Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di lucmu (del 14/02/2012, in Lavoro, linkato 973 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 14 febbraio 2012 con il titolo “Se Formigoni cancella l’art. 18”.
Lo scandalo continuo in Regione ed i sempre più rumorosi scricchiolii nel sistema di potere ciellino hanno costretto Formigoni nell’angolo. Ormai, anche i più moderati non escludono più elezioni regionali anticipate l’anno prossimo. Beninteso, anche lui in fondo le vorrebbe, ma per fare finalmente il grande balzo nella politica nazionale. E per questo servirebbe un’immagine un po’ più decorosa di quella attuale.
E così, per far dimenticare corruzione, firme false, nani e ballerine, ha pensato bene di presentarsi come il Monti della Lombardia. Ed ecco che butta lì il nome di Passera come candidato premier, ma soprattutto tira fuori dal cilindro un provvedimento chiamato pomposamente “Cresci Lombardia”.
Manco a dirlo, il piatto forte del progetto di legge è il lavoro. O meglio, quello che ormai è diventato una sorta di sport nazionale: sparare a zero sui residui diritti dei lavoratori.
Il lavoro, già. In Lombardia ci sarebbe un gran bisogno di una Regione che agisse con determinazione e lungimiranza, perché la situazione è drammatica. Un esempio per tutti: nel solo secondo semestre 2011, l’industria metalmeccanica in Lombardia ha registrato oltre 4mila licenziamenti, 56mila cassaintegrati e 2224 aziende in crisi.
Invece, il concetto più ripetuto dagli uomini di Formigoni e della Lega è da sempre: “la politica non può fare niente”. E così, anche i 325 operai ed operaie licenziati della Jabil, in presidio davanti alla Regione venerdì scorso, proprio quando la Giunta regionale stava deliberando le sue “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione”, sono rimasti in mezzo alla strada e al freddo, senza vedere alcun assessore.
Quelli e quelle della Jabil non hanno trovato molto spazio sulla stampa. Formigoni e la sua politica “per l’occupazione” invece sì. Anzi, l’ha avuto soprattutto nei giorni precedenti, visto che la bozza del testo, distribuita alle parti sociali e quindi arrivata anche alla stampa, ha scatenato un vespaio. Infatti, non solo la Regione intendeva “promuovere accordi o intese” tra la parti ai sensi del famigerato articolo 8 del decreto-legge 138/2011, ma, infilato in una “nota esplicativa”, prevedeva persino una “indennità di terminazione”, in cambio della rinuncia all’articolo 18.
Quel testo così com’era, ovviamente, non ha retto alle critiche, sebbene vada registrato che Cisl e Uil comunque lo condividevano. Ma le grida di vittoria che si sono levate da una parte dei democratici e della Cgil, in seguito alle correzioni introdotte, sono perlomeno un po’ fuori luogo.
Infatti, sono sparite le provocazioni linguistiche e gli angoli sono stati smussati, ma è rimasta tale e quale la sostanza. Cioè, la Regione intende investire almeno il 20% delle proprie risorse “previste a sostegno dello sviluppo e dell’occupazione” per stimolare accordi ai sensi dell’articolo 8, cioè in deroga al contratto nazionale e allo Statuto dei Lavoratori.
È evidente che il vero obiettivo di Formigoni è quello di salvare la propria prospettiva politica e, da quel punto di vista, non va affatto sottovalutata la sua ultima iniziativa. Anzitutto, perché attorno a questo provvedimento ha ricompattato l’alleanza con la Lega e, in secondo luogo, perché ha portato la divisione nel campo dell’opposizione. E poi, ha dato una gran mano a chi sul piano nazionale vuole stracciare l’articolo 18.
Insomma, Formigoni ha fatto la sua mossa e ora tocca a noi essere all’altezza. Anzitutto, sostenendo le battaglie contro la manomissione dei diritti dei lavoratori. Poi, non cedendo di un millimetro e, anzi, rafforzando la mobilitazione per mandare a casa Formigoni.
Cliccando sull’icona qui sotto, puoi scaricare i testi originali ed integrali del progetto di legge della Giunta regionale “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione”, sia nella versione in bozza del 26 gennaio (per il lavoro vedi art. 3 con relativa nota esplicativa, per l’introduzione delle graduatorie di istituto nelle scuole al posto delle graduatorie regolari vedi art. 5), che nella versione definitiva approvata dalla Giunta il 10 febbraio u.s. (per lavoro art. 6, per graduatorie scuola art. 8).
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale on line Paneacqua.eu il 15 febbraio 2012
Sembra il passato che torna, all’improvviso, brutalmente. Un passato che a volte ci sembra lontano anni luce, quasi fosse stato esorcizzato, anche se in realtà non è trascorso neanche un anno da quando Milano ha deciso di chiudere con le amministrazioni di destra, per affidarsi a Giuliano Pisapia.
