Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 31 marzo 2010 (pag. Milano)
Non ce l’abbiamo fatta a rimanere nel Consiglio regionale della Lombardia. Il voto alla lista della Federazione della Sinistra doveva superare il 3%, cioè la soglia di sbarramento, ma ci siamo fermati ben prima, al 2,04%.
Alcuni pensano che questa sia l’ora della recriminazione, contro l’astensionismo, contro i grillini, contro Penati, contro il destino cinico e baro. Ma sbagliano, perché il problema sta dalla nostra parte, anzi, il problema siamo noi, la sinistra riunita in federazione e quella in generale. Ebbene sì, perché c’è poco da ridere anche per gli altri, visto che Sel ottiene un consigliere soltanto grazie all’ombrello protettivo di Penati e con un misero 1,38%.
Quanto a Penati, inutile perdere altro tempo, visto che è andato peggio di 10 punti rispetto a Sarfatti nel 2005 e appena un po’ meglio, cioè di 1,7 punti, rispetto a Martinazzoli nel lontano 2000.
Insomma, si è confermato quello che si intuiva, cioè se la crisi, economica, morale e politica, non trova una via d’uscita a sinistra, allora la trova a destra. E la marea leghista sta lì a dimostrarlo.
E allora, tornando al punto, dobbiamo ragionare su noi stessi, su una sinistra inadeguata persino a rappresentare il bisogno di sinistra esistente, oggi e qui. Altrimenti come si spiegherebbe la forte emorragia di voti, addirittura superiore all’aumento dell’astensionismo medio, verso il non voto, i grillini o l’IdV?
I numeri, soprattutto quelli veri, sono impietosi. La FdS ha raccolto 87.220 voti (2.04%). Il nostro candidato Presidente, Vittorio Agnoletto, 113.749 (2,36%). Alle ultime elezioni regionali, cinque anni fa, Rifondazione da sola ottenne 248mila voti (5,7%) e i Comunisti Italiani altri 104.246 voti (2,4%). E non siamo nemmeno riusciti a tenere i voti che la FdS raccolse in Lombardia l’anno scorso, in occasione delle europee, cioè 147mila.
Sono dati che non ammettono repliche, che fotografano una disfatta (perché le cose vanno chiamate con il loro nome). E quindi, le 4.088 preferenze espresse al sottoscritto nella circoscrizione di Milano hanno quasi il sapore della beffa, perché sono più del doppio di quelle di cinque anni fa, quando fui eletto. Ma quelle preferenze sono anche e anzitutto il risultato dell’impegno e del crederci di tanti e tante e, in questo senso, il miglior apprezzamento del lavoro svolto che uno si possa immaginare.
A chi in questa campagna elettorale si è sbattuto, a chi ha attacchinato, distribuito materiale, convinto altri, scritto mail e sms, o semplicemente è andato a votare, affrontando il fatidico quesito “ma dove cavolo si mette questa H?”, a chi ha fatto uno sforzo generoso e non scontato, decidendo magari di andare a votare per prima volta, o a chi quel partito non l’avrebbe mai più votato, ma poi l’ha fatto lo stesso, a tutti voi un grazie enorme, di testa e di cuore.
E, infine, un impegno, una certezza e un auspicio. L’impegno è di non ritirarmi a vita privata, di continuare il lavoro, nelle forme possibili e nello stesso spirito, tenendo unite parole e fatti, sociale e politico.
La certezza è che a sinistra così non si può andare avanti, che occorre una scossa, un fatto nuovo, aria fresca, capacità unitaria e un atto di liberazione dall’autoreferenzialità degli apparati.
L’auspicio è che non ci disperdiamo, che valorizziamo le cose fatte insieme in questi anni e, soprattutto, che affrontiamo insieme le battaglie e i percorsi del domani.
Ci abbiamo provato, ma non ce l’abbiamo fatta. Siamo fuori dal Consiglio regionale della Lombardia. Il voto di lista doveva superare il 3%, cioè la soglia di sbarramento, ma ci siamo fermati al 2,04%.
