Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 22/07/2011, in Movimenti, linkato 1051 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 22 luglio 2011 con il titolo “I no global e noi, movimenti in connessione”
 
Sono passati dieci anni da quel luglio genovese e nel frattempo molte cose sono cambiate. A chi c’era, a chi ha vissuto e condiviso gioie, dolori e rabbia può sembrare anche ieri, ma in un mondo dove tutto corre e la memoria è sempre più labile, un decennio è un tempo maledettamente lungo. E così, la trappola della commemorazione, del come eravamo è sempre in agguato.
Cascarci sarebbe però un disastro, perché equivarrebbe alla collocazione di quella stagione di movimenti nel museo delle cere. E, possiamo starne certi, in quel caso i detrattori di ieri le darebbero un posto d’onore, magari pure un piedistallo, in cambio dell’espulsione dal tempo presente.
Ebbene sì, perché Genova continua ad essere una spina nel fianco per troppi da troppe parti, sia per quelli implicati nella repressione di ieri, che per quelli tuttora convinti che il cambiamento consista nella semplice sostituzione degli inquilini del palazzo.
Quindi, evitiamo di regalare ai responsabili operativi e politici delle violenze la tranquillità dell’archiviazione storica. Non è una questione che riguarda le sole vittime della violenza poliziesca del 2001, a partire dalla famiglia Giuliani e da quelli e quelle che subirono le infamie di Bolzaneto e della Diaz. No, è una questione generale che riguarda l’insieme del paese, perché il lezzo nauseabondo dell’impunità corrode il rapporto tra istituzione e cittadino e la stessa legalità costituzionale. Né più né meno.
Ma appunto, Genova non era soltanto repressione. Anzi, a meno che non vogliamo sposare la tesi che tutta quella violenza, così come le sue anticipazioni di Napoli e Goteborg, fosse il prodotto di qualche eccesso di qualche subalterno, allora dobbiamo rammentare chi e che cosa era quel movimento.
Partito da Seattle, era un movimento giovane, che rompeva argini e schemi, oltrepassava i confini e riscopriva e riformulava il linguaggio dell’alternativa. Contrappose alla globalizzazione liberista la cooperazione globale dei movimenti sociali e la parola d’ordine “un altro mondo è possibile!”. E soprattutto era in crescita, era un fiume in piena e, di fatto, andava ad occupare la posizione di antagonista del potere, ormai abbandonata da una ex-socialdemocrazia ostaggio del pensiero unico. Quel movimento andava dunque stroncato sul nascere. Questo si tentò di fare a Genova.
Oggi c’è chi sostiene che l’operazione riuscì, ma non è vero. Anzi, il movimento resistette anche all’11 settembre e si fece carico dell’opposizione alla guerra permanente. Poi seguirono il Forum sociale europeo di Firenze del 2002 e la straordinaria mobilitazione contro la guerra in Iraq del 2003. La fase discendente arrivò soltanto dopo. Insomma, non fu la repressione a spezzare il movimento, fu la politica.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ma oggi ci troviamo di nuovo di fronte a una fase di partecipazione dal basso e di protagonismo dei movimenti: la battaglia della Fiom, il 16 ottobre, l’onda studentesca, la lotta degli insegnati, il 14 dicembre, i comitati per l’acqua pubblica, la primavera delle elezioni amministrative e dei referendum, la Val di Susa eccetera.
E anche oggi, come ieri, invece di coglierne le potenzialità, molta parte dell’opposizione politica sembra piuttosto spaventata ed intenta a normalizzare, come indicherebbero il clima da unità nazionale attorno alle politiche anticrisi o, su un altro piano, la firma sotto l’accordo interconfederale da parte della Cgil.
Problemi analoghi, dunque, ma anche attori e scenario mutati, perché i movimenti non sono più gli stessi, c’è una nuova generazione che il 2001 genovese lo conosce soltanto per sentito dire e i nodi della globalizzazione liberista sono ormai venuti al pettine.
Ecco perché non ha senso tornare oggi a Genova per commemorare il movimento di ieri e perché occorre invece essere sufficientemente lucidi per tentare di connettere la stagione dei movimenti di ieri a quella di oggi, di costruire ponti, di individuare obiettivi e iniziative e di far tesoro delle esperienze passate.
Tra oggi e domenica a Genova ci saranno sufficienti luoghi e momenti dove tentare di farlo. Il resto dipende da noi.
 
