Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L’Assessore Colozzi ha risposto alla nostra interpellanza del 18 maggio scorso relativa al concorso interno all’amministrazione regionale, finalizzato a selezionare 10 (dieci) dipendenti inquadrati nella categoria C che passeranno alla categoria professionale superiore, cioè la D. La stranezza che aveva motivato la nostra interpellanza consisteva essenzialmente nel fatto che con la prima prova d’esame, de facto una sorta di preselezione, sono stati bocciati 257 candidati su 268. In altre parole, a sostenere la prova d’esame vera e propria rimangono soltanto 11 candidati per 10 posti…
Ebbene, l’Assessore Colozzi ora ci risponde che è tutto regolare e che non c’è nessun problema. Non c’era da aspettarsi nulla di diverso, ovviamente, considerato che l’Amministrazione regionale di solito tende a non rispettare nemmeno le sentenze della magistratura, amministrativa o ordinaria che sia, a lei sfavorevole (vedi, per esempio, il caso del concorso per dirigenti).
Tuttavia, a leggere bene la risposta alla nostra interpellanza, salta agli occhi l’argomentazione debole e a tratti grottesca. Anzitutto, l’Assessore dedica addirittura due paragrafi alla negazione dell’esistenza di una preselezione. Beninteso, lo sapevamo anche noi che la prima prova d’esame non si configurasse come una preselezione in senso formale e tecnico, ma noi avevamo posto un problema sostanziale.
In secondo luogo, l’Assessore sfida persino il ridicolo quando scrive che “il numero di candidati ammessi al colloquio, comunque superiore a quello dei posti da coprire, appare congruo ed è la risultante della prima prova d’esame e dell’applicazione dei criteri descritti che risultano parimenti congrui”. Certo che è “superiore”, perché 11 è più di 10, ma definirlo “congruo” è perlomeno un azzardo, se non una presa per i fondelli.
Qui sotto puoi scaricare il testo integrale della risposta all’interpellanza:
Che la Giunta Formigoni fosse poco rispettosa delle pronunce della magistratura lo sapevamo già, ma che addirittura provasse ad annullare una sentenza del Consiglio di Stato per mezzo di una legge retroattiva, non l’avevamo ancora visto.
Perché oggi pomeriggio, in Commissione II (Affari Istituzionali), è successo proprio questo. A pochi minuti dal voto finale sull’Assestamento di bilancio 2009, che andrà in aula nell’ultima settimana di luglio, come il classico coniglio dal cilindro è saltato fuori un emendamento che con il bilancio non c’entra nulla, e che interviene su una vicenda che riguarda una trentina di alti funzionari dell’Amministrazione regionale, assunti nel 2006 in base a un concorso illegittimo.
Questi dirigenti sono tuttora in servizio e appongono la loro firma su atti amministrativi di primaria importanza nonostante il Consiglio di Stato, respingendo tre mesi fa un ricorso di Regione Lombardia, abbia confermato la sentenza di primo grado già emessa dal TAR nel 2008, in cui il concorso e le conseguenti assunzioni erano state dichiarati illegittimi.
La ragione dell’illegittimità sta nel fatto che il bando non era stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, ma soltanto sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia, precludendo così la partecipazione ai cittadini italiani che in quel momento si trovassero in un’altra regione del paese.
Ebbene, mediante l’emendamento presentato oggi si modifica la legge regionale n. 20/2008 (Testo unico sul personale), introducendo il principio che d’ora in poi i bandi di concorso devono essere pubblicati soltanto sul bollettino regionale e, soprattutto, che questa nuova norma ha valenza retroattiva. Cioè, come per magia, il concorso illegittimo diventa legittimo e la condanna della magistratura amministrativa si trasforma in un’assoluzione.
Un emendamento talmente ardito e disinvolto da suscitare perplessità persino tra gli stessi commissari del centrodestra, dopo il nostro intervento. Quindi, su richiesta dell’opposizione e con una decisione unanime, la Commissione ha incaricato l’ufficio legale del Consiglio regionale di fornire un parere legale prima della discussione in aula.
