Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Venerdì e sabato sono due giorni di mobilitazioni. Potrebbero essere un segnale di ribellione civile, ma sta a noi scendere in strada e riempirle con i nostri corpi, la nostra rabbia e la nostra voglia di cambiare, contro una situazione sempre più insostenibile.
Gli appuntamenti da segnalare, a Milano, sono tre tra venerdì 12 e sabato 13 e riflettono bene qual è il problema nel nostro paese. Lavoro, scuola e democrazia sono i temi delle mobilitazioni, ma anche temi su cui il governo sta producendo una porcata dopo l’altra, spesso, come nel caso dell’aggiramento dell’articolo 18, grazie anche al silenzio prolungato dell’opposizione presente in Parlamento (Pd e IdV) .
Ma andiamo con ordine.
Lavoro. Due cose altamente significative sono successe in questi ultimi giorni. In primo luogo, in Parlamento Pdl e Lega hanno approvato il “collegato lavoro” che, tra le altre cose, prevede la possibilità di aggirare l’articolo 18 (cioè, il divieto di licenziamento senza giusta causa), laddove ovviamente questo è ancora applicabile, visto che la precarizzazione l’ha di fatto tolto a un settore vastissimo di lavoratori.
Il meccanismo è particolarmente subdolo e colpisce anzitutto i giovani e i neo-assunti. Infatti, la nuova norma prevede di poter sostituire la legge –cioè, l’art. 18- e il ricorso al giudice del lavoro con il cosiddetto “arbitrato”. Ebbene, questo “arbitro” non è tenuto a decidere sulla base della legge, ma può decidere anche in base al principio di “equità”. Cioè, quello che in quel momento può sembrare equo a lui e alle parti.
Ma non basta, perché la vera fregatura sta nella possibilità che la rinuncia al ricorso al giudice (e dunque all’art. 18) in caso di controversia possa essere inserita preventivamente nel contratto di lavoro individuale al momento dell’assunzione! Altro che “volontario”! O accetti la minestra (cioè, firmi volontariamente) o salti la finestra (cioè, non ti assumono).
A questo porcata va aggiunto un altro fatto, accaduto in questi ultimissimi giorni. La Commissione Lavoro della Camera aveva infatti deciso in maniera bipartisan di accogliere un emendamento che allungasse il periodo di cassa integrazione da 12 a 18 mesi. Certo, siamo sotto elezioni e quindi la misura puzza un po’, ma non importa. Infatti, l’allungamento della cassa l’avevano chiesto i sindacati e quasi tutte le opposizioni (in realtà a 24 mesi e, per quanto ci riguarda, con una rivalutazione dell’importo erogato), considerato che nei prossimi mesi si rischia un’ondata di licenziamenti, causa esaurimento periodo di cassa. Ma poi, dopo solo un giorno, è intervenuto il governo, per bocca del Ministro Sacconi, che ha annunciato che in Aula darà parere negativo all’allungamento…
Scuola. Qui ce la caviamo con poche righe, non perché la situazione sia meno grave, anzi, ma perché forse è più conosciuta. Siamo, infatti, al secondo anno di cura Gelmini-Tremonti, cioè il più vasto programma di tagli alla scuola pubblica della storia repubblicana. E gli effetti sono devastanti e sotto gli occhi di tutti: insegnanti precari lasciati a casa, taglio delle lezioni, scuole senza soldi e genitori che devono autotassarsi per comprare finanche la carta igienica. E nel frattempo, il flusso di denaro pubblico verso la scuola privata non si arresta, come ricorda il caso lombardo da noi denunciato.
Democrazia. Che altro aggiungere a quello che già si è detto in questi giorni? Questione morale montante, arroganza del potere senza freni, “decreti interpretativi”, legittimi impedimenti per il capo, occupazione prolungata del potere, come qui in Lombardia, con Formigoni e Cl eccetera. E ora il capo del governo, Berlusconi, si lancia pure in minacce contro l’opposizione e La Russa, Ministro della Difesa (…), fa il buttafuori in conferenza stampa, con un rigurgito dei vecchi tempi.
Insomma, ce n’è per tutti.
Gli appuntamenti di questi giorni sono diversi, magari non sono perfetti e magari non tutti piacciono a tutti nello stesso modo, ma nel loro insieme sono un’occasione per manifestarsi, per alzare la voce e la testa. Eccoli:
- venerdì 12 marzo, ore 9.00, P.ta Venezia: corteo, in occasione dello sciopero generale proclamato dalla Cgil
- venerdì 12 marzo, ore 9.30, L.go Cairoli: No Gelmini Day, con corteo degli studenti e degli insegnanti; sciopero della scuola proclamato da Cgil e Cobas
- sabato 13 marzo, ore 15.00, L.go Cairoli, manifestazioni unitaria per la democrazia e in difesa della Costituzione (promotori: Popolo Viola di Milano, Qui Milano Libera, Adesso Basta!, Movimento 5 Stelle Lombardia, Italia dei Valori, Sinistra Ecologia e Libertà, Federazione della Sinistra, Verdi, Partito Socialista, Partito Democratico)
Nel mio quartiere, da stasera, c’è il coprifuoco. Non potrò più acquistare un kebab o un gelato dopo mezzanotte. E, ben prima di quell’ora, non potrò più portarmi a casa nemmeno una bottiglia di birra o una lattina di aranciata, perché, dopo le ore 20.00, tutte le bevande potranno essere vendute per l’asporto soltanto “in contenitori di carta o di plastica”.