 
di lucmu (del 29/09/2011, in Movimenti, linkato 1030 volte)
Infine, la famosa-famigerata lettera “confidenziale” della Banca centrale europea, invocata dal governo Berlusconi per giustificare la pesantissima manovra di ferragosto, comprensiva dell’ignobile articolo 8, è saltata fuori. Il Corriere della Sera l’ha pubblicata stamattina e, nel caso a qualcuno fosse sfuggita, la riproduciamo in calce a queste righe nella traduzione italiana.
Consigliamo vivamente la sua lettura, perché nella sua essenzialità imperativa le ragioni della giornata europea di mobilitazione del 15 ottobre si rinnovano e si rafforzano.
Anzitutto, colpisce la disinvoltura con la quale l’attuale e il futuro presidente della Bce, cioè Jean-Claude Trichet e Mario Draghi, dettano al capo del governo di un paese sovrano le scelte politiche da adottare. Per carità, lo sapevamo già come vanno queste cose, perché Grecia, Portogallo ecc. stanno lì a ricordarcelo, ma quando vedi questo metodo applicato al tuo paese fa un’altra effetto. Ebbene sì, perché c’è qualcosa che non va in questo tipo di rapporto tra una banca e un governo e un parlamento. Vi ricordate di tutte le analisi critiche della globalizzazione liberista, in materia di democrazia e sovranità popolare, che abbiamo fatto da Marcos e Genova in poi?
In secondo luogo, però, il merito dei “suggerimenti” della Bce non è propriamente originale: privatizzazione dei servizi pubblici locali, smantellamento dei contratti nazionali, libertà di licenziamento, aumento dell’età pensionabile, riduzione degli stipendi nel pubblico impiego e taglio dei trasferimenti agli enti locali. Sono tutte cose già sentite e strasentite sul piano internazionale e a casa nostra, da Sacconi a Marchionne e Marcegaglia, da Bonanni a Berlusconi e Maroni. In altre parole, da questo punto di vista, più che un’imposizione la lettera sembra piuttosto un favore al governo italiano, perché gli consente di non assumersi la responsabilità politica delle proprie azioni. Anzi, c’è di peggio, perché di fronte al diktat europeo non si “piega” soltanto la destra italiana, ma anche buona parte dell’opposizione di centrosinistra. There is no alternative, avrebbe detto la Thatcher.
La verità comprende probabilmente tutti e due gli aspetti che abbiamo evidenziato e, comunque, il risultato finale è sempre il medesimo: la risposta iperliberista alla crisi del neoliberismo e il ridisegno del modello sociale e politico per mezzo della rincorsa del pagamento di un debito palesemente impagabile, non trova opposizione vera e alternative credibili e, anzi, finisce per essere spacciato per un fenomeno naturale.
Fuck austerity grida qualcuno in maniera un po’ ruvida, United for global change dice la parola d’ordine condivisa per il 15 ottobre, alludendo appunto a quel cambiamento e a quell’alternativa la cui necessità tutti e tutte sentiamo, ma che nella realtà non si vedono ancora. Invece, a meno che non vogliamo soccombere e finire strangolati alla maniera greca, cornuti e mazziati, di un’altra punto di vista in campo c’è urgente bisogno. E il 15 ottobre, la giornata europea di mobilitazione lanciata dal movimento degli indignados spagnoli (vedi per esempio Movimiento 15M o Democracia real Ya!), pensiamo sia un’occasione, un punto di partenza o un punto di passaggio, fate voi, per avanzare in quella direzione.