Lunedì scorso al Parco Lambro, periferia nord est della città, un agente della Polizia Locale, Alessandro Amigoni, a conclusione di un inseguimento, ha estratto la pistola, premuto il grilletto e ucciso Marcelo Valentino Gomez Cortes, cittadino cileno di 29 anni e padre di due figli. Amigoni ha parlato subito di legittima difesa, poiché una seconda persona presente insieme a Gomez avrebbe puntato un’arma da fuoco contro i vigili intervenuti, ma già lunedì notte il pubblico ministero ha deciso di modificare l’ipotesi di reato, da “eccesso di legittima difesa” in “omicidio volontario”. Insomma, le cose sarebbero andate molto diversamente.
Il tempo e le indagini, che auspichiamo molto celeri, ci restituiranno la verità su quel maledetto lunedì pomeriggio al Parco Lambro e sulle responsabilità di Amigoni. Pertanto, non ha senso speculare sulla dinamica dei fatti e ci fermiamo qui.
Ma con la stessa determinazione e trasparenza non possiamo esimerci da una presa di parola rispetto a quella terribile sensazione che un pezzo di passato si sia ripresentato. Già, perché Alessandro Amigoni non era un vigile qualsiasi, ma faceva parte di quei “nuclei” costituiti in seno alla Polizia Locale dalla precedente amministrazione, soprattutto su spinta dell’ex vicesindaco De Corato.
Nuclei che dipendendo dal comando centrale e non da quelli di zona. Nuclei che di solito agiscono in borghese, ma che in qualche occasione si sono visti anche in tenuta antisommossa, tipo Celere, sebbene la legge lo vieti. Nuclei che si occupano –o che si sono occupati- di compiti specifici, come il contrasto del commercio abusivo, gli sgomberi o le retate anti-immigrati sui mezzi pubblici. Nuclei che fuoriescono dal quadro delle competenze e dei compiti tradizionali delle polizie municipali, per prefigurare quelle “polizie del sindaco”, sognate, ahinoi, non solo da amministratori leghisti ed ex-missini.
Quei nuclei, che di per sé rappresentano una realtà borderline, dal punto di vista normativo, formativo e della selezione del personale, sono stati coinvolti nel passato in diverse storiacce, finite anche sulla stampa cittadina. Di alcune di queste ci eravamo occupati anche noi in prima persona, quando eravamo in Consiglio regionale, come ad esempio la tenuta antisommossa, alcune risse, l’uso di equipaggiamento non in dotazione e di armi improprie o la schedatura su base etnica delle popolazioni rom e sinti ancor prima del governo nazionale.
Avevamo fatto interrogazioni in Consiglio regionale (a proposito, uno degli assessori regionali alla sicurezza di allora si chiamava Massimo Ponzoni…), avevamo fatto incontri specifici con il Prefetto di Milano, anche accompagnati da alcune rappresentanze sindacali dei vigili, e avevamo richiesto più volte interventi concreti per fermare almeno gli abusi e le violazioni di legge più palesi. Avevamo ottenuto molte parole, ma niente fatti.
Poi, appunto, è arrivata la primavera arancione e Milano ha voltato pagina. Nel programma del nuovo Sindaco c’è anche una scelta importante, di carattere strutturale: valorizzare la figura del vigile di quartiere e puntare sulla vicinanza al territorio. Cioè, l’esatto contrario della filosofia decoratiana, che derideva l’agente di Polizia Locale che stava sul territorio, per invece incentivare nuclei centralizzati e militarizzati, senza nemmeno prevedere una formazione adeguata.
In tempi brevi i nuovi vigili di quartiere inizieranno ad entrare in servizio e quei nuclei sono destinati a perdere rilevanza. Questo era già previsto, ma è opportuno ricordarlo.
Tuttavia, alla luce dei gravi fatti di lunedì scorso, è nostra convinzione che oggi occorra dare un segnale alla città e, dunque, accelerare questo processo. In particolare, bisogna procedere in tempi molto brevi a una riorganizzazione completa del sistema dei nuclei centralizzati e militarizzati. Qualcosa potrà essere aggiustato, altre cose vanno semplicemente smantellate. E questo a prescindere dalle eventuali responsabilità che potranno emergere dalle indagini sulla morte violenta del giovane cileno.
In secondo luogo, riteniamo che sia ingiustificabile, data la sua funzione istituzionale, che il Comandante della Polizia Locale, Tullio Mastrangelo, abbia immediatamente, pubblicamente e incautamente sposato la versione dei fatti dell’agente incriminato, omettendo peraltro di esprimere qualsiasi rammarico per la morte di Gomez Cortes.
