Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Dopo le manganellate del 10 febbraio e la provocatoria conferenza stampa del Sig. Genta di una settimana fa, nella quale aveva proclamato che non c’è futuro produttivo per l’Innse, un importante segnale di controtendenza arriva invece dal tavolo di confronto che si è tenuto oggi pomeriggio in Regione Lombardia e che ha visto presenti la Regione, la Provincia di Milano, il legale della proprietà Innse, la Rsu Innse, la Fiom Milano e un funzionario della Questura.
Infatti, il Vicepresidente regionale Rossoni, a nome della Giunta regionale e di concerto con l’orientamento unanime della Commissione IV (Attività Produttive) del Consiglio, ha rilanciato formalmente il percorso di confronto, che porterà a inizio marzo a una nuova convocazione, finalizzata ad approfondire le modalità e le condizioni necessarie per garantire il mantenimento dell’attività produttiva dell’Innse. Inoltre, Regione e Provincia sono concordi nel chiedere che non si ripetano interventi di forza contro gli operai e nel ritenere che la proprietà non possa asportare alcun macchinario dallo stabilimento.
In altre parole, non è assolutamente vero, come sostenuto dal Sig. Genta e accreditato incautamente da alcuni organi di informazione, che non esiste la possibilità di riprendere la produzione nello stabilimento di via Rubattino e che non ci siano imprenditori interessati a rilevare l’Innse. La possibilità invece c’è, sebbene di non facile realizzazione visto il quadro complicatissimo disegnato dai diversi interessi immobiliari e speculativi in campo, e soprattutto due istituzioni locali, peraltro di diverso colore politico, sembrano volerci credere.
Insomma, dalla Regione arriva oggi un piccolo raggio di luce. Non c’è da essere né ottimisti, né pessimisti, ma soltanto da lavorare su una possibilità che l’esemplare e splendida ostinazione dei 49 operai dell’Innse ci ha consegnato.
Trovare una soluzione che garantisca la continuità produttiva sarebbe peraltro un segnale utile non soltanto per gli operai direttamente interessati, bensì per tutto il territorio, poiché sarebbe irresponsabile e miope, per usare un eufemismo, lasciare che, in tempo di crisi, interessi poco limpidi possano spazzare via aziende con mercato e che degli operai si occupino soltanto i manganelli.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Il disegno di legge delega anti-sciopero varato oggi dal Consiglio dei Ministri è un atto estremamente grave. Non solo lede pesantemente i diritti e le libertà costituzionali dei lavoratori italiani, ma soprattutto rappresenta un evidente tentativo di imporre nel nostro Paese il sindacato di regime.
Non esiste in Italia alcuna emergenza legata a un numero eccessivo di ore di sciopero, nemmeno nel settore trasporti. Anzi, in questi ultimi anni queste sono calate, per non parlare del fatto che la legge di “regolamentazione” dello sciopero in vigore è già una delle più restrittive esistenti in Europa.
Non c’entra un bel niente il diritto alla mobilità, che è sì compromesso, ma a causa dello stato disastrato del trasporto pubblico locale su ferro, come i pendolari ben sanno. Quello che invece c’entra è la volontà del Governo di aggredire e smantellare ogni organizzazione indipendente e non subalterna dei lavoratori, facendo carta straccia del principio costituzionale che afferma senza ambiguità che “l’organizzazione sindacale è libera” (articolo 39).
E non si tratta semplicemente di voler eliminare i sindacati di base, già maltrattati da una normativa sulla rappresentanza di ispirazione bulgara, e di ridurre alla ragione la Cgil o perlomeno le sue categorie più combattive, bensì di instaurare un vero e proprio regime esclusivo ed escludente, laddove alcuni sindacati accettano di cambiare pelle, trasformandosi in organi collaterali del Governo e di Confindustria e ottenendo in cambio una serie di privilegi e prebende per i loro dirigenti e funzionari.
Una dinamica in atto da tempo, con l’attiva collaborazione di organizzazioni come la Cisl, ma che oggi subisce un’accelerazione e un salto di qualità preoccupanti, che prendono di mira direttamente i diritti e le libertà dei lavoratori. E non si venga a raccontare che si tratta di un intervento mirato al “solo” settore dei trasporti. L’esperienza insegna che si parte dal punto più favorevole per poi estendere man mano il precedente ad altre categorie, anche per via contrattuale, magari separata.
Pure i più disinformati sanno che nei prossimi mesi gli effetti della crisi si abbatteranno con violenza sui lavoratori italiani e che ci saranno delle giuste proteste e mobilitazioni. E invece di promuovere una politica anticrisi seria e forte, si sceglie la repressione e la costruzione del sindacato di regime.
Quello che stupisce non è che in questi giorni alcuni abbiano parlato di attacco alla democrazia, bensì che soltanto così pochi l’abbiano fatto. Da parte nostra ci opporremo con tutte le nostre forze a questa deriva autoritaria contro i lavoratori.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo del ddl anti-sciopero varato dal Consiglio dei Ministri
 