Ebbene, qui in Italia la mobilitazione del 15 ottobre è stata assunta da praticamente tutte le articolazioni di movimento, da molti sindacati (sindacalismo di base, Fiom, autoconvocati, parti della Cgil), dai movimenti dei precari, dagli studenti, da diverse realtà associative, come l’Arci, e da molta parte della sinistra politica.
C’è un accordo generale sul fatto che il 15 ottobre si manifesterà a Roma, con partenza alle ore 14.00 da piazza della Repubblica (piazza Esedra), per arrivare in piazza San Giovanni. A Roma si sta riunendo anche un tavolo nazionale che cerca di mantenere i collegamenti tra le diverse reti e definire una gestione comune della piazza. Tuttavia, ad oggi, i livelli unitari si riducono essenzialmente a questo e a poco altro. Infatti, allo stato non c’è né una trattativa centralizzata con Trenitalia per i trasporti, né accordo su cosa fare, una volta arrivati a San Giovanni.
A nostro avviso, la difficoltà di definire momenti unitari alti, di cui ci sarebbe invece un terribile bisogno, sono dovuti alla complessità della situazione politica, all’assenza di alternative e sbocchi chiari e definiti e, non ultimo, alla questione dell’efficacia delle forme di azione finora sperimentate. E così, in questo inizio autunno sembra prevalere piuttosto la ricerca di autovalorizzazione politica da parte delle diverse reti impegnate verso il 15.
Senza la pretesa di essere esaustivi, segnaliamo soltanto i principali appuntamenti nazionali che in questo senso si sono tenuti o si terranno:
-       24 settembre, Roma, assemblea nazionale di Uniti per l’alternativa (già “Uniti contro la crisi”)
-       24-25 settembre, Bologna, costituente dello sciopero precario
Inoltre, segnalo che gli studenti stanno preparando una mobilitazione in tutte le città per venerdì 7 ottobre e per la maggior parte delle realtà studentesche questa sarà anche occasione per preparare il 15 ottobre.
Per quanto riguarda Milano, le difficoltà nazionali di connettere i diversi punti di vista e percorsi di avvicinamento al 15 ottobre, ha fatto sì che ci volessero ben tre diverse riunioni ed assemblee cittadine perché, alla fine, si realizzasse un primo appuntamento unitario. Questo si è tenuto ieri, mercoledì 28 settembre, presso l’Arci Corvetto ed erano presenti praticamente tutte le realtà interessate. Alla fine si è deciso di costruire un lavoro comune sui terreni della comunicazione pubblica, delle iniziative preparatorie (il countdown) e dei trasporti (verifica treno e/o pullman).
Per tenervi aggiornati da questo punto di vista vi consigliamo in particolare il sito Precaria.org, poiché i compagni e le compagne di San Precario si sono assunti la responsabilità della comunicazione per conto dell’assemblea unitaria.
 