Chiediamo alla Giunta regionale di ritirare immediatamente l’emendamento salva-dirigenti e di sanare la situazione nel quadro della legalità, adeguandosi dunque alla sentenza della magistratura amministrativa.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo dell’emendamento votato oggi in Commissione II
C’era una volta la legge regionale n. 38 del 1981, una sconosciuta per la quasi totalità dei cittadini lombardi, ma non così per migliaia di lavoratori dipendenti dell’amministrazione regionale, poiché essa garantiva loro una “indennità di anzianità” che veniva corrisposta al momento della cessazione del rapporto di lavoro, in quanto integrazione regionale alla liquidazione erogata dall’Inpdap (l’istituto previdenziale della pubblica amministrazione, cioè l’Inps dei pubblici dipendenti).
A questo punto, ne siamo consapevoli, quanti non sono lavoratori dipendenti di Regione Lombardia saranno fortemente tentati di abbandonare la lettura di questo testo. Invece, se avete un po’ di tempo e voglia, continuate lo stesso, perché questa storia, alla pari di altre, è paradigmatica di come funzionino le cose nell’amministrazione governata da ormai 15 anni da Roberto Formigoni.
Ebbene, per tornare al nostro argomento, le norme che regolavano quella “indennità” avevano per definizione una natura transitoria, visto che erano finalizzate alla “omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale” in attesa che lo Stato definisse sul piano nazionale la disciplina del trattamento di fine rapporto (Tfr) per i pubblici dipendenti. E quindi, a partire dal 30 maggio 2000, con l’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20/12/1999, la Regione –Giunta e Consiglio- pose fine a quella indennità.
In seguito, questo nuovo stato di cose sarebbe stato formalizzato con l’abrogazione degli articoli 16, 17 e 18 della l.r. n. 38/81, come stabilito dall’articolo 92 della l.r. n. 20/2008 (ex l.r. n. 19/2004).
Fin qui tutto bene e regolare, ma c’è un piccolo particolare che aveva fatto infuriare i dipendenti regionali e portato a un gran numero di contenziosi legali. Cioè, l’amministrazione formigoniana, tanto per non smentirsi mai, ha dato un’interpretazione un po’ troppo creativa della legge, per usare un eufemismo, interrompendo non soltanto l’ulteriore maturazione dell’indennità, come norma e logica vorrebbero, bensì l’erogazione tout court. In altre parole, i dipendenti andati in pensione dopo la fatidica data del 30 maggio 2000, anche se avevano già maturato molti anni di trattamento previdenziale integrativo, non ricevevano nemmeno un euro e le relative quantità economiche accantonate rimanevano dunque nelle casse della Regione.
Ne seguirono, appunto, numerosi ricorsi da parte di neopensionati che chiedevano che venisse loro corrisposto quanto maturato fino al 30 maggio 2000. Alcuni persero, perché la causa era impostata male, ma la maggior parte trovava ascolto dai giudici. Poi, un caso arrivò fino in Corte di Cassazione, visto che la Regione preferisce sperperare risorse pubbliche nei contenziosi legali, piuttosto che riconoscere di avere torto marcio.
E la Cassazione, con sentenza n. 18501 del 4 luglio 2008, ha chiarito una volta per tutte la questione: cioè, l’indennità in questione ha natura retributiva, l’abrogazione della precedente normativa “non produce effetto retroattivo, ma trova applicazione soltanto per l’avvenire (per il periodo successivo, cioè, al 30 maggio 2000)” e, pertanto, la Regione deve corrispondere quanto maturato fino al 2000.
Con questa sentenza, arrivata dopo otto anni di rifiuto ostinato della Regione di applicare la legge, si è aperta ovviamente una nuova fase, che ci porta diritto all’oggi. Cioè, alla norma pasticcio inserita nell’Assestamento di bilancio 2009, che sarà discusso in Consiglio regionale nei giorni 28-30 luglio. Ma andiamo con ordine.
