Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 12 marzo 2009 (pag. Milano)
Del pacchetto sicurezza, cioè del disegno di legge governativo “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, si è parlato molto, ma in realtà persino molta parte dei cittadini più sensibili ne conoscono soltanto quei frammenti che hanno avuto più eco mediatico.
E così, non solo si ignora largamente la vera portata della stretta securitaria contro i migranti, sia irregolari che regolari, contenuta nei 66 articoli del pacchetto, una sorta di galleria degli orrori, ma anche che il progetto non si limita alla sola immigrazione. Infatti, il ddl -approvato il 5 febbraio scorso dal Senato e ora all’esame della Camera- introduce altresì una serie di norme che riguardano più o meno direttamente il conflitto sociale e la libertà di espressione, ponendosi così in linea di continuità con le recenti iniziative restrittive in materia di diritto di sciopero e libertà di manifestazione.
Lasciamo stare in questa sede lo sdoganamento delle ronde, peraltro già anticipato con il decreto “anti-stupri” del 20 febbraio, oppure le varie norme che intensificano le sanzioni in tema di “decoro urbano”, nella sua accezione più ampia, per concentrarci invece su tre innovazioni altamente significative.
Anzitutto, vi è la reintroduzione nel codice penale di un reato abolito nel 1999: l’oltraggio a pubblico ufficiale, punibile con la reclusione fino a tre anni. E come se non bastasse, la definizione del reato è talmente vaga, cioè “chiunque offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale”, che non è difficile prevedere che si ripresenteranno i medesimi abusi che avevano motivato la precedente abolizione. Attenti dunque ai vostri slogan e alle vostre parole al prossimo corto, presidio o sciopero, perché potrebbero costarvi caro.
In secondo luogo, c’è la norma che prevede la sospensione cautelativa e lo scioglimento di “organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi”, qualora la loro attività abbia “favorito” la commissione di un delitto con finalità di terrorismo o di un reato aggravato dall’”eversione dell’ordine democratico” (ai sensi del decreto-legge n. 625/79). La sospensione viene disposta dal giudice nel corso del processo, ma lo scioglimento può essere ordinato dal solo Ministro degli Interni in seguito a sentenza definitiva.
Certo, a prima vista questa norma può apparire innocua per quanti agiscono alla luce del sole, ma poi basta richiamare alla mente i recenti e sempre più frequenti proclami di politici della destra, come De Corato, ma non solo, che tentano di accreditare le loro campagne politiche contro i centri sociali o i movimenti antagonisti con l’allusione che sarebbero contigui al terrorismo. In altre parole, sarà sufficiente che un condannato per le fattispecie di reato indicate abbia frequentato qualche volta un certo centro sociale o riunione pubblica e il Ministro potrà procedere allo scioglimento.
Infine, vi è il gentile contributo dell’Udc al pacchetto, cioè l’emendamento, ovviamente accolto, del Senatore D’Alia. Si tratta di un vero e proprio intervento censorio rivolto a internet, poiché prevede che se su un sito vengono pubblicati contenuti considerati apologia di reato, istigazione a delinquere o semplicemente un invito “a disobbedire alle leggi”, allora il Ministro potrà ordinare al provider di oscurare il sito entro 24 ore. Detto altrimenti, Facebook, You Tube o blog che sia, tutti a rischio censura. E soprattutto una pesante limitazione della libertà di espressione e di parola di ognuno e ognuna di noi.
Non abbiamo mai condiviso l’allarmismo di quanti gridano al lupo, al lupo di fronte a ogni difficoltà, ma quello che sta accadendo oggi, per giunta in maniera accelerata, contiene tutti gli elementi per poter parlare, armati di sano realismo, di una deriva autoritaria.
