Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Le parole rivolte oggi dal Prefetto Lombardi ai lavoratori delle aziende in crisi, cioè che “la protesta deve sostare” altrimenti non si tratta, sono inopportune e sbagliate. Così come è inopportuno e sbagliato che il tema delle crisi occupazionali sia stato affrontato dalla riunione del Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico di Milano.
Le proteste, anche quelle clamorose e rumorose, non possono essere considerate in nessun caso un problema di ordine pubblico. Tanto meno, sono un ostacolo alla ricerca di soluzioni. Anzi, le proteste di queste settimane e giorni esprimono non solo la determinazione di volersi battere per il proprio posto di lavoro, ma anche la stanchezza per il troppo tempo passato senza che si vedessero trattative o impegni istituzionali seri e convincenti.
Gli operai della Metalli Preziosi di Paderno non sono saliti sul tetto per un capriccio, ma dopo nove mesi di paziente presidio, passati peraltro senza nemmeno gli ammortizzatori sociali. Anche i lavoratori dell’Esab di Mesero erano arrivati sul tetto dopo tanto tempo e considerato che nemmeno quanto concordato ai tavoli di trattativa era stato rispettato. E cosa dire di quei lavoratori in mobilitazione, come quelli dell’ex-Eutelia, in ballo da lunghissimo tempo tra tavoli e promesse, ma senza stipendio da più di tre mesi? Oppure di quelli dei centri di ricerca di Cinisello e Cassina della Nokia Siemens Network, il cui lavoro rischia di saltare perché la multinazionale vuole delocalizzare, in spregio a precisi accordi firmati e al fatto che in Italia nonostante la crisi i telefonini si vendono benissimo?
La lista potrebbe proseguire a lungo, ma in fondo basterebbe richiamare alla memoria la vicenda dell’Innse, che il Prefetto Lombardi conosce benissimo. La sera del 15 settembre in Prefettura è stato firmato il positivo accordo sui macchinari, che finalmente estromette dalla vicenda lo speculatore Genta. E se alla fine si supererà anche lo scoglio dell’accordo con la proprietà del terreno, e dunque il nuovo proprietario Camozzi potrà ricominciare la produzione, il merito sarà esclusivamente della tenacia e della determinazione degli operai.
E allora chiediamo al Prefetto e a tutte le istituzioni di non imboccare la strada della criminalizzazione della protesta, di non vederla come un problema, bensì come uno stimolo e un’opportunità per fare finalmente quello che finora non si è voluto fare.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle prospettive per l’occupazione, l’Employment Outlook 2009, e conferma il quadro negativo sul piano internazionale e, in particolare, per l’Italia, considerate le condizioni strutturali del nostro mercato del lavoro e la completa inadeguatezza della politica anticrisi italiana.
Una sintesi del Rapporto, anche in versione italiana, è reperibile sul sito dell’Ocse. Qui di seguito riproduciamo integralmente le considerazioni sulla situazione italiana da parte dell’Ocse (reperibile in pdf qui):
 
Employment Outlook 2009 – L'ITALIA a confronto con gli altri paesi.
 
