Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 21/07/2009, in Politica, linkato 1039 volte)
Milano si sta trasformando nella capitale dell’ipocrisia e mezzo mondo proclama felice di volerla seguire. C'è persino un consigliere regionale, Quadrini dell'Udc, che vorrebbe una legge regionale. Davvero impressionante come tutti quanti facciano finta di non sapere che il divieto introdotto dalla Moratti esista nel nostro paese già da tempo e pure con sanzioni più gravi.
Infatti, l’articolo 689 del codice penale punisce con l’arresto fino a un anno l’esercente che somministri bevande alcoliche a un minore di 16 anni. Esisteva ieri, esiste oggi ed esisterà domani.
Ma a Milano la politica dei divieti e delle proibizioni sta diventando una triste moda, anzi, sembra il leitmotiv di un’amministrazione ormai priva di idee e progetti per la città. E non importa nemmeno se i divieti sono inutili, inapplicabili e inapplicati.
Si sa, la memoria è corta, e così nessuno si ricorda più dell’imbroglio delle sei ordinanze-divieti del novembre scorso, con i quali vennero vietati e sanzionati comportamenti come fumarsi uno spinello in un luogo pubblico oppure “consumare nonché detenere (a scopo di verosimile immediato consumo) ogni genere di bevanda alcolica e superalcolica in contenitori di vetro o in latta” (non stiamo scherzando, è una citazione testuale).
A qualcuno risulta che qualcuno sia stato multato con 500 euro perché ha fumato uno spinello al parco oppure perché deteneva una lattina di birra? Ovviamente no, salvo forse qualche sfortunato incappato in una pattuglia di poliziotti locali che non sapevano che fare del loro tempo.
Insomma, l’ipocrisia al potere. Ci sarebbe da ridere, se non fosse che questa ondata di divieti, di cui non si intravede la fine, produce danni profondi nel tessuto della nostra città, specie nel rapporto con i giovani, ormai trattati come sorvegliati speciali e non come persone degne di attenzione.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Oggi pomeriggio si è tenuto in Commissione VII (Istruzione e Lavoro) l’audizione con le rappresentanze sindacali degli operai della Ideal Standard di Brescia, minacciata di chiusura dalla proprietà.
Su richiesta di diversi consiglieri dell’opposizione la Commissione ha deciso di sollecitare formalmente la Giunta regionale di farsi carico di un’iniziativa politico-istituzionale forte e incisiva in vista dell’incontro che si terrà il 31 luglio prossimo al Ministero dello Sviluppo Economico.
Infatti, sebbene Regione Lombardia avesse garantito una partecipazione all’ultimo incontro al Ministero, il 15 luglio scorso -sempre dopo l’intervento di quattro consiglieri dell’opposizione (Squassina A., Muhlbauer, Squassina O. e Guindani)-, questa si era risolta con la presenza di un funzionario dell’Agenzia regionale del Lavoro. Cioè, una presenza tecnica e molto al di sotto non soltanto delle necessità, ma anche dell’impegno delle altre Regioni interessate.
Qui di seguito riproduciamo sia il comunicato stampa dell’opposizione, che il testo di un volantino della Rsu dell’Ideal Standard, che ripercorre la storia dello stabilimento. Ad integrazione di quest’ultima va aggiunto soltanto il fatto che il gruppo proprietario, mentre vuole chiudere le fabbriche in Italia, sta costruendo nuovi stabilimenti in Bulgaria, con il sostegno di contributi dell’Unione Europea…
 
COMUNICATO STAMPA
 
IDEAL STANDARD DI BRESCIA: SU RICHESTA DELL’OPPOSIZIONE LA COMMISSIONE VII CHIEDE UN FORTE INTERVENTO POLITICO DELLA GIUNTA
 