Nel mio quartiere, da stasera, gli amministratori di condominio dovranno fare la spia e dovranno “segnalare per iscritto” alla Polizia Locale ogni possibile anomalia nelle abitazioni private. Spero soltanto di non essere antipatico al mio amministratore e di non trovarlo dunque attaccato alla mia porta di casa, ad origliare.
Nel mio quartiere, da stasera, ogni proprietario o inquilino dovrà compilare una scheda, dove dichiara le sue generalità e quante persone abitano nell’appartamento, e dovrà poi consegnarla al Comando di zona della Polizia Locale.
Nel mio quartiere il traffico è sempre stato un problema, come in tutta la città peraltro, ma in questi ultimi tempi è proprio un casino, con tutti quei mezzi di polizia, carabinieri, polizia locale ed esercito a fare avanti e indietro.
Il mio quartiere non si chiama Sadr City e non si trova nemmeno a Kabul o a Mogadiscio. Nel mio quartiere non c’è la guerra, anzi, il mio quartiere è molto fortunato: l’ultima volta che ha visto la guerra era 65 anni fa. E siamo talmente fortunati di non trovarci nemmeno in qualche posto un po’ strano, tipo il Myanmar, dove non c’è la democrazia e comanda una cricca di generali.
Il mio quartiere si chiama via Padova e si trova a Milano, Italy. A mezzo chilometro da casa mia era successo un bordello un mese fa. Gruppi di immigrati si erano incazzati di brutto e avevano distrutto un po’ di vetrine e insegne. Di questo tutti hanno parlato, anzi gridato, sulle prime pagine dei giornali e sulle tv. Si erano incazzati, lo ricordo per la cronaca, perché di questo non parla nessuno, come conseguenza dell’omicidio del giovane Ahmed.
Ora la signora Moratti, donna di famiglia ricca, che non ha mai vissuto in un quartiere della periferia, ma che fa il sindaco di Milano, insieme al suo eterno vice De Corato, che una volta era un capo dei neofascisti milanesi e che dal 1997 fa il vicesindaco, e l’immancabile Salvini della Lega, che fa sempre finta di essere appena sbarcato da Marte, mentre sta al governo della città da 17 anni, hanno avuto questa bella pensata: facciamo due ordinanze comunali, che appunto provocano la situazione surreale e un po’ inquietante di cui sopra.
Ordinanze un po’ strane, visto che siamo in democrazia, che c’è una Costituzione e che valgono soltanto per alcune vie cittadine. Anzi, valgono addirittura per tutta via Padova, che è lunghissima e che comprende parti, come casa mia, che poco c’entrano con la zona pietra dello scandalo.
Ma non importa a quanto pare, perché il signor Berlusconi, capo del governo nazionale, tra gli uomini più ricchi del paese e pluri-indagato, il suo Ministro della Difesa e buttafuori personale, La Russa, e il Ministro Maroni della Lega, inventore del “reato di clandestinità”, hanno detto che va bene così.
E ci mancherebbe altro! Tra qualche giorno si vota per le elezioni regionali e vorrete mica parlare di crisi, di lavoratori che perdono il posto, di Fiat che delocalizzano o di politici corrotti? Oppure, molto più banalmente, ma anche concretamente, di periferie urbane abbandonate, di servizi tagliati e di politiche di integrazione inesistenti, dopo quasi due decenni di governo cittadino delle destre?
Passate le elezioni molte forze dell’ordine abbandoneranno via Padova, perché non servirà più il teatrino della sicurezza. Le ordinanze dureranno di più, qualcosa morirà con l’estate, qualcosa rimarrà. Ma il danno è comunque fatto, perché si sono permessi di scrivere leggi speciali per alcune vie, per giunta con delle semplici ordinanze del sindaco. Sono riusciti ad avvelenare il clima, a trasformarci in sorvegliati speciali, a tramutare le loro menzogne in norme pubbliche. E, soprattutto, sono riusciti a farmi pensare, per prima volta, io che amo Milano, nonostante tutto, alla possibilità di lasciare la città. E questo non glielo perdono.
Anche per questo, mi ribello al loro coprifuoco e al loro ipocrita stato di polizia, perché non siamo noi a dover abbandonare la città, ma sono loro che devono essere cacciati da Palazzo Marino e dal Pirellone.
qui sotto puoi scaricare il testo originale delle due ordinanza sulla zona “Pavoda-Trotter”
Ormai ci siamo, il 28 e il 29 marzo si vota per eleggere il Presidente e il Consiglio Regionale della Lombardia. Cioè, voterai per scegliere il capo del governo regionale, eletto direttamente, visto che siamo in regime presidenzialista (purtroppo), e voterai per decidere chi dovrà rappresentarti nel Consiglio regionale, cioè nell’assemblea legislativa della nostra regione.