L’impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a molti altri paesi OCSE. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 7,4% nel marzo 2009, con un incremento di 0,8 punti percentuali rispetto a un anno prima. Stime preliminari suggeriscono un ulteriore significativo incremento nel secondo trimestre. Tuttavia il tasso di disoccupazione sarebbe stato più alto se un gran numero di lavoratori non avesse rinunciato a cercare attivamente lavoro (il tasso di attività, infatti, è sceso di 0,4 punti percentuali in un anno, in particolare nel sud del paese). Di conseguenza la proporzione della popolazione in età lavorativa occupata, che era già la più bassa tra i paesi OCSE dopo Turchia e Ungheria, è caduta di ulteriori 0,9 punti percentuali ed ha raggiunto ora il 57,4%.
Nonostante alcuni primi segnali di rallentamento della recessione in Italia come in molti altri paesi OCSE, il Rapporto OCSE sull’occupazione 2009 suggerisce un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Numerosi indicatori suggeriscono che il ritmo della ripresa sarà modesto per diversi mesi e, molto probabilmente, la disoccupazione continuerà ad aumentare anche dopo che la crescita sarà ripartita. Di conseguenza, il tasso di disoccupazione italiano è previsto aumentare ancora nel prossimo futuro e potrebbe anche avvicinarsi alla doppia cifra nel 2010 se la ripresa si dimostrasse priva di slancio.
Giovani e precari sono particolarmente colpiti dalla crisi. Come in molti altri paesi, i lavoratori con contratti temporanei ed atipici subiscono gran parte dell’aggiustamento occupazionale. Rispetto a un anno prima, nel marzo del 2009 l’Italia aveva perso 261.000 posti di lavoro temporanei o con contratti atipici (inclusi i collaboratori coordinati e continuativi e occasionali), un numero che da solo è superiore all’intera contrazione dell’occupazione registrata nello stesso periodo. Inoltre, i giovani che sono sovra rappresentati in questo tipo di contratti, sono specialmente colpiti. Il tasso di disoccupazione della fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni è cresciuto di 5 punti percentuali in Italia nell’ultimo anno ed è ora pari al 26,3%. Traiettorie simili si notano in altre economie avanzate, dove i lavoratori che erano già svantaggiati prima della crisi, hanno sopportato gran parte del costo delle perdite occupazionali. La situazione dei giovani sul mercato del lavoro italiano, tuttavia, rimane particolarmente fragile rispetto agli altri paesi OCSE: i) il tasso di disoccupazione giovanile era già molto più alto della media OCSE prima della crisi economica, anche se era diminuito significativamente nel decennio precedente; ii) la percentuale dei giovani occupati è 20 punti percentuali sotto la media OCSE; iii) anche se si escludono coloro che proseguono gli studi, l’Italia ha una delle proporzioni più elevate di giovani senza lavoro e la condizione di non occupazione di questi giovani è particolarmente persistente; iv) la transizione scuola-lavoro è molto più lunga in Italia rispetto alla gran parte dei paesi OCSE, ed è spesso molto instabile, con periodi di disoccupazione alternati a impieghi temporanei.
La spesa pubblica a sostegno delle politiche occupazionali è aumentata poco rispetto agli altri paesi. Il rapporto OCSE sull’occupazione osserva che molti governi dell’area OCSE hanno risposto alla crisi con vigorose misure macroeconomiche, inclusi a volte imponenti pacchetti di stimolo fiscale. Maggiori risorse sono state rese disponibili per politiche sociali e occupazionali per ammortizzare gli effetti negativi della crisi sui lavoratori e le famiglie a basso reddito. Nei paesi con ampi stabilizzatori automatici, come i paesi nordici e gli altri grandi paesi dell’Europa continentale, la spesa legata alle politiche del lavoro (come sussidi di disoccupazione e programmi di attivazione) è cresciuta in maniera significativa con l’accelerazione delle soppressioni di posti di lavoro. In molti altri paesi, come Stati Uniti e Regno Unito, i governi si sono adoperati puntualmente per incrementare le risorse a sostegno del mercato del lavoro. In Italia, viceversa, l’aumento discrezionale della spesa per il mercato del lavoro è rimasto piuttosto moderato, in presenza di un elevato debito pubblico che riduce il margine di manovra durante la recessione. In particolare, l’azione del governo si è concentrata sul sostegno alla domanda di lavoro attraverso la messa a disposizione di fondi addizionale per la Cassa Integrazione Guadagni (CIG). Tuttavia il numero di lavoratori e imprese ad aver accesso alla Cassa Integrazione rimane limitato – anche se sono stati compiuti sforzi per estenderne la copertura. Alcune azioni sono state intraprese sia nel 2008 sia nel 2009 per estendere la copertura e la durata dell’indennità di disoccupazione, ma l’introduzione di un dispositivo generale non è stata considerata fino ad ora. Di conseguenza, rilevanti segmenti di popolazione restano sprovvisti di una protezione adeguata per aiutarli a superare la crisi. Se la ripresa non si rafforza rapidamente, la disoccupazione rischia non solo di aumentare ma anche di divenire più persistente, con un maggior numero di persone alla ricerca del lavoro per periodi lunghi. Anche prima dell’inizio della crisi, quasi la metà dei disoccupati italiani era rimasta senza lavoro per almeno 12 mesi, una proporzione doppia rispetto alla media OCSE. Inoltre, la maggior parte dei disoccupati di lungo periodo ha accesso a una rete di protezione molto limitata.
La recessione rischia di inasprire la povertà. Il rapporto OCSE mostra che, anche prima della recessione, l’11% della popolazione che viveva in famiglie con capofamiglia in età lavorativa era relativamente povera in Italia (ossia con un reddito disponibile inferiore al 50% del reddito mediano), una proporzione superiore alla media OCSE del 10%. Ma, aspetto più importante, più del 14% delle famiglie con bambini e capofamiglia in età lavorativa erano povere, un dato che piazza l’Italia al quintultimo posto dei paesi dell’area OCSE, seguita solo da Messico, Polonia, Stati Uniti e Spagna. Poiché queste cifre sono in gran parte dovute all’incidenza di famiglie senza lavoro, ci si può aspettare un aumento significativo della povertà come conseguenza della recessione. Infatti, il 36% delle famiglie italiane senza lavoro risulta povero. Nondimeno, con un tasso dell’8,2%, la povertà delle famiglie con almeno un lavoro è anch’essa superiore alla media OCSE, a causa di un sistema di trasferimenti sociali netti poco generosi con i lavoratori a basso reddito. Oltre che auspicare un adeguato sussidio di disoccupazione, il rapporto OCSE suggerisce che i governi rinforzino il sostegno alle famiglie e ai lavoratori a basso reddito durante la crisi economica.”
 