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Sono passati soltanto due giorni dall’incontro in Regione che ha rilanciato il tavolo di confronto per salvare l’Innse ed ecco che arriva la provocazione del proprietario, Silvano Genta, per cercare di far saltare ogni possibile accordo prima ancora che nasca.
Stamattina alcuni addetti guidati da Genta junior si sono introdotti nel capannone e hanno iniziato a manomettere i macchinari, nonostante due giorni fa in Regione, presente anche il legale di Genta, si fosse stabilito che questi non andavano toccati. Gli operai che presidiano lo stabilimento, accortisi del blitz, si sono immediatamente mobilitati e ne sono seguiti alcuni momenti di tensione.
Lo stesso Vicepresidente regionale, Rossoni, interpellato dal sottoscritto, è dovuto intervenire per rammentare alla proprietà gli impegni presi al tavolo. La Questura, da parte sua, è sopraggiunta soltanto in un secondo momento, avvisata dalla Fiom.
Genta junior è stato infine costretto ad abbandonare il campo e alcuni operai della Rsu sono potuti entrare nel capannone per verificare che tutto fosse al suo posto, constatando così che l’obiettivo, fallito, del blitz era proprio la manomissione di alcuni macchinari, al fine di rendere inservibile la linea di produzione.
Quanto accaduto oggi dimostra ancora una volta che il principale ostacolo è costituito dall’arroganza e dall’inaffidabilità della proprietà, interessata unicamente a smantellare la fabbrica e vendere a pezzettini i costosi macchinari.
Oggi soltanto grazie al senso di responsabilità degli operai è stato evitato l’incidente e si è impedita la manomissione. Ma è ben triste che dei padri di famiglia debbano vigilare 24 ore su 24 perché un imprenditore di ventura non saboti un tavolo di confronto promosso dalle istituzioni locali.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 09/03/2009, in Lavoro, linkato 994 volte)
Oggi in Regione Lombardia si è tenuta una nuova riunione sulla vertenza Innse, come deciso al tavolo di confronto del 25 febbraio scorso. L’odierno incontro aveva una composizione diversa dalle precedenti occasioni, cioè erano presenti soltanto Regione Lombardia (Vicepresidente Rossoni), la Provincia di Milano, il Comune di Milano, la proprietà dell’area (Aedes) e la proprietà dello stabilimento (Genta).
La Regione ha anzitutto sollecitato la proprietà del terreno a formulare entro due settimane una proposta di cessione della parte dell’area interessata dallo stabilimento, cioè quella necessaria per l’attività produttiva. Aedes, peraltro impegnata proprio in questi giorni a ridefinire i suoi assetti proprietari, ha accettato di valutare tale proposta e il Comune di Milano ha esplicitato che non vede controindicazioni all’ipotesi di mantenimento dell’attività produttiva nell’attuale sito.
In secondo luogo, la Regione ha ribadito di ritenere inaccettabile che nel frattempo si producano problemi di ordine pubblico, cioè iniziative unilaterali da parte di Genta.
Infine, entro il 24 marzo sarà riconvocato il tavolo.
La proprietà dello stabilimento (Genta), da parte sua, non ha avanzato opposizioni a questo percorso, o perlomeno non l’ha fatto oggi al tavolo istituzionale…
Ovviamente è ancora presto per dichiararsi ottimisti o pessimisti, poiché le variabili sono troppe, ma una cosa si può affermare con certezza: i nove mesi di resistenza degli operai e la solidarietà sviluppatasi attorno ad essa hanno fatto sì che oggi si discuta molto più seriamente di prima del mantenimento del sito produttivo. Quindi, occorre mantenere viva la solidarietà con gli operai dell’Innse e con la loro lotta.
 
