Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Le note difficoltà economiche de il Manifesto, accentuate dalla crisi, rischiano di portare a brevissimo al taglio della pagina milanese, alla chiusura della redazione e al licenziamento di Mariangela e Alessandro. Una prospettiva insensata, dovuta forse più alla lontananza di Milano da Roma, che non a una valutazione editoriale e politica.
La redazione milanese si oppone a questa scelta, ma da soli non ce la fanno e hanno bisogno di una mano. In fondo, chi di noi, che stiamo a Milano o in Lombardia, non ha mai usato la pagina milanese, per segnalare iniziative che altrove non sarebbero state pubblicate, per scriverci, per leggere o semplicemente per sapere dove passare serata?
Per questo vi invito a leggere il sottostante appello, a farlo circolare dove potete e, soprattutto, a firmarlo, inviando una mail a redmi@ilmanifesto.it, segnalando nome, cognome, età e professione.
Mi dicono che stanno arrivando già molte adesioni in redazione, ma servono di più e urgentemente, possibilmente entro lunedì, poiché già martedì a Roma si discuterà di chiusura.
Appello urgente:
Siamo lettori, abbonati e sostenitori milanesi e lombardi del manifesto. Conosciamo bene le difficoltà che la crisi comporta per la carta stampata e ancora di più per il nostro giornale. Ma sappiamo anche che proprio in tempi così difficili il manifesto è più che mai uno strumento irrinunciabile.
La crisi in corso spinge verso destra, portando a pericolosi rigurgiti, scontri tra poveri, minacce per i lavoratori, nazionalismo e razzismo, arretramento economico e culturale, che rischiano di chiudere ogni spazio di iniziativa per qualsiasi cosa che si muove a sinistra. Anche per questo non abbiamo smesso di sostenere il manifesto e per queste ragioni ci permettiamo di chiedervi di mantenere e, se possibile, migliorare la pagina milanese del nostro giornale e di mantenere attivo il presidio della redazione milanese.
La pagina locale per tanti e tante di noi è uno dei pochi spazi che ci sono ancora concessi per far conoscere le nostre iniziative e per poter discutere le nostre idee: ci piacerebbe potesse esprimere ancora di più queste potenzialità, permettendo alla redazione di mantenere accesi i riflettori sulla realtà metropolitana. Viviamo in una città e in una regione difficili, ma Milano e la Lombardia sono ancora un territorio vivo e comunque di fondamentale importanza per la sinistra e i movimenti sociali.
La redazione milanese rimane uno dei luoghi ancora agibili a Milano, una risorsa a cui sarebbe sbagliato rinunciare, per noi e per voi. Siamo consapevoli che la crisi del giornale può portare ripensamenti e persino all’ipotesi di chiusura della redazione e della pagina locale. Vi chiediamo di non farlo. Siamo disponibili a dare una mano e a incontrare i responsabili della cooperativa per scongiurare questa eventualità.
Il candidato del Fmln (Frente Farabundo MartÍ para la Liberación Nacional), Mauricio Funes, ha vinto le elezioni presidenziali in El Salvador. Così dicono i dati ormai quasi definitivi dello spoglio e così ha riconosciuto il candidato della destra. Una vittoria della sinistra che si inserisce certamente nella dinamica più generale che sta vivendo l’America Latina, così diversa da quella del vecchio continente, ma che rappresenta anche un fatto epocale per il piccolo paese centroamericano.
El Salvador è stato negli anni ’80 teatro di una delle più feroci guerre di bassa intensità promosse dagli Stati Uniti. Alla fine del decennio i morti erano circa 70mila, in gran parte civili massacrati dall’esercito e dagli squadroni della morte. Soltanto all’inizio degli anni ’90 furono siglati degli accordi di pace, che posero fine alla dittatura e permisero al Fmln, uno dei movimenti guerriglieri più intelligenti e maturi del continente, di spostare la sua battaglia sul terreno politico e civile.