A chi in questa campagna elettorale si è sbattuto, a chi ha attacchinato, distribuito materiale, convinto altri, scritto mail e sms, o semplicemente è andato a votare, affrontando il fatidico quesito “ma dove cavolo si mette questa H?”, a chi ha fatto uno sforzo generoso e non scontato, decidendo di andare a votare per prima volta, o a chi quel partito non l’avrebbe mai più votato, ma poi l’ha fatto lo stesso, a tutti voi un grazie enorme, di testa e di cuore.
Il vostro lavoro, il vostro impegno e il vostro crederci non ha portato al risultato auspicato, ma è comunque misurabile nei numeri, cioè nel voto di preferenza attribuito al sottoscritto, che risulta essere il più votato della lista della FdS nella circoscrizione di Milano: 4.088 voti di preferenza.
Un risultato straordinario, perché più alto di quello ottenuto dai neo-consiglieri eletti nella circoscrizione di Milano di IdV, Udc, Pensionati e Sel (queste ultime due liste entrano soltanto grazie all’ombrello protettivo di Penati, avendo ottenuto rispettivamente l’1,6% e l’1,38% dei consensi) e, soprattutto, perché rappresenta un raddoppiamento delle preferenze al sottoscritto rispetto a 5 anni fa (1.889).
Un risultato che riflette il vostro impegno e, penso, un apprezzamento per il lavoro svolto, ma che ha anche il sapore della beffa. Infatti, la disfatta (perché le cose vanno chiamate con il loro nome) della sinistra emerge impietosa dai numeri assoluti, cioè dai voti veri.
La Federazione della Sinistra (FdS) ha raccolto 87.220 voti. Il suo candidato Presidente, Vittorio Agnoletto, 113.749, corrispondente al 2,36%. Alle ultime elezioni regionali, cinque anni fa, Rifondazione ottenne 248mila voti (5,7%), ai quali vanno aggiunti quelli dei Comunisti Italiani (la FdS unisce Prc e PdCi), cioè altri 104.246 voti (2,4%). Insomma, una voragine!
E non siamo nemmeno riusciti a tenere i voti che la FdS ottenne l’anno scorso, in occasione delle europee, cioè 147mila.
Insomma, la fotografia del disastro sta tutto qui. E da qui occorre ripartire, aprendo una riflessione seria e senza sconti. Lo faremo, spero tutti e tutte insieme, a partire dai prossimi giorni, con un’unica certezza: così non si può andare avanti.
Ormai ci siamo, il 28 e il 29 marzo si vota per eleggere il Presidente e il Consiglio Regionale della Lombardia. Cioè, voterai per scegliere il capo del governo regionale, eletto direttamente, visto che siamo in regime presidenzialista (purtroppo), e voterai per decidere chi dovrà rappresentarti nel Consiglio regionale, cioè nell’assemblea legislativa della nostra regione.
Tutto questo dovrebbe essere già sufficiente per spiegare perché bisogna andare a votare e non starsene a casa o da un’altra parte. Già, perché se tu rinunci al tuo voto e a dire la tua nell’urna, sebbene la partecipazione politica e democratica non si esaurisca certo con la scheda elettorale, in fondo rinunci a un tuo diritto e consegni ad altri le tue scelte.
Eppure, questa volta il fantasma dell’astensionismo, del “siete tutti uguali” e dell’“andate affa… tutti”, rischia di materializzarsi in maniera consistente, non solo a destra, ma anche dalle nostre parti. E comprensibilmente, a dire la verità, perché lo schifo che provoca lo stato di cose esistente, tra corruzione, casini sulle liste e immobilismo di fronte alla crisi, se non peggio, non trova certo una risposta positiva e convincente in un’opposizione che appare inadeguata sotto ogni punto di vista, per usare un eufemismo.
Ma la resa e la fuga dal voto non sono una buona soluzione. Anzi, proprio ora, bisogna fare uno sforzo e andare a votare e votare a sinistra.
Ebbene sì, perché in Lombardia non ci aspettano tempi tranquilli. La crisi morde e vinceranno ancora Formigoni, Cl e la Lega, anche grazie alla scelta autoreferenziale del Pd, che ha deciso di dividere le opposizioni e di lasciare campo libero alle destre, interessandosi unicamente alla cura del proprio orticello. La conseguenza è stata l’indicazione di Penati come candidato presidente del Pd. Cioè, l’uomo che ha fatto della rottura con la sinistra e della rincorsa delle destre sul loro terreno la sua fallimentare bandiera politica.