 
Comunicato stampa del Gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista
 
Il Consigliere regionale di Rifondazione Comunista Luciano Muhlbauer ha oggi chiesto formalmente al Presidente della Commissione VII (Lavoro), Daniele Belotti, di convocare in audizione l’Assessore regionale al lavoro, Rossoni, al fine di informare dettagliatamente sull’ammontare dei fondi disponibili per la cassa integrazione in deroga e sulle iniziative del governo regionale in materia di sostegno al reddito e politica attiva del lavoro.
 
“L’allarme lanciato ieri dalle organizzazioni sindacali circa l’esaurimento dei fondi per la cassa integrazione in deroga in Lombardia - spiega Luciano Muhlbauer - è assolutamente reale e giustificato. Infatti, i residui dei fondi del 2008 sono praticamente finiti e gli stanziamenti annunciati dal Governo in varie conferenze stampa non si sono ancora visti e, comunque, si prospettano insufficienti di fronte alla gravità della situazione.”
“Per questo - aggiunge Muhlbauer - abbiamo chiesto che la Commissione Lavoro del Consiglio regionale convochi immediatamente l’Assessore Rossoni, al fine di acquisire tutti i dati utili per valutare la situazione, di conoscere lo stato di attuazione dell’accordo Governo-Regioni del 12 febbraio scorso e di essere informati in dettaglio sulle iniziative che la Giunta regionale intende promuovere per fronteggiare la grave crisi occupazionale.”
“Il sistema degli ammortizzatori sociali in vigore in Italia - afferma ancora  il consigliere del Prc - è inadeguato sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. E non è un caso che si continui a utilizzare uno strumento approssimativo e incerto, come la cassa in deroga, per cercare di dare una risposta ai tanti lavoratori e alle tante lavoratrici che non possono accedere alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, come quelli delle piccole imprese o delle cooperative e quelli con rapporti di lavoro precari, esclusi comunque i cococo e cocopro.”
“Quello che ci vuole - conclude Luciano Muhlbauer - è una riforma complessiva del sistema, con l’estensione della cassa ordinaria a tutti e con l’introduzione del salario sociale. Ma nel frattempo, visto il totale disinteresse del Governo rispetto all’ipotesi di un nuovo welfare che comprenda tutti e tutte, che almeno si stanzino effettivamente e subito le risorse necessarie perché le Regioni possano utilizzare gli ammortizzatori in deroga per garantire un sostegno al reddito a tutti i lavoratori”.
 
 
Il tavolo di confronto in Regione sulla vertenza Innse non si riunirà domani 24 marzo, come deciso alla riunione del 9 marzo scorso, ma slitterà di almeno una settimana. La ragione del rinvio sta nel fatto che la società Aedes, proprietaria del terreno dove sorge la fabbrica, necessita ancora di tempo per predisporre una prima proposta di cessione dell’area.
Nel frattempo, la Rsu dell’Innse e la Fiom hanno di nuovo sollecitato che agli operai venga consentito l’accesso alla fabbrica, al fine di poter riattivare l’alimentazione elettrica di quei macchinari che ne sono prive dal giorno dell’ultimo blitz di Genta (proprietario dello stabilimento) e di effettuare la manutenzione. Infatti, alcuni giorni fa Genta aveva rifiutato per l’ennesima volta ogni tipo di accordo con gli operai.
Appena ci saranno altri aggiornamenti questi verranno postati sul blog.
 