O più concretamente, siamo di fronte all’esplicitazione di che cosa significhi “uscire a destra dalla crisi”: non solo sei chiamato a pagare il prezzo in termini di lavoro, reddito, studio e condizione sociale, ma devi pure stare zitto e applaudire i potenti. E se proprio non ce la fai a tapparti la bocca, allora prenditela con lo straniero della porta accanto o con il barbone. Questo e non altro è il pacchetto sicurezza e sarebbe bene che nessuno e nessuna di noi lo dimentichi e che agisca di conseguenza.
qui sotto puoi scaricare il testo del “pacchetto sicurezza” all’esame della Camera
Appena tocchi il tema “sicurezza” dalle nostre parti si fa largo un inquietante conformismo. E così, oggi il Consiglio regionale ha approvato a larghissima maggioranza, con i soli voti contrari di Rifondazione e Sd, la costituzione dell’Accademia lombarda per ufficiali e sottufficiali della Polizia Locale.
Una creatura dal nome altisonante, che sostanzialmente aggiunge poco o niente ai corsi di formazione che la Regione attraverso l’IReF già organizza, ma che in cambio succhia altro denaro pubblico - 400mila euro come dotazione iniziale - per vendere un po’ di percezione di sicurezza sul mercato delle illusioni elettorali e per dare un’ulteriore spinta allo svuotamento delle funzioni tipiche delle ex-vigilanze urbane.
Talmente grandi sono ormai la disinvoltura e la superficialità con le quali si discute di questi argomenti, che già nel dibattito finale in Commissione la maggioranza aveva dovuto accogliere alcuni dei nostri emendamenti. Infatti, nessuno si era accorto che il provvedimento eliminava en passant persino ogni residuo controllo da parte dell’Assemblea legislativa regionale.
No, la sicurezza e la formazione professionale non c’entrano granché. C’entra invece la voglia di fare le polizie del sindaco e un po’ di propaganda, come conferma altresì il documento di accompagnamento dell’Assessorato regionale, oggi miracolosamente scomparso dal dibattito, che parla di “un luogo simbolico, per creare senso di appartenenza e rappresentanza esterna adeguata”.
E, se c’era bisogno di ulteriori conferme, oggi è stato bocciato anche il nostro emendamento che diceva semplicemente che la formazione degli ufficiali e sottufficiali dovesse riguardare prevalentemente le funzioni di polizia amministrativa e di polizia stradale.
Insomma, tra ronde, polizie del sindaco, Accademie più o meno reali e militari per strada siamo messi proprio male, anzi malissimo. E quello che fa specie più di ogni altra cosa è che soltanto così pochi sembrino sentire la puzza di bruciato.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 09/03/2009, in Lavoro, linkato 1040 volte)
Oggi in Regione Lombardia si è tenuta una nuova riunione sulla vertenza Innse, come deciso al tavolo di confronto del 25 febbraio scorso. L’odierno incontro aveva una composizione diversa dalle precedenti occasioni, cioè erano presenti soltanto Regione Lombardia (Vicepresidente Rossoni), la Provincia di Milano, il Comune di Milano, la proprietà dell’area (Aedes) e la proprietà dello stabilimento (Genta).
La Regione ha anzitutto sollecitato la proprietà del terreno a formulare entro due settimane una proposta di cessione della parte dell’area interessata dallo stabilimento, cioè quella necessaria per l’attività produttiva. Aedes, peraltro impegnata proprio in questi giorni a ridefinire i suoi assetti proprietari, ha accettato di valutare tale proposta e il Comune di Milano ha esplicitato che non vede controindicazioni all’ipotesi di mantenimento dell’attività produttiva nell’attuale sito.
In secondo luogo, la Regione ha ribadito di ritenere inaccettabile che nel frattempo si producano problemi di ordine pubblico, cioè iniziative unilaterali da parte di Genta.
Infine, entro il 24 marzo sarà riconvocato il tavolo.
La proprietà dello stabilimento (Genta), da parte sua, non ha avanzato opposizioni a questo percorso, o perlomeno non l’ha fatto oggi al tavolo istituzionale…
Ovviamente è ancora presto per dichiararsi ottimisti o pessimisti, poiché le variabili sono troppe, ma una cosa si può affermare con certezza: i nove mesi di resistenza degli operai e la solidarietà sviluppatasi attorno ad essa hanno fatto sì che oggi si discuta molto più seriamente di prima del mantenimento del sito produttivo. Quindi, occorre mantenere viva la solidarietà con gli operai dell’Innse e con la loro lotta.