Milano 22 luglio 2009
 
Si è svolta oggi presso la Commissione VII (Istruzione e Lavoro) del Consiglio Regionale l’audizione con i lavoratori dell'Ideal Standard di Brescia. Nei prossimi giorni seguiranno dei confronti tra i sindacati nazionali e la proprietaria della società che è il fondo americano BAIN CAPITAL e a seguire si terrà una riunione di aggiornamento presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
I consiglieri regionali dell’opposizione Arturo Squassina (Pd), Luciano Muhlbauer (Prc) e Osvaldo Squassina (Sinistra –UAL) hanno chiesto che la commissione solleciti l’Assessore Rossoni, in qualità di Vice Presidente della Giunta e di capo della task force regionale sulla crisi, di assicurare una forte iniziativa politica della Giunta da domani fino alla riunione del 31 luglio e che si mettano in campo tutti gli interventi possibili affinché non venga chiuso lo stabilimento dell’Ideal Standard di Brescia e sia dunque garantita la continuità produttiva e la salvaguardia dei posti di lavoro.
L’intera Commissione ha accolto positivamente la richiesta dell’opposizione. Inoltre, sempre su richiesta dei consiglieri sopra citati, la Commissione VII si è impegnata a redigere una mozione, da presentare settimana prossima in Consiglio, secondo cui per il Consiglio Regionale non è ammissibile la chiusura del sito bresciano e invoca quindi l’intervento della Giunta.
 
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COMUNICAZIONE ALLA CITTADINANZA BRESCIANA
a cura della Rsu Ideal Standard di Brescia
 
con una lettera datata 2 luglio 2009 è giunta comunicazione che il gruppo finanziario americano Bain Capital ha deciso di chiudere lo stabilimento produttivo di sanitari in porcellana vetrificata Ideal Standard di Brescia, sito di storica realtà manifatturiera.
La missiva notifica che insieme a Brescia verrà chiuso anche lo stabilimento Ideal Standard di Gozzano; inoltre verrà attuata una forte riduzione di personale negli altri tre siti italiani rimanenti: Roccasecca, Orcenico e Trichiana.
 
La vicenda amministrativa : Ideal Standard Italia, facente parte del gruppo multinazionale American Standard, nel 1999 produceva 3.500.000 pezzi annui, con una quota di mercato superiore al 50%, grazie alla sinergia dei suoi cinque siti produttivi, Brescia, Orcenico (PN), Roccasecca (FR), Gozzano (NO) e Trichiana (BL).
Nel 2006 Bain Capital, fondo di investimenti americano di Boston, acquistò da American Standard il settore sanitario ceramico mondiale, per circa 2 miliardi di dollari.
Per American Standard ciò rappresentò un ottimo affare: dal 2000 al 2005 il valore delle sue azioni era passato da 25 a 120 dollari. Il risultato di tale incremento fu dovuto allo sfruttamento ed al prosciugamento dei marchi delle proprie imprese, lucrando sul lavoro e sull’impegno dei propri dipendenti: nessun investimento nei siti produttivi e trasferimenti minimi per consentire la vita delle società controllate.
Dal 2000 al 2005 American Standard realizzò in Italia un fatturato di circa 330 milioni di euro.
Dopo la vendita a Bain Capital, dal 2006 al 2008 il fatturato scese a 266 milioni di euro ed i profitti netti vennero dimezzati da 81 a 48 milioni.
Nel 2008 la logistica venne affidata esternamente al gruppo Arcese, vettore internazionale con 40 milioni di euro di fatturato annuo. La sede della piattaforma logistica è situata a Bassano Bresciano.
La conseguenza fu un repentino peggioramento del servizio al cliente: affidando il lavoro di spedizione a cooperative sottopagate, non è possibile garantire lo standard di qualità necessario. Immediata fu anche la perdita delle quote di mercato.
La politica industriale attuata da Bain Capital si rivelò inadeguata e nonostante un aumento dell’efficienza produttiva, i volumi si ridussero da 3,4 ml a 2,8 ml ed il fatturato passò da 296 a 227 ml.
Tutto ciò potrebbe trarre in inganno ed indurci a supporre che Bain Capital abbia commesso un errore di gestione: ma così non è.
Bain Capital è un colosso finanziario multinazionale da 80 mld di dollari che per acquistare il gruppo Ideal Standard al prezzo di 2 mld di dollari, ha pagato all’American Standard soltanto 300 ml di dollari. Il restante denaro è stato versato da un pool di banche guidate da Credit Suisse.
Nel 2007 Bain Capital ha venduto tutte le fabbriche americane ad un altro fondo: il Sun Capital Partners, che si rivelò essere una società basata sui cosiddetti “titoli tossici”, che vengono considerati tra le cause della attuale crisi economica mondiale.
In questo modo Bain Capital avrebbe recuperato i 300 ml del suo investimento. Ma la manovra non era ancora finita: nel 2008 vennero venduti anche gli stabilimenti asiatici, che fruttarono altri 200 ml.
Alla fine del 2008, con l’inizio della crisi, Bain Capital scaricò il debito mostruoso di 1,2 mld di dollari sulle spalle delle imprese italiane, garantendosi con il patrimonio ed i marchi delle stesse. Per rifarsi di questo enorme debito le banche dovranno liquidare il gruppo italiano: in altre parole, il debito creato da Bain Capital per far guadagnare i suoi soci, lo dovranno pagare i 1549 lavoratori del gruppo Italia che perderanno il loro posto di lavoro (da subito Brescia e Gozzano, più avanti anche gli altri), appesantendo i contribuenti italiani che dovranno pagare gli ammortizzatori sociali per i prossimi anni.
Fino a settembre tutti i dipendenti di Brescia saranno in cassa integrazione ordinaria, passando successivamente a Cig straordinaria per un anno.
Chi pagherà per primo sarà proprio lo stabilimento che con la propria efficienza ha saputo garantire standard di qualità e sicurezza con costi di assoluta eccellenza.
 