 
di lucmu (del 25/03/2009, in Lavoro, linkato 1229 volte)
La vicenda ha dell’incredibile e dello squallido, ma è anche sintomatica dello stato di degrado in cui sono precipitati i diritti e le tutele dei lavoratori. A Segrate, periferia orientale di Milano, 110 operai stazionano per strada per il quinto giorno consecutivo, senza più un lavoro e senza che nessuno abbia loro nemmeno comunicato il licenziamento.
Sono tutti lavoratori immigrati, di diverse nazionalità, regolari e fino a venerdì scorso lavoravano per due cooperative che fanno riferimento al “Consorzio Imprese Ytaka” e che avevano in gestione un appalto per conto della catena di supermercati Sma presso il polo logistico “Centro del Rondò”, che si trova in via Londra a Segrate.
Ma, appunto, sabato mattina, senza spiegazione alcuna, hanno trovato i cancelli chiusi e da allora sono letteralmente per strada in attesa che qualcuno si degni di dire loro qualcosa. La loro unica compagnia sono alcuni militari della locale stazione dei Carabinieri e, da ieri, alcuni sindacalisti di SdL intercategoriale, interpellati da conoscenti dei lavoratori stessi. Infatti, nelle cooperative citate non è nemmeno presente il sindacato.
Da quello che i sindacalisti sono riusciti a ricostruire risulta che il gruppo Sma avrebbe revocato venerdì scorso l’appalto alle due cooperative. Una decisione sicuramente comprensibile e anche condivisibile, poiché il consorzio “Ytaka” è direttamente implicato nell’inchiesta contro la ‘ndrangheta che una settimana fa portò a numerosi arresti in Lombardia. Infatti, il consorzio è presieduto da Luana Paparo, accusata di associazione mafiosa e figlia di Marcello Paparo, ritenuto dagli inquirenti il capo della rete criminale.
Ma quello che non è condivisibile, né accettabile è che il prezzo di tutto quanto lo debbano pagare quelli che non c’entrano niente, cioè i lavoratori, e persino con la violazione delle poche regole ancora esistenti nel mondo delle cooperative.
Ben venga un’altra cooperativa, pulita, ma né questa, né la Sma possono pretendere di comportarsi come ai tempi del mercato degli schiavi, dove le persone venivano trattate come oggetti, da usare o da buttare, a seconda della convenienza o del capriccio.
Chiediamo pertanto a tutte le aziende coinvolte di ripartire dal rispetto delle regole e della dignità dei lavoratori, garantendo la continuità lavorativa ai 110 operai di Segrate.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Il gruppo Eutelia intende dismettere tutto il settore IT (Information Technology) e questo significherebbe licenziare 2.000 dipendenti, tra cui tutti i 500 lavoratori dello stabilimento di Pregnana Milanese. Chiediamo alla Giunta regionale di intervenire con la massima urgenza e determinazione nella vicenda, con l’obiettivo del mantenimento del sito milanese e dei suoi livelli occupazionali.
Stamattina i lavoratori dell’Eutelia hanno presidiato il Pirellone e sono stati poi ricevuti da due dirigenti regionali, ai quali hanno ribadito le loro richieste. Infatti, finora Regione Lombardia ha tenuto un profilo molto basso, non partecipando neanche all’incontro presso il Ministero dello Sviluppo Economico, tenutosi il 21 aprile scorso, che aveva invece visto la presenza delle altre Regioni interessate.
Oggi pomeriggio si terrà un ulteriore incontro al Ministero e questa volta almeno un funzionario della sede romana della Regione parteciperà. Bene, ma tutto ciò non basta. Occorre un salto di qualità, superando finalmente quel tabù politico e ideologico secondo il quale le istituzioni non devono “interferire” con il mercato, limitandosi dunque a un po’ di finanziamenti a pioggia per le imprese e agli ammortizzatori sociali per i lavoratori espulsi dal posto di lavoro.
Abbiamo i piedi per terra, conosciamo le competenze dei vari livelli istituzionali e sappiamo bene che una Regione, anche se si tratta della robusta Lombardia, non può fare miracoli. Ma sappiamo anche, come chiunque peraltro, che la mobilitazione del peso politico e istituzionale di Regione Lombardia modificherebbe sensibilmente i termini della questione. E questo vale in particolare per casi come quello di Eutelia, dove la crisi mondiale c’entra soltanto in parte, ma in cambio funge da utile foglia di fico.
Le difficoltà del gruppo Eutelia sono frutto anzitutto di scelte manageriali sbagliate, in parte riconducibili a ragioni e interessi estranei alla sua missione industriale. Infatti, è difficile sostenere che non ci sia più mercato per i servizi informatici offerti dalle aziende del gruppo, considerato che buona parte della clientela è costituita dalla Pubblica Amministrazione, compresi Parlamento, Ministeri e Regione Lombardia. E altrettanto difficile è ignorare la forte pressione degli interessi immobiliari, in vista dell’Expo, sull’area dove oggi sorge il sito di Pregnana Milanese.
A tutto ciò potremmo infine aggiungere la situazione a dir poco ambigua della famiglia Landi, il maggior azionista di Eutelia, indagata dalla magistratura per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e falso in bilancio per una somma, secondo gli inquirenti, di circa 41 milioni di euro.
Insomma, ci pare che tentare di dare un futuro ai lavoratori dell’Eutelia e salvaguardare il grande patrimonio di professionalità sia possibile, oltre che doveroso.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
P.S. già un anno fa Eutelia voleva mettere in Cassaintegrazione quasi 800 dipendenti, di cui 240 a Pregnana. Alla fine, per evitarlo le parti avevano concordato i contratti di solidarietà. Ma l’azienda, nonostante i risparmi derivanti dall’applicazione di questi, non ha mai lavorato su un piano industriale serio e ora vogliono semplicemente chiudere.
 