 
Non ci siamo mai opposti, né mai ci opporremo, a qualsiasi provvedimento che comporti anche soltanto un euro di sostegno in più per i lavoratori costretti alla cassa integrazione o alla disoccupazione. Ciò vale anche per i 5 milioni di euro aggiuntivi, a integrazione del Fondo sostegno affitti, decisi oggi dalla Giunta regionale.
Tutt’altra faccenda, però, è spacciare questa e altre misure come una risposta alla crisi sufficiente e coerente, come ha fatto ancora una volta il Presidente Formigoni. Anzi, le ultime misure messe in campo da Regione Lombardia sono un vero e proprio inno all’improvvisazione e alla propaganda.
Improvvisazione è certamente mettere un po’ di milioni qua e là, prima introducendo il “quoziente familiare”, poi integrando il fondo sostegno affitti. E propaganda è senz’altro l’autocelebrazione per i 15 milioni di euro di co-finanziamento dell’accordo Gelmini-Formigoni, che servono a integrare il reddito di parte dei precari della scuola dopo che proprio la Gelmini li ha licenziati.
Anche in materia di contrasto delle crisi aziendali la musica non cambia e il bilancio degli interventi regionali si presenta fortemente negativo. Vi è, infatti, un unico caso in cui si intravede una soluzione positiva, cioè la ripresa della produzione: quello dell’Innse di Milano. Ma in quel caso, come tutti sanno, il nuovo imprenditore l’hanno trovato gli operai, salendo sul carroponte, mentre la Regione ha brillato per i lunghi mesi di assenza di iniziativa.
Siamo arrivati al punto che anche le due situazioni che ancora a luglio venivano presentate dal Vicepresidente Rossoni come prossime alla soluzione, cioè la ex Eutelia e la Ideal Standard, si trovano oggi sull’orlo del precipizio, con centinaia di posti di lavoro a rischio tra Pregnana Milanese e Brescia.
Per questo chiediamo ancora una volta alla Giunta regionale un deciso cambio di passo, facendo anzitutto due cose. Primo, si abbandoni la via delle misure frammentarie in fatto di ammortizzatori, per  sollecitare  invece formalmente al Governo nazionale la proroga generalizzata del periodo di cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga. Secondo,  si cambi  immediatamente politica di fronte alle crisi aziendali  e la Giunta regionale assuma un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni imprenditoriali che possano salvaguardare attività produttive e posti di lavoro.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Ieri è stato concluso l’accordo sindacale tra il Gruppo Camozzi (la nuova proprietà dell’Innse) e le rappresentanze degli operai. Stamattina l’assemblea dei lavoratori dell’Innse lo ha confermato. Tutti gli operai dell’Innse saranno assunti dal nuovo gruppo, alle medesime condizioni contrattuali di prima, e i primi di loro dovrebbero riprendere il lavoro già all’inizio di ottobre.
A questo punto, dopo l’accordo sui macchinari del 15 settembre scorso e quello sindacale di ieri, manca soltanto l’intesa sull’area. A questo ultimo proposito è già stato convocato un incontro in Prefettura all’inizio di settimana prossima.
 