Il 12 giugno scorso la Giunta regionale e la maggioranza delle rappresentanze sindacali, ad esclusione dei delegati di SdL intercategoriale e Slai-Cobas, hanno firmato un accordo sulle modalità di riconoscimento dell’indennità ex l.r. 38/81. Lo stesso accordo, con gli stessi firmatari sindacali, è stato poi siglato anche in Consiglio il 18 giugno. Nessuna consultazione dei lavoratori sull’accordo è stata effettuata. Infine, il 1° luglio il contenuto dell’accordo era già stato tradotto in una proposta di modifica di legge (art. 7, comma 24 del Pdl n. 398 “Assestamento al bilancio”) che qui di seguito riportiamo integralmente:
24. Alla legge regionale 7 luglio 2008 , n. 20 ”Testo unico delle leggi regionali in materia di organizzazione e personale” è apportata la seguente modificazione:
a) All’art. 92, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente comma:
“1 bis. L’indennità di cui al comma 1 e’ erogata, prima della cessazione del rapporto di lavoro, su richiesta dell’interessato, ai dipendenti di ruolo della Regione Lombardia che, alla data del 30 maggio 2000, avevano maturato almeno un anno di servizio, non risultano collocati a riposo ancorché siano stati trasferiti ad altri enti. La somma erogata, a soddisfazione integrale del diritto, è pari al settantacinque per cento della differenza tra un dodicesimo e un quindicesimo dell’ottanta per cento della retribuzione annua lorda alla data del 30 maggio 2000 moltiplicata per il numero di anni utili ai fini dell’indennità di premio di servizio con termine al 30 maggio 2000. All’onere si provvede con gli stanziamenti previsti all’UPB 7.2.0.1.174 “Risorse Umane” del bilancio di previsione 2009 e bilancio pluriennale 2009-2011.”
Ma, ovviamente, soltanto gli addetti ai lavori avranno capito qualcosa. Ecco dunque la traduzione della soluzione prospettata dal governo regionale:
1. a tutti i dipendenti in servizio, anche se nel frattempo trasferiti ad altri enti, che alla data del 30 maggio 2000 avevano almeno un anno di anzianità è riconosciuto il 75% della somma maturata fino al 30/05/2000 e l’erogazione sarà immediata, ma su richiesta dell’interessato;
2. l’accettazione volontaria del 75% subito estingue ogni debito della Regione nei confronti del lavoratore;
3. tutti coloro che sono andati in pensione tra il 31 maggio 2000 e l’entrata in vigore della nuova norma non sono contemplati e finiscono dunque nell’incertezza giuridica.
In Commissione II (Affari Istituzionali), competente per l’argomento, abbiamo sollevato dubbi sostanziali sulla correttezza della norma e chiesto delle modifiche, in particolare sottolineando la stravaganza del principio che il 75% possa soddisfare integralmente il diritto al 100% e contestando l’esclusione dei pensionati dalla norma, peraltro in palese contrasto con la sentenza della Cassazione.
Non che ci fossero molti spazi di discussione in Commissione, come peraltro accade sempre quando l’ordine dal Pirellone ha carattere tassativo. Anzi, è stata respinta in maniera irrituale anche la nostra richiesta di procedere all’audizione delle parti sindacali, sia firmatarie che non dell’accordo, e le informazioni aggiuntive richieste sono ad oggi arrivate soltanto dal Consiglio, ma non dalla Giunta, dalla quale dipende la stragrande maggioranza degli aventi diritto.
Comunque sia, di fronte alla nostra insistenza, i dirigenti delle amministrazioni del Consiglio e della Giunta presenti in Commissione hanno dovuto infine ammettere che effettivamente non si possono escludere coloro i quali hanno cessato il rapporto di lavoro dopo il 30 maggio 2000, ma che l’amministrazione intende procedere con “transazioni” extra-legge per soddisfare il diritto acquisito… Cioè, con una modalità priva di certezza, trasparenza e controllo.
Insomma, un grande pasticcio, dalla dubbia legittimità, a concreto rischio arbitrarietà e pieno di incertezze applicative.
In Aula presenteremo quindi alcuni emendamenti e ordini del giorno per garantire a tutti i dipendenti, in attività o collocati a riposo, il soddisfacimento del loro diritto. Anzitutto, ri-chiederemo che l’indennità maturata vada corrisposta al 100%. In secondo luogo, che il diritto dei pensionati dopo il 30 maggio 2000 (oltre 600) venga riconosciuto in legge e non con meccanismi arbitrari. E, infine, che venga garantita un’informazione completa anche ai dipendenti nel frattempo trasferiti ad altri enti (oltre 1.000).
qui sotto puoi scaricare le note delle amministrazioni di Giunta e Consiglio con le informazioni chieste da noi in Commissione
Una generosa sanatoria per una trentina di alti dirigenti regionali, il cui concorso era stato dichiarato illegittimo dal Tar e dal Consiglio di Stato, e pesci in faccia per i lavoratori dipendenti della Regione. Questa è la morale di due norme di legge contenute nelle pieghe della manovra di assestamento di bilancio, approvata ieri sera dalla maggioranza del Consiglio Regionale.