Facendo così, il Comandante non è stato soltanto protagonista di una caduta di stile, ma ha fatto un cattivo servizio sia all’amministrazione cittadina, che allo stesso corpo della Polizia Locale.
I vigili urbani milanesi hanno subito da poco un grave lutto con l’infame omicidio di Niccolò Savarino ed è comprensibile e persino ovvio che questo aumenti non solo la rabbia, ma soprattutto le preoccupazioni ogniqualvolta si prende servizio e si va in mezzo alla strada. E proprio per questo sarebbe imperdonabile se qualcuno pensasse di utilizzare questo stato d’animo per costruire una sorta di spirito di corpo a difesa di ciò che non può e non deve essere difeso.
Oggi la magistratura ha bisogno di fiducia per poter accertare nei tempi più brevi possibili la verità. Milano ha bisogno di essere rassicurata che con il passato si chiude definitivamente. I vigili urbani milanesi hanno bisogno di quelle certezze e di quella vicinanza che gli permettono di non doversi arroccare, quasi a prescindere.
E, infine, una cosa che dovrebbe essere scontata, ma che in questi giorni non lo è. Cioè, esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia di Marcelo Valentino Gomez Cortes.
Manca poco più di una settimana alla manifestazione nazionale No Tav del 25 febbraio e le iniziative sui territori si moltiplicano. A Milano, segnaliamo in particolare i due appuntamenti “centrali” di questo fine settimana, il concerto No Tav di venerdì 17 e il corteo di sabato 18 febbraio, che si aggiungono alle diverse iniziative già realizzate nell’area metropolitana.
Per quanto riguarda i quattro attivisti no tav milanesi finiti in custodia cautelare a San Vittore nel quadro della maxi retata del 26 gennaio scorso, la situazione è la seguente: lunedì 13 febbraio si è tenuto il riesame per tre di loro, che ha confermato la carcerazione preventiva per Marcelo e Maurizio, concedendo gli arresti domiciliari soltanto per Lollo; oggi giovedì 16 febbraio si è tenuto il riesame per Niccolò: pure per lui sono stati respinti i domiciliari e quindi deve rimanere in carcere.
Per quanto riguarda gli appuntamenti sopra ricordati, eccovi le coordinate:
CONCERTO NO TAV
venerdì 17 febbraio –ore19.00-24.00 – piazza XXIV Maggio - Milano
Per la liberazione di tutti gli arrestati No Tav. Contro un’opera dannosa e inutile. Per la difesa dei territori e dei beni comuni. Per la libertà di conflitto.
con: ESA, NIGHTSKINNY, JUNIOR SPREA, MICKY e JOXEMI (NO RELAX y SKA-P), PUNKREAS, CASINO ROYALE
Intervengono: compagni e parenti dei ragazzi arrestati e Comitati No Tav della Val di Susa
Live painting by: Art Kitchen, VolksWriter
CORTEO CITTADINO NO TAV
sabato 18 febbraio – ore 14.00 - Stazione Centrale (sotto il presidio-torre dei lavoratori ex wagon lits, cioè v. Ferrante Aporti, ang. v.le Brianza)– Milano
Il corteo terminerà davanti a San Vittore.
La manifestazione è stata convocata dall’assemblea cittadina e non c’è un unico appello di convocazione, bensì soltanto delle parole d’ordine unitarie: “Le lotte non si arrestano! No Tav liberi!”.
MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO TAV IN VAL DI SUSA
sabato 25 febbraio – ore 13.00 – piazzale della Stazione - Bussoleno (termina a Susa)
Per quanto riguarda i mezzi di trasporto collettivi da Milano, la situazione è ancora in evoluzione. Pertanto segnaliamo gli unici mezzi già certi, cioè i pullman organizzati da Zam, che partiranno alle ore 9.00.
Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale on line MilanoX il 21 febbraio 2012
Non mi piace particolarmente polemizzare con dei magistrati, anche se può capitare, e non mi ricordo di avere mai scritto frasi ingiuriose contro singoli magistrati. E riterrei profondamente sbagliato se la mobilitazione per la scarcerazione degli attivisti No Tav, arrestati il 26 gennaio scorso, finisse per tramutarsi in una sorta di questione personale con il Procuratore Capo di Torino, Gian Carlo Caselli.
Sarebbe imperdonabile, poiché non solo condurrebbe su strade senza vie d’uscita, ma soprattutto assolverebbe i responsabili del costosissimo, inutile e dannoso progetto Tav e della pazzesca militarizzazione della Val di Susa.
Se in Valle la situazione è quella che è e se c’è una campagna, giudiziaria e politica, per tentare di spezzare il movimento ed eliminare il dissenso, questo non è certo il prodotto delle decisioni di una qualche procura, bensì di un insieme di attori economici e politici, a partire dal livello governativo.