 
Stamattina un gruppo di operai dell’Innse ha occupato gli uffici dell’Aedes (proprietaria dell’area dove sorge la fabbrica), in seguito alle voci e alle dichiarazioni che mettevano in discussione la chiusura positiva della trattativa tra Aedes e gruppo Camozzi entro le ore 24.00 di oggi, così come stabilito dall’intesa del 11 agosto scorso.
Gli operai sono usciti dalla sede dell’Aedes verso le 13.20, in seguito alle assicurazioni della proprietà di non voler ostacolare la chiusura di un accordo. La trattativa riprenderà in Prefettura nel tardo pomeriggio.
 
Qui di seguito il testo del nostro comunicato stampa delle ore 12.30:
 
INNSE: NON C’È ALTERNATIVA ALLA FIRMA DELL’ACCORDO ENTRO OGGI.
IL PREFETTO LO DEVE FAR CAPIRE A TUTTI
 
dichiarazione di Luciano Muhlbauer, Capogruppo regionale Prc-Se
 
Non c’è alternativa alla firma entro oggi dell’accordo sull’area tra Aedes e gruppo Camozzi e, dunque, alla ripresa della produzione e del lavoro all’Innse a partire da domani 1° ottobre. Questo messaggio deve arrivare chiaro e tondo a tutti i soggetti interessati e riteniamo che farlo pervenire sia responsabilità del Prefetto, nella sua qualità di rappresentante del Governo.
Il 15 settembre scorso era stato raggiunto l’accordo sui macchinari, estromettendo finalmente lo speculatore Genta e una settimana fa è stato concluso l’accordo sindacale tra le rappresentanze degli operai e il gruppo Camozzi. Ora manca soltanto l’ultimo tassello, cioè l’accordo sull’area, per far ripartire la produzione.
Da parte nostra esprimiamo totale solidarietà agli operai dell’Innse, che da stamattina occupano gli uffici dell’Aedes di Milano, e siamo pronti a sostenerli in ogni loro scelta per arrivare all’unica conclusione possibile ed immaginabile, cioè la chiusura di un accordo entro oggi e la ripresa del lavoro all’Innse.
 
 
Poco dopo mezzanotte è stato firmato in Prefettura l’accordo sull’area tra Aedes, gruppo Camozzi, Comune di Milano e Prefetto. Una trattativa complessa, visti gli interessi immobiliari in gioco, che si è protratta per lunghe ore e che sicuramente non pone fine a tutti i problemi (ne vedremo ancora delle belle), ma che alla fine ha comunque prodotto l’accordo che dà il via libera alla ripresa dell’attività produttiva in via Rubattino.
Rispetto alla tabella di marcia indicata dall’intesa dell’11 agosto scorso e dal successivo accordo sindacale del 15 settembre c’è un’unica differenza, cioè l’assunzione degli operai da parte del gruppo Camozzi non decorre dal 1° ottobre, bensì dal 12 ottobre (salvo per un singolo operaio che viene assunto a partire da oggi, visto che la sua mobilità scade). Su questo punto era stato chiesto l’esplicito consenso agli operai, considerato anche che si trattava di un posticipo degli effetti giuridici dell’accordo sindacale del 15 settembre, e un sindacalista della Fiom e la Rsu dell’Innse, presenti con gli altri operai davanti alla Prefettura sin dalle ore 20.00, hanno raggiunto il tavolo di trattativa, dando infine il loro assenso.
Con la firma di stanotte si realizza dunque il terzo e ultimo degli accordi necessari per dare esecuzione all’intesa dell’11 agosto scorso e pertanto non dovrebbero più esserci ostacoli alla ripresa dell’attività e del lavoro. I problemi non mancheranno, certo, lo sappiamo bene, ma la vittoria degli operai sta finalmente diventando realtà concreta.
 