In tutti questi anni l’ex fronte guerrigliero riuscì a conquistare il governo di molte municipalità, compresa la capitale, ma mai ottenne la vittoria alle elezioni presidenziali, che rimasero invece appannaggio del partito di destra Arena. Quest’ultimo si era formato negli anni ’80 ed era una creatura di quell’apparato militar-oligarichico che dominava il paese con la violenza praticamente per tutto il Novecento. Non a caso, tra i principali fondatori di Arena c’era Roberto D’Aubuisson, organizzatore degli squadroni della morte e responsabile nel 1980 dell’omicidio di Monsignor Romero, il coraggioso arcivescovo di San Salvador.
Ovviamente, sarà il futuro a dirci se la realtà del governo corrisponderà alle aspettative, ma oggi godiamoci la buona notizie. E questo vale sicuramente per quelli e quelle come me, che ai tempi si erano impegnati nella solidarietà con la lotta di liberazione del popolo salvadoregno, conobbero il paese in guerra e si ricordano ancora bene delle tante straordinarie persone, contadini, operai e studenti, che animarono con il loro agire la speranza nei momenti più bui, sacrificando finanche le loro vite.
Ci sono momenti che condensano meglio di mille dotte analisi il senso dei tempi in cui viviamo. E l’ultima settimana a Milano, tra rifugiati trattati come un mero problema di ordine pubblico e crociate anti-kebab trasformate in legge regionale, è uno di questi. Ma andiamo con ordine, giusto per non dimenticare.
Nella notte di venerdì 17 aprile 300 rifugiati africani sono emersi dall’invisibilità. Succede ciclicamente a Milano, perché la polvere sotto il tappeto ci rimarrà pure, ma non così gli esseri umani. Questa volta si sono materializzati nel quartiere Bruzzano, periferia nord. Il luogo è un monumento alla speculazione edilizia e all’abbandono delle periferie, che fa di Milano una città dalla percentuale di edifici vuoti e alloggi sfitti senza pari tra le metropoli europee. Tre casermoni gemelli, in mezzo un albergo funzionante, da un lato uno stabile sventrato stile Sarajevo e dall’altro quello occupato dai rifugiati, vuoto da molti anni.
Lunedì pomeriggio la Questura ha censito i rifugiati, smentendo il grido “sono clandestini!” del farneticante De Corato e stabilendo che erano 299, tutti con regolari permessi di soggiorno, tutti accolti dallo Stato italiano perché scappati da guerre e persecuzioni. In larga maggioranza eritrei e gli altri sudanesi, etiopi e somali. 28 donne, due bimbi e il resto uomini. Eppure, soltanto 12 ore più tardi è arrivata l’operazione di polizia. Avevano deciso che andava sgomberato l’edificio, il resto era un dettaglio. Ne sono seguiti tensione, inganni, proposte improvvisate di ospitalità precaria nei dormitori per una minoranza di loro e molte manganellate. Alla fine i rifugiati sono finiti per strada, qualcuno anche ferito.
Manco a dirlo, il coro ufficiale del giorno dopo ha subito assolto le istituzioni e accusato i rifugiati stessi e/o gli immaginari “registi occulti”, promettendo le denunce del caso. Nel frattempo i rifugiati avevano dormito al Pini, grazie all’ospitalità dell’associazione Olinda, poi sono scesi in corteo nel centro città e la seconda notte l’hanno passata sull’asfalto di Porta Venezia. Infine, giovedì, è arrivato l’epilogo momentaneo della vicenda, imposto con un’ulteriore esibizione di muscoli da parte della istituzioni. Così, un gruppo di rifugiati presenti al momento nei giardini di P.ta Venezia è stato prelevato dalla polizia e portato in un parcheggio sotterraneo di Quarto Oggiaro, ufficialmente per identificarli –ripetendo di fatto l’operazione di tre giorni prima…-, ma in realtà per imporre con la forza una “soluzione”.