Si chiama pomposamente “Accademia per gli ufficiali e sottoufficiali di Polizia Locale”, avrà sede principale a Milano e dispone di un finanziamento regionale iniziale di 400mila euro, ma nella sostanza non aggiunge molto ai corsi di formazione regionali che già ci sono. Insomma, un’operazione politica a spese del bilancio pubblico, tesa ad accelerare il processo di politicizzazione delle polizie locali.
Del resto, è lo stesso Assessorato regionale, nel suo documento di accompagnamento, a confermare che il punto non è la formazione professionale, ma altro. Infatti, sotto il titolo “Senso attuale di un’Accademia” scrive testualmente: “un luogo simbolico, per creare senso di appartenenza e rappresentanza esterna adeguata”.
La Giunta regionale voleva persino eliminare ogni forma di controllo democratico da parte del Consiglio regionale, che secondo il testo originario non sarebbe stato nemmeno più informato su quello che succedeva nell’”Accademia”. Soltanto grazie ad alcuni nostri emendamenti, approvati oggi in Commissione II (Affari Istituzionali), è stato reintrodotto almeno l’obbligo di “sentire” la Commissione.
Ma questa limitazione del danno non basta certo per far venire meno le inquietudini e la nostra contrarietà al provvedimento. Infatti, l’esperienza di questi anni ci ha insegnato che la tendenza a trasformare le ex-vigilanze urbane in una sorta di polizie del sindaco, con tutto ciò che ne consegue in termini di invasione de jure e de facto delle competenze delle forze dell’ordine e di strisciante marginalizzazione delle attività tipiche e proprie delle polizie municipali, ha avuto effetti preoccupanti anche sul piano della formazione.
Esempio lampante, ma certo non unico, è il caso dell’incredibile “dimenticanza” da parte dell’IReF di inserire nei piani formativi per gli addetti di polizia locale i corsi relativi ai controlli di sicurezza nei cantieri, che provocò già nel dicembre 2006, sulla base della nostra denuncia, un richiamo formale e unanime da parte del Consiglio regionale.
In cambio lo stesso IReF, sempre nel 2006, promosse un corso di formazione per dirigenti di P.L. dal titolo “Fenomeno religioso e rischio”, in cui si parlava dei nessi tra la religione islamica e il terrorismo, della “nuova guerra mondiale” di Al Qaeda e Hamas e della “questione palestinese e irachena”. E come se non bastasse, la docenza dei corsi fu affidata al Cesnur (Center for studies on new religions), il cui dirigente è Massimo Introvigne, cioè un influente membro dell’organizzazione dell’estrema destra intergralista “Alleanza Cattolica”. D’altra parte c’era poco di cui stupirsi, visto che l’allora presidente dell’IReF, Lorenzo Cantoni, scriveva abitualmente sulla rivista “Cristianità”, organo di “Ac”.
Insomma, invece di contrastare la politicizzazione e la militarizzazione delle polizie locali, puntando piuttosto sulla formazione professionale relativa ai compiti propri, si fa l’esatto contrario. E così, non sorprende certo che l’unica battaglia della Lega in Commissione, peraltro coronata da successo, sia stata soltanto quella di chiedere di aprire sedi di rappresentanza dell’”Accademia” anche in altre città. Non serve a nulla, costa altro denaro pubblico, ma è tanto utile in campagna elettorale.
La Commissione II ha approvato oggi il provvedimento con il voto favorevole di PdL, Lega e Pd, l’astensione di Sarfatti e il voto contrario di Rifondazione. Martedì prossimo, con ogni probabilità, lo voterà l’Aula. Da parte nostra riproporremo anche in quella sede la nostra battaglia e il nostro ragionamento, auspicando che nel frattempo anche qualcun altro trovi la lucidità di alzare la voce.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo del provvedimento approvato oggi in Commissione II
L’Assessore regionale predica bene, ma poi razzola l’Assessore comunale. E c’è pure un regalo elettorale per i Sindaci sceriffo. È questa la morale del dibattito sull’ennesima modifica della legge regionale n. 12 sul governo del territorio, approvata oggi a maggioranza dal Consiglio, con il nostro voto contrario.