Detto e ribadito tutto questo, non possiamo però esimerci da alcune considerazioni su quanto dichiarato da Gian Carlo Caselli nella sua intervista, pubblicata oggi dal Corriere della Sera, in seguito all’annullamento della presentazione pubblica del suo libro a Milano, causa timori per eventuali ed attese contestazioni.
Sarebbe certamente più comodo tacere e fare finta di niente, come fanno molti, ma sarebbe anche irresponsabile, perché il procuratore capo ha scelto di formulare alcuni giudizi, di carattere extragiudiziale, che francamente fanno sobbalzare sulla sedia e che inquietano.
Come si fa a paragonare chi contesta la retata del 26 gennaio ai "familiari dei camorristi che circondano le auto delle forze dell'ordine per impedire gli arresti dei loro congiunti”? Oppure, liquidare le critiche di un suo stimato ex collega, il giudice Livio Pepino, con un infastidito “ai tempi del terrorismo, a sinistra mi chiamavano ‘servo sciocco’ del generale Dalla Chiesa. Non mi sono impressionato allora né mi impressiono oggi”?
È grave che proprio il magistrato che conduce l’inchiesta contro un gran numero di attivisti del movimento No Tav paragoni con disinvoltura gli inquisiti a camorristi e quanti lo criticano a dei collusi con il terrorismo.
Auspico vivamente che si torni presto a maggior realismo e correttezza e, soprattutto, che tutta la questione No Tav torni ad essere considerata per quella che è: non una questione di ordine pubblico, bensì politica, nel senso più nobile del termine. Poi, qualche camorrista o simile salterà sicuramente fuori, ma certamente non dalla parte dei No Tav.
Il 25 febbraio ci sarà la manifestazione nazionale in Val di Susa, che ribadirà ancora una volta la richiesta di scarcerazione degli attivisti detenuti e la continuazione della lotta contro l’insensato progetto Tav. Sarà una voce plurale, unita e determinata. Ne sono certo. Andrebbe ascoltata.
Non è abitudine di questo blog pubblicare interventi di altri, ma questa volta faccio un’eccezione e riproduco così come mi è arrivata la lettera di Danilo Tosarelli, agente della Polizia Locale di Milano e delegato sindacale dell’Usb. Parla dei nuclei speciali, creati e incentivati durante l’amministrazione Pdl-Lega della città, e parla dell’uccisione di Marcelo. Mi pare importante farla conoscere, proprio perché viene dall’interno del corpo, da qualcuno che quel mestiere lo fa tutti i giorni. È magari può funzionare anche come antidoto contro alcuni discorsi stucchevoli che si sentono in giro in questo periodo. Buona lettura.
Luciano Muhlbauer
P.S. la foto che accompagna questo post l’avevo scattata io nel corso dello sgombero del campo rom di Chiaravalle, a Milano, nel febbraio 2009. La tenuta antisommossa dei nuclei speciali della Polizia Locale di Milano non si vede più, ovviamente, ma è bene ricordare qual’è la filosofia che aveva portato alla loro costituzione e che forse spiega molto.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
UNA SCELTA NECESSARIA
Sono tra coloro che chiedono lo scioglimento del Nucleo Operativo della Polizia Locale di Milano. Questa scelta giunge dopo una riflessione che dura da tempo.
Basta girare tra i vari Comandi di zona e raccogliere le impressioni dei colleghi, per scoprire che questo Nucleo è sempre stato poco amato. Questione centrale la sua effettiva utilità ed il discutibile agio operativo che gli è sempre stato concesso.
Da sempre il sottoscritto e la sua organizzazione sindacale, rivendica la necessità di non sovrapporre i compiti e le funzioni della Polizia Locale a quelli di Polizia di Stato e Carabinieri, ma evidentemente non è opinione condivisa. Alcuni settori del Comando ed alcune Organizzazioni Sindacali si ostinano a difendere le prerogative operative di questo Nucleo.
Un nucleo di circa 60 colleghi che vede al suo interno scarsa esperienza professionale ed un alto tasso di sopravalutazione del proprio ruolo. Ne fanno gran parte colleghi che hanno poca anzianità di servizio e che sino ad oggi si sono sentiti più poliziotti che vigili. Una devianza inaccettabile.
Credo di poter affermare, che gli ultimi avvenimenti giungono a conferma che l'era DeCoratiana dei super poliziotti della Polizia Locale è davvero finita. Purtroppo il tragico episodio del Parco Lambro getta un'ombra inquietante sull'intero corpo della Polizia Locale di Milano ed io non voglio sentirmi complice di una morte che grida vendetta.