Una cosa pericolosa in sé, ma ancora più preoccupante alla luce degli scricchioli del formigonismo. In altre parole, il sistema di potere è forte ed egemone, ma è anche stanco e ha perso spinta. L’assordante afonia di fronte alla crisi ne è testimonianza esemplare. E poi c’è la questione morale che incalza, di cui la vicenda Prosperini (vedi 1 e 2), uomo collocato alla periferia del sistema di potere, rappresenta semplicemente la punta della montagna di marciume.
Insomma, il modello Formigoni sta entrando nella sua fase senile, ma non è pronta una via d’uscita a sinistra. E quindi, come sempre accade in questi casi, se non si esce da una parte, allora si esce dall’altra parte. E il prevedibile rafforzamento della Lega e dei suoi discorsi xenofobi e razzisti sta lì a ricordarci la serietà del problema.
Insomma, la prossima legislatura sarà instabile, segnata da lotte di potere interne, piena di schizzi di fango e, chissà, forse non arriverà nemmeno alla sua fine naturale.
Ecco dunque la ragione per andare a votare e votare a sinistra, cioè la Federazione della Sinistra. Perché nel prossimo Consiglio ci sia qualcuno che garantisca un’opposizione intelligente, inflessibile e determinata al sistema di potere e che possa contribuire alla costruzione di un’alternativa, tenendo vivo il legame con le realtà sociali.
Tralascio, ovviamente, il discorso sulla preferenza da esprimere per il candidato consigliere. Siamo sul blog del consigliere uscente, nonché candidato capolista per la FdS nel collegio di Milano (che comprende tutto il territorio della Provincia di Milano) e dunque sarebbe anche un po’ banale e imbarazzante. Comunque, se vuoi sapere cosa pensano altri della mia candidatura, puoi leggere i vari appelli qui:
A questo punto, se hai deciso di andare a votare e di votare a sinistra -o se hai almeno preso in considerazione questa possibilità- si pone il problema del come votare. Un problema apparentemente semplice, ma parlando con le persone reali ti rendi conto che non è così. Infatti, ormai c’è un’elezione all’anno e ogni volta con un sistema elettorale diverso e, quindi, c’è una grande confusione.
Andiamo quindi per punti, cercando di rispondere a tutte le domande che potrebbero porsi, segnalando sin d’ora che una simulazione pratica su come si vota, con fac simile identico alla scheda che troverai al seggio, puoi trovarla qui: http://www.youtube.com/watch?v=92w-7-HstOY
1. il sistema elettorale per le regionali prevede un unico turno, cioè non c’è ballottaggio;
2. il sistema è proporzionale, con correzione: premio di maggioranza e listino del Presidente;
3. diventa Presidente della Regione il candidato che ottiene più voti;
4. il candidato Presidente della Federazione della Sinistra (che unisce Prc, Pdci e liste civiche) è Vittorio Agnoletto.
5. Vittorio Agnoletto si è messo a disposizione della battaglia politica della sinistra, candidandosi alla Presidenza della Regione per la FdS, ma non si candida per fare il consigliere regionale. Cioè, il sistema elettorale vigente (molto contorto), a differenza di quello che accade per le elezioni amministrative, non prevede che i candidati presidenti diversi dal vincitore diventino consiglieri;
6. i consiglieri regionali vengono eletti su liste provinciali e c’è il voto di preferenza (unica). Devi dunque, anzitutto, mettere una croce sul simbolo della lista prescelta, in questo caso la FdS e, poi, di fianco scrivere il cognome del candidato che ha la tua preferenza, nel nostro caso Muhlbauer. Per una dimostrazione pratica rinviamo di nuovo al filmato;
7. ATTENZIONE: il voto di lista si estende automaticamente anche al candidato presidente, ma il voto dato al candidato presidente (croce sul suo nome oppure croce sul simbolo di fianco al candidato presidente) non si estende alla lista! È dunque fondamentale mettere la croce sul simbolo della lista, perché esiste lo sbarramento del 3% e questo viene calcolato sul voto di lista e non sul voto al presidente. (ad esempio, se il candidato presidente Vittorio Agnoletto supera il 3% dei consensi, ma la lista della FdS rimane sotto il 3%, allora la FdS non avrà alcun consigliere regionale);
8. se la lista della FdS supererà il 3%, calcolato su base regionale, ci sarà almeno un consigliere eletto o forse anche due. In questo caso, il primo eletto scatterà nella circoscrizione di Milano e risulterà eletto il candidato che avrà più voti di preferenza (non importa la posizione del candidato sulla lista dei candidati).