Ne esce un provvedimento brutto, contradditorio e pasticciato, che da una parte mette dei freni all’abuso delle varianti, ma dall’altra si inventa nuove deroghe, utili anzitutto per i progetti della Giunta Moratti. Cioè, d’ora in poi a Milano si potrà edificare anche sulle aree verdi e le varianti non dovranno più passare dal Consiglio comunale, ma soltanto dalla Giunta.
Il pressing dietro le quinte dell’Assessore comunale Masseroli, in quota Comunione e Liberazione, ha dunque ottenuto i suoi risultati, poiché per i Comuni ad alta pressione abitativa è stata introdotta la possibilità, finora esclusa, di poter edificare anche sulle aree a verde e parcheggio, mentre quelli interessati dalle opere dell’Expo potranno adottare e approvare i piani attuativi e le varianti - tutte, non solo quelle che riguardano l’Expo stesso - nella sola Giunta, senza il passaggio dai consigli comunali. In altre parole, a Milano gli affari e la cementificazione potranno continuare come e più di prima.
Infine, nemmeno questa volta ci è stata risparmiata la norma che con l’urbanistica non c’entra nulla. Conosciuta come “norma anti-kebab”, in realtà consegna ai Sindaci la possibilità di vietare qualsiasi attività, qualora venga considerata suscettibile di poter creare disagi a causa della sua frequentazione. Cioè, non solo la kebaberia, ma qualsiasi cosa, a discrezione. E la norma è valida soltanto per un anno, cioè esattamente il periodo che copre la campagna elettorale per le amministrative di giugno e quella per le regionali del 2010. Insomma, un regalo elettorale per i Sindaci sceriffi.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo di legge approvato (in grassetto le parti emendate in aula)
L’attacco del vicesindaco De Corato al Cocer dei Carabinieri e ai sindacati di polizia, rei di aver criticato le ronde, evidenzia una volta di più quello che è il vero progetto che diversi settori del centrodestra e non solo stanno sempre più apertamente perseguendo. Cioè, emarginare ed erodere i tradizionali corpi di polizia, in particolare la Polizia di Stato, al fine di imprimere una maggior politicizzazione della gestione dell’ordine pubblico e della sicurezza.
E, a tal proposito, l’esaltazione del cosiddetto “modello Milano” non è certo un caso. Infatti, proprio nella capitale lombarda assistiamo, non da oggi, a una vera e propria moltiplicazione di soggetti che si occupano di sicurezza e che tendono a invadere le sfere di competenza delle forze dell’ordine. Dal processo di militarizzazione della Polizia locale, sempre più simile a una sorta di polizia del vicesindaco, all’elargizione di denaro pubblico ad associazioni private, passando per la scalpitante Polizia provinciale di Penati e per le inutili pattuglie dell’esercito in alcune vie cittadine.
E mentre tutto questo accade, la Questura non solo fatica, a causa della mancanza di fondi, a far uscire le proprie volanti o a coprire i buchi dell’organico, ma deve altresì fare la badante ai militari, tenere d’occhio le iniziative private o quelle di alcuni nuclei speciali della Polizia locale e fornire gli uomini per le guerre private del Vicesindaco, come nel caso del Cox 18.
C’è da meravigliarsi che gli organismi di rappresentanza dei carabinieri e della polizia, di qualsiasi simpatia politica siano, abbiano deciso di alzare la voce di fronte all’ultima trovata governativa di legalizzare e fomentare le ronde di partito?
