Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di lucmu (del 05/12/2006, in Lavoro, linkato 1131 volte)
Tredici consiglieri regionali di tutti i gruppi dell’Unione, primo firmatario Luciano Muhlbauer di Rifondazione Comunista, hanno oggi presentato il progetto di legge regionale “Contrasto dello sfruttamento del lavoro irregolare in Lombardia”.
“Si aggira una favola nella nostra regione - afferma il consigliere Muhlbauer – secondo cui lo sfruttamento del lavoro nero e irregolare sarebbe tutto sommato cosa marginale e trascurabile, mentre il vero problema risiederebbe nelle sole regioni meridionali del nostro Paese. E questa convinzione pare non sia venuta meno nemmeno con le ultime denunce pubbliche relative ai casi di caporalato nell’edilizia o nell’ortomercato di Milano.”
“Una sottovalutazione grave - spiega Luciano Muhlbauer - di quello che sta avvenendo e che tutti gli indicatori disponibili segnalano come fenomeno in espansione, specie nei settori costruzioni e servizi. L’infamia del caporalato, di per sé inaccettabile da ogni punto di vista, è purtroppo soltanto la punta dell’iceberg, di un diffuso non rispetto delle norme contrattuali e di legge. Un’illegalità che priva i lavoratori colpiti, spesso immigrati, dei loro diritti fondamentali e che esercita una pressione al ribasso sul livello delle tutele e delle retribuzioni di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici.”
“Nel progetto di legge - aggiunge ancora il consigliere del Prc - non c’è nulla che non si possa fare. Anzi, il Consiglio regionale della Puglia ha votato un provvedimento analogo già un mese fa. Con questa legge vogliamo partire anzitutto da noi stessi, dal sistema regionale. Chi riceve un qualsiasi contributo regionale, diretto o indiretto, sarà tenuto al rispetto delle regole, a partire dai contratti nazionali, pena la revoca del beneficio, e per ogni appalto sarà necessario dimostrare gli indici di congruità. La Regione dovrà altresì definire azioni di contrasto su tutto il suo territorio, con strumenti come i piani di emersione, il rafforzamento dell’azione ispettiva o le campagne informative rivolte ai lavoratori immigrati.”
“Di fronte alla gravità della situazione - conclude Muhlbauer - non è ammissibile che le istituzioni persistano nell’immobilismo. Occorre invece prendere iniziative forti, che facciano capire che il tempo della tolleranza nei confronti degli sfruttatori senza scrupoli è finito. Chiediamo dunque alla maggioranza di centrodestra di aprire immediatamente il confronto, al fine di arrivare nel più breve tempo possibile al varo di una legge regionale seria e incisiva.”
comunicato stampa
qui puoi scaricare il testo del progetto di legge contro lo sfruttamento del lavoro nero
di lucmu (del 05/12/2006, in Casa, linkato 1163 volte)
Oggi il Consiglio Regionale ha approvato a maggioranza, con il voto contrario di Rifondazione Comunista, il Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2007-2009.
Avvio della ritirata del pubblico e apertura dell’edilizia residenziale pubblica sia ai criteri di gestione privatistici che direttamente al privato. Sembra essere questo il messaggio di fondo del centrodestra lombardo con l’approvazione del Prerp 2007-2009, che comporta un taglio secco delle risorse per le case popolari.
I numeri parlano chiaro. Il programma triennale precedente disponeva di quasi 1.200 milioni di euro complessivi, mentre ora si stanziano appena 512 milioni, comprensivi peraltro dei fondi statali. Una riduzione che colpisce quasi esclusivamente gli investimenti per la realizzazione e la riqualificazione degli alloggi, investimenti che scendono così dagli 810 milioni di prima ai miseri 233 di oggi.
Ci pare davvero incredibile che tutto questo possa avvenire esattamente nel momento in cui si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa, come rilevano tutti gli indicatori esistenti, nonché le segnalazioni dei sindacati inquilini e della stessa Anci Lombardia. Perché vi è una crescente insufficienza dell’offerta abitativa rispetto alla domanda, in particolare per quanto riguarda quella parte di edilizia destinata ai settori sociali più disagiati.
E non regge nemmeno la motivazione che non ci sarebbero i fondi. Beninteso, siamo consapevoli che c’è un problema di finanziamento dell’edilizia residenziale pubblica, ma poi basta spulciare velocemente il bilancio regionale per scoprire, per esempio, che per lo stesso periodo sono stati stanziati senza battere ciglio 470 milioni di euro per la nuova e superlativa sede amministrativa della Regione. No, non siamo di fronte a una semplice difficoltà oggettiva, bensì a una scelta politica ben precisa.