Ebbene, per ora è tutti. Stay tuned, come si suole dire. E, soprattutto, ricordiamoci che la riuscita del 15 ottobre non è garantita da alcuna pozione magica, ma sarà frutto soltanto del lavoro che saremo in grado di mettere in campo tutti e tutte noi.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Lettera Bce al Governo italiano
 
Francoforte/Roma, 5 Agosto 2011

Caro Primo Ministro,

Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 Agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un'azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori.
Il vertice dei capi di Stato e di governo dell'area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che «tutti i Paesi dell'euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali». Il Consiglio direttivo ritiene che l'Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali.
Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti.
 
Nell'attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
 
1.Vediamo l'esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di più ed è cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l'aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l'efficienza del mercato del lavoro.
a) È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C'è anche l'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L'accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.
 
2.Il Governo ha l'esigenza di assumere misure immediate e deciseper assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L'obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell'1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. È possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l'età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l'assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.
 
Vista la gravità dell'attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.
 
3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell'amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l'uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione). C'è l'esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.

Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate.
Con la migliore considerazione,
 
Mario Draghi, Jean-Claude Trichet
 
 
di lucmu (del 11/10/2011, in Movimenti, linkato 1900 volte)
Mancano ormai solo pochi giorni alla giornata globale di mobilitazione contro le politiche di austerity del 15 ottobre. In Italia ci sarà una manifestazione nazionale a Roma, che partirà alle ore 14.00 da piazza della Repubblica (piazza Esedra) e terminerà in piazza San Giovanni.
Come probabilmente sapete o, comunque, avrete intuito, in questa occasione i livelli unitari tra i movimenti e le associazioni non sono proprio al massimo e, dunque, le spinte all’autovalorizzazione delle varie reti si fanno sentire con forza. Nulla di sorprendente, per carità, considerata la fase politica eccezionale in cui ci troviamo, che è segnata dalla crisi, dalle politiche di austerity, dal tramonto del ciclo berlusconiano e, quindi, dall’incombente quesito del che fare. Ma neanche nulla di esaltante, chiaramente, poiché tale situazione tradisce anche una certa difficoltà da parte di quanti e quante si trovano fuori dal recinto, per usare la metafora bertinottiana.
Tutto questo ha comportato che a livello nazionale si formasse un coordinamento unitario (vedi il sito Coordinamento 15 ottobre) che di fatto ha dovuto ridurre le sue funzioni al minimo sindacale, non riuscendo ovviamente ad affrontare neanche la questione di un’eventuale trattativa con Trenitalia per dei treni speciali.
Questa premessa politica si è resa necessaria al fine di spiegare, sebbene non in maniera esaustiva, il perché a Milano non ci siano treni speciali per Roma, né un’organizzazione centralizzata dei mezzi di trasporto. Insomma, la situazione generale ha fatto sentire il suo peso anche qui e alla fine ognuno ha fatto da sé, organizzando i propri pullman. Per fortuna, di unitario è rimasta l’iniziativa-conferenza stampa di mercoledì 12 ottobre, alle ore 12.00, in piazza Cordusio.
 
Comunque, per chi vuole andare a Roma sabato e non sa ancora come andarci, ecco l’elenco dei vari pullman che partono da Milano (in ordine rigorosamente alfabetico) e di cui, ovviamente, siamo a conoscenza:
 
Cub - partenza da p.zza Monte Titano (Stazione Lambrate), alle ore 6:30 – info e prenotazioni: tel. 02.70631804
Fiom – partenza da Romolo – costo 40 euro – info e prenotazioni: tel. 02.55025227
Popolo Viola Milano – partenza venerdì notte – costo 30 euro – info e prenotazioni: popoloviolamilano@libero.it
Rifondazione Comunista – partenza da Lampugnano, alle ore 5:45 di sabato – costo 35 euro – info e prenotazioni: tel. 02.55231507; mail: federazione@rifondazionemilano.org
San Precario – coordina con altre realtà i "torpedoni precari", in partenza da Milano-Pasteur, Milano-Certosa, Rho-Legnano e Monza - costo 20 euro - info e prenotazioni: cell. 389.6973158; mail torpedoni@inventati.org
Sinistra Critica – partenza da Milano - info e prenotazioni: 333.4665107; mail: info@sinistracriticamilano.it
Sos Fornace – partenza da Rho, alle ore 01:00 di sabato – costo 10 euro – info e prenotazioni:  cell. 346.3989550; mail sosfornace@inventati.org
Torchiera e Comitato NoExpo – partenza dal Torchiera, alle ore 24:00 di venerdì – info e prenotazioni: 335.7633967; mail info@noexpo.it
Usb – partenza da p.le Loreto, alle ore 6:00 – costo 30 euro (iscritti 20 euro) – info e prenotazioni: tel. 02.683091 e 02.6072576
ZAM – partenza da Milano, alle ore 24:00 di venerdì – costo 30 euro – info e prenotazioni: 389.5445079; mail: pulman15roma@gmail.com
 
Chiunque avesse altri pullman da segnalare oppure riscontrasse degli errori in quanto scritto, per favore utilizzi lo spazio dei commenti.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 14/10/2011, in Movimenti, linkato 3153 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 14 ottobre 2011
 