I rifugiati, cioè il centinaio presente, poiché gli altri 200 censiti non sembrano più esistere per Comune e Prefettura, a questo punto hanno optato per la tregua, accettando per 15 giorni di stare in un centro comunale. Tregua durata comunque soltanto una notte, poiché gli accordi imposti con la forza e la minaccia tendono a non durare nel tempo.
E mentre le istituzioni giocavano a fare la guerra a 300 rifugiati, il centrodestra in Consiglio regionale, nello stesso giorno dello sgombero dei profughi, non ha trovato di meglio che approvare una legge regionale, composta da soli sei articoli, il cui unico scopo è quello di assecondare la campagna leghista contro le rivendite di kebab, considerate nemiche perché gestite in prevalenza da immigrati. Cioè, la medesima futile e misera ragione che aveva giù motivato le legge regionale contro i phone center.
E pur di farlo, non potendo ovviamente scrivere una legge speciale sulle sole kebaberie, hanno penalizzato anche le gelaterie, le rosticcerie e le rivendite di pizze al trancio, nonché contraddetto la legge n. 248/2006 (“decreto Bersani”). E così, tutte quelle imprese artigiane non potranno più mettere nemmeno una sedia davanti al negozio, né vendere bibite senza DIAP e dovranno chiudere entro l’una di notte, pena multe e chiusure forzate.
A tutto questo va aggiunta, inoltre, la norma regionale, inserita nella legge urbanistica il 3 marzo scorso, sempre su pressione della Lega, che dà ai Sindaci il potere discrezionale di vietare qualsiasi attività, qualora venga considerata “suscettibile di determinare situazioni di disagio a motivo della frequentazione costante e prolungata dei luoghi”. Cioè, anche qui, non solo le kebaberie, ma qualsiasi cosa.
Insomma, dei cassaintegrati e dei precari licenziati si parla sempre di meno, ma in cambio le istituzioni si scagliano, armati dei loro poteri e dei loro proclami, contro profughi africani, kebab e gelati. Sarà un caso?
Meno male che ieri c’è stato il bel 25 aprile, almeno abbiamo respirato un po’, nonostante le presenze indesiderate, e per un giorno abbiamo potuto far finta di non vivere in una città dove il ridicolo e lo squallido stanno diventando pubbliche virtù.
qui sotto puoi scaricare il testo integrale della legge regionale anti-kebab-gelati-eccetera
La sospensione permanente della libertà di manifestare in alcuni luoghi pubblici di Milano, tra cui piazza Duomo e Palazzo Marino, annunciata da Moratti, De Corato e Prefetto, è illegale e non sarà, da parte nostra, né condivisa, né rispettata. Anzi, qualora sciaguratamente il centrodestra dovesse davvero imporre tali divieti incostituzionali, inviteremo i cittadini alla disobbedienza.
Il tentativo di imbavagliare i cittadini, specie quelli che non la pensano come il centrodestra, si basa formalmente sulla direttiva del Ministro Maroni del 23 gennaio scorso, la quale rappresenta un autentico capolavoro di acrobazia giuridica. Infatti, essa tenta surrettiziamente di modificare le prescrizioni dell’articolo 17 della Costituzione e le stesse norme di legge in materia (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), che prevedono il divieto di manifestare unicamente per “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.
È questo palese carattere anticostituzionale che spiega il tentativo del centrodestra di coinvolgere nella decisione anche le forze politiche e sociali estranee alla maggioranza di governo, che così fornirebbero legittimità a un provvedimento illegittimo. Purtroppo a Roma il Pd e i sindacati confederali avevano collaborato e il prezzo l’hanno pagato poi gli studenti della Sapienza, a suon di manganelli. Auspichiamo pertanto che a Milano non si voglia ripetere questo madornale errore.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo integrale della Direttiva Maroni sulle manifestazioni
Confesso, questo post lo scrivo malvolentieri, un po’ perché questo blog ha sempre cercato di tenersi lontano da quelle che vengono percepite da tanti e tante (a torto?) come semplici “beghe” di palazzo o di partito, un po’ perché non c’è nulla di edificante da raccontare. Infatti, non ne volevo scrivere.