Sarà compito della Magistratura ricostruire i fatti, ma quello che è certo è che un uomo è stato colpito alle spalle e chi ha sparato è un vigile di Milano. Tutto ciò mi addolora. Lungi da me sputar sentenze, ma quello che mi sta a cuore e possiamo fare, è di recuperare i grandi valori e lo spirito democratico che ha sempre caratterizzato i Vigili di Milano.
Per me la colleganza è un valore importante, perché significa innanzitutto solidarietà. Ma la solidarietà non può essere cieca. Si deve scegliere a chi offrire la propria solidarietà. Personalmente non sono disponibile a difendere qualunque collega, sempre e comunque, solo perché indossa la mia stessa divisa. Ho sentito dichiarazioni interne al Corpo, ma anche di alcuni politici della Lega e del PDL, che mi hanno fatto rabbrividire.
Il rispetto della legge non può avere più binari. Tutti noi continuiamo ad essere cittadini dello stesso Paese e quindi assoggettati alle stesse leggi.
Dopodiché deve essere chiaro, mi rivolgo a chi come me da anni svolge lo stesso lavoro, che noi uomini e donne in divisa abbiamo più responsabilità di qualunque altro cittadino. Sono consapevole che tutto ciò sia impegno difficile e gravoso (spesso purtroppo non riconosciuto), ma credo sia questa la prerogativa essenziale per chiunque voglia rappresentare degnamente le nostre istituzioni.
Sono convinto che forte di questi valori, il vecchio Ghisa potrà ritrovare e consolidare l'affetto e la solidarietà di tutti i milanesi. Nel frattempo Milano piange un altro lutto.
DANILO TOSARELLI - Delegato USB Polizia Locale Milano Zona 2
22 febbraio 2012
Una grande, straordinaria e bellissima manifestazione, riuscita anche oltre le aspettative. Un serpentone lungo più di cinque chilometri, che ha riempito quasi per intero la strada che va da Bussoleno a Susa. Eravamo in tanti e tante, decine di migliaia, forse meno dei 75mila dichiarati dagli organizzatori, ma immensamente più numerosi rispetto ai 12mila riconosciuti dalla Questura di Torino. Ed eravamo uniti nelle nostre diversità in un unico movimento.
Alla testa la Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, i gonfaloni dei Comuni e i Sindaci, compresi gli amministratori del Pd minacciati di espulsione dal partito alla vigilia della marcia, e quasi subito dopo i parenti e gli amici degli attivisti arrestati nella maxi retata del 26 gennaio scorso, a simboleggiare che la richiesta di liberazione appartiene a tutto il movimento. E poi, appunto, una marea di persone, tantissimi della valle, di ogni età, e poi gli uomini e le donne venuti da molte città. Moltissimi giovani e questo è importante.
Insomma, una manifestazione riuscita in pieno, senz’ombra di dubbio, e un fatto politico da non sottovalutare. Già, perché significa che la campagna di criminalizzazione di questi mesi ed i recenti arresti di attivisti non hanno raggiunto l’obiettivo di spezzare e disarticolare il movimento, né ad attenuare il dissenso e l’opposizione rispetto ad un’opera inutile e dai costi faraonici.
Una giornata quasi troppo perfetta per i no tav, quindi. E così, forse, non dovremmo stupirci troppo di fronte a quanto avvenuto alla stazione di Torino in serata, quando alcune centinaia di manifestanti che stavano per prendere il treno per Milano, hanno subito violente e ingiustificate cariche di polizia, causa qualche biglietto mancante.
E non dovrebbe sorprendere nemmeno che oggi la grande stampa ha sostanzialmente ignorato il corteo del 25 febbraio, relegando la notizia nelle pagine di cronaca, cioè a pagina 24 il Corriere e a pagina 19 La Repubblica. Forse il racconto di quel corteo avrebbe stonato troppo con quella linea editoriale tutta “violenti infiltrati” e “vogliono il morto”.
In altre parole, ieri i valsusini e il movimento No Tav hanno segnato un punto a proprio favore, dando una risposta politica significativa agli arresti degli attivisti. Per il governo Monti, che sulla questione Tav si muove in piena continuità con quello precedente, potrebbe essere persino un’occasione per rivedere l’approccio militaresco alla valle. Ma, ahinoi, questa prospettiva appare oggi poco probabile, poiché sono in gioco non solo i tanti interessi affaristici che girano attorno a quei 20 miliardi che costerebbe il Tav, ma anche il quadro generale disegnato dalle politiche dell’austerity e dello smantellamento dello stato sociale.