Zone rosse attorno ai palazzi, allarme violenza, qualche manganellata di troppo, come a Bologna, e alcuni arresti inquietanti, come a Brindisi. Insomma, neanche questa volta l’autorità costituita ha voluto deviare dall’ormai consueto e consunto rito. Prendiamone atto e passiamo oltre.
Ebbene sì, perché la giornata globale contro l’austerity del 15 ottobre, la sua riuscita, il suo significato e la sua incidenza, saranno valutati con ben altri parametri, qui e in Europa. Cioè, con la capacità o meno di segnare la presenza e la rilevanza di un altro punto di vista sulla crisi, alternativo a quello della Bce, del Fmi e della Bm, di Marchionne e di Draghi, degli hedge funds, dei banchieri, delle agenzie di rating eccetera.
In altre parole, il punto è se il 15 ottobre quelli e quelle che stanno fuori dal recinto, per usare la metafora bertinottiana, cioè noi, nella nostra pluralità e nelle nostre diversità, riusciremo ad andare oltre all’esplicitazione dell’indignazione, per evocare ed innescare la nostra costituzione in forza, movimento e discorso, capace di incidere sull’agenda sociale e politica e di produrre cambiamento percettibile.
E attenzione, non è un problema marginale e tanto meno astratto o politicista. Anzi, è questione centrale, urgente e concreta. È centrale perché è illusorio pensare che per il solo fatto che la crisi sia di sistema e non congiunturale, essa porti dunque spontaneamente all’emersione di un’alternativa di sistema. Non è affatto così e la realtà di tutti i giorni si incarica di ricordarcelo: in assenza di alternative politiche dotate di forza sociale autonoma, prevale la risposta alla crisi di coloro i quali la crisi l’avevano provocata.
E la loro ricetta è micidiale, perché radicalizza ed estremizza il sistema in crisi, ridisegnando un’epoca e evocando un Ottocento in salsa global e multimedia. Dunque, niente più compromessi sociali, welfare, contratti nazionali, diritti dei lavoratori e partecipazione democratica. E quello che è peggio, nel vuoto la loro risposta conquista adepti a 360 gradi: Enrico Letta plaude alla lettera della Bce, Veltroni invoca governi tecnici per fare quello che pensa Draghi, Renzi parla come Brunetta, insulta i dipendenti comunali ed acclama Marchionne, la Cgil segue Bonanni sulla via del 28 giugno e così via.
Ma definire un orizzonte politico alternativo è anche un’urgenza, perché il dopo incombe. Non solo c’è la crisi e le politiche anticrisi che picchiano sempre più duro, ma c’è anche la fine del ciclo politico berlusconiano. Non importa sapere se finirà domani, tra un mese o tra un anno, importa sapere che sta finendo e che già oggi tutte le forze e gli attori in campo si scontrano, si muovono e si posizionano in funzione del dopo.
Difficile, davvero, sostenere che tutto questo non riguardi il 15 ottobre e i suoi protagonisti. Sarebbe come dichiararsi indifferenti rispetto alla possibilità di trovarci dopo Berlusconi con un governo della Bce o con un centrosinistra che fa la fine del Pasok greco.
Infine, si tratta anche di un problema concreto, anzi concretissimo. La crisi devasta le esistenze e le aspettative delle persone in carne ed ossa. Che sia una giovane precaria che non sa se il mese prossimo avrà ancora una fonte di reddito oppure uno di quei tantissimi operai della Jabil di Cassina de’Pecchi, della Fincantieri di Sestri-Ponente o dell’Irisbus di Valle Uftia che rischiano il posto di lavoro a causa della crisi, di un certo banditismo imprenditoriale e dell’immobilismo istituzionale, a tutte queste persone non si può rispondere “no so” quando ti chiedono cosa proponi per risolvere il loro problema.
Insomma, piaccia o non piaccia, sabato dobbiamo fare i conti con questa dimensione e questo significa che abbiamo, tutti e tutte, un certa responsabilità. Il 15 ottobre si preannuncia partecipato, ma se sarà soltanto una parentesi, una giornata magari un po’ più rumorosa delle altre, allora avremo sprecato un’occasione. Se, invece, accettiamo la sfida e ne uscirà il messaggio che in Italia un altro punto di vista c’è e che si avviano dei nuovi processi politici, allora il domani potrebbe anche riconsegnarci qualche sorriso.
 
 
In genere, in casi come questi, è sempre preferibile darsi un po’ di tempo e far sedimentare le impressioni e le emozioni, prima di abbandonarsi alla pretesa di formulare valutazioni e letture. Ma non sempre ciò è possibile e sicuramente non è possibile all’indomani della mobilitazione del 15 ottobre, poiché noi non siamo né sociologi, né filosofi, bensì attivisti e protagonisti.
E poi, come hanno dimostrato già le prime ore, forte è la tentazione di affidarsi a qualche luogo comune o a qualche schema un po’ troppo schematico per spiegarsi quello che è successo ieri nelle strade di Roma, rischiando così di prendere lucciole per lanterne.
Quindi, con la consapevolezza dei limiti di tutte le parole pronunciate a caldo, ecco alcune valutazioni, che auspichiamo possano essere un contributo al dibattito del e nel movimento. Ebbene sì, del e nel movimento, perché il problema è tutto nostro.
 
