campagna elettorale sembra dedicare ben poca attenzione al tema dell’immigrazione e del razzismo.
E così succede che la notizia -riportata oggi da alcuni importanti quotidiani- del pestaggio di un cittadino italiano di origine senegalese, Pap Khouma, ad opera di alcuni controllori dell’Atm, non abbia provocato nemmeno una dichiarazione da parte della solitamente prolissa compagine di centrodestra.
A noi pare che ci sia qualcosa di inquietante e colpevole in questo assordante silenzio. Il pestaggio di Khouma non è un fatto eccezionale, ma rappresenta purtroppo la punta di un iceberg, visto che ogni giorno a Milano si consuma ormai una miriade di piccole e grandi discriminazioni a sfondo xenofobo, se non razzista.
Basta essere riconoscibile come cittadino straniero per subire un surplus di controlli in metropolitana o sul tram, magari con quelle maniere un po’ spicce che farebbero giustamente imbestialire ogni milanese doc. Ma meccanismi simili, di disparità di trattamento, si riproducono regolarmente anche negli uffici pubblici, nell’accesso ai servizi o nella ricerca di un’abitazione.
In questi lunghi anni di governo di centrodestra della città, mai l’amministrazione si è preoccupata di monitorare la situazione, né di agire sul terreno della formazione dei funzionari pubblici. Anzi, gli unici messaggi lanciati andavano in direzione opposta, fomentando un’immagine dell’immigrato come un mero problema di ordine pubblico o peggio.
Ecco perché questo silenzio puzza di ipocrisia e perché lo riteniamo inaccettabile e irresponsabile. A Milano, dove vivono ormai quasi 200mila cittadini immigrati, serve una politica accogliente e includente, prima che i danni accumulati diventino irreversibili. E questo significa anzitutto non coprire con un complice silenzio gli atti di intolleranza e di xenofobia e avviare finalmente una politica attiva antidiscriminazione, mediante la formazione dei funzionari pubblici e con un monitoraggio permanente della situazione sul territorio.
Comunicato di Luciano Muhlbauer
È passato più di un anno dalla rivolta nel Cpt di Via Corelli a Milano. Nel frattempo è cambiato il governo ed è stato messo all’ordine del giorno il “superamento” dei Centri di Permanenza Temporanea, cioè di quei luoghi dove vengono imprigionati fino a 60 giorni i cittadini stranieri non in regola con il permesso di soggiorno. Eppure, il dibattito politico sui Cpt stenta a diventare intelligibile per la grande maggioranza dei cittadini e delle cittadine, principalmente perché quelle strutture continuano ad essere circondate dalla segretezza.
Già un anno fa avevamo aperto un confronto con la Prefettura, sfociato poi in una bozza di intesa che prevedeva l’accesso regolare al Cpt di via Corelli delle associazioni. Tuttavia, una volta inviata al Ministero degli Interni per il nulla osta, non se ne seppe più nulla e tornò a regnare il silenzio più assordante.
Pensiamo che sia inaccettabile e intollerabile che continuino il silenzio e la segretezza. Per questo, a inizio luglio, abbiamo richiesto formalmente al Prefetto di Milano un incontro e la pubblicazione di tutti i dati relativi al Cpt di via Corelli, dai costi di gestione e di quelli delle convenzioni con soggetti privati fino al numero di trattenuti che transitano nella struttura.
La nostra opinione è risaputa, cioè che i Cpt vadano chiusi insieme alla stagione della Bossi-Fini e delle politiche incentrate sulla repressione, la quale assorbe peraltro oltre il 70% delle risorse pubbliche in materia di immigrazione. Vanno chiusi perché inutili, inumani e in palese contrasto con le più elementari norme dello stato di diritto. E il fatto che i Cpt siano oggi in Italia una specie di buco nero dell’informazione pubblica non fa che renderli ancora più preoccupanti.
Non abbiamo mai preteso che la nostra opinione venga condivisa a “scatola chiusa”, ma pretendiamo che i cittadini vengano messi in condizione di sapere, di poter partecipare ad un dibattito pubblico e democratico. Non ci sono motivi di sicurezza che impediscano di poter sapere cosa succede nei Cpt e quali siano le convenzioni economiche che li riguardano. Auspichiamo dunque vivamente che il Prefetto di Milano e il Ministero degli Interni, dopo lunghi anni di oscurità e segretezza, decidano finalmente di consegnare ai cittadini di Milano un po’ di trasparenza.