Ma poi il fatto, cioè la fuoriuscita dal gruppo consiliare regionale di Rifondazione di Agostinelli e Squassina e la conseguente formazione di un ulteriore gruppo, diventa pubblico, com’è successo ieri con l’intervista di Mario Agostinelli sul giornale on-line www.affaritaliani.it (riproduciamo per correttezza l’intervista, nonché la mia successiva dichiarazione, in fondo a questo post). E, giustamente, qualche amico, compagno o elettore ti chiede che cavolo sta succedendo. Allora ti rendi conto che il silenzio, sebbene ispirato a buoni propositi, non è praticabile. Anzi, è proprio sbagliato, anche perché se siedi in Consiglio regionale è perché qualcuno ha votato una determinata lista, in questo caso quella di Rifondazione del 2005, ed espresso una determinata preferenza. Insomma, questo post, in fondo, è un atto dovuto.
IL FATTO. Lunedì 11 maggio l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale ha preso atto, mediante propria deliberazione, della costituzione di un nuovo gruppo, denominato “Unione per Unaltralombardia” e composto da Mario Agostinelli (capogruppo), Osvaldo Squassina e Giuseppe Civati.
Con la fuoriuscita dal gruppo di Rifondazione di Agostinelli (già capogruppo indipendente Prc) e Squassina, il gruppo ”Rifondazione Comunista – Sinistra Europea” rimane dunque composto dal solo sottoscritto, che per matematica ne diventa quindi anche il nuovo capogruppo.
Nulla cambierà invece nel Partito Democratico, poiché l’adesione al nuovo gruppo da parte di Civati, proveniente appunto dal Pd, è soltanto temporanea ed egli ritornerà al Pd al più presto, come ha chiarito il capogruppo del Pd in Consiglio, Carlo Porcari, con le seguenti parole consegnate all’Ansa ieri: “Civati è e rimane del Pd, ma il cui appoggio consente alla nuova formazione di avere una propria rappresentanza nell'aula del Consiglio”.
Infatti, va ricordato che il Regolamento del Consiglio regionale prevede che per poter formare un nuovo gruppo bisogna essere almeno in tre, salvo nel caso in cui il/i consigliere/i siano espressione di una lista che ha ottenuto la legittimazione del voto popolare.
A sinistra del Pd il panorama si “arricchisce” dunque di un ulteriore gruppo. Cioè, per fare l’elenco aggiornato: Prc, Sd, Verdi, Comunisti Italiani e Unione per Unaltralombardia. A questo potrebbe essere aggiunta l’Italia dei Valori, ma non mi pare possa essere definita una forza di sinistra.
LA PREISTORIA. Il gruppo consiliare regionale ”Rifondazione Comunista – Sinistra Europea” era stato costituito all’inizio della Legislatura (2005) dai tre consiglieri eletti sulle liste di Rifondazione (Squassina a Brescia, Agostinelli e Muhlbauer a Milano). Capogruppo era stato nominato, su indicazione del partito, l’indipendente Agostinelli. In tutti questi anni, la diversità tra noi tre non è mai diventato un problema politico, anzi, è stato di fatto un punto di forza del gruppo. Così come non si sono mai registrate divergenze significative, a parte le solite discussioni che si producono in ogni gruppo umano, sul modo e sul merito del fare opposizione al sistema di potere di Formigoni.
Ma poi, in questo 2009, è successo che Rifondazione ha vissuto la scissione di una parte dell’area congressuale che faceva riferimento a Niki Vendola. Osvaldo Squassina, da subito, aveva scelto di stare con quel percorso, che poi avrebbe portato alla lista “Sinistra e Libertà”. E quindi, da tempo, egli, pur non abbandonando il gruppo di Rifondazione, faceva attività a favore di quella lista e dichiarava di non rappresentare più il Prc.