Storia di uno Stabilmento Pilota: efficiente, altamente tecnologico, flessibile ed economico
Ideal Standard ha portato il bagno nelle case degli italiani, in tempi in cui le abitazioni avevano la toilette in cortile, partendo dalla produzione di un centinaio pezzi al giorno.
La tecnologia ceramica è stata inventata a Brescia: proprio il sito produttivo che verrà chiuso.
Dal lontano 1929 in cui partì la produzione bresciana con un forno a nafta da 70 metri, una novantina di operai e tanta buona volontà, Ideal Standard è stata una presenza che l’economia regionale non avrebbe potuto ignorare, perché assicurava lavoro a tutta la provincia, arrivando ad impiegare circa novecento lavoratori: i migliori tecnici ceramici, e non soltanto in ambito italiano, perché la lavorazione dei sanitari in Vitreous China è nata a Brescia ed è poi stata divulgata in tutto il mondo.
Quello bresciano è diventato indiscutibilmente lo stabilimento pilota della compagnia Ideal Standard: qui sono stati sperimentati tutti i progetti speciali, sia italiani che stranieri:
  • il primo forno a nafta;
  • il primo forno a rulli;
  • il primo stampo microporoso e con esso, la prima pressocolatura, che ha cambiato radicalmente il concetto produttivo mondiale;
  • la prima finitura robotizzata, sia per pezzi a verde (appena colati) che per i pezzi a bianco (semicotti);
  • la linea Tesi, diventata caposaldo della produzione, non è stata disegnata da un celebre architetto, ma è stata progettata dal nostro ufficio tecnico;
  • quello di Brescia è stato il primo sito produttivo a passare dal lavoro su banchi manuali alla tecnologia automatizzata;
  • i “maestri del bagno”, come venivano chiamati i nostri operatori ceramici, sono stati i primi a rinunciare ad un alto salario per ridurre, attraverso le commissioni ambiente, il rischio di contrarre la silicosi (malattia professionale);
  • lo stabilimento bresciano è stato il primo ad inserire le RLS scorporate dalle RSU, per dare continuità al concetto di sicurezza e prevenzione;
  • è stato il primo ad inserire il ciclo continuo di cinque squadre su tre turni, per 365 giorni, con rotazione sulle postazioni di lavoro, per rafforzare il concetto che una minore esposizione ed una maggiore flessibilità riducano le malattie professionali ed aumentino la professionalità del lavoratore;
  • è stato il primo ad inserire la figura professionale del “mecatronico”: manutentore pluri-funzionale, meccanico, elettronico, elettricista;
  • è stato il primo a inserire riunioni di squadra per il controllo della qualità, per poter gestire la produzione in modo partecipativo e ad avere il monitoraggio del premio qualità (recupero scarti/ricottura/ costo pezzo); il primo sito a passare dal capo squadra al TLM;
  • infine, Brescia è stato il primo stabilimento ad assumere lavoratori extracomunitari, perché fermamente convinto che l’integrazione passi attraverso il lavoro.
L’elenco è stato lungo, ma la scelta di pubblicarlo, consapevoli di intrattenere nella lettura i destinatari, è dettata dalla volontà di renderli partecipi dell’esemplare evoluzione produttiva e professionale del sito lombardo.
Lo stabilimento bresciano ha dovuto assistere al lento sgretolamento della propria struttura, iniziato con la chiusura, per motivi “strategici”, di una delle modellerie più efficienti al mondo, anche se i modelli continuano ad essere creati in sito bresciano. Periodiche “ristrutturazioni” di personale hanno fatto perdere inestimabili risorse di valore professionale. L’esternalizzazione della piattaforma logistica, nonostante le pressioni delle Rsu per conservare in loco il servizio spedizioni, ha penalizzato tutti i lavoratori con problemi fisici, che avrebbero potuto trovarvi adeguato impiego.
Proprio Brescia, che nonostante le difficoltà, si stava organizzando in una fabbrica snella, pur di mantenere quel concetto di stabilimento pilota, proprio Brescia il cui costo-pezzo è tra i migliori d’Europa, vede premiato così il proprio impegno: con la chiusura.
 