Con l’auspicio di aver riposta anticipatamente a tutte le domande, o almeno a quelle più importanti, ti rinnovo l’invito ad andare a votare e a votare a sinistra.
qui sotto puoi scaricare il fac-simile in pdf della scheda elettorale con esempio di voto di preferenza a Muhlbauer
Nel mio quartiere, da stasera, c’è il coprifuoco. Non potrò più acquistare un kebab o un gelato dopo mezzanotte. E, ben prima di quell’ora, non potrò più portarmi a casa nemmeno una bottiglia di birra o una lattina di aranciata, perché, dopo le ore 20.00, tutte le bevande potranno essere vendute per l’asporto soltanto “in contenitori di carta o di plastica”.
Nel mio quartiere, da stasera, gli amministratori di condominio dovranno fare la spia e dovranno “segnalare per iscritto” alla Polizia Locale ogni possibile anomalia nelle abitazioni private. Spero soltanto di non essere antipatico al mio amministratore e di non trovarlo dunque attaccato alla mia porta di casa, ad origliare.
Nel mio quartiere, da stasera, ogni proprietario o inquilino dovrà compilare una scheda, dove dichiara le sue generalità e quante persone abitano nell’appartamento, e dovrà poi consegnarla al Comando di zona della Polizia Locale.
Nel mio quartiere il traffico è sempre stato un problema, come in tutta la città peraltro, ma in questi ultimi tempi è proprio un casino, con tutti quei mezzi di polizia, carabinieri, polizia locale ed esercito a fare avanti e indietro.
Il mio quartiere non si chiama Sadr City e non si trova nemmeno a Kabul o a Mogadiscio. Nel mio quartiere non c’è la guerra, anzi, il mio quartiere è molto fortunato: l’ultima volta che ha visto la guerra era 65 anni fa. E siamo talmente fortunati di non trovarci nemmeno in qualche posto un po’ strano, tipo il Myanmar, dove non c’è la democrazia e comanda una cricca di generali.
Il mio quartiere si chiama via Padova e si trova a Milano, Italy. A mezzo chilometro da casa mia era successo un bordello un mese fa. Gruppi di immigrati si erano incazzati di brutto e avevano distrutto un po’ di vetrine e insegne. Di questo tutti hanno parlato, anzi gridato, sulle prime pagine dei giornali e sulle tv. Si erano incazzati, lo ricordo per la cronaca, perché di questo non parla nessuno, come conseguenza dell’omicidio del giovane Ahmed.
Ora la signora Moratti, donna di famiglia ricca, che non ha mai vissuto in un quartiere della periferia, ma che fa il sindaco di Milano, insieme al suo eterno vice De Corato, che una volta era un capo dei neofascisti milanesi e che dal 1997 fa il vicesindaco, e l’immancabile Salvini della Lega, che fa sempre finta di essere appena sbarcato da Marte, mentre sta al governo della città da 17 anni, hanno avuto questa bella pensata: facciamo due ordinanze comunali, che appunto provocano la situazione surreale e un po’ inquietante di cui sopra.
Ordinanze un po’ strane, visto che siamo in democrazia, che c’è una Costituzione e che valgono soltanto per alcune vie cittadine. Anzi, valgono addirittura per tutta via Padova, che è lunghissima e che comprende parti, come casa mia, che poco c’entrano con la zona pietra dello scandalo.
Ma non importa a quanto pare, perché il signor Berlusconi, capo del governo nazionale, tra gli uomini più ricchi del paese e pluri-indagato, il suo Ministro della Difesa e buttafuori personale, La Russa, e il Ministro Maroni della Lega, inventore del “reato di clandestinità”, hanno detto che va bene così.
E ci mancherebbe altro! Tra qualche giorno si vota per le elezioni regionali e vorrete mica parlare di crisi, di lavoratori che perdono il posto, di Fiat che delocalizzano o di politici corrotti? Oppure, molto più banalmente, ma anche concretamente, di periferie urbane abbandonate, di servizi tagliati e di politiche di integrazione inesistenti, dopo quasi due decenni di governo cittadino delle destre?