Due norme che riflettono un’unica filosofia: quella dei due pesi e delle due misure, a seconda della distanza gerarchica degli interessati dal vertice politico della Regione. Due norme che sono la conseguenza diretta di contenziosi legali persi dalla Giunta Formigoni, davanti alla magistratura amministrativa per quanto riguarda la prima, davanti alla magistratura ordinaria per quanto riguarda la seconda.
Peccato davvero che chi governa in Lombardia non ce la faccia proprio ad adeguarsi alle sentenze della magistratura, come invece devono fare i comuni mortali, ma che abbia scelto un’altra strada. Ne è scaturito un pasticcio normativo di dubbia moralità e legittimità.
E così, la vicenda dei dirigenti si è risolta con una norma di sanatoria non solo retroattiva, ma anche ad personam, nella misura in cui produce effetti concreti soltanto su quel singolo concorso. Si tratta, in altre parole, di una norma giuridicamente traballante, che mette a rischio la legittimità anche di tutti gli atti amministrativi firmati dai dirigenti in questione.
I dipendenti regionali, invece, hanno ricevuto un trattamento molto meno comprensivo. In questo caso si tratta dell’integrazione regionale alla liquidazione (ex-l.r. 38/81), che esisteva fino al 30 maggio 2000, quando entrò in vigore la nuova disciplina nazionale. A suo tempo, il governo regionale diede un’interpretazione assai stravagante della nuova situazione normativa, interpretandola retroattivamente.
Insomma, la Regione decise, in aperta violazione della legge, che quanti sarebbero andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 di tale integrazione non avrebbero ricevuto nemmeno un euro, con tanti saluti agli anni già maturati. Ne seguirono, ovviamente, centinaia di contenziosi legali, che infine approdarono in Corte di Cassazione, dove si chiarì una volta per tutte (sentenza del 4 luglio 2008) che la retroattività non era ammessa e che la Regione doveva erogare quanto maturato fino alla fatidica data del 2000.
A questo punto tutto doveva considerarsi risolto. Invece no! A distanza di un anno il governo regionale ha escogitato la seguente norma di legge: a tutti i dipendenti regionali in attività verrà erogato subito, previa richiesta individuale, solo il 75% di quanto maturato fino al 30 maggio 2000. E nemmeno una parola su quanti sono già in pensione o su che cosa accadrà a coloro i quali non firmeranno la richiesta “volontaria”.
Anzi, a peggiorare la situazione, nel frattempo diversi alti funzionari della Regione hanno provveduto a far circolare tra il personale la voce che chi non accetta il 75% adesso, il giorno in cui andrà in pensione dovrà fare causa alla Regione per avere quanto gli spetta in base alla legge e alla sentenza di Cassazione. Cioè, un ricatto bello e buono, che discrimina anzitutto quanti andranno in pensione nei prossimi anni.
Con due nostri emendamenti abbiamo proposto di fuoriuscire dall’incertezza e dalle ambiguità. Nulla da fare: respinti. Abbiamo poi chiesto almeno un atto formale che smentisse quelle voci: nessuna reazione, silenzio di tomba.
Ma che qualcosa non quadrasse in questa vicenda, in fondo l’ha dovuto riconoscere lo stesso Assessore Colozzi, accogliendo in Aula un nostro ordine del giorno che impegna la Regione a informare “adeguatamente e esaustivamente” sulla nuova normativa anche quanti già andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 (oltre 600), nonché tutti i lavoratori nel frattempo trasferiti ad altri enti (oltre 1.000).
Siamo francamente sconcertati dall’atteggiamento del centrodestra al governo in Regione Lombardia, che da una parte è disposto a fare carte false pur di non rifare un singolo concorso per dirigenti, mentre dall’altra non trova nulla di strano nel trattare come nemici i dipendenti che quotidianamente fanno funzionare l’istituzione. Quanto poi al rispetto della legalità, meglio lasciar perdere.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
in allegato puoi scaricare il nostro Ordine del giorno approvato dal Consiglio Regionale
Oggi abbiamo depositato un’interpellanza alla Giunta e inviato una richiesta di intervento alla Presidenza del Consiglio (puoi scaricare ambedue i testi in allegato in fondo a questo post) in relazione alla vicenda dell’indennità ex legge regionale 38/81 dei lavoratori dipendenti di Regione Lombardia.