Tutto questo dovrebbe essere già sufficiente per spiegare perché bisogna andare a votare e non starsene a casa o da un’altra parte. Già, perché se tu rinunci al tuo voto e a dire la tua nell’urna, sebbene la partecipazione politica e democratica non si esaurisca certo con la scheda elettorale, in fondo rinunci a un tuo diritto e consegni ad altri le tue scelte.
Eppure, questa volta il fantasma dell’astensionismo, del “siete tutti uguali” e dell’“andate affa… tutti”, rischia di materializzarsi in maniera consistente, non solo a destra, ma anche dalle nostre parti. E comprensibilmente, a dire la verità, perché lo schifo che provoca lo stato di cose esistente, tra corruzione, casini sulle liste e immobilismo di fronte alla crisi, se non peggio, non trova certo una risposta positiva e convincente in un’opposizione che appare inadeguata sotto ogni punto di vista, per usare un eufemismo.
Ma la resa e la fuga dal voto non sono una buona soluzione. Anzi, proprio ora, bisogna fare uno sforzo e andare a votare e votare a sinistra.
Ebbene sì, perché in Lombardia non ci aspettano tempi tranquilli. La crisi morde e vinceranno ancora Formigoni, Cl e la Lega, anche grazie alla scelta autoreferenziale del Pd, che ha deciso di dividere le opposizioni e di lasciare campo libero alle destre, interessandosi unicamente alla cura del proprio orticello. La conseguenza è stata l’indicazione di Penati come candidato presidente del Pd. Cioè, l’uomo che ha fatto della rottura con la sinistra e della rincorsa delle destre sul loro terreno la sua fallimentare bandiera politica.
Una cosa pericolosa in sé, ma ancora più preoccupante alla luce degli scricchioli del formigonismo. In altre parole, il sistema di potere è forte ed egemone, ma è anche stanco e ha perso spinta. L’assordante afonia di fronte alla crisi ne è testimonianza esemplare. E poi c’è la questione morale che incalza, di cui la vicenda Prosperini (vedi 1 e 2), uomo collocato alla periferia del sistema di potere, rappresenta semplicemente la punta della montagna di marciume.
Insomma, il modello Formigoni sta entrando nella sua fase senile, ma non è pronta una via d’uscita a sinistra. E quindi, come sempre accade in questi casi, se non si esce da una parte, allora si esce dall’altra parte. E il prevedibile rafforzamento della Lega e dei suoi discorsi xenofobi e razzisti sta lì a ricordarci la serietà del problema.
Insomma, la prossima legislatura sarà instabile, segnata da lotte di potere interne, piena di schizzi di fango e, chissà, forse non arriverà nemmeno alla sua fine naturale.
Ecco dunque la ragione per andare a votare e votare a sinistra, cioè la Federazione della Sinistra. Perché nel prossimo Consiglio ci sia qualcuno che garantisca un’opposizione intelligente, inflessibile e determinata al sistema di potere e che possa contribuire alla costruzione di un’alternativa, tenendo vivo il legame con le realtà sociali.
Tralascio, ovviamente, il discorso sulla preferenza da esprimere per il candidato consigliere. Siamo sul blog del consigliere uscente, nonché candidato capolista per la FdS nel collegio di Milano (che comprende tutto il territorio della Provincia di Milano) e dunque sarebbe anche un po’ banale e imbarazzante. Comunque, se vuoi sapere cosa pensano altri della mia candidatura, puoi leggere i vari appelli qui:
A questo punto, se hai deciso di andare a votare e di votare a sinistra -o se hai almeno preso in considerazione questa possibilità- si pone il problema del come votare. Un problema apparentemente semplice, ma parlando con le persone reali ti rendi conto che non è così. Infatti, ormai c’è un’elezione all’anno e ogni volta con un sistema elettorale diverso e, quindi, c’è una grande confusione.
Andiamo quindi per punti, cercando di rispondere a tutte le domande che potrebbero porsi, segnalando sin d’ora che una simulazione pratica su come si vota, con fac simile identico alla scheda che troverai al seggio, puoi trovarla qui: http://www.youtube.com/watch?v=92w-7-HstOY
1. il sistema elettorale per le regionali prevede un unico turno, cioè non c’è ballottaggio;
2. il sistema è proporzionale, con correzione: premio di maggioranza e listino del Presidente;
3. diventa Presidente della Regione il candidato che ottiene più voti;
4. il candidato Presidente della Federazione della Sinistra (che unisce Prc, Pdci e liste civiche) è Vittorio Agnoletto.