Passate le elezioni molte forze dell’ordine abbandoneranno via Padova, perché non servirà più il teatrino della sicurezza. Le ordinanze dureranno di più, qualcosa morirà con l’estate, qualcosa rimarrà. Ma il danno è comunque fatto, perché si sono permessi di scrivere leggi speciali per alcune vie, per giunta con delle semplici ordinanze del sindaco. Sono riusciti ad avvelenare il clima, a trasformarci in sorvegliati speciali, a tramutare le loro menzogne in norme pubbliche. E, soprattutto, sono riusciti a farmi pensare, per prima volta, io che amo Milano, nonostante tutto, alla possibilità di lasciare la città. E questo non glielo perdono.
Anche per questo, mi ribello al loro coprifuoco e al loro ipocrita stato di polizia, perché non siamo noi a dover abbandonare la città, ma sono loro che devono essere cacciati da Palazzo Marino e dal Pirellone.
qui sotto puoi scaricare il testo originale delle due ordinanza sulla zona “Pavoda-Trotter”
Venerdì e sabato sono due giorni di mobilitazioni. Potrebbero essere un segnale di ribellione civile, ma sta a noi scendere in strada e riempirle con i nostri corpi, la nostra rabbia e la nostra voglia di cambiare, contro una situazione sempre più insostenibile.
Gli appuntamenti da segnalare, a Milano, sono tre tra venerdì 12 e sabato 13 e riflettono bene qual è il problema nel nostro paese. Lavoro, scuola e democrazia sono i temi delle mobilitazioni, ma anche temi su cui il governo sta producendo una porcata dopo l’altra, spesso, come nel caso dell’aggiramento dell’articolo 18, grazie anche al silenzio prolungato dell’opposizione presente in Parlamento (Pd e IdV) .
Ma andiamo con ordine.
Lavoro. Due cose altamente significative sono successe in questi ultimi giorni. In primo luogo, in Parlamento Pdl e Lega hanno approvato il “collegato lavoro” che, tra le altre cose, prevede la possibilità di aggirare l’articolo 18 (cioè, il divieto di licenziamento senza giusta causa), laddove ovviamente questo è ancora applicabile, visto che la precarizzazione l’ha di fatto tolto a un settore vastissimo di lavoratori.
Il meccanismo è particolarmente subdolo e colpisce anzitutto i giovani e i neo-assunti. Infatti, la nuova norma prevede di poter sostituire la legge –cioè, l’art. 18- e il ricorso al giudice del lavoro con il cosiddetto “arbitrato”. Ebbene, questo “arbitro” non è tenuto a decidere sulla base della legge, ma può decidere anche in base al principio di “equità”. Cioè, quello che in quel momento può sembrare equo a lui e alle parti.
Ma non basta, perché la vera fregatura sta nella possibilità che la rinuncia al ricorso al giudice (e dunque all’art. 18) in caso di controversia possa essere inserita preventivamente nel contratto di lavoro individuale al momento dell’assunzione! Altro che “volontario”! O accetti la minestra (cioè, firmi volontariamente) o salti la finestra (cioè, non ti assumono).
A questo porcata va aggiunto un altro fatto, accaduto in questi ultimissimi giorni. La Commissione Lavoro della Camera aveva infatti deciso in maniera bipartisan di accogliere un emendamento che allungasse il periodo di cassa integrazione da 12 a 18 mesi. Certo, siamo sotto elezioni e quindi la misura puzza un po’, ma non importa. Infatti, l’allungamento della cassa l’avevano chiesto i sindacati e quasi tutte le opposizioni (in realtà a 24 mesi e, per quanto ci riguarda, con una rivalutazione dell’importo erogato), considerato che nei prossimi mesi si rischia un’ondata di licenziamenti, causa esaurimento periodo di cassa. Ma poi, dopo solo un giorno, è intervenuto il governo, per bocca del Ministro Sacconi, che ha annunciato che in Aula darà parere negativo all’allungamento…
Scuola. Qui ce la caviamo con poche righe, non perché la situazione sia meno grave, anzi, ma perché forse è più conosciuta. Siamo, infatti, al secondo anno di cura Gelmini-Tremonti, cioè il più vasto programma di tagli alla scuola pubblica della storia repubblicana. E gli effetti sono devastanti e sotto gli occhi di tutti: insegnanti precari lasciati a casa, taglio delle lezioni, scuole senza soldi e genitori che devono autotassarsi per comprare finanche la carta igienica. E nel frattempo, il flusso di denaro pubblico verso la scuola privata non si arresta, come ricorda il caso lombardo da noi denunciato.
