Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Una relazione pilatesca, quella della Commissione ministeriale De Mistura sui centri di permanenza temporanea. E forse non poteva essere diversamente, visto che il dibattito politico sull’immigrazione e, in particolare, sui Cpt è invaso e pervaso dalla propaganda e dalla peggior demagogia.
Guardandola da vicino, l’indagine realizzata dalla Commissione conferma larga parte delle denunce che da molti anni avanzano i movimenti e le associazioni e che troppo spesso sono state ignorate o ridicolizzate. E questo vale per le condizioni di detenzione, per il folle regime giuridico speciale a cui i cittadini non comunitari sono sottoposti, privati così della libertà personale senza mai vedere un giudice ordinario, e per la sostanziale inutilità e inefficacia del sistema Cpt.
Insomma, la Commissione ci pare confermi ampiamente quello che anche noi abbiamo visto e denunciato nella nostra attività di monitoraggio del centro di via Corelli, cioè che i Cpt sono dei costosissimi buchi neri dello stato di diritto, che a nulla servono, se non a fornire un alibi politico alla vulgata securitaria.
Tuttavia, la Commissione evita accuratamente di trarre l’unica conclusione ragionevole, cioè che i Cpt vanno chiusi, optando invece per un più enigmatico “progressivo svuotamento”. E non a caso è esattamente su questo punto che le organizzazioni che compongono la Commissione mostrano una differenza di opinioni.
Così, la patata bollente viene passata alla politica, la quale non potrà sottrarsi alle sue responsabilità. Chiediamo dunque coerenza, anzitutto al Governo. Cioè, se è vero che i Cpt sono inutili e inefficaci, che rappresentano uno spreco di soldi pubblici e che violano i diritti della persona, allora c’è un’unica cosa da fare: chiuderli per sempre!
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Oggi, alle ore 16.00, presso l’auditorium “Giorgio Gaber” del Pirellone, il Ministro Ferrero incontrerà le realtà associative e sindacali impegnate sul terreno dell’immigrazione. L’incontro fa parte di un tour che tocca tutte le regioni italiane ed è finalizzato a raccogliere le proposte provenienti dalla società civile in vista della discussione sulla nuova legislazione sull’immigrazione.
L’incontro che si tiene oggi a Milano è di un’importanza particolare, poiché si svolge nella regione italiana che concentra da sola un quarto dell’immigrazione nazionale, cioè quasi 900mila uomini e donne. Si tratta dunque di un osservatorio privilegiato per misurare gli effetti drammatici di una politica che finora ha puntato tutto sull’approccio repressivo, emarginando le politiche di accoglienza e inclusione e finendo così per favorire la diffusione della condizione di clandestinità e delle dinamiche di ghettizzazione.
Non a caso La Lombardia è anche la regione dove mancano clamorosamente delle politiche attive locali che possano favorire la convivenza e la coesione di una società che si fa sempre più multietnica. E significative sono le responsabilità politiche di chi governa questo territorio, poiché Regione Lombardia non solo non ha mai voluto affrontare il tema, ma ha fatto di peggio, inserendo con triste regolarità elementi discriminatori nei vari provvedimenti di legge, poi spesso bocciati dal Tar o dalla Corte Costituzionale.
Una società che cambia velocemente e una politica che rifiuta di affrontare la realtà, abbandonandosi in alcune sue parti estreme, ma politicamente pesanti, come Lega e An, persino a vere e proprie campagne xenofobe o peggio, sono gli ingredienti che fanno assomigliare la Lombardia a un treno lanciato a folle velocità verso il precipizio. Opera docet.