Infatti, alla fine di luglio, nel quadro della manovra di assestamento di bilancio, la maggioranza ha fatto approvare una modifica di legge che dovrebbe porre fine all’allucinante vicenda che da anni contrappone in sede giudiziaria i dipendenti regionali andati in pensione all’Amministrazione regionale. Ma il condizionale è d’obbligo, poiché la soluzione adottata è irta di ostacoli e di tranelli, per usare un eufemismo, e occorre un urgente intervento chiarificatore per evitare che vengano esercitate pressioni indebite sul personale regionale e molti lavoratori subiscano un danno economico. Insomma, i nodi che avevamo segnalato a suo tempo stanno venendo al pettine.
Tralasciando qui la nostra critica di fondo rispetto al tipo di soluzione imposta, va anzitutto evidenziato che il diavolo non si nasconde tanto nella lettera della legge, quanto invece nell’interpretazione che ne verrà data nella fase applicativa. Nulla di nuovo, per carità, in fondo tutta la triste vicenda era nata non dalla norma in sé, bensì dall’interpretazione creativa e completamente illegittima datane dal governo regionale.
Ma partiamo dalla lettera della norma, così come modificata alla fine di luglio.
Anzitutto va sottolineato che l’emendamento voluto e fatto approvare dal governo regionale non ha abrogato in alcun modo la normativa preesistente, che rimane pertanto in vigore, ovviamente nella interpretazione data dalla sentenza della Corte di Cassazione del 2008. Cioè, a ogni dipendente regionale, al momento del suo collocamento a riposo, deve essere erogata l’indennità ex l.r. 38/81 nella quantità maturata fino al 30 maggio 2000.
La modifica di legge ha invece carattere integrativo, in quanto aggiunge una nuova possibilità per i dipendenti regionali di ruolo. Cioè, i dipendenti in servizio possono optare volontariamente per la possibilità di ottenere subito il 75% dell’indennità (nella quantità maturata fino al 30 maggio 2000) in cambio della rinuncia al 100% nel momento del pensionamento.
Insomma, il nuovo testo di legge consegna a ogni dipendente regionale in servizio, anche se nel frattempo trasferito ad altro ente, una libera scelta: o il 75% subito o il 100% quando vai in pensione.
Tutto semplice, si direbbe. Invece no! Infatti, tra il personale regionale prevale un clima di incertezza e preoccupazione, perché l’amministrazione non si è minimamente preoccupata di informare adeguatamente ed esaustivamente i lavoratori su quello che accadrà. E l’incertezza non è dovuta soltanto al silenzio informativo, ma anche a delle voci, messe in circolazione ad arte, anche da dirigenti, che annunciano sostanzialmente un ricatto: se non accetti il 75% subito, allora al momento della pensione dovrai fare causa alla Regione per avere quanto ti spetta.
Voci e interpretazioni palesemente contrarie alla legge e alla sentenza della Cassazione, ma che diventano credibili alla luce dei precedenti e del persistente silenzio ufficiale.
Ma non è soltanto questione di legalità, trasparenza e un minimo di decenza nel rapporto tra dirigenza e lavoratori, ma anche di soldi. Infatti, dal punto di vista del bilancio regionale è sicuramente vantaggioso erogare il 75% di quanto dovuto, invece del 100%, ma non lo è necessariamente per i dipendenti. In altre parole, il 75% subito può essere una soluzione interessante per quanti/e sono ancora lontani dalla pensione, considerato che verosimilmente hanno maturato pochi anni di indennità e che non c’è rivalutazione della somma, ma non lo è sicuramente per quanti/e andranno in pensione nei prossimi 10 anni circa, che con il 75% subirebbero un danno economico considerevole e certo. E vista l’aria che tira per i lavoratori in questo periodo, non ci sembra proprio il caso
Ecco perché abbiamo chiesto con la nostra interpellanza un urgente intervento da parte dell’Assessore competente, Colozzi, perché l’amministrazione comunichi ai dipendenti regionali in servizio chiaramente l’interpretazione corretta da dare alla norma, cioè che chiarisca una volta per tutte che la libertà di scelta è garantita e che nessuno e nessuna sarà costretto a spendere denaro e tempo per vedere rispettato un suo diritto, e che convochi tutte le rappresentanze sindacali, sia firmatarie che non firmatarie degli accordi, al fine di definire le procedure applicative atte a garantire trasparenza e rispetto della legalità. Inoltre, chiediamo che venga garantita la medesima informazione a tutti gli ex dipendenti regionali, andati in pensione dal giugno 2000 in poi, e a tutti i dipendenti nel frattempo trasferiti ad altri enti (oltre mille!), come peraltro stabilito dal nostro ordine del giorno approvato dal Consiglio.
qui sotto puoi scaricare l’interpellanza alla Giunta e la lettera alla Presidenza del Consiglio
Siamo garantisti e non amiamo le condanne preventive, ma riteniamo che l’azione di contrasto della presenza del crimine organizzato in Lombardia, specie ora che si avvicinano gli appalti di Expo 2015, sia questione troppo seria perché possa essere lasciato spazio a dubbi e zone d’ombra.