Una situazione che con il tempo si faceva complicata, a tratti schizofrenica, visto che nel frattempo si è aggiunta la partecipazione di Agostinelli, in quanto capogruppo di Rifondazione, a qualche iniziativa promozionale di “Sinistra e Libertà”. Di fronte a questa confusione galoppante, il Congresso regionale del Prc, svoltosi il 22 marzo scorso, ha chiesto formalmente quello che in realtà è normale per qualsiasi formazione politica: cioè, che i consiglieri regionali del gruppo di Rifondazione, data anche la loro visibilità pubblica, non facessero campagna elettorale per altre liste, oggettivamente in competizione con quella del partito di riferimento.
Questa richiesta era stata però ritenuta irricevibile e pertanto si è arrivati alla scelta da parte di Mario e Osvaldo di abbandonare il gruppo.
UN COMMENTO. Ed è la parte più breve, perché penso che chi legge, se ha avuto la pazienza di arrivare fino a questo punto, è perfettamente in grado di farsi un’idea di quello che è successo. E poi, di ulteriori polemiche a sinistra non si sente proprio il bisogno. Anzi, forse è proprio la troppa autoreferenzialità che rende così terribilmente faticoso individuare una via d’uscita dal disastro in cui tutte le sinistre sono precipitate.
Tuttavia una cosa va detta, per onestà. Sento un dispiacere personale, oltre che politico, per la scelta di Mario e Osvaldo e posso anche capire le loro motivazioni, ma non capisco il senso dell’operazione. Cioè, a un anno soltanto dalle elezioni regionali, dove si porrà a tutti quanti il problema di costruire una proposta credibile, autonoma e aperta della sinistra, provocare un’ulteriore divisione, senza peraltro riaggregare nulla, è un grave errore politico. E che tutto questo avvenga nella separatezza del “palazzo” non rende certo più comprensibile il tutto.
Qui di seguito l’intervista di Agostinelli rilasciata a Affaritaliani.it e poi il mio intervento, così come sono stati pubblicati dal giornale on-line:
Regione Lombardia/ Mario Agostinelli (Prc) ad Affaritaliani.it: "Esco da Rifondazione per dare vita a Unione per un'altra Lombardia"
Mercoledì 13.05.2009 15:56
Il consiglio regionale si arricchisce di un altro gruppo. Si chiamerà Unione per un'altra Lombardia nel quale confluiranno i vendoliani che si staccheranno da Rifondazione comunista. Ad annunciare la scissione ad Affaritaliani.it è proprio l'ex capogruppo del Prc al Pirellone Mario Agostinelli che da qualche tempo non è "più in sintonia con la politica del partito. Per questo – spiega - ho chiesto alla presidenza del consiglio regionale di permettere, nella fase in cui il gruppo del Prc composto da tre persone si divide, di mantenere la rappresentanza sia del Prc che dell'area più vicina a Vendola dentro il consiglio, per impedire che vadano entrambe nel gruppo misto". Com'è avvenuto questo passaggio? "Giuseppe Civati del Pd si rende disponibile ad assicurare questo diritto di tribuna: nel tempo tecnico necessario al consiglio per espletare questa transizione farà parte, tecnicamente e non politicamente, di Unione per un'altra Lombardia e subito dopo tornerà nei Democratici. Un gesto che apprezzo e che garantisce il pluralismo"
Anche Rifondazione comunista regionale di divide…
“Sì. Per compiere questo atto di pluralismo ho chiesto alla presidenza del consiglio regionale di permettere, nella fase in cui il gruppo del Prc (composto da tre persone) si divide, di mantenere la rappresentanza sia del Prc che dell'area più vicina a Vendola dentro il consiglio, per impedire che vadano entrambe nel gruppo misto".
Com'è avvenuto questo passaggio?
"Giuseppe Civati del Pd, con l’avallo del suo capogruppo Porcari, si è reso disponibile ad assicurare questo diritto di tribuna: nel tempo tecnico necessario al consiglio per espletare questa transizione farà parte da oggi in poi, tecnicamente e non politicamente, di Unione per un'altra Lombardia e subito dopo tornerà nei Democratici. Un gesto che apprezzo e che garantisce il pluralismo”
Una sorta di garanzia di pluralismo...