Democrazia. Che altro aggiungere a quello che già si è detto in questi giorni? Questione morale montante, arroganza del potere senza freni, “decreti interpretativi”, legittimi impedimenti per il capo, occupazione prolungata del potere, come qui in Lombardia, con Formigoni e Cl eccetera. E ora il capo del governo, Berlusconi, si lancia pure in minacce contro l’opposizione e La Russa, Ministro della Difesa (…), fa il buttafuori in conferenza stampa, con un rigurgito dei vecchi tempi.
Insomma, ce n’è per tutti.
Gli appuntamenti di questi giorni sono diversi, magari non sono perfetti e magari non tutti piacciono a tutti nello stesso modo, ma nel loro insieme sono un’occasione per manifestarsi, per alzare la voce e la testa. Eccoli:
- venerdì 12 marzo, ore 9.00, P.ta Venezia: corteo, in occasione dello sciopero generale proclamato dalla Cgil
- venerdì 12 marzo, ore 9.30, L.go Cairoli: No Gelmini Day, con corteo degli studenti e degli insegnanti; sciopero della scuola proclamato da Cgil e Cobas
- sabato 13 marzo, ore 15.00, L.go Cairoli, manifestazioni unitaria per la democrazia e in difesa della Costituzione (promotori: Popolo Viola di Milano, Qui Milano Libera, Adesso Basta!, Movimento 5 Stelle Lombardia, Italia dei Valori, Sinistra Ecologia e Libertà, Federazione della Sinistra, Verdi, Partito Socialista, Partito Democratico)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 9 marzo 2010
1 marzo 2010: l’ufficio elettorale presso la Corte d’Appello di Milano dichiara inammissibile la lista regionale di Formigoni perché troppe firme presentate non sono regolarmente autenticate. Si mormora che il “casino” sia dovuto a una modifica in extremis del listino, perché oltre alle candidature premio già presenti, cioè il fisioterapista del Milan, l’igienista orale di Berlusconi e il geometra di Arcore, andava aggiunto anche un tal Riparbelli, addetto alla gestione del palco del premier.
5 marzo 2010: per prima volta manifestano insieme i lavoratori di tutte le aziende di telecomunicazioni del milanese, dall’Italtel alla Nokia Siemens Network. Un settore tecnologicamente maturo e strategicamente decisivo, ma in profonda crisi a causa delle delocalizzazioni e dell’assenza di una politica industriale. I lavoratori sono più di mille e ci sono pure molti sindaci dell’hinterland. Hanno chiesto un incontro a Formigoni e all’Assessore all’Industria, tal Romano La Russa (unica qualità conosciuta: essere il fratello del Ministro), ma vengono bellamente snobbati. La vicenda delle liste elettorali non c’entra, perché succede così abitualmente davanti al Pirellone.
Infatti, l’elenco dei lavoratori snobbati è sterminato e comprende anche gli operai dell’ex-Alfa di Arese, sulla cui pelle Formigoni aveva fatto buona parte della sua campagna elettorale di cinque anni fa.
Due date, due eventi. Il primo è diventato un fatto politico dirompente a livello nazionale, il secondo è stato ignorato persino dalla stampa locale. Ma nel loro insieme rispecchiano fedelmente lo stato delle cose nella più ricca e popolosa regione italiana, dopo 15 anni di ininterrotta occupazione del potere da parte dello stesso uomo, Roberto Formigoni, e della sua lobby politico-affaristica, cioè Comunione e Liberazione.
Arroganza del potere, sciatteria politica, regole scritte e riscritte ad hoc e su misura fanno il paio con l’occultamento della gravità della crisi economica e occupazionale. In altre parole, questi giorni non sono altro che una sintesi istantanea del “modello Formigoni” realmente esistente, qui e oggi: strapotente e strafottente più che mai, ma anche sempre più ammaccato, corroso da una montante questione morale, e sostanzialmente afono di fronte crisi.