Ecco perché è estremamente prezioso il contributo delle realtà della società civile che quotidianamente sono attive sul campo e che chiedono all’unisono di cambiare strada, prima che i guasti diventino irreparabili. Rifondazione Comunista condivide e sostiene il documento del cartello di associazioni, dall’Arci a diversi comitati di immigrati, dalla Fillea-Cgil al SdL intecategoriale, che oggi sollecita il Governo a modificare radicalmente politica, a cominciare dall’abolizione urgente della Bossi-Fini, senza tornare alla Turco-Napolitano, e dalla chiusura dei Cpt.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il documento che le associazioni presenteranno al Min. Ferrero
La richiesta alla Regione da parte del Presidente della Provincia di Milano, Penati, di rifinanziare la legge regionale n. 77 del 1989, relativa alle “popolazioni nomadi e semi-nomadi”, è totalmente condivisibile.
Da tempo la maggioranza di centrodestra in Regione boicotta l’applicazione della legge, negando anno dopo anno anche solo un euro di finanziamento. Rifondazione Comunista e tutta l’Unione hanno chiesto ripetutamente che venisse rifinanziata, l’ultima volta poche settimane fa, in occasione della discussione del bilancio regionale. Ma la maggioranza di centrodestra, trainata dal grido di guerra leghista “neanche un euro ai rom”, ha sempre respinto mozioni e ordini del giorno.
La legge regionale non è sicuramente perfetta, poiché è figlia del suo tempo e pertanto non fuoriesce dalla logica dei “campi”. Tuttavia, qualora applicata, sarebbe un prezioso strumento per liberare risorse economiche per gli enti locali che intendono promuovere politiche di accoglienza e azioni di inserimento.
Invece, la Regione ignora l’esistenza di quella legge e diserta irresponsabilmente la collaborazione interistituzionale, che invece Provincia e Comune di Milano stanno tentando di avviare. Anzi, la maggioranza di centrodestra, sempre su iniziativa della Lega Nord, propone ora persino una modifica della legge sul territorio, che vorrebbe imporre a ogni ente locale il consenso preventivo dei “comuni limitrofi” all’insediamento di popolazioni rom. In altre parole, una vera e propria azione di sabotaggio dell’esile filo di dialogo e collaborazione tra Provincia e Comune.
Rifondazione Comunista ribadisce la sua convinzione che vada costruita una nuova politica, oltre l’emergenza e oltre la logica dei “campi nomadi” per popolazioni che in larga parte non sono nomadi da generazioni. Ma, allo stesso tempo, valuta positivamente il piccolo segnale di cambiamento che oggi rappresenta l’accordo tra Provincia e Comune. Per questo non possiamo che essere preoccupati dal comportamento di Regione Lombardia e rinnoviamo il nostro invito a Formigoni di emanciparsi dal diktat strumentale e xenofobo della Lega, sedendosi invece al tavolo interistituzionale, rifinanziando la legge regionale e rinunciando alla modifica della legge sul territorio.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 9 gennaio 2007 (pag. Milano)
Non se n’era accorto quasi nessuno, ma il 13 dicembre scorso la Giunta regionale ha deliberato l’ennesima proposta di modifica della legge 12, quella sul governo del territorio, che nei suoi interstizi nasconde una vera e propria bomba ad orologeria per quanto riguarda la questione rom e, in particolare, l’esile filo di collaborazione istituzionale tra Comune e Provincia di Milano.
Infatti, la Giunta regionale, su richiesta della Lega, vorrebbe introdurre per legge il principio del consenso dei “comuni limitrofi” all’insediamento di “campi di sosta o di transito dei nomadi”, da acquisire sin dalla stesura del documento di piano. In altre parole, se un comune decide di ospitare, anche solo temporaneamente, un “campo”, allora deve anzitutto prevedere un’apposita area nel documento di piano e, poi, avere il consenso di dei comuni confinanti. Cioè, ogni amministrazione di un comune limitrofo disporrebbe di una sorta di diritto di veto.
Non è la prima volta che il centrodestra regionale abusa dello strumento urbanistico per accontentare la demagogia xenofoba dell’estrema destra, cioè di Lega e An. Accadde già nella primavera scorsa, in occasione di un’altra modifica della legge 12, quando fu surrettiziamente introdotta una norma anti-moschee, peraltro palesemente illegittima sotto il profilo costituzionale. Ma questa volta la strumentalizzazione politica supera ogni limite di decenza.