"Certamente. Il problema è proprio il diritto di tribuna. E' un vantaggio per tutti. Nessuno ha abiurato. Io ho fatto questo per coerenza, visto che potevo rimanere capogruppo del Prc pur essendo oggi non in consonanza con le scelte del partito. Quindi è un atto che tutti hanno apprezzato. Ma vorrei aggiungere una cosa..."
Dica...
"In molti stanno trascurando che se questo passaggio non fosse possibile dovremmo cacciare cinque dipendenti. Da parte mia mi prendo tutte le responsabilità di una procedura contemplata e corretta che salva il pluralismo politico. Sono fiero di fare questa cosa perché non caccio Rifondazione dal consiglio e salvo 5 posti di lavoro".
Daniele Riosa
Lombardia/ Luciano Muhlbauer (Prc) ad Affaritaliani.it: "Agostinelli? Ha commesso un grave errore politico"
Giovedì 14.05.2009 12:19
Volano gli stracci a sinistra. Luciano Muhlbauer, capogruppo del Prc-Se in Regione, con una nota inviata ad Affaritaliani.it, attacca Mario Agostinelli che, sempre ad Affari, ha annunciato la sua fuoriuscita dal partito e la creazione di un nuovo gruppo consigliare in Regione di ispirazione vendoliana che si chiamerà Unione per un'altra Lombardia
"Con dispiacere - spiega Muhlbauer - abbiamo dovuto prendere atto della decisione di Mario Agostinelli e Osvaldo Squassina di fuoriuscire dal Gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista. Una decisione sicuramente comprensibile e persino ovvia, alla luce della scelta di sostenere la lista "Sinistra e Libertà" alle Europee, ma che non possiamo non considerare un grande errore politico, poiché il suo unico effetto concreto è quello di aumentare la frammentazione delle sinistre in Consiglio regionale. Siamo tuttavia delle persone ostinate e pertanto continueremo a lavorare perché le elezioni regionali del 2010 vedano la presenza di una coalizione di sinistra credibile, aperta, autonoma e alternativa al regime formigoniano, auspicando di ritrovare su questa strada anche Agostinelli e Squassina. Dobbiamo tuttavia rettificare in un solo punto le dichiarazioni di Agostinelli rilasciate ad Affaritaliani. Cioè, l'esistenza autonoma di Rifondazione Comunista in Consiglio non è mai stata in discussione, perché gli unici che possono "cacciare" il Prc, o qualsiasi altra forza politica legittimamente rappresentata, sono gli elettori lombardi. Infatti - conclude il capogruppo del Prc - le norme e le regole del Consiglio regionale prevedono in ogni caso la rappresentanza autonoma di una forza politica, purché questa sia espressione diretta del voto popolare. Altre regole, più restrittive, valgono invece nel caso della formazione di nuovi gruppi, non espressione del corpo elettorale”.
Caro Ivan, la vita ha deciso che dovevi fermarti qui. Quando me l’hanno detto ci sono rimasto malissimo. Non ci siamo mai frequentati, forse perché apparteniamo a generazioni diverse, eppure ci sei sempre stato con me. Per me eri e rimani quello del canto O cara moglie, il poeta che sapeva tradurre in parole e musica l’asprezza della lotta e la bellezza e l’intensità della speranza. E non è poco, anzi è tantissimo. Per questo ti ringrazio e continuerò a tenerti con me, nella memoria e nel cuore. Ciao Ivan!
Luciano Muhlbauer
Le esequie di Ivan Della Mea si svolgeranno martedì 16 giugno, alle ore 11.00, all'ARCI Corvetto, via Oglio 21, a Milano.