Infatti, non è un caso che gli allarmi lanciati alcuni giorni fa dal Capo della Polizia più pagato del mondo, Antonio Manganelli, circa aree “anarco-insurrezionaliste” che “vogliono il morto” mischiassero cose diverse, dalle proteste no tav fino alla cosiddetta riforma del mercato del lavoro, segnalando, peraltro, che forse il Ministro Fornero potrebbe entrare nel mirino dei terroristi. E buttare lì queste cose proprio nel momento in cui lo scontro sull’articolo 18 e sugli ammortizzatori sociali si intensifica e quando mancano soltanto due settimane allo sciopero generale della Fiom, ebbè, non è mica molto simpatico, anche se sa tanto di déjà vu.
E poi ci sono anche altri segnali preoccupanti, come quella pazzesca condanna a 4 e 5 anni di galera per due ragazzi ventenni, senza precedenti e sulla base di sole prove indiziarie, per gli scontri a Roma del 15 ottobre scorso.
Insomma, ieri 25 febbraio è stata una buona giornata, ma questo non fa che aumentare le nostre responsabilità per il futuro. La lotta in Val di Susa, come non si stancano di ripetere i valsusini, sarà ancora lunga e già tra qualche giorno inizieranno gli espropri per fare posto al cantiere. E poi, continuano a stare in carcere molti degli attivisti arrestati e noi pensiamo che debbano uscire, per stare almeno ai domiciliari in attesa del processo.
In altre parole, la straordinaria manifestazione di ieri è anche un’occasione per andare oltre, per allargare il movimento no tav e per costruire relazioni e connessioni più strette con altri movimenti e altre lotte, come quella degli operai della Fiom e quella delle reti per il bene comune, ma anche con quelle dei tanti comitati cittadini che un po’ ovunque nascono contro il consumo e la devastazione del territorio.
di Luciano Muhlbauer
In questi ultimi anni a Milano ho visto molta gente salire su carroponti, tetti, gru o torri per difendere il posto di lavoro, chiedere il rispetto di un diritto o denunciare un’ingiustizia. Ma mai ho visto poliziotti o altre forze dell’ordine arrampicarsi per tirarli giù con la forza, rischiando così di rendere ancora più insicura una condizione che è già di insicurezza.
Stamattina in Val di Susa sembra che le forze dell’ordine abbiano, invece, pensato di farlo. Ho ascoltato la registrazione della telefonata tra Radio Blackout e Luca Abbà, valsusino e attivista no tav, arrampicatosi su un traliccio in segno di protesta contro le operazioni di sgombero per allargare l’area del cantiere. Poi ho letto il comunicato della Questura di Torino, che conferma, sebbene con molti giri di parole, l’intervento di rocciatori della polizia di Stato.
Mentre scriviamo Luca, precipitato dal traliccio, si trova in coma farmacologico in ospedale a Torino. Le sue condizioni sono gravissime, ma le ultime notizie ci consentono qualche spiraglio di ottimismo. Nel frattempo, in valle, le operazioni di allargamento del cantiere non si sono interrotte nemmeno per un attimo, nonostante la gravità dell’accaduto. Tutto ciò è semplicemente allucinante e si spiega soltanto con le condizioni di militarizzazione della valle e con quella sorta di extra territorialità garantita dall’istituzione dell’area di interesse strategico nazionale.
Per chiedere la fine della militarizzazione della valle, per fermare quell’inutile e costosa opera chiamata Tav e in solidarietà con Luca, sono indetti presidi e mobilitazioni in tutte le città.
A Milano, appuntamento alle ore 18.00 in piazza San Babila.
di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 29 febbraio 2012 (ripreso anche da Paneacqua.eu)
Milano sa essere strana. E anche la sinistra milanese, da quella istituzionale a quella di movimento, sa esserlo. Proviamo ad immaginarci cosa sarebbe accaduto un anno fa, ai tempi dell’amministrazione Moratti e De Corato, se un vigile urbano, appartenente ad un nucleo speciale, avesse ucciso con un colpo di pistola alla schiena un giovane straniero disarmato. Non c’è alcun dubbio che si sarebbe levato un moto di indignazione e, forse, avremmo pure organizzato una manifestazione di piazza.
Quindi, non è solo lecito, ma persino doveroso domandarci come mai non sia successo nulla di tutto ciò oggi, quando purtroppo il 29enne cileno Marcelo Valentino Gomez Cortes è stato davvero ucciso dal vigile, Alessandro Amigoni. Già, perché è scattata una sorta di rimozione collettiva in tempo reale, che ha impedito persino che si manifestasse un po’ di pietà e solidarietà umana. E così, nulla di sorprendente, ahinoi, che l’altro giorno la messa funebre per Marcelo, prima del rimpatrio del suo corpo in Cile, si sia svolta nella disattenzione generale e alla presenza di sole trenta persone, compresi la compagna e i due figli piccoli.