Scegliere la strada del ritiro dell’intervento pubblico è un grave errore politico che si ripercuoterà negativamente sulle fasce sociali più deboli. E così, ancora una volta, l’impeto privatizzatore di Formigoni ha la meglio sui bisogni sociali. Rifondazione Comunista si è opposta oggi e continuerà farlo, a partire dalla discussione del bilancio regionale, dove chiederemo nuovamente di destinare i fondi necessari alla realizzazione e riqualificazione delle case popolari.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui puoi scaricare l'Ordine del Giorno del Prc sulla partecipazione nei contratti di quartiere che è stato approvato oggi in aula
di lucmu (del 06/12/2006, in Lavoro, linkato 967 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 6 dicembre 2006 (pag. Milano)
Molti lombardi pensano che lo sfruttamento del lavoro nero e irregolare sia un fenomeno che riguardi essenzialmente le regioni meridionali, ma non le nostre latitudini. Una convinzione che sembra resistere persino alla recente moltiplicazione delle denunce pubbliche sui casi di “caporalato” nell’edilizia o nell’ortomercato di Milano.
Eppure, la realtà è ben diversa e lo sfruttamento del lavoro irregolare non solo è presente in Lombardia, ma risulta addirittura in preoccupante espansione, come indicano tutti i dati disponibili. La Direzione regionale del lavoro, ad esempio, segnala che il 75% delle aziende ispezionate mostrano situazioni di irregolarità, specie contributiva, con un aumento del 20% rispetto alla rilevazione precedente.
Le forme di sfruttamento sono varie e vanno da quella più estrema ed infame del “caporalato” fino a quelle più diffuse di non rispetto, totale o parziale, delle norme contrattuali e di legge. In ogni caso, i lavoratori e le lavoratrici colpiti vengono privati dei loro diritti più elementari, costretti a salari indecenti ed esposti più di altri agli infortuni sul lavoro. Il fenomeno è particolarmente esteso nell’edilizia, nei servizi e nell’agricoltura e non è un caso che siano esattamente questi i settori economici a registrare una presenza di lavoratori immigrati superiore alla media. Infatti, sono gli ultimi arrivati, a causa della loro condizione, de facto e de jure, di maggior ricattabilità sociale, ad essere i più esposti all’economia sommersa.
Una situazione grave e inaccettabile di per sé, ma che comporta altresì un’alterazione dell’intero mercato del lavoro, esercitando una pressione al ribasso anche sui lavoratori in regola. Insomma, la presenza in dosi massicce di lavoro nero e irregolare contribuisce, in maniera ancora più brutale del precariato, ad erodere i diritti e i livelli retributivi di tutti e tutte.
Ma allora, da dove arriva quella favola secondo la quale in Lombardia tutto questo non rappresenta un problema o, peggio, che non esiste neppure? In fondo, tutto il mondo è paese e come accadde in Puglia, prima che il solito Gatti facesse esplodere lo scandalo, questa convinzione si alimenta della prolungata ipocrisia e omertà, alla maniera delle tre famose scimmiette, che coinvolge anche parte delle istituzioni.
Pensiamo quindi che sia arrivato il momento di rompere quel silenzio, che poi comporta assenza di iniziative concrete, e per questo motivo è stato presentato, con la firma di tredici consiglieri di tutti i gruppi dell’Unione, il progetto di legge regionale “Contrasto dello sfruttamento del lavoro irregolare in Lombardia”.
Il progetto prevede, anzitutto, l’obbligo di rispetto delle norme contrattuali per tutti i soggetti beneficiari a qualsiasi titolo, in via diretta o indiretta, di contributi, finanziamenti e appalti da parte della Regione, delle Asl e di enti partecipati. Viene inoltre introdotto l’obbligo della comunicazione dell’avvio di ogni rapporto di lavoro il giorno antecedente il suo inizio effettivo -obbligo per ora previsto soltanto nell’edilizia- e il rispetto degli indici di congruità. Ogni violazione di queste prescrizioni porta alla revoca delle erogazioni da parte della Regione.
In secondo luogo, la Regione si dovrà fare promotrice di piani di emersione territoriali e settoriali. A tal fine è previsto anche lo stanziamento di risorse per il rafforzamento dell’azione ispettiva e per gli incentivi, nonché l’avvio di campagne informative rivolte in particolare ai lavoratori immigrati. Infine, verrebbe istituito anche un Osservatorio regionale per monitorare l’evoluzione della situazione.