Non solo si insiste sulla devastante logica dei “campi nomadi” per popolazioni che in larghissima parte non praticano il nomadismo da generazioni, ma si intende persino fornire uno strumento normativo ad hoc a Lega e An, cioè a quelle forze politiche che a Milano gridano al trasferimento dei rom nell’hinterland, salvo poi ispirare e capeggiare i roghi di Opera.
Se nel centrodestra lombardo esistono ancora delle persone dotate di senso di responsabilità, allora è giunto il momento di battere un colpo e di impedire l’approvazione di questo scempio, il cui unico scopo è quello di alimentare il rivoltante spettacolo del tanto peggio, tanto meglio.
In Lombardia si concentra quasi un quarto dell’immigrazione totale del nostro Paese, cioè oltre 800mila uomini e donne. Un fenomeno che non ha nulla di temporaneo, ma che è destinato a cambiare durevolmente la nostra società. Piaccia o non piaccia, questa è la realtà. Eppure, la Lombardia è anche la terra dove manca del tutto una politica organica che favorisca l’inclusione e la convivenza, mentre non mancano mai le strumentalizzazioni o peggio.
Una contraddizione e una miopia politica che, ahinoi, si riproducono anche in questi giorni, in occasione della discussione della Finanziaria regionale. Infatti, i miseri stanziamenti regionali previsti dalla Giunta per gli “interventi per l’immigrazione” sono stati ridotti ulteriormente, di 300mila euro per la precisione, accogliendo in commissione un emendamento della Lega Nord. Ma oltre il danno c’è anche la beffa, poiché l’emendamento leghista ha spostato quelle risorse sul fondo sociale regionale destinato a interventi a favore di “anziani, minori e handicappati”. Un bell’esempio di civiltà politica, davvero, quello di mettere in concorrenza tra di loro le categorie disagiate.
Ma, ovviamente, non finisce qui. Mentre un giorno sì e l’altro pure si grida al “pericolo rom” e si susseguono gli sgomberi delle baraccopoli, chiamati impropriamente “campi”, la Regione Lombardia omette per l’ennesimo anno consecutivo di rifinanziare la legge regionale n. 77 del 1989, che prevede tra l’altro contributi economici a favore degli enti locali. Insomma, si chiacchiera tanto, ma poi la Regione boicotta persino l’applicazione delle sue stesse leggi.
Rifondazione Comunista e altre forze dell’Unione hanno presentato una serie di emendamenti e ordini del giorno. Nulla di estremista beninteso, si chiede semplicemente di fare il minimo indispensabile e di rinunciare alle strumentalizzazioni. Quindi, sollecitiamo in particolare il presidente Formigoni e il partito di maggioranza relativa a battere un colpo e a farci sapere se intendono far prevalere il buon senso, oppure continuare a sottostare ai ricatti demagogici di Lega e An.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 17 dicembre 2006 (pag. Milano)
In Lombardia vivono ormai oltre 800mila cittadini immigrati, cioè un quarto del totale nazionale. Eppure, proprio nella nostra regione non c’è traccia di una politica di accoglienza e inclusione, mentre non mancano mai parole e atti istituzionali che tendono a additare l’immigrato, sempre e comunque, come un problema, se non come un nemico. In questi giorni stanno a ricordarcelo vicende come il linciaggio mediatico di Azouz, quella specie di guerra del presepe oppure lo sgombero della baraccopoli rom di via Ripamonti a Milano, che ha gettato decine di famiglie in mezzo alla strada.
Ma questi episodi sono semplicemente la punta dell’iceberg e mille altre storie, spesso sconosciute ai più, si consumano nella quotidianità delle nostre città e quartieri. E allora vogliamo raccontarne una, perché paradigmatica di una miseria della politica che non promette nulla di buono.