 
di lucmu (del 01/10/2009, in Lavoro, linkato 867 volte)
Con l’accordo sull’area, siglato questa notte in Prefettura tra Aedes, gruppo Camozzi e Comune di Milano, si chiude la serie di accordi attuativi dell’intesa dell’11 agosto e l’Innse può dunque ritornare alla vita a partire dal 12 ottobre. Conseguenza tangibile è che già oggi il gruppo Camozzi ha assunto il primo dei 49 operai.
Una vittoria splendida e straordinaria degli operai, che non solo hanno resistito, lottato e sperato per sedici lunghi mesi, ma che sono riusciti a vincere, nonostante non disponessero di amici potenti, usando le semplici armi della propria determinazione, intelligenza e dignità contro speculatori, palazzinari, menefreghismo, rassegnazione e immobilismo istituzionale.
Hanno vinto gli operai e con loro l’interesse pubblico, perché in 49 sono riusciti a farsi “classe generale”, impedendo lo smantellamento di un’attività produttiva sana da parte di uno speculatore protetto dall’impunità. In altre parole, gli operai dell’Innse consegnano oggi una lectio magistralis alla politica e alla società, perché sono riusciti a fare quello che avrebbero dovuto fare le istituzioni.
Tra queste ultime, soltanto il Prefetto di Milano può oggi legittimamente rivendicare un ruolo positivo, per quello che ha fatto negli ultimi due mesi. Per il resto, le istituzioni hanno brillato per immobilismo. Infatti, nei lunghi mesi di presidio da parte degli operai nessuno si è mosso seriamente per trovare delle soluzioni imprenditoriali per l’Innse. Anzi, vi è stato un continuo trincerarsi dietro le ristrette sfere di competenza con il ritornello del “vorrei ma non posso”. Il governo regionale è andato avanti così per sei mesi, per poi abbandonare, alla fine di luglio, i lavoratori al loro destino.
La lezione dell’Innse andrebbe ascoltata, perché è paradigmatica. Ci dice che di fronte alla crisi non bisogna intervenire soltanto a danno consumato con gli ammortizzatori sociali, peraltro oggi insufficienti, ma che occorre muoversi prima, salvaguardando le attività produttive e i posti di lavoro. Anche nel caso dell’Innse – come in molte altre situazioni di crisi tuttora aperte - quasi tutti dicevano che ciò non era possibile, ma poi gli operai hanno dimostrato il contrario.
Ecco perché auspichiamo che adesso ci venga risparmiato il solito giochetto del “sediamoci tutti sul carro del vincitore” e si apra invece una seria riflessione politica su come dotarsi urgentemente degli strumenti istituzionali per fermare la moria di aziende e posti di lavoro.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Durante la question time, prevista nella mattinata della seduta del Consiglio regionale di martedì 6 ottobre, la Giunta regionale risponderà alla nostra interrogazione urgente sulla vicenda della TenarisDalmine, la cui proprietà ha esplicitato la volontà di licenziare oltre 1.000 lavoratori, di cui ben 900 in Lombardia.
L’interrogazione urgente – a firma dei consiglieri Muhlbauer (Prc), Saponaro (Verdi), Squassina O. (S.Ual), Benigni (Pd) e Storti (C.I.) - chiede al governo regionale di esplicitare quali “azioni intende intraprendere affinché il piano industriale presentato da TenarisDalmine venga modificato, al fine di garantire la salvaguardia dell’attività produttiva e dei livelli occupazionali”.
Durante la pausa dei lavori del Consiglio, inoltre, le Commissioni IV (Attività Produttive) e VII (Lavoro) riceveranno in audizione le rappresentanze sindacali, la proprietà della Tenaris e la Confindustria di Bergamo.
Il vero e proprio licenziamento di massa voluto dalla TenarisDalmine è inaccettabile e avrebbe ricadute occupazionali dirette ed indirette insopportabili, in particolare nella provincia di Bergamo.
Riteniamo pertanto indispensabile che Regione Lombardia non si limiti a prendere atto della situazione e ad esprimere la doverosa solidarietà con le maestranze, ma che intervenga, di concerto con gli altri attori istituzionali e con tutti gli strumenti a disposizione, perché quel piano industriale venga ritirato e ridiscusso da capo.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo originale dell’interrogazione a risposta immediata
 