Con un’interpellanza depositata oggi in Consiglio regionale, chiediamo quindi al Presidente Formigoni di revocare con urgenza al generale Mario Mori e al colonnello Giuseppe De Donno l’incarico di componenti esterni nel “Comitato per la legalità e la trasparenza delle procedure regionali”, costituito il 6 agosto scorso su iniziativa dello stesso Presidente.
Il gen. Mori e il col. De Donno sono sotto inchiesta a Palermo e a Caltanissetta per fatti risalenti alla stagione stragista di Cosa Nostra, quando i due alti ufficiali dell’Arma svolgevano funzioni di direzione del Ros. I processi in corso diranno, alla fine, se le gravi e infamanti accuse che sono state mosse loro sono fondate, oppure frutto della fantasia di qualcuno.
Tuttavia, l’esistenza stessa di dubbi tanto gravi sul loro operato, con il conseguente rilievo mediatico, mettono concretamente a rischio la credibilità del Comitato nella sua delicata funzione di vigilanza.
Riteniamo pertanto urgente, opportuna e necessaria la ridefinizione della composizione del Comitato, sostituendo Mori e De Donno con due personalità indicate dalla Direzione distrettuale antimafia, al fine di garantire la necessaria credibilità e trasparenza all’azione di Regione Lombardia nel contrasto al crimine organizzato e al malaffare.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo originale dell’interpellanza
La vicenda dell’indennità ex-legge regionale n. 38/81 si sta trasformando in una truffa ai danni di una parte significativa di dipendenti ed ex-dipendenti della Regione Lombardia. Di questo si tratta ormai e francamente, dopo l’ennesima risposta evasiva e acrobazia istituzionale da parte dell’Assessore Colozzi nella question time di stamattina in Consiglio, occorre chiamare le cose con il loro nome. Anzi, bisogna gridarlo, così forse qualche Assessore si deciderà di querelarci e la vicenda finisce finalmente in tribunale.
Infatti, ormai le strade politiche ed istituzionali sembrano definitivamente ostruite, visto l’incredibile, ostinato e immorale atteggiamento da parte dell’Amministrazione regionale e dell’Assessore Colozzi.
Prima con un’interpellanza scritta (del 3 settembre) e poi con un’interrogazione a risposta immediata abbiamo semplicemente chiesto alla Giunta regionale di chiarire come verrà erogata l’indennità agli ex-dipendenti andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 e a quelli, attualmente in servizio, che non intendono aderire alla possibilità di chiedere l’erogazione anticipata nella misura del 75% del dovuto.
Una domanda semplice e la risposta dovrebbe essere dovuta, considerato che in Giunta i termini per presentare la domanda per l’anticipo scadano il 30 ottobre (in Consiglio sono già scaduti) e informalmente circola la voce ricattatoria (ahinoi sostenuta anche da alcuni funzionari sindacali) che dice più o meno così: “se non accetti il 75% subito, allora dopo devi fare causa alla Regione per avere il dovuto, con tutto ciò che questo comporta in termini di tempo e denaro”. Insomma, prendi il 75% oppure attaccati al tram…
Per una parte dei dipendenti, quelli con relativamente meno anzianità di servizio, questo non è un grande problema, poiché il 75% subito è effettivamente una scelta accettabile. Ma per tutta l’altra parte, quelli che erano andati in pensione dopo il 1 giugno 2000, vedendosi negato illegittimamente un diritto, oppure quelli che andranno in pensione nei prossimi anni, accettare oggi il 75% significherebbe un danno economico rilevante e la violazione di un diritto.
Ecco perché era ed è necessario fare chiarezza e garantire trasparenza. La legge è chiara a questo proposito (o il 75% subito o il 100% quando vai in pensione), ma non lo è la sua applicazione, evidentemente.