La nostra storia si svolge a Magenta, comune di 22mila abitanti nell’ovest milanese, e inizia con la decisone di un gruppo di operai immigrati, di diverse nazionalità, di affittare regolarmente un capannone per svolgervi attività culturale e per pregare. Nulla di strano si direbbe, ma poiché quegli operai sono musulmani, la Lega Nord non perde l’occasione e scatena una sorta di crociata dal titolo “No alla moschea”, condita con la solita fraseologia islamofobica e razzista. Sul muro di cinta del capannone appare persino la scritta “Bossi vi ucciderà”.
La Lega non rappresenta granché a Magenta, ma visto che tra qualche mese si vota per le amministrative, il Sindaco (di centrodestra) ha pensato bene di fregarsene di sciocchezzuole come la libertà di culto, tutelata peraltro dalla Costituzione, e si è messo a cavalcare la tigre. Da allora è stato un susseguirsi di visite dei vigili urbani, i quali, regolamenti edilizi alla mano, hanno fatto piovere multa su multa. E non importa che nei dintorni ci siano anche altre associazioni che da tempo e in santa pace occupano spazi simili. Loro sono mica islamici!
Ma per fortuna non tutto tace. Nel magentino c’è anche il Comitato intercomunale per la Pace, che da sempre è sensibile alla questione della convivenza e dell’inclusione, il quale ha dato vita a un comitato di solidarietà con gli operai immigrati. Stanno organizzando anche un’assemblea pubblica per il 18 dicembre, Giornata internazionale del Migrante, sebbene il nostro Sindaco crociato tenti di impedirglielo con ogni mezzo.
A questo punto la nostra proposta è molto semplice: se potete, il 18 andate a Magenta oppure, molto più comodamente, visitate il sito www.comitatopace.it e firmate l’appello. Scegliete voi, ma non lasciamo soli quegli operai e quanti resistono all’idiozia e all’irresponsabilità di amministratori che per un pugno di voti sono disponibili a qualsiasi bassezza.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 28 ottobre 2006
Il tema immigrazione, si sa, in politica è argomento ostico, specie dalle parti del centrosinistra. Infatti, terreno di incursione politica e culturale delle destre e inquinato dalla peggior demagogia, difficilmente gratifica sul piano del consenso elettorale quanti parlano di diritti.
Proprio per questo il programma dell’Unione aveva suscitato qualche aspettativa. Certo, si trattava di un compromesso, ma in fondo non era poca cosa che si parlasse di abrogazione della Bossi-Fini, di superamento dei Cpt, di riconoscimento del permesso di soggiorno al lavoratore irregolare che denunciasse la sua condizione o di meccanismi permanenti di regolarizzazione per i sans-papiers. In altre parole, sembrava possibile mettere in discussione quel caposaldo delle politiche migratorie degli ultimi dieci anni che considera il migrante esclusivamente come un problema di ordine pubblico e come manodopera a basso costo e senza diritti.
Tuttavia, e anche questo si sa, un conto è scrivere le cose sul programma elettorale, ben altro è poi attuarle. Così, passati sei mesi dalle elezioni, quella parte di programma, alla pari di altre a dire il vero, sembra già in fase di riscrittura moderata e si riaffaccia prepotentemente il continuismo. Basti ricordare che la bozza Amato si pone in linea di continuità non soltanto con la Turco-Napolitano, ma altresì con parte della Bossi-Fini, oppure che gli interventi contro lo sfruttamento del lavoro irregolare sono stati posticipati e che il Ministro Ferrero è rimasto da solo a sostenere quanto scritto nel programma.
Ma l’esempio forse più limpido è la sostituzione, da parte del Ministro, della parola d’ordine del “superamento” dei Cpt con quella della loro “necessità”. Infatti, i Centri di permanenza temporanea sono simbolo e paradigma dell’approccio securitario e del doppio binario giuridico che ne consegue. E quindi, chi se ne frega se le carceri amministrative sono anticostituzionali e se in fondo non servono a nulla, salvo a fare da costoso alibi per una politica repressiva che fabbrica clandestinità e ghettizzazione.