5. Vittorio Agnoletto si è messo a disposizione della battaglia politica della sinistra, candidandosi alla Presidenza della Regione per la FdS, ma non si candida per fare il consigliere regionale. Cioè, il sistema elettorale vigente (molto contorto), a differenza di quello che accade per le elezioni amministrative, non prevede che i candidati presidenti diversi dal vincitore diventino consiglieri;
6. i consiglieri regionali vengono eletti su liste provinciali e c’è il voto di preferenza (unica). Devi dunque, anzitutto, mettere una croce sul simbolo della lista prescelta, in questo caso la FdS e, poi, di fianco scrivere il cognome del candidato che ha la tua preferenza, nel nostro caso Muhlbauer. Per una dimostrazione pratica rinviamo di nuovo al filmato;
7. ATTENZIONE: il voto di lista si estende automaticamente anche al candidato presidente, ma il voto dato al candidato presidente (croce sul suo nome oppure croce sul simbolo di fianco al candidato presidente) non si estende alla lista! È dunque fondamentale mettere la croce sul simbolo della lista, perché esiste lo sbarramento del 3% e questo viene calcolato sul voto di lista e non sul voto al presidente. (ad esempio, se il candidato presidente Vittorio Agnoletto supera il 3% dei consensi, ma la lista della FdS rimane sotto il 3%, allora la FdS non avrà alcun consigliere regionale);
8. se la lista della FdS supererà il 3%, calcolato su base regionale, ci sarà almeno un consigliere eletto o forse anche due. In questo caso, il primo eletto scatterà nella circoscrizione di Milano e risulterà eletto il candidato che avrà più voti di preferenza (non importa la posizione del candidato sulla lista dei candidati).
Con l’auspicio di aver riposta anticipatamente a tutte le domande, o almeno a quelle più importanti, ti rinnovo l’invito ad andare a votare e a votare a sinistra.
qui sotto puoi scaricare il fac-simile in pdf della scheda elettorale con esempio di voto di preferenza a Muhlbauer
Ci abbiamo provato, ma non ce l’abbiamo fatta. Siamo fuori dal Consiglio regionale della Lombardia. Il voto di lista doveva superare il 3%, cioè la soglia di sbarramento, ma ci siamo fermati al 2,04%.
A chi in questa campagna elettorale si è sbattuto, a chi ha attacchinato, distribuito materiale, convinto altri, scritto mail e sms, o semplicemente è andato a votare, affrontando il fatidico quesito “ma dove cavolo si mette questa H?”, a chi ha fatto uno sforzo generoso e non scontato, decidendo di andare a votare per prima volta, o a chi quel partito non l’avrebbe mai più votato, ma poi l’ha fatto lo stesso, a tutti voi un grazie enorme, di testa e di cuore.
Il vostro lavoro, il vostro impegno e il vostro crederci non ha portato al risultato auspicato, ma è comunque misurabile nei numeri, cioè nel voto di preferenza attribuito al sottoscritto, che risulta essere il più votato della lista della FdS nella circoscrizione di Milano: 4.088 voti di preferenza.
Un risultato straordinario, perché più alto di quello ottenuto dai neo-consiglieri eletti nella circoscrizione di Milano di IdV, Udc, Pensionati e Sel (queste ultime due liste entrano soltanto grazie all’ombrello protettivo di Penati, avendo ottenuto rispettivamente l’1,6% e l’1,38% dei consensi) e, soprattutto, perché rappresenta un raddoppiamento delle preferenze al sottoscritto rispetto a 5 anni fa (1.889).
Un risultato che riflette il vostro impegno e, penso, un apprezzamento per il lavoro svolto, ma che ha anche il sapore della beffa. Infatti, la disfatta (perché le cose vanno chiamate con il loro nome) della sinistra emerge impietosa dai numeri assoluti, cioè dai voti veri.
La Federazione della Sinistra (FdS) ha raccolto 87.220 voti. Il suo candidato Presidente, Vittorio Agnoletto, 113.749, corrispondente al 2,36%. Alle ultime elezioni regionali, cinque anni fa, Rifondazione ottenne 248mila voti (5,7%), ai quali vanno aggiunti quelli dei Comunisti Italiani (la FdS unisce Prc e PdCi), cioè altri 104.246 voti (2,4%). Insomma, una voragine!
E non siamo nemmeno riusciti a tenere i voti che la FdS ottenne l’anno scorso, in occasione delle europee, cioè 147mila.
Insomma, la fotografia del disastro sta tutto qui. E da qui occorre ripartire, aprendo una riflessione seria e senza sconti. Lo faremo, spero tutti e tutte insieme, a partire dai prossimi giorni, con un’unica certezza: così non si può andare avanti.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 31 marzo 2010 (pag. Milano)
Non ce l’abbiamo fatta a rimanere nel Consiglio regionale della Lombardia. Il voto alla lista della Federazione della Sinistra doveva superare il 3%, cioè la soglia di sbarramento, ma ci siamo fermati ben prima, al 2,04%.
Alcuni pensano che questa sia l’ora della recriminazione, contro l’astensionismo, contro i grillini, contro Penati, contro il destino cinico e baro. Ma sbagliano, perché il problema sta dalla nostra parte, anzi, il problema siamo noi, la sinistra riunita in federazione e quella in generale. Ebbene sì, perché c’è poco da ridere anche per gli altri, visto che Sel ottiene un consigliere soltanto grazie all’ombrello protettivo di Penati e con un misero 1,38%.