Con sconcerto abbiamo ascoltato ieri sera le parole del capogruppo regionale del Pd, Carlo Porcari, che dai microfoni dell’emittente milanese Radio Popolare ha chiesto la modifica della legge elettorale lombarda e l’introduzione di una soglia di sbarramento “del tre, quattro o cinque per cento”, in vista delle elezioni regionali che si terranno il 29 marzo 2010.
Ma come, non ci sono proposte ufficiali del centrodestra sul tavolo e non è nemmeno ancora programmata una seduta di commissione sull’argomento, e Porcari chiede a gran voce un accordo con la maggioranza formigoniana per cambiare le regole del gioco a pochi mesi dalle elezioni?
E lo sconcerto aumenta ancora, quando consideriamo le motivazioni avanzate. Infatti, Porcari non si richiama agli argomenti classici in materia (la garanzia di maggior governabilità è un problema che in Lombardia proprio non esiste), bensì alla necessità di riscrivere manu militari la geografia politica alla sinistra del Pd.
Il problema sarebbe, cioè, che in Consiglio Regionale a sinistra esistono “cinque gruppi per sei consiglieri”. A parte il fatto che i consiglieri in questione sono otto, Porcari “dimentica” che i gruppi usciti dalle ultime elezioni regionali erano soltanto tre - Prc, Verdi, Comunisti italiani - e che la successiva proliferazione è stata il prodotto di divisioni avvenute nel palazzo, senza che la legge elettorale c’entrasse alcunché.
Infatti, gli ulteriori due gruppi, Sinistra Democratica (Sd) e Unione per Unaltralombardia (Ual), sono nati, il primo, in dissenso con la scelta dei Ds di dare vita al Pd; il secondo, in conseguenza della scissione dentro Rifondazione. E qui Porcari “dimentica” anche la cosa più importante: cioè che l’Ual ha potuto nascere, poco più di un mese fa, grazie all’appoggio “tecnico” del Pd, che ha prestato alla nuova formazione il consigliere Civati, dato che il regolamento prevede un minimo di tre consiglieri per poter costituire un Gruppo Consiliare con tutte le prerogative connesse. E, per l’ occasione, Porcari non solo non si era opposto alla nascita del nuovo gruppo, ma aveva pubblicamente rivendicato la giustezza dell’appoggio fattivo fornito dal Pd all’operazione.
Detto questo, per rispetto della trasparenza politica dovuta ai cittadini e non certo per polemica, riteniamo necessario che il Pd chiarisca se le parole di Porcari rispecchiano l’orientamento del Gruppo o se siamo di fronte a una leggerezza dovuta alla calura estiva.
C’è infatti una questione dirimente da chiarire. E cioè: si pensa, come facciamo noi, che l’avversario stia a destra, e che dunque vi sia la necessità per le opposizioni lombarde di definire una proposta politica e uno schieramento alternativi al prolungato regime formigoniano, oppure il Pd pensa di riproporre lo schema veltroniano del dialogo con Formigoni e della rovinosa illusione dell’autosufficienza che, in ultima analisi, ha rafforzato le destre indebolendo non solo le sinistre, ma lo stesso Partito democratico?
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Milano si sta trasformando nella capitale dell’ipocrisia e mezzo mondo proclama felice di volerla seguire. C'è persino un consigliere regionale, Quadrini dell'Udc, che vorrebbe una legge regionale. Davvero impressionante come tutti quanti facciano finta di non sapere che il divieto introdotto dalla Moratti esista nel nostro paese già da tempo e pure con sanzioni più gravi.
Infatti, l’articolo 689 del codice penale punisce con l’arresto fino a un anno l’esercente che somministri bevande alcoliche a un minore di 16 anni. Esisteva ieri, esiste oggi ed esisterà domani.
Ma a Milano la politica dei divieti e delle proibizioni sta diventando una triste moda, anzi, sembra il leitmotiv di un’amministrazione ormai priva di idee e progetti per la città. E non importa nemmeno se i divieti sono inutili, inapplicabili e inapplicati.