Succede tutto questo, eppure da parte dei movimenti e delle associazioni c’è troppo silenzio. Beninteso, delle iniziative ci sono state, ma deboli e frastagliate. E segnate quasi sempre da divisioni e polemiche politiche, in una replica in peggio di quanto sta accadendo tra le forze pacifiste e quanto rischiava di accadere in vista della manifestazione del 4 novembre.
È risaputo che le piazze non si riempiono con un mero atto di volontà, ma ritirarsi ognuno nei propri spazi di identità politica e abbandonare il terreno della ricerca di iniziative convergenti a chi e a che cosa serve? Davvero l’unica domanda che importa è “stai con il governo o contro il governo?” come se fossimo semplici spettatori? Di questo passo si rischia la marginalità, mentre mai come oggi c’è un terribile bisogno di rompere il silenzio e di rimettere in moto la mobilitazione sociale e politica. Forse, molto più semplicemente, ci vuole uno scatto di sano e radicale realismo, che metta in secondo piano non certo le differenze, ma quelle dispute che frenano la presa di iniziativa.
Oggi a Milano, capoluogo della regione in cui si concentra un quarto dell’immigrazione nazionale, un arco plurale di forze manifesterà davanti al Cpt di via Corelli, dove 112 migranti sono segregati dietro alti muri di cementi e sorvegliati da 130 agenti di polizia. L’iniziativa ne chiede la chiusura. Che possa essere di buon auspicio e un viatico per la riuscita del 4 novembre, cioè per rompere finalmente il silenzio.
Oggi in Consiglio regionale la Commissione Territorio ha approvato la modifica della legge n.1/2002 sul trasporto pubblico locale. In realtà un atto dovuto, poiché una sentenza della Corte Costituzionale del 2005 aveva dichiarato illegittime le norme che escludevano i cittadini stranieri regolarmente residenti in Lombardia, e in condizioni di comprovato disagio psico-fisico o economico, dalle esenzioni e agevolazioni tariffarie.
Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che la Corte costituzionale è costretta a intervenire per cancellare insensate clausole discriminatorie. Già il Tar della Lombardia tre mesi fa ha dichiarato illegittime, trasmettendo gli atti alla Corte costituzionale, le norme che impongono il vincolo di cinque anni di residenza in Lombardia per poter accedere alle graduatorie per le case popolari, vincolo che discrimina peraltro anche molti cittadini italiani; e quasi scontato è anche un intervento contro quel passaggio, introdotto a giugno nella legge regionale sul territorio, che ostacola surrettiziamente l’esercizio della libertà religiosa.
Tutte azioni correttive prevedibili, quindi, e ciononostante la maggioranza di Formigoni insiste ad accontentare, in ogni occasione, la demagogia razzista della Lega e di parte di An. Lo stesso veto ideologico che fino a oggi ha impedito al Consiglio regionale lombardo di poter legiferare in materia di immigrazione, come invece hanno già fatto molte regioni italiane.
Una vera e propria follia politica proprio laddove si concentra un quarto dell’immigrazione in Italia, cioè oltre 800mila persone. Davvero si pensa di poter affrontare i profondi cambiamenti in atto nella società lombarda con uno spezzatino di semplici norme discriminatorie ed escludenti e rinunciando a una politica che favorisca l’inclusione e la convivenza? Difficile crederlo, ma finora i fatti ci dicono che Formigoni preferisce cavalcare la xenofobia leghista, piuttosto che aprire un confronto politico a tutto campo.
E a pagare il conto di questa situazione surreale, tanto per cambiare, sono chiamati i cittadini, siano essi stranieri o italiani. Se dalle parti del centrodestra è rimasto qualche briciolo di buon senso, Rifondazione Comunista è disponibile sin da subito ad aprire il confronto, a patto che si archivi finalmente la strada della demagogia e dell’intolleranza.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Tutti quanti eravamo e siamo consapevoli che in tema di immigrazione esistono posizioni e approcci diversi anche all’interno dell’Unione. Eppure, le parole e gli annunci del Ministro degli Interni Amato lasciano francamente sbigottiti, sia per la leggerezza con cui egli butta nel cestino quanto scritto nel programma della coalizione, sia per i toni sprezzanti con i quali intende liquidare la questione del “superamento” dei Cpt.