Quanto a Penati, inutile perdere altro tempo, visto che è andato peggio di 10 punti rispetto a Sarfatti nel 2005 e appena un po’ meglio, cioè di 1,7 punti, rispetto a Martinazzoli nel lontano 2000.
Insomma, si è confermato quello che si intuiva, cioè se la crisi, economica, morale e politica, non trova una via d’uscita a sinistra, allora la trova a destra. E la marea leghista sta lì a dimostrarlo.
E allora, tornando al punto, dobbiamo ragionare su noi stessi, su una sinistra inadeguata persino a rappresentare il bisogno di sinistra esistente, oggi e qui. Altrimenti come si spiegherebbe la forte emorragia di voti, addirittura superiore all’aumento dell’astensionismo medio, verso il non voto, i grillini o l’IdV?
I numeri, soprattutto quelli veri, sono impietosi. La FdS ha raccolto 87.220 voti (2.04%). Il nostro candidato Presidente, Vittorio Agnoletto, 113.749 (2,36%). Alle ultime elezioni regionali, cinque anni fa, Rifondazione da sola ottenne 248mila voti (5,7%) e i Comunisti Italiani altri 104.246 voti (2,4%). E non siamo nemmeno riusciti a tenere i voti che la FdS raccolse in Lombardia l’anno scorso, in occasione delle europee, cioè 147mila.
Sono dati che non ammettono repliche, che fotografano una disfatta (perché le cose vanno chiamate con il loro nome). E quindi, le 4.088 preferenze espresse al sottoscritto nella circoscrizione di Milano hanno quasi il sapore della beffa, perché sono più del doppio di quelle di cinque anni fa, quando fui eletto. Ma quelle preferenze sono anche e anzitutto il risultato dell’impegno e del crederci di tanti e tante e, in questo senso, il miglior apprezzamento del lavoro svolto che uno si possa immaginare.
A chi in questa campagna elettorale si è sbattuto, a chi ha attacchinato, distribuito materiale, convinto altri, scritto mail e sms, o semplicemente è andato a votare, affrontando il fatidico quesito “ma dove cavolo si mette questa H?”, a chi ha fatto uno sforzo generoso e non scontato, decidendo magari di andare a votare per prima volta, o a chi quel partito non l’avrebbe mai più votato, ma poi l’ha fatto lo stesso, a tutti voi un grazie enorme, di testa e di cuore.
E, infine, un impegno, una certezza e un auspicio. L’impegno è di non ritirarmi a vita privata, di continuare il lavoro, nelle forme possibili e nello stesso spirito, tenendo unite parole e fatti, sociale e politico.
La certezza è che a sinistra così non si può andare avanti, che occorre una scossa, un fatto nuovo, aria fresca, capacità unitaria e un atto di liberazione dall’autoreferenzialità degli apparati.
L’auspicio è che non ci disperdiamo, che valorizziamo le cose fatte insieme in questi anni e, soprattutto, che affrontiamo insieme le battaglie e i percorsi del domani.
Cari, Care
nei giorni seguiti alle elezioni ho ricevuto tantissimi messaggi che nella loro diversità dicevano tutti la stessa cosa: bisogna reagire al risultato negativo, non arrendersi, riflettere sulla situazione e su cosa fare a sinistra. Alcuni/e hanno anche proposto di fare un’assemblea, altri semplicemente di trovarci per una chiacchierata.
Insomma, c’è voglia di parlarsi, di confrontarsi, di relazionarsi. E questo è prezioso.
Vi invito quindi a un aperitivo collettivo. Un momento del tutto informale, beninteso, dove chiacchierare in libertà, scambiarci opinioni o semplicemente berci qualcosa insieme. E, ovviamente, un’occasione per ringraziare personalmente tutti voi.
Se vi va, ci vediamo quindi
venerdì 9 APRILE - dalle 18:30
presso la Cooperativa ”La Liberazione”, in via Lomellina 14 (zona Città Studi/viale Corsica), a Milano
un abbraccio
Luciano Muhlbauer
infoline: 335.1213068
Ci sono molti modi di raccontare la giornata del 25 aprile di Milano di ieri. C’è quello delle destre, che ripropone il cliché dei “teppisti dei centri sociali”, e c’è quello di una serie di esponenti del Pd, che, ahinoi, assomiglia molto a quello della destre. Poi ci sono altri punti di vista ancora. E allora vorrei proporre il mio punto di vista, scegliendo però non la strada del proclama politico, bensì quella del semplice racconto della mia giornata, come l’ho vista e vissuta io.
Il mio 25 aprile è iniziato con le iniziative dell’Anpi nel mio quartiere, cioè via Padova. Come tutti gli anni, alle 10.00 è partito il corteo, aperto dalla banda musicale e dalle majorettes, che ha percorso il tratto da piazza Costantino fino al monumento ai caduti di viale Don Orione, fermandosi lungo strada davanti alle lapidi che sulla via ricordano i partigiani caduti, per collocarvi nuove e fresche corone di fiori.