CittàPerTutti - AceA Onlus - Arci Milano - Arciragazzi Milano – Attac - Bastaguerra - Berretti Bianchi Lombardia - Centro delle Culture - Coordinamento Lombardo Nord/Sud del Mondo - C.S. Leoncavallo -Direttivo del Comitato Intercomunale per la Pace ex magentino - Fillea Lombardia - Fiom Milano – Naga - Newletter Ecumenici – SinCobas - Todo Cambia - UISP Milano - Associazione Sinistra Rossoverde - Rifondazione Comunista Milano - Partito Umanista
Comunicato stampa
cui puoi scaricare la lettera delle associazioni al Prefetto di Milano
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 9 settembre 2006 (pag. Milano)
Oggi alle 17.00 si terrà presso il CPT milanese di Via Corelli un presidio per impedire l’espulsione di Amir Karrar, cittadino pakistano trattenuto nel centro. Il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista, nell’aderire al presidio, annuncia che alle 16.00 il consigliere regionale Luciano Muhlbauer, accompagnato dal consigliere provinciale Piero Maestri, farà visita al Cpt, incontrandovi altresì il signor Karrar.
I Centri di Permanenza Temporanea - afferma Luciano Muhlbauer - sono degli autentici buchi neri dove finiscono rinchiusi uomini e donne stranieri non in regola con il permesso di soggiorno, senza che fuori la cittadinanza sappia normalmente alcunché di loro. Cosa per cui un ampio arco di forze associative milanesi aveva chiesto, già nel mese di luglio, un atto di trasparenza, cioè la pubblicazione di tutti i dati relativi al Cpt di Via Corelli, senza per ora ricevere risposta.
Tuttavia, grazie all’impegno del Centro delle Culture di Arezzo, questa volta si è saputo di Amir Karrar, cittadino pakistano di 23 anni. Lunedì 4 settembre il signor Karrar è stato fermato dalla polizia ad Arezzo, dove viveva da due anni, e, essendo privo di permesso di soggiorno, è stato fatto oggetto di provvedimento di espulsione e poi tradotto nel Cpt di Via Corelli. Nella giornata di ieri, il giudice di pace di Milano ha convalidato il trattenimento, non prendendo in considerazione gli elementi esposti dall’avvocato difensore.
Infatti - prosegue Muhlbauer - il signor Karrar, qualora venisse espulso verso il Pakistan, correrebbe seri rischi per la sua vita. Appartenente alla minoranza religiosa sciita e attivista studentesco, nel suo Paese era stato minacciato e poi aggredito fisicamente da parte di gruppi militanti sunniti. Considerata la violenza che in questi anni colpisce gli sciiti pakistani, egli abbandonò il paese e si recò in Svizzera, dove soggiornava regolarmente. Ma anche in Svizzera le minacce lo raggiunsero e così decise di scappare di nuovo, questa volta senza lasciare tracce e attraversando dunque clandestinamente il confine con l’Italia.
I legali che assistono il signor Karrar hanno già richiesto che gli venga riconosciuto lo status di rifugiato. Tuttavia, anche se il nostro ordinamento costituzionale parla chiaro, l’effetto combinato dell’assenza di una legge organica sul diritto d’asilo e dei guasti della Bossi-Fini fanno sì che il signor Karrar rischi ora il rimpatrio e dunque una sorta di condanna a morte.
Invitiamo pertanto le organizzazioni sociali, le forze politiche e le istituzioni - conclude Muhlbauer - a non ignorare il destino di Amir Karrar e ad attivarsi immediatamente perché venga posta fine alla sua detenzione, venga bloccata l’espulsione e, soprattutto, perché possa rimanere legalmente nel nostro paese.
Il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista esprime tutta la sua solidarietà a Amir Karar, cittadino pakistano di 23 anni, rinchiuso nel Cpt di Via Corelli di Milano sin dal 4 settembre scorso.
Amir era stato fermato ad Arezzo, dove risiedeva da due anni, e poiché era privo di permesso di soggiorno era stato fatto oggetto di provvedimento di espulsione e di conseguenza tradotto nel Cpt milanese. La storia di Amir è quella di una persona approdata in Italia dopo una fuga dal suo paese, causata dalle persecuzioni che subiva. Infatti, Amir appartiene alla minoranza sciita del suo paese, sottoposta da anni a gravi violenze da parte di gruppi sunniti militanti con ampie complicità negli apparati di sicurezza pakistane. Il fatto che fosse il segretario generale dell’associazione sciita “Shia Markiz” fece sì che subisse minacce di ogni tipo, fino ad una aggressione fisica che lo ridusse in fin di vita.
Appena fermato dalla Digos di Arezzo raccontò la sua storia, ma la sua condizione non è stata presa in considerazione, sebbene la normativa in vigore affermi esplicitamente che “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione”. Nemmeno al suo arrivo al Cpt di Via Corelli gli hanno dato retta, poiché gli operatori della Croce Rossa, che ha in gestione il centro, omisero per tre giorni di inoltrare la sua richiesta di asilo politico.
Amir ha avuto la fortuna di avere tanti amici ad Arezzo che si sono impegnati a far conoscere il suo caso. Per questo alla fine ha potuto fare almeno richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. Altri, magari senza molti amici, finiscono spesso nell’infernale meccanismo della Bossi-Fini, per così sparire in qualche Cpt e poi chissà dove, senza che nessuno venga mai a sapere nulla.