Ideal Standard alla Regione Lombardia
La vicenda dello stabilimento di Brescia è una ferita profonda che deve essere il segnale di un disturbo che si diffonde come un morbo e va fermato.
Bain Capital non ha finito le sue manovre finanziarie sul territorio italiano. Con il denaro ricavato dallo sgretolamento degli stabilimenti italiani, si accinge ad acquistare Safilo, che porta in dote circa 600 ml di euro di debiti.
In tempi in cui si respingono con forza alla frontiera persone che vengono nel nostro paese con una speranza di vita migliore, si lasciano entrare, stendendo loro il tappeto rosso, compagnie senza scrupoli, che stanno minacciando l’economia italiana.
Le Rsu dello Stabilimento Ideal Standard di Brescia ed i lavoratori tutti, chiedono al Ministro On. Tremonti ed alla Regione Lombardia di intervenire con l’autorità che è stata loro conferita e di arrestare il processo distruttivo in atto.
 
SABATO 25 LUGLIO 2009 DALLE ORE 21
INIZIATIVA DI SOLIDARIETÀ
VI ASPETTIAMO NUMEROSI
GRAZIE DELLA PARTECIPAZIONE
 
RSU IDEAL STANDARD BRESCIA
 
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Esprimiamo piena solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici della Nokia Siemens Network (NSN), che oggi manifestano davanti al Pirellone, e chiediamo alla Giunta regionale di intervenire con forza sul gruppo transnazionale per scongiurare l’ipotesi di chiusura dei centri di ricerca milanesi di Cinisello Balsamo e Cassina de’ Pecchi, con il conseguente licenziamento di 600 persone.
Il caso della NSN è analogo a tante altre vicende, dove la crisi economica c’entra poco, se non come foglia di fico per coprire operazioni tese a realizzare sovrapprofitti a spese dei lavoratori. Infatti, NSN non ha alcuna intenzione di rinunciare alla ricerca attualmente realizzata nei centri milanesi, ma vuole semplicemente spostarla, cioè delocalizzarla, in Vietnam, India e Cina, dove i livelli salariali e le condizioni di lavoro sono molto inferiori.
È impressionante rilevare quante attività produttive rischiano di sparire in Lombardia, non a causa di crisi in senso stretto (mancanza di mercato di sbocco, impianti non più competitivi, ecc.), ma per manovre di altra natura come delocalizzazioni, operazioni finanziarie spericolate del management, o pura e semplice speculazione. Succede all’Innse di Milano, all’Eutelia di Pregnana Milanese, alla Ercole Marelli-Alstom Power di Sesto S. Giovanni e all’Ideal Standard di Brescia, per citarne solo alcune.
Appare del tutto evidente che la politica nazionale e quella di Regione Lombardia non sono attrezzate per fronteggiare queste situazioni, poiché rimangono ancorate ai tabù del passato recente, segnato dalla sbornia della globalizzazione e del liberismo. In altre parole, le istituzioni continuano a pensare che non si possa e non si debba intervenire più di tanto nel “libero mercato”, privandosi così degli strumenti e delle azioni necessari per far prevalere l’interesse comune sugli interessi particolari.
Se non c’è uno scatto e un cambiamento di rotta, in Lombardia rischiamo una vera e propria desertificazione produttiva e occupazionale, anche in settori caratterizzati da un alto tasso di innovazione e professionalità, come nel caso di NSN.
Il territorio e i lavoratori non possono essere trattati come un limone da spremere e da buttare. I furbetti della crisi devono rispondere delle loro azioni, che siano grandi gruppi transnazionali come la NSN, oppure piccoli speculatori come la proprietà dell’Innse, e le istituzioni devono tutelare il tessuto produttivo e occupazionale.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Oggi il Consiglio regionale, riunito per la sessione di bilancio, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno - firmatari Muhlbauer (Prc), Squassina A. (Sd), Prina (Pd) e Cecchetti (Ln) - che impegna l’Assessore Cattaneo “a continuare l’impegno già avviato e ad intraprendere tutte le ulteriori iniziative ed azioni necessarie nei confronti di Regione Piemonte e Trenitalia Spa, anche in vista dell’incontro del 5 agosto, affinché vengano ripristinate le fermate alla stazione della città di Rho per i treni interregionali Milano-Torino”.
In altre parole, la protesta dei pendolari, che ha visto in prima fila il centro sociale Fornace e il Comitato No Expo, ha conquistato l’appoggio dell’assemblea legislativa lombarda.
Auspichiamo vivamente che questa presa di posizione, istituzionalmente vincolante, eviti ogni distrazione agostana e dia all’Assessore regionale la forza necessaria per far sì che a settembre i pendolari della zona di Rho possano effettivamente disporre dei treni per recarsi al lavoro o a scuola.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
Qui di seguito il testo completo dell’ordine del giorno approvato:
 