Tutto come tutti gli anni, insomma, salvo un particolare. All’altezza del civico 257 c’è la stazione di Crescenzago dei Carabinieri. Anche lì c’è una lapide e anche lì è stata deposta una corona di fiori, ma, a differenza di tutti gli anni precedenti, nessun carabiniere si è fatto vedere. Anzi, la porta della stazione è rimasta chiusa, blindata.
Quelli dell’Anpi ci sono rimasti malissimo.
Ho chiesto al responsabile dell’Anpi di zona se i carabinieri erano stati avvisati. Lui mi ha detto di sì, che, anzi, lui stesso era passato il giorno prima, come sempre, per avvisarli e invitarli. Invece niente, zero, silenzio. Brutto segnale, ho pensato io, considerato che scelte di questo tipo difficilmente sono il frutto di decisioni autonome di stazioni di periferia, trattandosi di un corpo militare. Chissà, forse qualcuno dall’alto ha comunicato il ritornello che piace tanto a La Russa, cioè che le celebrazioni del 25 aprile sono roba “da comunisti” e che quindi non era opportuno prendervi parte.
Dall’altra parte, diversi Consigli di Zona di Milano, specie se presieduti da ex-An, sembrano pensarlo allo stesso modo, visto che quest’anno hanno tolto il patrocinio e/o gli spazi alle iniziative dell’Anpi. In cambio, qualcuno, come il CdZ 3, ha invece ritenuto opportuno concedere il patrocinio e il finanziamento pubblico a un concerto nazirock il 2 maggio. Beninteso, l’iniziativa dell’estrema destra è finita al 2 maggio solo dopo le denunce pubbliche e le proteste, perché altrimenti la faceva addirittura il 24 aprile…
Brutta aria, appunto, perché poi non finisce nemmeno lì. L’estrema destra, infatti, ha in programma una settimana intera di iniziative, formalmente legate all’anniversario dell’omicidio di Ramelli (29 aprile), compreso anche un 1° Maggio a modo loro: una giornata interna, con un torneo di calcio e un concerto finale, con gli “Amici del Vento”, storica band del neofascismo italiano, al Lido di Milano. Qui c’era il patrocinio del Comune per il torneo di calcio, ma questo è poi stato ritirato, mentre la Provincia di Milano ha mantenuto il patrocinio per il concerto serale.
Insomma, difficile pensare che tutti questi fatti, che si aggiungevano al clima politico generale del nostro paese, non pesassero in qualche modo sul corteo del 25 aprile.
Comunque sia, confesso, sono andato alla manifestazione con animo piuttosto calmo. Mi aspettavo certamente di sentire fischi contro Podestà e Moratti, che alla fine avevano deciso di partecipare lo stesso, ma questo era abbastanza ovvio, viste le premesse. E poi, fischiare è mica una questione da codice penale. Anzi, fa parte della normale dialettica politica. Si applaude o si fischia o si sta in silenzio, a seconda del gradimento.
E così, sono arrivato a P.ta Venezia. Mi hanno subito raccontato che c’era stata un po’ di tensione tra il servizio d’ordine della Cgil e lo spezzone del centro sociale Cantiere. Comunque, niente di grave, almeno così mi è parso, visto che tutto il corteo sfilava, con il Cantiere dietro lo spezzone della Cgil e davanti ai partiti (Pd, Prc, Sel ecc.).
E anch’io sfilavo, ovviamente, chiacchierando con compagni e conoscenti che incontravo lungo la strada, facendo avanti e indietro, soffermandomi un po’ sotto lo striscione della Fiom e un po’ con il camion del Cantiere. Insomma, non c’era proprio aria di scontri. E poi, era una bella giornata e, soprattutto, la manifestazione era grossa e con tanti giovani. In altre parole, le manovre e le operazioni delle destre per depotenziare e delegittimare il 25 aprile e la memoria della Resistenza non hanno funzionato. Anzi, c’è stata una bella risposta dal basso.
Arrivati a San Babila, il corteo ha imboccato corso Vittorio Emanuele II, sempre senza problemi e momenti di tensione. Ma poi, all’imbocco di piazza Duomo, alla fine del corso, cioè in un punto affollatissimo, tra manifestanti e passanti, all’improvviso cambia lo scenario. Agenti in tenuta antisommossa della Celere e dei reparti mobili di Carabinieri e Guardia di Finanza si fiondano nel corteo, posizionandosi davanti allo spezzone del Cantiere.
Io praticamente me li sono trovati davanti, la confusione era tanta e, visti gli spazi ristretti, l’affollamento e il modus operandi delle forze dell’ordine, era evidente che la situazione poteva degenerare con facilità. E così, come si fa di solito per evitare contatti e casini, mi sono messo davanti allo schieramento di agenti, con le braccia allargate e dicendo “calma tutti”. O meglio, non mi ricordo bene se quelle parole sono riuscito a pronunciarle fino in fondo, perché sono stato immediatamente abbattuto da un carabiniere mediante un violento colpo di manganello alla testa.