Il “modello Milano”, come lo chiama l’aspirante sceriffo De Corato, non è la soluzione, bensì parte integrante del problema. E forse sarebbe il caso che qualcuno in più inizi a preoccuparsi di quello che sta accadendo, perché quando la gestione della sicurezza diventa un affare in mano a una sola parte politica, allora i confini della democrazia sono già oltrepassati.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
I responsabili locali dell’ordine pubblico e il Ministro degli Interni devono degli urgenti ed esaustivi chiarimenti su quanto avvenuto ieri sera a Bergamo, dove le forze dell’ordine hanno non solo permesso, ma persino protetto un corteo non autorizzato del movimento neonazista Forza Nuova, con tanto di esibizione di simbologia fascista e soprattutto di squadre organizzate e armate di spranghe, mentre poco dopo sono stati invece caricati con rabbia e rastrellati a decine i manifestanti antifascisti. (vedi anche video su http://www.youreporter.it)
Due pesi e due misure che non possono che suscitare vivo allarme e che fanno il paio con quanto sta avvenendo sempre più frequentemente in tutto il paese. Cioè, una grande tolleranza istituzionale verso gruppi razzisti e neofascisti, anche quando violano palesemente la legge e le prescrizioni costituzionali, e una totale intolleranza verso ogni forma di dissenso in qualche modo riconducibile alla sinistra o semplicemente a opinioni non conformi o contigue al centrodestra.
Subordinare la gestione dell’ordine pubblico non alla legge e al buon senso, bensì agli orientamenti e agli interessi politici dei governanti di turno, mette a serio rischio la tenuta democratica e apre le porte alle avventure autoritarie.
Per questo chiediamo con forza che il Ministro Maroni chiarisca immediatamente le responsabilità istituzionali di quanto accaduto e che formalizzi l’impegno che cose del genere non si ripetano più.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Sabato 28 febbraio, con concentramento alle ore 15.00 in piazza XXIV Maggio a Milano, si terrà la manifestazione nazionale “contro le logiche securitarie, per l’autogestione e gli spazi sociali”. La proposta del corteo nazionale era nata all’indomani dello sgombero del Conchetta e delle nuove e reiterate minacce di De Corato e del Comune contro gli spazi sociali. Ma in gioco non sono soltanto i centri sociali, bensì un’idea di città e società. Invitiamo pertanto tutti e tutte a partecipare!
Qui di seguito l’appello ufficiale per la manifestazione del 28:
“Le mani moleste della Proprietà e del Controllo sono in grande attività:
Trasformano la salute in un affare per imprenditori.
Ci raccontano che la migliore cura è l’espulsione.
Cancellano l’edilizia popolare e trasformano in merce i bisogni.
Negano i diritti, la solidarietà.
Per salvaguardare i loro loschi affari ingabbiano la cultura, cacciano le persone, cancellano la storia.
In città ridotte a macchine per fare soldi, vogliamo liberare spazi, luoghi in cui stare e tempi da attraversare.
Con la forza dei nostri desideri e con le armi della solidarietà vogliamo sconfiggere l’ossessione di controllo di chi nega il diritto all’esistenza e l’avidità di chi trasforma la conoscenza in un lusso.
Per la salvaguardia e l’ampliamento dei diritti, contro la meschinità del razzismo di governo e contro la cementificazione delle città e delle menti.
28 febbraio
Manifestazione nazionale contro le logiche securitarie, per l’autogestione e gli spazi sociali. Milano, ore 15.00
Piazza XXIV Maggio
Le compagne e i compagni di Milano”
di lucmu (del 27/02/2009, in Lavoro, linkato 1008 volte)
Sono passati soltanto due giorni dall’incontro in Regione che ha rilanciato il tavolo di confronto per salvare l’Innse ed ecco che arriva la provocazione del proprietario, Silvano Genta, per cercare di far saltare ogni possibile accordo prima ancora che nasca.
Stamattina alcuni addetti guidati da Genta junior si sono introdotti nel capannone e hanno iniziato a manomettere i macchinari, nonostante due giorni fa in Regione, presente anche il legale di Genta, si fosse stabilito che questi non andavano toccati. Gli operai che presidiano lo stabilimento, accortisi del blitz, si sono immediatamente mobilitati e ne sono seguiti alcuni momenti di tensione.