Siamo consapevoli che non basta una legge regionale per risolvere tutti i problemi e che ci vorrebbe prima di tutto una forte iniziativa nazionale, che tuttora si fa attendere. Ma intanto la Regione ha il dovere di fare la sua parte e di smetterla di ignorare la gravità della situazione. L’approvazione -e l’applicazione- di una legge seria rappresenterebbe sicuramente uno di quei segnali chiari che oggi mancano. Cioè, che il tempo della tolleranza istituzionale nei confronti degli sfruttatori è finito.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 7 dicembre 2006 (pag. Milano)
Natale si avvicina e, come tradizione impone, tutti diventiamo più buoni. Tutti, tranne alcuni amministratori milanesi, che da settimane sfoggiano linguaggi guerreschi, adatti più a un campo di battaglia, che alla festa popolare degli Oh Bej! Oh Bej!. Il terribile nemico si chiama “abusivi”, sarebbe sostenuto da immaginarie orde selvagge provenienti dai centri sociali e sarà affrontato da duecento vigili urbani, armati per l’occasione di manganelli nuovi di zecca.
Niente di cui stupirsi, per carità. Il vizio dei nostri amministratori di trasformare ogni problema in un’emergenza di ordine pubblico si era già consolidato ai tempi di Albertini, anche se in cuor nostro speravamo che il nuovo sindaco volesse segnare una diversità almeno su questo punto. E ci potrebbe perfino strappare qualche sorriso, se non fosse per la preoccupazione che il continuo buttare benzina sul fuoco non finisca davvero per provocare un incendio.
La fiera degli Oh Bej! Oh Bej! è sempre stata una ressa e le bancarelle effettivamente allestite sono da sempre più numerose di quelle formalmente autorizzate, poiché rappresenta per molti piccoli commercianti, italiani o immigrati che siano, un’occasione di guadagno alla quale non possono rinunciare. Certo, si potrebbe tentare di organizzare meglio il tutto, magari ricorrendo anche all’arma del dialogo e del confronto previo, ma pensare di poter ingabbiare la fiera in recinti irrealistici, questo no.
Il nostro auspicio è che l’annunciata battaglia rimanga in quel mondo virtuale dove finora è stata combattuta e che non si trasferisca davvero nelle strade. In fondo, come tutti i responsabili sanno, l’applicazione, a partire da stasera, del vecchio buon senso, unito a un po’ di flessibilità, potrebbe permettere di gestire senza troppi danni la situazione.
Invitiamo quindi gli amministratori milanesi a confidare di meno nel manganello e di più nel dialogo. E così facendo, forse riusciremo a goderci il nostro Sant’Ambrogio, nel solito affollamento, ma senza incrociare incomprensibili campi di battaglia.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 17 dicembre 2006 (pag. Milano)
In Lombardia vivono ormai oltre 800mila cittadini immigrati, cioè un quarto del totale nazionale. Eppure, proprio nella nostra regione non c’è traccia di una politica di accoglienza e inclusione, mentre non mancano mai parole e atti istituzionali che tendono a additare l’immigrato, sempre e comunque, come un problema, se non come un nemico. In questi giorni stanno a ricordarcelo vicende come il linciaggio mediatico di Azouz, quella specie di guerra del presepe oppure lo sgombero della baraccopoli rom di via Ripamonti a Milano, che ha gettato decine di famiglie in mezzo alla strada.
Ma questi episodi sono semplicemente la punta dell’iceberg e mille altre storie, spesso sconosciute ai più, si consumano nella quotidianità delle nostre città e quartieri. E allora vogliamo raccontarne una, perché paradigmatica di una miseria della politica che non promette nulla di buono.
La nostra storia si svolge a Magenta, comune di 22mila abitanti nell’ovest milanese, e inizia con la decisone di un gruppo di operai immigrati, di diverse nazionalità, di affittare regolarmente un capannone per svolgervi attività culturale e per pregare. Nulla di strano si direbbe, ma poiché quegli operai sono musulmani, la Lega Nord non perde l’occasione e scatena una sorta di crociata dal titolo “No alla moschea”, condita con la solita fraseologia islamofobica e razzista. Sul muro di cinta del capannone appare persino la scritta “Bossi vi ucciderà”.