Si sa, la memoria è corta, e così nessuno si ricorda più dell’imbroglio delle sei ordinanze-divieti del novembre scorso, con i quali vennero vietati e sanzionati comportamenti come fumarsi uno spinello in un luogo pubblico oppure “consumare nonché detenere (a scopo di verosimile immediato consumo) ogni genere di bevanda alcolica e superalcolica in contenitori di vetro o in latta” (non stiamo scherzando, è una citazione testuale).
A qualcuno risulta che qualcuno sia stato multato con 500 euro perché ha fumato uno spinello al parco oppure perché deteneva una lattina di birra? Ovviamente no, salvo forse qualche sfortunato incappato in una pattuglia di poliziotti locali che non sapevano che fare del loro tempo.
Insomma, l’ipocrisia al potere. Ci sarebbe da ridere, se non fosse che questa ondata di divieti, di cui non si intravede la fine, produce danni profondi nel tessuto della nostra città, specie nel rapporto con i giovani, ormai trattati come sorvegliati speciali e non come persone degne di attenzione.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Esprimiamo la nostra solidarietà ai militari della caserma “Santa Barbara”, oggetto dell’attentato di questa mattina.
Che si tratti di un’azione isolata e che l’imperizia dell’attentatore abbia evitato fortunatamente un bagno di sangue, come farebbero intendere i primi rilievi, non rende meno grave l’accaduto.
È un segnale d’allarme che deve far riflettere e agire, da una parte rafforzando le azioni d’intelligence e, dall’altra, evitando di mischiare l’attentato con le polemiche sulle moschee. Le azioni di intelligence, infatti, sono le uniche ad aver prodotto in questi anni risultati seri e tangibili, mentre le polemiche sulle moschee rischiano soltanto di alimentare le fila dei predicatori d’odio.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Questa mattina negli uffici del Consiglio Regionale abbiamo incontrato Betty Matamoros Flores, rappresentante del Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato dell’Honduras, l’ampio cartello delle forze sociali e politiche del paese centroamericano in lotta contro il colpo di Stato del 28 giugno, che aveva deposto il Presidente democraticamente eletto, Manuel Zelaya.
Betty Matamoros, impegnata in un viaggio nei paesi dell’Unione Europea, ha già incontrato a Ginevra, l’8 ottobre scorso, l’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’Onu. In questa settimana ha realizzato una serie di iniziative a Milano, Torino e Rovato, organizzate da Associazione Italia-Nicaragua, Collettivo Italia-Centroamerica, Cs Cantiere e Selvas.org.
Qui di seguito il comunicato stampa che abbiamo fatto dopo l’incontro con Betty:
HONDURAS: ITALIA E LOMBARDIA USINO ANCHE L’ARMA COMMERCIALE CONTRO I GOLPISTI
Abbiamo ribadito alla Sig.ra Matamoros la nostra completa solidarietà con i movimenti e le forze sociali e politiche che in Honduras si battono per liberare il paese dai golpisti, per ristabilire il quadro democratico e per la punizione dei responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani.
Riteniamo che l’Italia e l’Europa, e la stessa Regione Lombardia, debbano usare parole e atti chiari e inequivocabili nei confronti del governo golpista di Micheletti, che in nessun caso e in nessuna forma deve poter trovare legittimazione internazionale e impunità. Questo significa ricorrere a tutti gli strumenti possibili, comprese le pressioni economiche e commerciali, per nulla indifferenti, considerato che la famiglia Micheletti è anche direttamente rappresentata nel direttivo della Camera di Commercio italo-honduregna.
Se i golpisti riuscissero a farla franca e ad imporre anche solo parzialmente i loro obiettivi, questo non avrebbe conseguenze negative soltanto per il popolo honduregno, bensì per l’intero continente. Va infatti rammentato, sempre, che la stagione democratica in America Latina, seguita alla fuoriuscita dalle dittature militari, è ancora giovane e fragile. Ogni ritorno al passato, in qualsiasi luogo del continente avvenga, equivarrebbe quindi a un via libera per le forze antidemocratiche di tutti i paesi latinoamericani.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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