Ci tengo a precisare che eravamo ai momenti iniziali della manovra delle forze dell’ordine, che in quel momento non c’era nessuno che lanciava niente eccetera, perché prevaleva la sorpresa e il disorientamento. Insomma, è stata una violenza gratuita e ingiustificabile, che peraltro ha coinvolto anche un ragazzo giovanissimo che si trovava alle mie spalle.
Non so cosa sia successo immediatamente dopo la manganellata, perché ero per terra e tentavo di proteggermi la testa, ma quando alcuni manifestanti mi hanno aiutato a rialzarmi, vedevo che nel frattempo era accorso anche il servizio d’ordine della Cgil, tentando di separare gli agenti antisommossa dai manifestanti. Infine, dopo soltanto pochi minuti dal blitz, le forze dell’ordine si sono allontanate e hanno fatto proseguire il corteo, camion compreso.
Insomma, un’aggressione a freddo –non trovo altre parole-, il cui senso mi sfugge completamente. O meglio, se volessi trovare una spiegazione razionale al comportamento della Questura, ne vedo soltanto una: una sorta di spedizione punitiva, tesa a produrre il massimo di tensione e confusione possibile.
Comunque sia, arrivato in piazza, con leggerissimo ritardo, per ovvi motivi, ho visto che Podestà veniva fischiato da più un meno tutti, compreso ovviamente il Cantiere. Ma appunto, com’era già successo alla Moratti lungo il percorso del corteo, la contestazione non era certo un’esclusiva dei “teppisti dei centri sociali”, come oggi hanno raccontato diversi quotidiani, bensì di buona parte dei manifestanti.
Poi ho letto sui giornali che i “teppisti” avrebbero insultato anche ex-deportati ed ex-partigiani. Francamente non l’ho visto, né potevo vederlo, vista la mia posizione, ma se è successo davvero siamo di fronte a un’idiozia grossa come una casa. Quello che però ho visto e sentito è che ad un certo punto dal microfono del palco una voce gridava “sono un cassaintegrato dell’Eutelia!”. E a questo punto, chiarito chi stava parlando, sono stati spenti immediatamente gli impianti voce del Cantiere.
Ormai, per me la manifestazione stava finendo. Ho parlato con molte persone, diversi giornalisti mi hanno telefonato, chiedendomi cos’era successo, e anche alcuni funzionari della Questura mi hanno chiesto come stavo, rimediando, temo, risposte non troppo gentili...
Infine, prima di mettermi a riposo, ho deciso di fare un salto a Partigiani in Ogni Quartiere, in via dei Missaglia. E ho fatto bene, perché c’era tanta gente anche lì. Iniziativa pienamente riuscita e partecipata. Complimenti agli organizzatori.
A questo punto il racconto del mio 25 aprile finisce. Ognuno ne tragga le conclusioni che vuole, ma sicuramente avrete capito perché fatico terribilmente a ritrovarmi nel film raccontato oggi dalla maggioranza degli organi di stampa.
Esprimo il mio forte apprezzamento per le parole e le decisioni del Prefetto Lombardi, comunicate al termine della riunione odierna del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che chiariscono che il 25 aprile a Milano non ci sono stati problemi di ordine pubblico, che i fischi e le contestazioni non sono questioni di sicurezza, che non ci saranno provvedimenti particolari in relazione alla MayDay Parade del Primo Maggio, perché “non abbiamo mai avuto problemi qui a Milano”, ma che invece sarà vietato il raduno nazifascista al Lido del 1° Maggio.
Con queste parole e decisioni il Prefetto ristabilisce un po’ di buon senso, riporta le cose alla loro reale dimensione e, soprattutto, spazza via le inquietanti operazioni politiche tentate in questi giorni da settori del Pdl.
Infatti, a nessuno poteva sfuggire che i toni esasperati contro i centri sociali e i pesanti attacchi alla Questura, da parte del Sindaco Moratti e del Ministro La Russa, che incredibilmente hanno trovato sponda in qualche esponente del Pd, avevano come obiettivo non soltanto la criminalizzazione di ogni dissenso e la blindatura delle piazze, ma molto più concretamente la poltrona del Questore di Milano.
In altre parole, è apparso chiaro che alcuni settori del Pdl, tra cui il Sindaco e gli ex-An, intendevano drammatizzare la vicenda del 25 aprile, al fine di ottenere la cacciata dell’attuale Questore e la nomina al suo posto di un funzionario politicamente più contiguo e sensibile a loro, in vista di una campagna elettorale per le comunali del 2011, che il centrodestra intende giocare anzitutto sul terreno della sicurezza.
Oggi il Prefetto ha riaffermato il principio democratico che le forze dell’ordine devono essere al servizio della legge e non di qualche parte politica. E che le manifestazioni del 1° Maggio, che così tanto dispiacciono a Moratti e De Corato, non sono un problema, ma i raduni nazifascisti invece sì.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Chi ama via Padova?! È questo il titolo che un gruppo di abitanti e associazioni di via Padova hanno voluto dare alla “passeggiata liberatoria” che oggi, giovedì 29 aprile, alle 18.00, si terrà in via Padova.