Una freddezza che non si deve certo all’incertezza circa la dinamica dei fatti, visto che quello che si sapeva sin dai primi giorni era ampiamente sufficiente per indignarsi. Insomma, quel 13 febbraio al Parco Lambro l’agente Amigoni, indagato per “omicidio volontario”, ha sparato da distanza ravvicinata, uccidendo con un colpo alla schiena Gomez Cortes. Non solo il giovane era disarmato, ma i tre colleghi di Amigoni hanno dichiarato che loro non avevano avvertito alcuna situazione di pericolo. In altre parole, sarà ovviamente l’azione giudiziaria ad accertare le responsabilità penali, ma una cosa è chiara oltre ogni ragionevole dubbio: quanto accaduto non può trovare giustificazioni.
Inoltre, la rimozione non si spiega nemmeno con quella reticenza politica che spesso e volentieri scatta quando a governare siamo “noi” e non “loro”. Già, perché il Sindaco Pisapia in questa vicenda non ha proprio alcuna responsabilità. Anzi, sta partendo proprio in questi giorni la riforma che valorizza la figura del vigile di quartiere, che è poi l’esatto contrario di quei nuclei centralizzati e militarizzati dei quali Amigoni faceva parte.
Infine, che nessuno tiri in ballo l’omicidio di Nicolò Savarino, il vigile milanese ucciso il 12 gennaio scorso, perché non c’entra proprio nulla. Può spiegare lo stato d’animo dei vigili milanesi, ma non può certamente giustificare lo sparo che ha ammazzato Marcelo.
C’è rabbia nella comunità cilena di Milano, per quello che è successo, ma anche per com’è stato trattato l’omicidio. E qui il problema è tutto nostro, cioè di noi della sinistra milanese, di quelli che si erano indignati ai tempi dell’amministrazione delle destre, quando i nuclei speciali facevano rastrellamenti anti-immigrati sui mezzi pubblici o sgomberavano campi rom vestiti da celerini.
So bene che a Milano non vogliamo più sentir parlare di quel passato che abbiamo archiviato nella primavera scorsa, ma che l’omicidio di Marcelo ci ricorda con brutalità. Ma non è girando la testa dall’altra parte che costruiamo il futuro, anzi, semmai rischiamo di riaprire le porte al passato.
Riformare la Polizia Locale di Milano e chiudere con le squadre di decoratiana memoria è possibile, anche perché lo vuole molta parte del vigili urbani. Ma il silenzio e la disattenzione non aiutano per nulla. E poi, diciamocelo, quella mancanza di umanità ci dovrebbe far vergognare un po’.
A Milano, venerdì 2 marzo, è nato un nuovo spazio sociale. Si chiama “Laboratorio Piano Terra” e si trova nel quartiere Isola, in via Confalonieri n. 3. Lo spazio, di proprietà comunale, era vuoto ed inutilizzato da tempo. A promuovere l’occupazione è stata una rete di diverse realtà dell’area metropolitana: San Precario, il Coordinamento lavoratori in lotta, il Comitato No Expo e il collettivo OffTopic.
A me pare che si tratti di una buona notizia. Certo, piccola, di fronte alla forza brutale della crisi, della recessione e, soprattutto, delle politiche dell’austerity, che ridisegna il presente e il futuro delle nostre vite. Ma, d’altronde, anche le grandi cose sono sempre nate dalla semina di tante cose piccole. O no?
Ed è una buona notizia che sia nato proprio lì, nel quartiere Isola, uno degli epicentri delle trasformazioni urbanistiche del nostro tempo e della nostra città e, dunque, un punto di osservazione privilegiato.
Con il Laboratorio Piano Terra torna finalmente nel quartiere Isola uno spazio sociale. Già, perché le tante trasformazioni e un’amministrazione comunale ostile avevano in parte desertificato il quartiere, da quel punto di vista. Vi ricordate Reload, la Stecca degli Artigiani, il circolo di Rifondazione di via Confalonieri e il Pergola? In pochi anni sono stati fatti chiudere. Ora, il quartiere ha di nuovo uno spazio sociale.
Infine, un’impressione molto personale. Ieri sabato c’è stata la presentazione “ufficiale” alla città del nuovo spazio, compreso un aperitivo. È stato un momento molto bello, dal punto di vista dell’aria che si respirava. C’era tanta gente, un clima buono e, soprattutto, in un modo o nell’altro sono passate quasi tutte le realtà di movimento della città. Chi non conosce Milano penserà “e allora?”, chi la conosce sa che non sono cose scontate dalle nostre parti.
Insomma, se lo spazio resiste all’avanzare del tempo e delle cose, come auspico fortemente, potrà rappresentare indubbiamente un significativo contributo e un’occasione in più per i movimenti milanesi.
Ma passateci direttamente a dare un’occhiata, è facilissimo da trovare e le porte sono sempre aperte.