Lo stesso Vicepresidente regionale, Rossoni, interpellato dal sottoscritto, è dovuto intervenire per rammentare alla proprietà gli impegni presi al tavolo. La Questura, da parte sua, è sopraggiunta soltanto in un secondo momento, avvisata dalla Fiom.
Genta junior è stato infine costretto ad abbandonare il campo e alcuni operai della Rsu sono potuti entrare nel capannone per verificare che tutto fosse al suo posto, constatando così che l’obiettivo, fallito, del blitz era proprio la manomissione di alcuni macchinari, al fine di rendere inservibile la linea di produzione.
Quanto accaduto oggi dimostra ancora una volta che il principale ostacolo è costituito dall’arroganza e dall’inaffidabilità della proprietà, interessata unicamente a smantellare la fabbrica e vendere a pezzettini i costosi macchinari.
Oggi soltanto grazie al senso di responsabilità degli operai è stato evitato l’incidente e si è impedita la manomissione. Ma è ben triste che dei padri di famiglia debbano vigilare 24 ore su 24 perché un imprenditore di ventura non saboti un tavolo di confronto promosso dalle istituzioni locali.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
di lucmu (del 27/02/2009, in Lavoro, linkato 931 volte)
Il disegno di legge delega anti-sciopero varato oggi dal Consiglio dei Ministri è un atto estremamente grave. Non solo lede pesantemente i diritti e le libertà costituzionali dei lavoratori italiani, ma soprattutto rappresenta un evidente tentativo di imporre nel nostro Paese il sindacato di regime.
Non esiste in Italia alcuna emergenza legata a un numero eccessivo di ore di sciopero, nemmeno nel settore trasporti. Anzi, in questi ultimi anni queste sono calate, per non parlare del fatto che la legge di “regolamentazione” dello sciopero in vigore è già una delle più restrittive esistenti in Europa.
Non c’entra un bel niente il diritto alla mobilità, che è sì compromesso, ma a causa dello stato disastrato del trasporto pubblico locale su ferro, come i pendolari ben sanno. Quello che invece c’entra è la volontà del Governo di aggredire e smantellare ogni organizzazione indipendente e non subalterna dei lavoratori, facendo carta straccia del principio costituzionale che afferma senza ambiguità che “l’organizzazione sindacale è libera” (articolo 39).
E non si tratta semplicemente di voler eliminare i sindacati di base, già maltrattati da una normativa sulla rappresentanza di ispirazione bulgara, e di ridurre alla ragione la Cgil o perlomeno le sue categorie più combattive, bensì di instaurare un vero e proprio regime esclusivo ed escludente, laddove alcuni sindacati accettano di cambiare pelle, trasformandosi in organi collaterali del Governo e di Confindustria e ottenendo in cambio una serie di privilegi e prebende per i loro dirigenti e funzionari.
Una dinamica in atto da tempo, con l’attiva collaborazione di organizzazioni come la Cisl, ma che oggi subisce un’accelerazione e un salto di qualità preoccupanti, che prendono di mira direttamente i diritti e le libertà dei lavoratori. E non si venga a raccontare che si tratta di un intervento mirato al “solo” settore dei trasporti. L’esperienza insegna che si parte dal punto più favorevole per poi estendere man mano il precedente ad altre categorie, anche per via contrattuale, magari separata.
Pure i più disinformati sanno che nei prossimi mesi gli effetti della crisi si abbatteranno con violenza sui lavoratori italiani e che ci saranno delle giuste proteste e mobilitazioni. E invece di promuovere una politica anticrisi seria e forte, si sceglie la repressione e la costruzione del sindacato di regime.
Quello che stupisce non è che in questi giorni alcuni abbiano parlato di attacco alla democrazia, bensì che soltanto così pochi l’abbiano fatto. Da parte nostra ci opporremo con tutte le nostre forze a questa deriva autoritaria contro i lavoratori.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo del ddl anti-sciopero varato dal Consiglio dei Ministri
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