In questa legislatura si è rafforzata ulteriormente il potere degli uomini di Cl, che ormai predominano non soltanto nell’apparato amministrativo in senso stretto, ma in tutto il sistema regionale, e che sono tra i principali beneficiari della privatizzazione assistita dei servizi, con la sua equiparazione tra pubblico e privato (sanità, formazione professionale, istruzione, servizi al lavoro, edilizia sociale ecc.).
Dall’altra parte, era proprio la consapevolezza di dinamiche di questo tipo a motivare storicamente il principio base del presidenzialismo: il limite dei due mandati. Ma qui non siamo negli Stati Uniti, in Francia o in Brasile. Qui siamo nel paese del “partito del fare” e quindi chi se ne frega di formalità burocratiche come il numero dei mandati o la separazione dei poteri. Insomma, il “decreto interpretativo” di Berlusconi non è proprio un’innovazione.
Affari pubblici e interessi privati sono oggi terribilmente confusi al Pirellone ed è da qui che nasce quella questione morale, che va da vicende come quella del finanziamento pubblico alla scuola privata, denunciata soltanto da noi, fino al numero crescente di inquisiti e inchieste.
Questione morale, liste con firme irregolari, immobilismo di fronte a un fatto epocale come la crisi, tutto indica che dietro la corazza apparentemente impenetrabile qualcosa inizia a scricchiolare; che il modello è sì egemone e potente, ma che ha perso vigore, spinta.
Siamo di fronte a una situazione delicata. Perché la contraddizione tra l’inizio della fase senile, mitigata soltanto dalla tenuta leghista sul fronte destro, e l’assenza di un’alternativa credibile, di una via d’uscita a sinistra, è potenzialmente pericolosa.
Per questo avevamo proposto al Pd un confronto unitario, che mettesse al centro due punti: la questione morale e il lavoro. La risposta è stata Penati, la polverizzazione dell’opposizione e il continuismo.
A questo punto, avendo il Pd regalato a Formigoni la certezza della rielezione, è decisivo che il prossimo Consiglio veda la presenza di un’opposizione che faccia il suo mestiere senza balbettii e che contribuisca a preparare il futuro. E questo significa, molto concretamente, lavorare perché la Federazione della Sinistra superi lo sbarramento del 3%.
L’hanno fatto! Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 21.00 di venerdì 5 marzo e dopo mezz’ora ha varato un decreto-legge che cambia le carte in tavola, con una “interpretazione” ad hoc della normativa in materia elettorale, che sana retroattivamente la situazione delle liste irregolari della destra. Cioè, riammette per decreto la lista provinciale del Pdl a Roma e quella presidenziale di Formigoni in Lombardia, nonostante fossero state presentate in palese violazione della legge elettorale.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il garante della legalità costituzionale (…), poco prima di mezzanotte, ha dato il via libera al decreto salva-liste, firmando il decreto-legge di Berlusconi.
Non ci sono parole per descrivere quello che sta accadendo. Stanno trascinando il paese verso una situazione da Repubblica di Weimar, con una crescente delegittimazione delle istituzioni democratiche, che apre la strada ad avventure di ogni tipo.
Non basta più la dilagante questione morale, ma ora fanno a pezzi persino le regole che governano le elezioni. Loro possono fare di tutto, anche fregarsene della legge elettorale, che al massimo vale per gli altri, ma non per loro.
Formigoni e Comunione e Liberazione governano la Lombardia da 15 anni e ora il “Celeste” si ripresenta tranquillamente per il quarto mandato consecutivo, anche se la legge italiana dice che più di due mandati non si possono fare. Peraltro, anche la più sfigata delle repubbliche presidenziali pone il limite dei due mandati. Ci sarà una ragione, o no? Ma qui nel Belpaese, chi se ne frega, tanto non succede nulla, aggiustiamo la legge, la “interpretiamo” a nostro piacimento, azzeriamo il contatore ecc. ecc.
E se poi, dopo quindici anni di ininterrotto governo della regione, non si ha nemmeno la decenza di presentare le firme debitamente autenticate, come dice la legge e come devono fare tutti gli altri, allora, ancora una volta, chi se ne frega. Che problema c’è? Faccio un decreto-legge, riscrivo retroattivamente le regole e voilà: la magia è fatta!