 
Regione Lombardia, i sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil e le associazioni imprenditoriali hanno firmato il 4 maggio l’Accordo Quadro per gli ammortizzatori sociali in deroga, valido per gli anni 2009-2010. Con questa intesa si dà finalmente applicazione in Lombardia all’accordo tra Governo e Conferenza delle Regioni del 12 febbraio scorso e si definiscono i criteri e le modalità dell’erogazione dello stanziamento di 1,5 miliardi di euro (per il biennio e per la nostra regione).
Gli ammortizzatori “in deroga” riguardano tutti quei lavoratori che non possono accedere agli strumenti ordinari (cassa integrazione, mobilità ecc.), che vengono gestiti nazionalmente. In altre parole, riguardano le sempre più numerose figure precarie (tempo determinato, “somministrati”, soci dipendenti dalle cooperative, apprendisti, lavoratori a domicilio ecc.), comprese quelle dipendenti da aziende che giuridicamente non sono organizzate come imprese, e i lavoratori e le lavoratrici delle piccole aziende e di quelle comunque escluse dalla CIG.
Una dichiarazione congiunta “a verbale”, cioè parte dell’Accordo, riguarda inoltre i lavoratori non comunitari, con la finalità di intervenire mediante una “sperimentazione”, da definire a breve, al fine di “evitare che si verifichino le condizioni previste dalla normativa vigente relativa alla scadenza del premesso di soggiorno e come misura di contrasto al lavoro sommerso”.
Questo accordo non è ovviamente l’accordo di cui ci sarebbe bisogno, poiché le risorse messe a disposizione paiono insufficienti per poter far fronte alla situazione drammatica che vive il mondo del lavoro. Tuttavia, va sottolineato che rappresenta un passo avanti -grazie anche alle numerose pressioni esercitate in tal senso in Consiglio da parte delle opposizioni-, considerato che fornisce una qualche copertura a settori di lavoratori finora esclusi del tutto dal sistema degli ammortizzatori sociali.
 
Qui sotto, cliccando sull’icona, puoi scaricare il testo completo dell’Accordo firmato il 4 maggio (3 Mb).
 

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Oggi pomeriggio la Commissione VII del Consiglio regionale ha ricevuto e ascoltato in audizione i rappresentanti sindacali delle addette alle mense scolastiche, che a Milano sciopereranno il 12 maggio.
Chiunque sa chi sono le “scodellatrici”, poiché incontriamo queste lavoratrici in tutte le mense scolastiche, dalle materne alle medie, ma quasi nessuno conosce la loro drammatica condizione lavorativa e reddituale. Sono quasi tutte donne, assunte da cooperative a tempo parziale (da 2,5 a 4 ore al giorno) e lavorano nemmeno per tutto l’anno, vista la chiusura estiva delle scuole.
In altre parole, non solo il loro stipendio si colloca tra i 300 e 500 euro mensili per un numero di mensilità limitato (tra 9 e 10), ma nel periodo di disoccupazione forzata non possono accedere a nessuna forma di ammortizzatore sociale non rientrando nell’attuale normativa, cioè non hanno né la cassa integrazione, né l’indennità di disoccupazione e di conseguenza non percepiscono nemmeno gli assegni famigliari né vengono loro pagati i contributi previdenziali. Cioè, le migliaia di addette alle mense scolastiche, oltre 3mila soltanto a Milano e Provincia, sono semplicemente escluse dal sistema vigente.
Nell’esprimere la nostra completa solidarietà alla loro mobilitazione, chiediamo alla Giunta regionale di farsi carico della loro situazione, anzitutto sollecitando formalmente Governo e Parlamento ad operare le opportune modifiche normative affinché queste lavoratrici possano accedere agli ammortizzatori sociali per il periodo di disoccupazione. In secondo luogo, nel frattempo la Regione si attivi autonomamente, cioè con proprie risorse e strumenti - anche alla luce dell’accordo sugli ammortizzatori sociali in deroga firmato il 4 maggio - per garantire un sostegno al reddito per l’estate 2009.
Sono peraltro le medesime richieste già contenute in due proposte di mozioni (una del Prc e di altri gruppi e l’altra del Pd), che giacciono da due settimane negli uffici del Consiglio, in attesa della loro messa all’ordine del giorno.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo della proposta di mozione
 

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