La Lega non rappresenta granché a Magenta, ma visto che tra qualche mese si vota per le amministrative, il Sindaco (di centrodestra) ha pensato bene di fregarsene di sciocchezzuole come la libertà di culto, tutelata peraltro dalla Costituzione, e si è messo a cavalcare la tigre. Da allora è stato un susseguirsi di visite dei vigili urbani, i quali, regolamenti edilizi alla mano, hanno fatto piovere multa su multa. E non importa che nei dintorni ci siano anche altre associazioni che da tempo e in santa pace occupano spazi simili. Loro sono mica islamici!
Ma per fortuna non tutto tace. Nel magentino c’è anche il Comitato intercomunale per la Pace, che da sempre è sensibile alla questione della convivenza e dell’inclusione, il quale ha dato vita a un comitato di solidarietà con gli operai immigrati. Stanno organizzando anche un’assemblea pubblica per il 18 dicembre, Giornata internazionale del Migrante, sebbene il nostro Sindaco crociato tenti di impedirglielo con ogni mezzo.
A questo punto la nostra proposta è molto semplice: se potete, il 18 andate a Magenta oppure, molto più comodamente, visitate il sito www.comitatopace.it e firmate l’appello. Scegliete voi, ma non lasciamo soli quegli operai e quanti resistono all’idiozia e all’irresponsabilità di amministratori che per un pugno di voti sono disponibili a qualsiasi bassezza.
di lucmu (del 19/12/2006, in Casa, linkato 1065 volte)
Rifondazione Comunista esprime il suo pieno sostegno ai sindacati inquilini che oggi manifestano davanti al Consiglio Regionale, chiedendo che vengano destinati nuovi fondi all’edilizia residenziale pubblica.
Avevamo espresso voto contrario al Prerp 2007-2009 per le medesime ragioni che oggi portano i sindacati inquilini a scendere in piazza. Cioè, il taglio dei fondi per l’edilizia pubblica, che colpisce in maniera particolare e brutale gli investimenti per la realizzazione e la riqualificazione di alloggi popolari, ridotti di oltre il 70% rispetto al triennio precedente.
Tutti i dati disponibili, compresi quelli della stessa Regione ci segnalano che in Lombardia rischiamo un’emergenza abitativa, visto anche il crescente divario tra domanda e offerta di alloggi a canone accessibile. Eppure si taglia lo stesso, dicendo che non ci sono i soldi. E, allora, ci domandiamo come mai la Regione trovi soltanto 233 milioni per le case popolari di tutta la Lombardia, mentre per lo stesso periodo stanzi senza problemi mezzo miliardo di euro per la nuova e superlativa sede amministrativa voluta da Formigoni.
Come se non bastasse, poi a gennaio arriverà in Consiglio un progetto di legge della Giunta regionale che intende favorire la vendita di alloggi Erp attualmente non occupati. Un provvedimento che sembra fatto su misura per casi come quello milanese di piazzale Dateo e che comunque implicherà una riduzione ulteriore del patrimonio pubblico.
Riteniamo irresponsabile procedere sulla strada del ritiro del pubblico dalla questione abitativa. Per questo abbiamo presentato una serie di emendamenti al bilancio in discussione in Consiglio, al fine di aumentare gli stanziamenti per le case popolari. E se proprio non si trovano nuove risorse, allora si può fare anche qualche sacrificio, e rinunciare, per esempio, alla torre di vetro del presidente.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
In Lombardia si concentra quasi un quarto dell’immigrazione totale del nostro Paese, cioè oltre 800mila uomini e donne. Un fenomeno che non ha nulla di temporaneo, ma che è destinato a cambiare durevolmente la nostra società. Piaccia o non piaccia, questa è la realtà. Eppure, la Lombardia è anche la terra dove manca del tutto una politica organica che favorisca l’inclusione e la convivenza, mentre non mancano mai le strumentalizzazioni o peggio.
Una contraddizione e una miopia politica che, ahinoi, si riproducono anche in questi giorni, in occasione della discussione della Finanziaria regionale. Infatti, i miseri stanziamenti regionali previsti dalla Giunta per gli “interventi per l’immigrazione” sono stati ridotti ulteriormente, di 300mila euro per la precisione, accogliendo in commissione un emendamento della Lega Nord. Ma oltre il danno c’è anche la beffa, poiché l’emendamento leghista ha spostato quelle risorse sul fondo sociale regionale destinato a interventi a favore di “anziani, minori e handicappati”. Un bell’esempio di civiltà politica, davvero, quello di mettere in concorrenza tra di loro le categorie disagiate.