Il tutto era nato con il malsano e idiota coprifuoco inventato da Moratti-De Corato-Lega, in seguito ai disordini avvenuti dopo l’omicidio del giovane Ahmed. Ne avevo scritto anche sul blog un mesetto fa.
L’idiozia si è dimostrata tale, qualcuno ha disobbedito al coprifuoco, come gli amici dell’enoteca Ligera, beccandosi qualche multa. Altri hanno cercato di adeguarsi, come il mio “kebabaro di fiducia”, cioè quello sotto casa mia, beccandosi lo stesso una multa di 400 euro, perché un cliente si è portato via una lattina di Coca Cola dopo le ore 20.00 e la polizia locale l’ha intercettato… (non sto scherzando!)
Infine, il ricorso promosso presso il Tar da parte di due esercenti della via (si dice vicini al centrodestra, peraltro) è stato accolto e il tribunale amministrativo ha dichiarato illegittima l’ordinanza del Sindaco dal civico n. 100 in poi. Conclusione: il Comune ha modificato l’ordinanza e dal ponte della ferrovia in poi siamo tornati alla normalità, ma in tutto il primo tratto di via Padova (e zone limitrofe) rimane lo stato d’eccezione e gli amministratori milanesi del centrodestra hanno già iniziato a lavorare per l’estensione del coprifuoco ad altri quartieri “problematici” (via Sarpi, Imbonati, Corvetto).
Insomma, le ragioni della protesta rimangono tutte e, infatti, la passeggiata liberatoria è stata confermata. Perché i quartieri popolari non si governano con lo stato d’assedio, i coprifuochi e i divieti, bensì facendogli vivere ed investendoci in termini di servizi, attività e attenzione.
L’appuntamento è dunque oggi alle ore 18.00 (puntuali!) in via Padova, angolo v.le Don Orione (dove c’è il monumento ai caduti per la libertà), altezza MM Cimiano. La passeggiata terminerà poi al parco Trotter, in piena zona coprifuoco.
A proposito, hanno aderito molte realtà, anche molto diverse tra di loro, e l’accordo è quello di non portare bandiere e striscioni di partito o organizzazione.
Comunque, eccovi l’elenco degli aderenti: Ambulatorio Medico Popolare via dei Transiti 28, ANPI Crescenzago, ANPI Luigi Viganò Precotto, ARCI Milano, Associazione AriaCivile – Milano, Associazione Arti Girovaghe, Associazione Durchblick, Associazione la Città del Sole-Amici del Parco Trotter, Associazione La comunità per lo Sviluppo Umano, Associazione Al Qafila, Associazione Mondo Senza Guerre e Senza Violenza, Associazione Todo Cambia, Associazione Culturale MusiQalità, Banda degli Ottoni a scoppio di Milano, Casa della Carità, CeasCentro Ambrosiano di Solidarietà Onlus, CESPI – Centro Studi Politici Internazionali - Sesto S.Giovanni, Chiedo Asilo, Circolo Cerizza, Circolo PD Bruno Venturini, Circolo PD F. Ghiladotti, Circolo PD Luciano Lama, Circolo PRC A. Vaia Zona 2, Circolo PD Milano Futura (centrale Venini), Comitato Primo Marzo, Comitato Vivere in zona 2, Comitato di zona 3 per una Scuola di qualità, Cooperativa Tempo per l’Infanzia, Ditta Gioco Fiaba, Federazione Verdi Milano, G.A.S. Martesana, gruppo EMERGENCY 2/3, Ipazia a.p.s., Le radici e le ali Onlus, Ligera – enoteca, Lista civica “Un’altra provincia”, Martesana Due - Mensile di zona, Orchestra di via Padova, Partito Democratico Zona 2, Partito dei Carc – Sezione Milano, Rete scuole senza permesso, Sinistra Critica Milano, Sinistra Ecologia e Libertà di Zona 2, Teatro Officina, Villa Pallavicini a.p.s.
Insomma, partecipate!
Qui sotto puoi scaricare il pdf del volantino unitario della passeggiata liberatoria
Lunedì il Presidente della Repubblica ha firmato ed emanato il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", cioè la manovra economica da 24,9 miliardi di euro del Governo Berlusconi.
Rispetto alla prima versione, varata dal Consiglio dei Ministri, sono intervenute alcune modifiche, sollecitate dallo stesso Napolitano. Ma si tratta di modifiche che non cambiano la sostanza e la natura della manovra e, dunque, nemmeno il giudizio da noi già espresso su questo blog.
Infatti, a parte alcune correzioni di carattere tecnico, motivate da dubbi di “sostenibilità giuridica ed istituzionale”, le modifiche riguardano soprattutto la partita dei tagli e/o della soppressione indiscriminati di enti e fondazioni, che in molti casi avrebbero provocato un modesto risparmio economico e un grave danno culturale.
Di seguito, cliccando sull’icona che trovi qui sotto, puoi scaricare il testo definitivo del decreto-legge, che ora passa al Parlamento per la sua discussione ed approvazione.
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