IL CONSIGLIO REGIONALE
 
PREMESSO CHE
Regione Lombardia considera il miglioramento della qualità del servizio ferroviario regionale uno degli obiettivi dell’azione di governo e che l’area del Comune di Rho è interessata a diversi interventi sull’infrastruttura ferroviaria in vista di Expo 2015.
 
CONSIDERATO CHE
-      dal 14 giugno 2009, con l’entrata in vigore dell’orario estivo, è stata soppressa la fermata di Rho per i treni interregionali della linea Milano Torino, sostituita con la fermata della nuova stazione della Fiera, nonostante questa sia ancora priva di parcheggi pubblici e dei servizi di superficie necessari ai collegamenti con il territorio circostante e non si sia ancora provveduto ad effettuare l’integrazione tariffaria con la metropolitana di Milano.
-      questo provvedimento comporta notevoli disagi per i cittadini di Rho e del territorio circostante, che hanno perso l’unico collegamento diretto con la stazione di Milano Centrale e con il territorio piemontese e che tali disagi si sono manifestati con una petizione con 6.600 firme consegnate a Regione Lombardia dal Centro Sociale Fornace e dal Comitato No Expo, oltre che con manifestazioni presso la città di Rho e lo sciopero del biglietto messo in atto dai pendolari dal 1 luglio 2009.
 
CONSIDERATO INOLTRE CHE
-      l’assenso, in via sperimentale, allo spostamento della fermata da Rho alla Fiera era stato comunicato a Trenitalia dalla Regione Piemonte, da cui dipende la linea in questione, il giorno 19 marzo 2009, in seguito alla riunione tenutasi presso l’Assessorato ai trasporti di Regione Lombardia, a Milano, il giorno 18 marzo.
-      in data 14 luglio, a seguito delle proteste dei pendolari, si è tenuto un incontro presso Regione Lombardia, alla presenza di Regione Piemonte, Trenitalia, Comune di Rho e rappresentanti degli utenti, in cui si è ridiscusso della fermata di Rho e si è rinviata al successivo incontro, che si terrà a Novara il 5 agosto, sulla base di approfondimenti tecnici a carico di Trenitalia, la decisione di quali e quanti treni torneranno a fermare a Rho prima del termine della fase sperimentale e dunque a partire da settembre.
-      in data 22 luglio 2009 il Consiglio Comunale di Rho ha approvato all’unanimità un ordine del giorno che richiede il ripristino, con effetto immediato, della situazione preesistente all’entrata in vigore dell’orario estivo.
 
IMPEGNA L’ASSESSORE ALLE INFRASTRUTTURE E ALLA MOBILITÀ
 
a continuare l'impegno già avviato e ad intraprendere tutte le ulteriori iniziative ed azioni necessarie nei confronti di Regione Piemonte e Trenitalia Spa, anche in vista dell’incontro del 5 agosto, affinché vengano ripristinate le fermate alla stazione della città di Rho per i treni interregionali Milano-Torino.
 