Ma, ovviamente, non finisce qui. Mentre un giorno sì e l’altro pure si grida al “pericolo rom” e si susseguono gli sgomberi delle baraccopoli, chiamati impropriamente “campi”, la Regione Lombardia omette per l’ennesimo anno consecutivo di rifinanziare la legge regionale n. 77 del 1989, che prevede tra l’altro contributi economici a favore degli enti locali. Insomma, si chiacchiera tanto, ma poi la Regione boicotta persino l’applicazione delle sue stesse leggi.
Rifondazione Comunista e altre forze dell’Unione hanno presentato una serie di emendamenti e ordini del giorno. Nulla di estremista beninteso, si chiede semplicemente di fare il minimo indispensabile e di rinunciare alle strumentalizzazioni. Quindi, sollecitiamo in particolare il presidente Formigoni e il partito di maggioranza relativa a battere un colpo e a farci sapere se intendono far prevalere il buon senso, oppure continuare a sottostare ai ricatti demagogici di Lega e An.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 9 gennaio 2007 (pag. Milano)
Non se n’era accorto quasi nessuno, ma il 13 dicembre scorso la Giunta regionale ha deliberato l’ennesima proposta di modifica della legge 12, quella sul governo del territorio, che nei suoi interstizi nasconde una vera e propria bomba ad orologeria per quanto riguarda la questione rom e, in particolare, l’esile filo di collaborazione istituzionale tra Comune e Provincia di Milano.
Infatti, la Giunta regionale, su richiesta della Lega, vorrebbe introdurre per legge il principio del consenso dei “comuni limitrofi” all’insediamento di “campi di sosta o di transito dei nomadi”, da acquisire sin dalla stesura del documento di piano. In altre parole, se un comune decide di ospitare, anche solo temporaneamente, un “campo”, allora deve anzitutto prevedere un’apposita area nel documento di piano e, poi, avere il consenso di dei comuni confinanti. Cioè, ogni amministrazione di un comune limitrofo disporrebbe di una sorta di diritto di veto.
Non è la prima volta che il centrodestra regionale abusa dello strumento urbanistico per accontentare la demagogia xenofoba dell’estrema destra, cioè di Lega e An. Accadde già nella primavera scorsa, in occasione di un’altra modifica della legge 12, quando fu surrettiziamente introdotta una norma anti-moschee, peraltro palesemente illegittima sotto il profilo costituzionale. Ma questa volta la strumentalizzazione politica supera ogni limite di decenza.
Non solo si insiste sulla devastante logica dei “campi nomadi” per popolazioni che in larghissima parte non praticano il nomadismo da generazioni, ma si intende persino fornire uno strumento normativo ad hoc a Lega e An, cioè a quelle forze politiche che a Milano gridano al trasferimento dei rom nell’hinterland, salvo poi ispirare e capeggiare i roghi di Opera.
Se nel centrodestra lombardo esistono ancora delle persone dotate di senso di responsabilità, allora è giunto il momento di battere un colpo e di impedire l’approvazione di questo scempio, il cui unico scopo è quello di alimentare il rivoltante spettacolo del tanto peggio, tanto meglio.
La richiesta alla Regione da parte del Presidente della Provincia di Milano, Penati, di rifinanziare la legge regionale n. 77 del 1989, relativa alle “popolazioni nomadi e semi-nomadi”, è totalmente condivisibile.
Da tempo la maggioranza di centrodestra in Regione boicotta l’applicazione della legge, negando anno dopo anno anche solo un euro di finanziamento. Rifondazione Comunista e tutta l’Unione hanno chiesto ripetutamente che venisse rifinanziata, l’ultima volta poche settimane fa, in occasione della discussione del bilancio regionale. Ma la maggioranza di centrodestra, trainata dal grido di guerra leghista “neanche un euro ai rom”, ha sempre respinto mozioni e ordini del giorno.
La legge regionale non è sicuramente perfetta, poiché è figlia del suo tempo e pertanto non fuoriesce dalla logica dei “campi”. Tuttavia, qualora applicata, sarebbe un prezioso strumento per liberare risorse economiche per gli enti locali che intendono promuovere politiche di accoglienza e azioni di inserimento.