Il fatto che l’Assessore Colozzi abbia eluso la risposta a questa domanda nella sua risposta all’interpellanza, pervenuta soltanto il 15 ottobre scorso, e che stamattina in Aula consiliare abbia non solo replicato la non risposta, ma persino aggiunto una curiosa interpretazione retroattiva della norma del 75%, rende l’Assessore pienamente complice e corresponsabile di un’indebita pressione sui dipendenti regionali, che per molti di loro assomiglia a un’autentica truffa.
(Giusto per la cronaca: l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, al quale avevamo rivolto le medesime domanda all’inizio di settembre, non ci ha degnati nemmeno di mezza riga).
A che cosa porta questo clima di pressioni, di cose non dette e di altre cose dette soltanto informalmente (perché dirle formalmente non si può, essendo delle violazioni di legge) lo sappiamo tutti. Ma per capire la vera entità della porcata, basti ricordare che questo clima ricattatorio ha fatto sì che anche dei colleghi già andati in pensione hanno in queste settimane accettato di firmare per il 75% (anche se la norma di legge si riferisce esplicitamente al personale attualmente in servizio…), rinunciando dunque al 100% a loro dovuto, come ha confermato anche la sentenza della Corte di Cassazione del 2008.
Insomma, la stessa Amministrazione che tratta molto generosamente i suoi dirigenti, arrivando persino a varare delle leggi ad hoc, per i suoi dipendenti, invece, dopo decenni di servizio per la pubblica amministrazione, ha solo pesci in faccia e prese per i fondelli.
Qui sotto puoi scaricare:
- la risposta alla nostra interpellanza del 3 settembre
Sembra che Roberto Formigoni abbia scelto la strada dell’attacco preventivo alla magistratura. Infatti, l’odierno avviso di garanzia, in fondo una vicenda di poco conto dal punto di vista penale e che mette sotto accusa anzitutto l’inconsistenza della politica ambientale del Pirellone, non meritava certamente tutto questo can-can mediatico, scatenato dallo stesso Presidente.
E considerazioni simili valgono anche per l’eventuale avviso di garanzia per la vicenda della casa dello studente dell’Aquila, ancora inesistente, ma preannunciato dallo stesso Formigoni.
Insomma, quello che si teme al Pirellone non sono certo questi avvisi di garanzia, ma piuttosto che possano andare avanti, anche in campagna elettorale, altre inchieste, ben più importanti e pesanti.
Ci riferiamo in particolare a quelle che riguardano Grossi e Lady Abelli – che hanno già sfiorato due assessori regionali- e quelle che riguardano la sanità.
Insomma, è netta l’impressione che l’obiettivo vero degli odierni strali formigoniani siano le inchieste che non hanno ancora prodotto avvisi di garanzia per il Presidente o per il suo più stretto entourage.
Da parte nostra, pensiamo certamente che le battaglie politiche non si facciano con gli avvisi di garanzia, ma altresì che una campagna elettorale – o una carica elettiva - non possa rappresentare un ostacolo all’accertamento della verità.
In questo senso, riteniamo che le tutte le indagini in corso debbano proseguire senza condizionamenti e interruzioni.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
La manovra di bilancio 2010, in discussione oggi in Consiglio regionale, fotografa fedelmente l’esaurimento della spinta propulsiva del formigonismo. Un bilancio ordinario, come se niente fosse, e un’afonia impressionante di fronte alla crisi, proprio nel momento più pesante per le attività produttive e per l’occupazione nella nostra regione.
Servono a poco i giochi di prestigio del Presidente, che annuncia miracolosi fondi anticrisi con l’assemblaggio di varie voci di bilancio già esistenti e, soprattutto, degli stanziamenti statali ed europei per gli ammortizzatori sociali in deroga.
La realtà che emerge è invece un’altra: non c’è alcuna politica anticrisi, se non la distribuzione di ammortizzatori sociali, peraltro insufficienti per fare fronte alla crisi sociale. Più di mille parole, vale considerare la miseria stanziata per l’industria e per le piccole e medie imprese: 16 milioni di euro. Cioè, appena più di quello che costa la comunicazione del Presidente.
E, per di più, la stessa cifra del 2009, destinata soprattutto a quei bandi che quest’anno, secondo dichiarazioni dell’Assessorato competente, non sono stati nemmeno utilizzati del tutto dagli imprenditori.