Luciano Muhlbauer (Prc)
Arturo Squassina (Sd)
Francesco Prina (Pd)
Fabrizio Cecchetti (Ln)
 
Milano, 27 luglio 2009
 
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Una generosa sanatoria per una trentina di alti dirigenti regionali, il cui concorso era stato dichiarato illegittimo dal Tar e dal Consiglio di Stato, e pesci in faccia per i lavoratori dipendenti della Regione. Questa è la morale di due norme di legge contenute nelle pieghe della manovra di assestamento di bilancio, approvata ieri sera dalla maggioranza del Consiglio Regionale.
Due norme che riflettono un’unica filosofia: quella dei due pesi e delle due misure, a seconda della distanza gerarchica degli interessati dal vertice politico della Regione. Due norme che sono la conseguenza diretta di contenziosi legali persi dalla Giunta Formigoni, davanti alla magistratura amministrativa per quanto riguarda la prima, davanti alla magistratura ordinaria per quanto riguarda la seconda.
Peccato davvero che chi governa in Lombardia non ce la faccia proprio ad adeguarsi alle sentenze della magistratura, come invece devono fare i comuni mortali, ma che abbia scelto un’altra strada. Ne è scaturito un pasticcio normativo di dubbia moralità e legittimità.
E così, la vicenda dei dirigenti si è risolta con una norma di sanatoria non solo retroattiva, ma anche ad personam, nella misura in cui produce effetti concreti soltanto su quel singolo concorso. Si tratta, in altre parole, di una norma giuridicamente traballante, che mette a rischio la legittimità anche di tutti gli atti amministrativi firmati dai dirigenti in questione.
I dipendenti regionali, invece, hanno ricevuto un trattamento molto meno comprensivo. In questo caso si tratta dell’integrazione regionale alla liquidazione (ex-l.r. 38/81), che esisteva fino al 30 maggio 2000, quando entrò in vigore la nuova disciplina nazionale. A suo tempo, il governo regionale diede un’interpretazione assai stravagante della nuova situazione normativa, interpretandola retroattivamente.
Insomma, la Regione decise, in aperta violazione della legge, che quanti sarebbero andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 di tale integrazione non avrebbero ricevuto nemmeno un euro, con tanti saluti agli anni già maturati. Ne seguirono, ovviamente, centinaia di contenziosi legali, che infine approdarono in Corte di Cassazione, dove si chiarì una volta per tutte (sentenza del 4 luglio 2008) che la retroattività non era ammessa e che la Regione doveva erogare quanto maturato fino alla fatidica data del 2000.
A questo punto tutto doveva considerarsi risolto. Invece no! A distanza di un anno il governo regionale ha escogitato la seguente norma di legge: a tutti i dipendenti regionali in attività verrà erogato subito, previa richiesta individuale, solo il 75% di quanto maturato fino al 30 maggio 2000. E nemmeno una parola su quanti sono già in pensione o su che cosa accadrà a coloro i quali non firmeranno la richiesta “volontaria”.
Anzi, a peggiorare la situazione, nel frattempo diversi alti funzionari della Regione hanno provveduto a far circolare tra il personale la voce che chi non accetta il 75% adesso, il giorno in cui andrà in pensione dovrà fare causa alla Regione per avere quanto gli spetta in base alla legge e alla sentenza di Cassazione. Cioè, un ricatto bello e buono, che discrimina anzitutto quanti andranno in pensione nei prossimi anni.
Con due nostri emendamenti abbiamo proposto di fuoriuscire dall’incertezza e dalle ambiguità. Nulla da fare: respinti. Abbiamo poi chiesto almeno un atto formale che smentisse quelle voci: nessuna reazione, silenzio di tomba.
Ma che qualcosa non quadrasse in questa vicenda, in fondo l’ha dovuto riconoscere lo stesso Assessore Colozzi, accogliendo in Aula un nostro ordine del giorno che impegna la Regione a informare “adeguatamente e esaustivamente” sulla nuova normativa anche quanti già andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 (oltre 600), nonché tutti i lavoratori nel frattempo trasferiti ad altri enti (oltre 1.000).
Siamo francamente sconcertati dall’atteggiamento del centrodestra al governo in Regione Lombardia, che da una parte è disposto a fare carte false pur di non rifare un singolo concorso per dirigenti, mentre dall’altra non trova nulla di strano nel trattare come nemici i dipendenti che quotidianamente fanno funzionare l’istituzione. Quanto poi al rispetto della legalità, meglio lasciar perdere.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
in allegato puoi scaricare il nostro Ordine del giorno approvato dal Consiglio Regionale
 