Invece, la Regione ignora l’esistenza di quella legge e diserta irresponsabilmente la collaborazione interistituzionale, che invece Provincia e Comune di Milano stanno tentando di avviare. Anzi, la maggioranza di centrodestra, sempre su iniziativa della Lega Nord, propone ora persino una modifica della legge sul territorio, che vorrebbe imporre a ogni ente locale il consenso preventivo dei “comuni limitrofi” all’insediamento di popolazioni rom. In altre parole, una vera e propria azione di sabotaggio dell’esile filo di dialogo e collaborazione tra Provincia e Comune.
Rifondazione Comunista ribadisce la sua convinzione che vada costruita una nuova politica, oltre l’emergenza e oltre la logica dei “campi nomadi” per popolazioni che in larga parte non sono nomadi da generazioni. Ma, allo stesso tempo, valuta positivamente il piccolo segnale di cambiamento che oggi rappresenta l’accordo tra Provincia e Comune. Per questo non possiamo che essere preoccupati dal comportamento di Regione Lombardia e rinnoviamo il nostro invito a Formigoni di emanciparsi dal diktat strumentale e xenofobo della Lega, sedendosi invece al tavolo interistituzionale, rifinanziando la legge regionale e rinunciando alla modifica della legge sul territorio.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 18/01/2007, in Casa, linkato 1140 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 18 gennaio 2007 (pag. Milano)
“Dobbiamo ripensare se costruire le case popolari perché ai lombardi non servono”. Così parlò l’assessore regionale leghista, Boni, subito sostenuto dal suo collega padano Salvini. A sostegno di questa stupefacente tesi si citano autentiche falsità, come l’affermazione che l’80% delle case popolari lombarde sarebbero occupate da “abusivi o extracomunitari”, per poi finire con il consueto armamentario leghista sui soldi dei lombardi che verrebbero dati ai non lombardi. Beninteso, per essere considerati lombardi non basta vivere, lavorare e pagare le tasse in Lombardia, ma bisogna essere bianchi doc e comunque riuscire a dimostrare una prolungata residenza.
La solita boutade della Lega? In parte sì, perché è assai difficile immaginarsi una Regione Lombardia che blocchi veramente la costruzione di case popolari. Ma in parte no, perché viene enunciato un concetto che fornisce copertura ideologica ad un processo già in atto. Ebbene sì, perché proprio all’inizio di dicembre il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza la riduzione del 75% dei fondi per la costruzione e riqualificazione di alloggi popolari per il prossimo quadriennio.
Che stiamo marciando verso una vera e propria emergenza casa lo dicono ormai tutti. Nella sola provincia di Milano si stima un fabbisogno di 100-140mila alloggi per i prossimi dieci anni, il mercato privato è sempre più inaccessibile per i redditi medio-bassi e, come se non bastasse, nel capoluogo la percentuale di abitazioni tenute vuote, spesso per motivi speculativi, raggiunge ormai l’8%. Insomma, al significativo aumento della domanda sociale di alloggi a basso costo, corrisponde una politica di riduzione tendenziale dell’offerta di case popolari, per non parlare della sempre più spinta introduzione di criteri privatistici nella gestione dell’edilizia residenziale pubblica.
In questa contraddizione sta la ragione di provvedimenti regionali come quello dell’obbligo di almeno cinque anni di residenza per poter accedere alle graduatorie, peraltro già bocciato dal Tar. E sta qui la ragione degli odierni proclami leghisti. Si tratta molto più banalmente –e cinicamente- di nascondere la verità e di accreditare la favola nera secondo la quale non ci sarebbero case popolari per i “lombardi”, perché a portargliele via ci sono gli “extracomunitari” e i “delinquenti”, che poi sarebbero quasi sempre la stessa cosa. Insomma, una bella guerra tra i poveri per l’accesso alla casa, libertà di fare affari per le immobiliari e, soprattutto, nessuno che chiami in causa le responsabilità del potere politico.
Non occorre essere dei geni per capire che discorsi e atti istituzionali del genere, oltre ad essere disgustosi di per sé, sono di un’estrema pericolosità politica e sociale, specie se applicati in una regione dove vivono ormai quasi 900mila migranti e dove la mobilità, in ingresso e in uscita, è tradizionalmente elevata. Ecco perché conviene non snobbare le continue uscite leghiste, che saranno pure rozze e minoritarie, ma che in fondo non sono altro che degli apripista per una politica che appartiene a settori ben più ampi e potenti del centrodestra -e a volte anche oltre- e degli affaristi del mattone. Ed ecco perché a sinistra la questione abitativa, o meglio del diritto alla casa per tutti e tutte, andrebbe finalmente collocato tra le priorità.
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