Non giova proprio a nessuno sostenere il falso palese, cioè che i Cpt servirebbero per individuare i delinquenti e i malati, e banalizzare così una questione che peraltro investe la nostra civiltà giuridica e democratica. Piuttosto, il Ministro ponga finalmente e urgentemente fine all’insopportabile omertà istituzionale che circonda l’universo della detenzione amministrativa e renda pubblici tutti i dati relativi ai Cpt. Cioè, si dica ai cittadini quanto costano i Cpt, comprese le convenzioni con soggetti privati, quante e quali persone transitano in quelle strutture detentive e che fine fanno e quanti sono gli “incidenti” che vi capitano con preoccupante regolarità.
Se tutta va bene, se quei Cpt servono così tanto e se sono persino compatibili con la nostra Costituzione, allora perché vengono nascosti all’opinione pubblica come un segreto di stato? Sia per la stampa che per i rappresentanti istituzionali, è più facile sapere cosa accade in un carcere di massima sicurezza, che non in un Cpt qualsiasi. Figuriamoci poi per un cittadino normalissimo.
A Milano, da ormai tre mesi, numerose associazioni chiedono alla Prefettura - e per suo tramite al Ministero - di rendere pubblici tutti i dati relativi al Cpt di Via Corelli. Risultato? Silenzio assoluto e assordante.
Insomma, se non c’è nulla da nascondere, allora si dia una risposta alle tante richieste di trasparenza, a Milano e dappertutto. E poi ricominciamo da capo la discussione sulla “necessità” delle carceri amministrative su base etnica, ma almeno senza quelle parole a dir poco inopportune”.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista esprime tutta la sua solidarietà a Amir Karar, cittadino pakistano di 23 anni, rinchiuso nel Cpt di Via Corelli di Milano sin dal 4 settembre scorso.
Amir era stato fermato ad Arezzo, dove risiedeva da due anni, e poiché era privo di permesso di soggiorno era stato fatto oggetto di provvedimento di espulsione e di conseguenza tradotto nel Cpt milanese. La storia di Amir è quella di una persona approdata in Italia dopo una fuga dal suo paese, causata dalle persecuzioni che subiva. Infatti, Amir appartiene alla minoranza sciita del suo paese, sottoposta da anni a gravi violenze da parte di gruppi sunniti militanti con ampie complicità negli apparati di sicurezza pakistane. Il fatto che fosse il segretario generale dell’associazione sciita “Shia Markiz” fece sì che subisse minacce di ogni tipo, fino ad una aggressione fisica che lo ridusse in fin di vita.
Appena fermato dalla Digos di Arezzo raccontò la sua storia, ma la sua condizione non è stata presa in considerazione, sebbene la normativa in vigore affermi esplicitamente che “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione”. Nemmeno al suo arrivo al Cpt di Via Corelli gli hanno dato retta, poiché gli operatori della Croce Rossa, che ha in gestione il centro, omisero per tre giorni di inoltrare la sua richiesta di asilo politico.
Amir ha avuto la fortuna di avere tanti amici ad Arezzo che si sono impegnati a far conoscere il suo caso. Per questo alla fine ha potuto fare almeno richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. Altri, magari senza molti amici, finiscono spesso nell’infernale meccanismo della Bossi-Fini, per così sparire in qualche Cpt e poi chissà dove, senza che nessuno venga mai a sapere nulla.
Domani giovedì la competente commissione territoriale di Milano deciderà le sorti di Amir. Visti i precedenti pensiamo però che occorra la massima vigilanza per evitare che Amir possa essere espulso e dunque subire una specie di condanna a morte. Ecco perché facciamo appello alle associazioni, alle forze politiche e alle istituzioni ad adoperarsi affinché ad Amir venga riconosciuto il diritto di stare regolarmente in Italia, magari anche partecipando al presidio che i suoi amici organizzano presso la Prefettura a partire dalle ore 9.00.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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