Scarica Allegato
 
L’atteggiamento da notaio della crisi mostrato oggi dal vicepresidente della Regione Rossoni, in occasione del question time in Consiglio regionale sul caso degli esuberi della TenarisDalmine, è miope e sconcertante. E altrettanto sconcertante è la conclusione dell’audizione di fronte alle Commissioni consiliari IV e VII con azienda, Confindustria e sindacati.
Né il Vicepresidente della Regione, né i Presidenti delle Commissioni hanno speso una parola per dire formalmente che il piano industriale della TenarisDalmine non va bene. No, si è parlato soltanto di auspici e di ammortizzatori.
Regione Lombardia non può semplicemente prendere atto della crisi e più tardi magari distribuire un po’ di ammortizzatori, buoni e voucher. Deve intervenire prima che si produca il danno, se necessario anche a gamba tesa, per evitare la perdita di attività produttive e di posti di lavoro.
TenarisDalmine ha presentato un piano industriale che prevede 1.024 esuberi, di cui ben 900 in Lombardia: 717 a Dalmine, 119 a Costa Volpino, 64 ad Arcore. E ha ribadito anche oggi, in audizione davanti alle Commissioni IV e VII, di non volerla modificare.
Quel piano è inaccettabile per il disastroso impatto occupazionale, diretto e indiretto, che provocherebbe. Va quindi ridiscusso con i rappresentanti dei lavoratori e delle istituzioni. Per questo è terribilmente importante che le istituzioni ne facciano ferma e immediata richiesta, mobilitando il proprio peso politico e istituzionale, invece di scegliere l’immobilismo comeè stato incredibilmente fatto oggi.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Il governo regionale non può infischiarsi del destino dei lavoratori che stanno occupando da ieri il cantiere del Malpensa Express di Castellanza e preoccuparsi unicamente di finire in qualche modo i lavori essenziali sulla linea.
E questo non soltanto perché sarebbe moralmente inaccettabile, considerato che le Ferrovie Nord appartengono a Regione Lombardia, ma anche perché renderebbe del tutto aleatoria ogni ipotesi di terminare effettivamente i lavori entro il 14 dicembre, come annunciato ancora una volta oggi dal Presidente della Sea, Bonomi.
L’azienda “De Lieto”, che aveva ottenuto l’appalto da Ferrovie Nord, era in difficoltà da tempo, ultimamente non pagava nemmeno più fornitori e subappaltatori. Ma, soprattutto, le Nord erano a conoscenza della situazione critica, visto che i sindacati gliel’avevano segnalata già mesi fa. Eppure, non ci risulta alcun intervento per evitare il peggio, annunciato di questi giorni con l’arrivo delle prime 15 comunicazioni di messa in cassa integrazione destinate agli operai che, in totale, sono 26.
Esprimiamo la nostra solidarietà con i lavoratori della “De Lieto” che da ieri occupano il cantiere, poiché giustamente non possono accettare di finire sul lastrico, nonostante il lavoro ci sia.
Lunedì presenteremo anche un’interrogazione formale, ma chiediamo sin d’ora alla Giunta regionale di chiarire le sue intenzioni e, soprattutto, di assumersi degli impegni precisi nei confronti dei lavoratori coinvolti. Unica maniera, peraltro, per riuscire, forse, a rispettare i tempi previsti.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
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