Domani giovedì la competente commissione territoriale di Milano deciderà le sorti di Amir. Visti i precedenti pensiamo però che occorra la massima vigilanza per evitare che Amir possa essere espulso e dunque subire una specie di condanna a morte. Ecco perché facciamo appello alle associazioni, alle forze politiche e alle istituzioni ad adoperarsi affinché ad Amir venga riconosciuto il diritto di stare regolarmente in Italia, magari anche partecipando al presidio che i suoi amici organizzano presso la Prefettura a partire dalle ore 9.00.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Tutti quanti eravamo e siamo consapevoli che in tema di immigrazione esistono posizioni e approcci diversi anche all’interno dell’Unione. Eppure, le parole e gli annunci del Ministro degli Interni Amato lasciano francamente sbigottiti, sia per la leggerezza con cui egli butta nel cestino quanto scritto nel programma della coalizione, sia per i toni sprezzanti con i quali intende liquidare la questione del “superamento” dei Cpt.
Non giova proprio a nessuno sostenere il falso palese, cioè che i Cpt servirebbero per individuare i delinquenti e i malati, e banalizzare così una questione che peraltro investe la nostra civiltà giuridica e democratica. Piuttosto, il Ministro ponga finalmente e urgentemente fine all’insopportabile omertà istituzionale che circonda l’universo della detenzione amministrativa e renda pubblici tutti i dati relativi ai Cpt. Cioè, si dica ai cittadini quanto costano i Cpt, comprese le convenzioni con soggetti privati, quante e quali persone transitano in quelle strutture detentive e che fine fanno e quanti sono gli “incidenti” che vi capitano con preoccupante regolarità.
Se tutta va bene, se quei Cpt servono così tanto e se sono persino compatibili con la nostra Costituzione, allora perché vengono nascosti all’opinione pubblica come un segreto di stato? Sia per la stampa che per i rappresentanti istituzionali, è più facile sapere cosa accade in un carcere di massima sicurezza, che non in un Cpt qualsiasi. Figuriamoci poi per un cittadino normalissimo.
A Milano, da ormai tre mesi, numerose associazioni chiedono alla Prefettura - e per suo tramite al Ministero - di rendere pubblici tutti i dati relativi al Cpt di Via Corelli. Risultato? Silenzio assoluto e assordante.
Insomma, se non c’è nulla da nascondere, allora si dia una risposta alle tante richieste di trasparenza, a Milano e dappertutto. E poi ricominciamo da capo la discussione sulla “necessità” delle carceri amministrative su base etnica, ma almeno senza quelle parole a dir poco inopportune”.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Oggi in Consiglio regionale la Commissione Territorio ha approvato la modifica della legge n.1/2002 sul trasporto pubblico locale. In realtà un atto dovuto, poiché una sentenza della Corte Costituzionale del 2005 aveva dichiarato illegittime le norme che escludevano i cittadini stranieri regolarmente residenti in Lombardia, e in condizioni di comprovato disagio psico-fisico o economico, dalle esenzioni e agevolazioni tariffarie.
Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che la Corte costituzionale è costretta a intervenire per cancellare insensate clausole discriminatorie. Già il Tar della Lombardia tre mesi fa ha dichiarato illegittime, trasmettendo gli atti alla Corte costituzionale, le norme che impongono il vincolo di cinque anni di residenza in Lombardia per poter accedere alle graduatorie per le case popolari, vincolo che discrimina peraltro anche molti cittadini italiani; e quasi scontato è anche un intervento contro quel passaggio, introdotto a giugno nella legge regionale sul territorio, che ostacola surrettiziamente l’esercizio della libertà religiosa.
Tutte azioni correttive prevedibili, quindi, e ciononostante la maggioranza di Formigoni insiste ad accontentare, in ogni occasione, la demagogia razzista della Lega e di parte di An. Lo stesso veto ideologico che fino a oggi ha impedito al Consiglio regionale lombardo di poter legiferare in materia di immigrazione, come invece hanno già fatto molte regioni italiane.
Una vera e propria follia politica proprio laddove si concentra un quarto dell’immigrazione in Italia, cioè oltre 800mila persone. Davvero si pensa di poter affrontare i profondi cambiamenti in atto nella società lombarda con uno spezzatino di semplici norme discriminatorie ed escludenti e rinunciando a una politica che favorisca l’inclusione e la convivenza? Difficile crederlo, ma finora i fatti ci dicono che Formigoni preferisce cavalcare la xenofobia leghista, piuttosto che aprire un confronto politico a tutto campo.
E a pagare il conto di questa situazione surreale, tanto per cambiare, sono chiamati i cittadini, siano essi stranieri o italiani. Se dalle parti del centrodestra è rimasto qualche briciolo di buon senso, Rifondazione Comunista è disponibile sin da subito ad aprire il confronto, a patto che si archivi finalmente la strada della demagogia e dell’intolleranza.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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