Certo, poi ci sono quei 50 milioni di euro, messi sul tanto propagandato “Fondo per la ripresa economico sociale”. Una sorta di fondo “tutti frutti” a disposizione discrezionale del Presidente, il cui uso risulta tuttora misterioso e non dichiarato. Di sicuro non servirà per una strategia industriale, ma, nel migliore dei casi, come generico fondo emergenziale. O peggio, come fondo cassa per la campagna elettorale di Formigoni.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Ecco l’ultimo lancio dell’agenzia di stampa Ansa sull’argomento, delle ore 23.20:
(ANSA) - MILANO, 16 DIC - Una mazzetta per la promozione turistica della Lombardia in tv è costata cara a un assessore lombardo e a un editore milanese, che sono finiti in carcere questa sera. Il primo, per ironia della sorte, proprio mentre si trovava in diretta telefonica su un canale televisivo.
Il primo di cui si e' saputo, in serata, è stato l'assessore regionale allo Sport e Turismo della Regione Lombardia, Piergianni Prosperini, accusato di turbativa d'asta e corruzione nell'ambito di un'inchiesta dei pm milanesi Alfredo Robledo e Paolo Storari su una serie di appalti. Poco dopo si sono diffuse le prime notizie sul coinvolgimento di Raimondo Lagostena, il patron del gruppo Profit titolare dei marchi Odeon Tv e Telereporter. In carcere e' finto anche Massimo Saini, della Publicis, una societa' di consulenza di comunicazione.
L'inchiesta, condotta dai militari della Guardia di Finanza, riguarda presunte irregolarità sulla gara d'appalto 2008-2010 per la promozione in tv del turismo in Regione Lombardia. Al centro delle indagini c'e' una presunta tangente di circa 230 mila euro che sarebbe stata versata su conti correnti elvetici intestati a società fiduciarie riconducibili all'assessore Pier
Gianni Prosperini. Come precisa una nota della Gdf, i soldi riguardavano l'assegnazione dell'appalto di servizi del valore di 7,5 milioni di euro per la promozione turistica del
territorio lombardo.
L'operazione nasce da quella relativa alla cosiddetta 'Tangentopoli lariana' condotta dall'ex pm Francesco Prete, ora procuratore delle Repubblica di Vasto, che nel febbraio 2008
aveva portato agli arresti domiciliari il consigliere regionale lombardo di FI, Gianluca Rinaldin. Gli accertamenti condotti dalle fiamme gialle di Milano avevano già portato, quattro mesi dopo, alla notifica di avvisi di garanzia, anche a Prosperini.
Questo nuovo troncone di indagine riguarda l'appalto vinto con una gara ritenuta pilotata, che si e' svolta il 23 maggio 2007, e che riguarda il ''progetto di comunicazione per la
promozione del turismo nella Regione Lombardia'' vinta da Profit e Publicis, la società di comunicazione di Saini. Da quanto appurato, alcuni servizi e prestazioni per la promozione
turistica tramite anche spot in tv e iniziative alla Bit, la fiera che si svolge annualmente a Milano, non sarebbero mai avvenuti benche' fatturati alla Regione. Infatti, oltre alla
corruzione e alla turbativa d'asta, ai tre arrestati e' stata contestata anche la truffa aggravata ai danni di un ente pubblico. La tangente di 230 mila euro, secondo l'ordinanza del gip Ghinetti, che definisce Prosperini ''il dominus dell'attività promozionale regionale in cui spesso appariva personalmente'', sarebbe stata versata a quest'ultimo da
Lagostena estero su estero.
L'operazione delle fiamme gialle e' stata chiamata 'Attrazione fatale'', come il nome del portale di promozione turistica finito nella maglie dell'inchiesta.
Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, si è detto ''certo'' del fatto che Piergianni Prosperini ''saprà dimostrare la sua estraneità e la sua innocenza, di cui non ho
motivo di dubitare''.''E - aggiunge il governatore - confido che la giustizia, a cui va lasciato compiere il suo corso, saprà arrivare a conclusioni certe in un tempo molto rapido''.
Un momento paradossale si e' vissuto, proprio in tv, quando, con già nota la notizia dell'arresto dell'assessore lombardo, lo stesso esponente politico e' stato raggiunto al cellulare e ha parlato in diretta alla trasmissione tv 'Forte e chiaro' dell'emittente locale Antenna Tre. ''Mi stanno arrestando? Ci sono delle agenzie che lo dicono? - ha detto Prosperini, che era stato invitato in studio per partecipare a un dibattito - Scusa,
non posso parlare, ma ti posso dire che così non è''. Si è capito poi che si trovava nel suo ufficio già alla presenza dei finanzieri.
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