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Nella serata di ieri, nel corso della sessione di bilancio estiva, il Consiglio Regionale ha approvato alcuni ordini del giorno relativi a crisi aziendali, che impegnano il governo regionale ad intervenire per impedire la chiusura degli stabilimenti e per salvaguardare i livelli occupazionali. Si tratta della Innse di Milano, la Ercole Marelli Power di Sesto San Giovanni (MI) e della Ideal Standard di Brescia.
(puoi scaricare il testo originale degli odg cliccando sull’icona in fondo a questo post).
Infine, una nota al margine. Mentre il Consiglio ha approvato all’unanimità questi ordini del giorno e tutti i dati disponibili annunciano un autunno molto difficile da un punto di vista occupazionale, i provvedimenti economico-finanziari in discussione (Assestamento di bilancio e Dpefr), approvati con il voto favorevole del solo centrodestra, hanno brillato invece per la loro ordinarietà e per l’assenza di una qualsiasi politica anticrisi, che non fosse l’invocazione dell’ottimismo per far riprendere i consumi e la promessa di un po’ di finanziamenti a pioggia alle imprese.
 

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L’accordo raggiunto oggi tra il sindacato inquilini Sicet e l’Aler di Milano, che sospende gli sgomberi nelle case popolari per il mese di agosto e convoca un tavolo di confronto per il mese di settembre, è un fatto positivo.
Da troppo tempo la questione degli occupanti in stato di irregolarità nell’edilizia residenziale pubblica viene affrontata nell’ottica della convenienza politica del momento e non nella prospettiva della soluzione del problema, che non si può certo ottenere con approccio sommario, facendo di tutta l’erba un fascio.
Questa maniera di procedere, infatti, ha portato solo al cronicizzarsi del fenomeno. Intanto, i furbi e gli intrallazzati rimangono indisturbati, mentre i soggetti deboli, magari bimbi compresi, finiscono periodicamente sbattuti per strada, com’è successo nelle ultime settimane.
Peraltro, in questi anni non ha trovato applicazione nemmeno la norma della legge regionale n. 27/2007, ove è previsto che di fronte a uno stato di necessità accertato le Aler e i Comuni possono trovare delle soluzioni abitative alternative nel loro patrimonio non classificato Erp.
Una norma certamente non risolutiva, poiché ci vorrebbe anche una modifica del regolamento regionale attualmente in vigore, che esclude a priori e comunque gli occupanti attualmente irregolari dalla possibilità di accedere agli alloggi Erp, anche se in possesso dei requisiti. Cioè, un vero e proprio vicolo cieco.
Auspichiamo pertanto che il tavolo di confronto di settembre sia l’occasione per affrontare complessivamente la questione, compreso il problema degli alloggi sociali lasciati ingiustificatamente sfitti.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Come ladri di notte domenica 2 agosto le forze dell’ordine hanno sgomberato il presidio degli operai della Innse e hanno fatto entrare nello stabilimento le squadre per lo smontaggio dei macchinari.
Questa mattina una delegazione della Rsu Innse e della Fiom, che da ieri hanno chiesto pressantemente un incontro urgente con Formigoni, è stata ricevuta dal Direttore Generale dell’Istruzione, Formazione e Lavoro, Roberto Albonetti, perché dicono, in Regione, essere tutti in ferie, dalla Presidenza all’Assessore.
Un atto di forza ingiustificabile quello messo in atto da ieri di cui Regione Lombardia è corresponsabile se non interviene subito perché sia sospeso immediatamente lo smontaggio dei macchinari. Chiediamo ancora una volta a Formigoni di intervenire in prima persona per impedire lo smantellamento di una fabbrica sana.
Proprio l’ordine del giorno votato all’unanimità mercoledì scorso dal Consiglio Regionale chiedeva un impegno concreto di Regione Lombardia per sventare il pericolo dell’esecuzione forzata dello smantellamento dei macchinari proprio in questo periodo di ferie. E subito è successo: i ladri di polli sono arrivati! Oggi Formigoni deve scegliere da che parte stare: se dalla parte dei lavoratori e della continuità produttiva della Innse - come tante volte riconosciuto e sostenuto negli ultimi mesi -, o dalla parte di un singolo che fa solo i propri affari e delle speculazioni che si avventano sul sito produttivo di Lambrate.
Gli sgherri di padron Genta devono immediatamente uscire dallo stabilimento abbandonando lo smontaggio degli impianti.
 