Luciano Muhlbauer
--------------------------------------------------------------
Qui di seguito, il testo del volantino distribuito in quartiere il giorno dell’occupazione:
VENERDÌ 2 MARZO NASCE NEL QUARTIERE ISOLA
Via Confalonieri 3
PIANO TERRA
UN NUOVO SPAZIO LIBERATO, APERTO, VIVO
Queste due parole sono per presentarci a voi che il quartiere lo vivete, lo abitate, lo attraversate per iniziare a conoscerci.
Piano Terra lo animeremo così:
Aprendo un altro Punto San Precario, sportello legale e agenzia di conflitto per sostenere e diffondere il punto di vista precario. Un luogo in cui la precarietà di lavoro e di vita sia centrale. Avete mai sentito parlare di San Precario? Bene, è ritornato nel quartiere dove è nato il 29 febbraio 2004.
Aprendo un luogo di incontro delle diverse realtà di lavoratrici e lavoratori che si uniscono e si organizzano indipendentemente dalle appartenenze politiche e sindacali. Per la costruzione dal basso delle mobilitazioni. Per il sostegno a tutte le lotte con l'intento di unificarle, intrecciandosi con i diversi soggetti, le diverse realtà ed i diversi momenti che
attraversano la metropoli e il panorama nazionale.
Aprendo un luogo di raccolta per il quartiere; per i ragazzi che tra uno stage e un'università consumata troppo in fretta, vogliono scambiare idee davanti ad un caffè oppure trovarsi in un’accogliente sala studio wi-fi; dove i precari, dopo una giornata di lavoro intermittente, e i pendolari, che aspettano sempre meno treni, possano ascoltare buona musica o guardare un film. Uno spazio per tutti quelli che vogliono mettersi in gioco per riappropriarsi e riscrivere la geografia della città.
Aprendo un luogo di partecipazione, elaborazione critica e di conflitto nel cuore della città vetrina, in un quartiere vittima della trasformazione urbana e della valorizzazione immobiliare. Un luogo dove opporsi alle dinamiche di Expo, rispondere alla precarizzazione dei territori, appropriarsi dei beni comuni e dei diritti dell’abitare. Punto di ritrovo per discutere, conoscere, resistere nella Milano dei grattacieli e della crisi.
Aprendo un luogo dove poter offrire a costi quasi zero una palestra dove tenere in allenamento anche i muscoli oltre al cervello di tutti e tutte. Una palestra popolare quindi, una palestra dove tirare di boxe, divertirsi e prepararsi per un nuovo round di vita precaria.
Non siamo mai stati forcaioli e, pertanto, ci auguriamo che il Presidente del Consiglio regionale lombardo, il leghista Davide Boni, possa dimostrare la sua totale estraneità rispetto all’accusa di corruzione, contestatagli oggi dalla Procura di Milano.
Tuttavia, da un punto di vista politico non possiamo che sottolineare, con vivissima preoccupazione, che ormai la situazione in Regione Lombardia sia diventata definitivamente insostenibile e che occorra fare l’unica cosa responsabile rimasta da fare, cioè portare la Regione ad elezioni anticipate, da tenersi in autunno oppure in concomitanza con le elezioni politiche dell’anno prossimo. A meno che, ovviamente, non si voglia aspettare il big bang giudiziario, che però spazzerebbe via anche la residua credibilità dell’istituzione regionale.
Come si fa a non vedere che l’odierno avviso di garanzia nei confronti dell’esponente leghista, che fa di quello lombardo l’Ufficio di Presidenza più indagato e meno presentabile d’Italia, e la contestuale pubblicazione, da parte del Corriere della Sera, delle lettere riservate tra Formigoni e Don Verzé, che dimostrano che il Presidente lombardo sapeva da un decennio del buco di bilancio del San Raffaele e che riservava all’ospedale privato un prolungato trattamento di favore, a nostro modo di vedere illecito, rappresentano due ulteriori e pesanti tegole lanciate sulla già malmessa credibilità di Regione Lombardia?
Riteniamo, dunque, irresponsabile, da un punto di visto istituzionale, politico e morale, insistere ulteriormente. Il Presidente Formigoni prenda atto che questa legislatura è politicamente finita, che non può più dare nulla alla Lombardia, se non altri guai e scandali. Si dimetta dunque, perché questo è l’unico modo per arrivare alle elezioni anticipate in maniera politica e non costretti dal big bang giudiziario.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
P.S. nella foto che accompagna questo comunicato, si vede l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale della Lombardia, così come fu eletto all’inizio della legislatura, nel 2010. Ebbene, a questo punto, a parte Carlo Spreafico (Pd), in alto a sinistra, tutti gli altri, cioè 4 su 5, sono indagati e due di loro erano finiti addirittura in carcere (Nicoli Cristiani e Ponzoni).
|