Ma forse non dobbiamo prendercela troppo con loro. In fondo, loro possono fare quello che vogliono perché noi li lasciamo fare, perché ci siamo seduti, perché ci siamo arresi. “Ed essi confidano nella nostra disperazione”, scriveva anni fa Heriberto Montano, un poeta salvadoregno. Appunto.
E allora muoviamoci, prima che sia troppo tardi.
Un primo appuntamento c’è da subito a Milano. Sabato 6 marzo, ore 12.00, davanti alla Prefettura di Milano, in corso Monforte 31.
E dopo, alle 14.00, davanti alla stazione Centrale, appuntamento per il No Razzismo Day.
Partecipate. E soprattutto reagite!
P.S. scritto di getto, a caldo, come si suole dire, cioè com’è venuto, a tarda ora, con tanta rabbia, ma anche con tanto cuore
La Lega ha un concetto molto particolare della democrazia e della legalità. Anzi, ne ha un’idea eversiva dell’ordinamento democratico.
E così, quando un cittadino normale vuole partecipare a un concorso pubblico e viene escluso perché si è dimenticato, ad esempio, un certificato o una data, allora gli si dà del pirla e che si attacchi al tram. E più o meno la stessa cosa gli accade quando sbaglia qualche dettaglio nelle pratiche per l'indennità di disoccupazione.
Quando invece Formigoni si presenta con centinaia di firme non debitamente autenticate, allora le regole diventano all’improvviso “inutili questioni formali”, come dice Igor Iezzi, segretario provinciale della Lega di Milano, e si comincia addirittura ad inneggiare al mitra contro i giudici, come fa la Lega su facebook.
Sarebbe un bene che qualcuno intervenisse al più presto e soprattutto che ci fosse una svegliata dal basso, perché questa pretesa che la legge e le regole valgano soltanto per gli altri sta diventando francamente nauseante e pericolosa.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Respinto il ricorso di Formigoni. La Corte d'appello di Milano ha confermato la non ammissione della lista “Per la Lombardia”, guidata da Roberto Formigoni. Conseguenza della decisione della Corte, contro cui il centrodestra ha già annunciato di volersi appellare al Tar, è che non si potranno presentare alle elezioni nemmeno le liste che lo sostengono, cioè quelle di Pdl e Lega Nord.
Nel frattempo, a Roma è stata confermata un’altra esclusione, cioè quella della lista di Roma del Pdl, presentata in ritardo sul tempi previsti dalla legge.
Qui di seguito la nostra dichiarazione a caldo dopo la notizia del rigetto del ricorso:
“Da parte nostra, auspichiamo vivamente che il centrodestra ora non perda la testa e che riesca a mettere un freno ai suoi Ministri più nervosi, come quello alla Difesa, La Russa, che incurante del delicato ruolo che ricopre si era già in precedenza abbandonato a dichiarazioni inaccettabili.
Il rigetto del ricorso di Formigoni e la conseguente conferma dell’esclusione dalle regionali lombarde del candidato Presidente e di tutta la coalizione di centrodestra, salvo future decisioni diverse da parte della magistratura amministrativa, apre sicuramente uno scenario estremamente complesso, che richiederà la massima sensibilità democratica da parte di tutti.
Ma soprattutto richiede sensibilità democratica e rispetto delle regole da parte di chi ha combinato tutto questo pasticcio. Cioè, lo stesso centrodestra. Perché non c’è alternativa al rispetto delle regole democratiche, soprattutto a quelle che governano i processi elettorali.”
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Comunque vada a finire la vicenda dei ricorsi, appare evidente che dietro la corazza dello strapotere di Berlusconi si sono aperte delle crepe molto profonde, che testimoniano che iniziata la fase senile del berlusconismo.
Proprio per questo è ancora più importante che i massimi dirigenti del Pdl e della Lega mantengano in questo frangente la calma e non ripropongano messaggi come quelli lanciati dalla pagine dei giornali da Ignazio La Russa. Insomma, è perlomeno inopportuno, se non preoccupante, che in un momento delicato come questo il Ministro della Difesa esclami “siamo pronti a tutto”.
L’unico responsabile dell’attuale situazione è il centrodestra stesso. Quindi, chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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