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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Stefano Maullu si è evidentemente fatto prendere la mano dalle ansie pre-elettorali, perché una cosa è se una Ferretto o un Borghezio qualsiasi invocano la selezione etnica, ma ben altra cosa è se lo propone formalmente l’Assessore alla Polizia Locale della Lombardia.
Insomma, secondo Maullu, a Milano e nei comuni dell’hinterland andrebbe stabilito un numero chiuso per i “nomadi” e quelli in sovrannumero andrebbero cacciati via. I rom stranieri con un decreto di espulsione e i sinti e i rom italiani con un foglio di via.
Non è affatto chiaro dalle dichiarazioni di Maullu come dovrebbe avvenire concretamente questa selezione, cioè come lui intende distinguere tra “buoni” e “cattivi”, e probabilmente non lo sa nemmeno lui, ma una cosa è chiarissima: egli propone un numero chiuso su base etnica.
Altro che “esperienza francese”, alla quale Maullu pretende ispirarsi, le sue parole ricordano piuttosto certi discorsi in voga nella Germania di settant’anni fa.
Capiamo molto bene che si è aperto lo scontro intestino al centrodestra in vista delle imminenti elezioni regionali e che Maullu cerca di rincorrere la Lega e l’estrema destra sul loro terreno. Ma c’è un limite a tutto e l’Assessore regionale alla Polizia Locale oggi lo ha decisamente oltrepassato.
Riteniamo pertanto necessario che il Presidente Formigoni chiarisca urgentemente se la proposta del suo Assessore è stata fatta a nome di Regione Lombardia oppure no. E non si tratta certo di una questione di lana caprina.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Nell’esprimere tutta la nostra solidarietà ai precari della scuola in presidio permanente davanti all’Ufficio scolastico di Milano, chiediamo alla Giunta regionale di fuoriuscire dalle ambiguità e di intervenire con urgenza nei confronti del governo nazionale affinché i contratti annuali scaduti negli ultimi mesi vengano riconfermati anche per l’anno scolastico 2009/2010.
Infatti, negli ultimi dieci giorni sono arrivati da Regione Lombardia segnali contradditori rispetto alla questione dei tagli di posti di lavoro nelle scuole lombarde, che non hanno fatto altro che aumentare le incertezze e le preoccupazioni. Prima, in occasione del meeting di Cl di Rimini, il Presidente Formigoni si era limitato a parlare della necessità di garantire gli ammortizzatori sociali ai precari della scuola licenziati, poi, secondo quanto dichiarato ora alla stampa dal direttore scolastico regionale, Giuseppe Colosio, la Regione starebbe invece lavorando a un non meglio precisato piano di “riutilizzo” dei precari in esubero.
Insomma, un balletto di annunci e indiscrezioni che non affrontano il problema e che servono soltanto a distogliere l’attenzione pubblica dall’assenza di ogni seria iniziativa politico-istituzionale nei confronti del governo e del Ministro Gelmini.
Quello che rischia di accadere concretamente in questi giorni in Lombardia e nelle altre regioni è purtroppo soltanto l’antipasto di quello che accadrà tra un anno, se non verranno rivisti i tagli draconiani alla scuola pubblica previsti dalla famigerata legge 133/2008. E non si tratta “soltanto” di una questione di posti di lavoro, ma altresì di quella della qualità della scuola.
Sappiamo bene come la pensa l’attuale governo lombardo in materia di scuola, visto che ogni anno dirotta scandalosamente ingenti somme dal bilancio regionale verso la scuola privata, ma riteniamo che sarebbe comunque inaccettabile se Regione Lombardia continuasse con le sue ambiguità rispetto alla drammatica situazione a cui le proteste dei precari della scuola stanno semplicemente dando un volto e una voce.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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