1. Anzitutto, va evidenziato e sottolineato un dato di cui praticamente non si parla più, ma che sarebbe idiota e autolesionista ignorare da parte nostra, soprattutto perché era un dato non scontato alla vigilia: cioè, la grande è straordinaria partecipazione alla manifestazione.
Ieri a Roma non era nemmeno necessario evocare il consueto balletto dei numeri, perché bastava il colpo d’occhio o la telefonata con l’amico che pensavi fosse dietro di te, invece era ancora imbottigliato davanti alla stazione Termini, per capire che il corteo era più che riuscito, che non c’erano soltanto i militanti delle reti più o meno organizzate, ma che c’era anche quell’eccedenza che, in ultima analisi, fa i movimenti.
Talmente grande era la partecipazione che buona parte del corteo non si è nemmeno accorto di quello stava avvenendo in testa. Quando in San Giovanni erano già in corso gli scontri, la coda iniziava ad imboccare via Cavour.
 
2. In secondo luogo, la tesi del parallelo con quanto accaduto a Genova dieci anni fa, con i black bloc di allora, le infiltrazioni di polizia eccetera, non ci convince per nulla. Beninteso, siamo persuasi anche noi che ci sarà stato qualche fascio che si è mescolato a qualche scontro e che le forze dell’ordine più che ostacolare abbiano agevolato alcune dinamiche, dalla condizione di via Cavour, dove il giorno prima non erano stati messi nemmeno i consueti divieti di sosta (…), fino ai criminali caroselli di blindati che spazzavano una piazza San Giovanni piena di gente. Ma crediamo, semplicemente, che evocare complotti e infiltrazioni non spieghi affatto la giornata di ieri e, soprattutto, che serva più che altro per autoconsolarci, tranquillizzarci e non affrontare di petto i problemi, i nostri problemi.
Sono passati dieci da Genova e molte cose sono cambiate. Quello che con linguaggio datato si chiama “black bloc” e che altri chiamano “i neri” o “gli agitati” non sono dei marziani o degli agenti infiltrati di qualche servizio segreto, ma un’area politica anarchica che esiste in Europa e in Italia. Non sono apolitici, ma hanno una visione politica, che assomiglia molto al “no future” di altri momenti della nostra storia recente.
E attenzione a non banalizzare! Il loro discorso può calzare a pennello con la condizione sociale concreta e, soprattutto, con la percezione della propria condizione di una parte non indifferente di giovani del nostro tempo. Insomma, il sistema è alla frutta, la sinistra tradizionale è parte del sistema alla frutta, non c’è alcuna speranza per noi, se non la comunità degli insorti, e, quindi, non rimane che accelerare e accompagnare la distruzione del sistema. Una visione immensamente pessimistica, ma è una visione, agli occhi di chi la condivide, che giustifica e che da senso alla pratica della distruzione di cose.
Quell’area politica a Roma c’era nel corteo, peraltro ben visibile, così come c’è nelle grandi città. Non sono reduci di battaglie del passato, ma in larghissima parte giovani e giovanissimi. Hanno deciso di esserci e di portarvi la loro pratica. E loro hanno iniziato.
Ma, anche qui, non prendiamo lucciole per lanterne. Alla fine, verso San Giovanni, a scontrarsi con la polizia non erano soltanto loro, a meno che non si voglia sostenere seriamente che 2 più 2 faccia 10… No, era un pezzo più ampio del corteo che, una volta partiti gli scontri con la polizia, si è fatto coinvolgere.
Perché? Perché erano lì e non volevano stare a guardare di fronte a quello stava accadendo? Perché era già sceso in piazza con quello stato d’animo? Perché pensava che questo era un modo, un po’ politicista, ma non per questo meno reale, di regolare i conti con altre aree del movimento, considerate troppo moderate? Chissà, probabilmente tutte queste cose messe insieme.
Comunque sia, rimane un fatto, che segna una distanza e una diversità non indifferente con Genova 2001. Allora, il rifiuto della violenza e, più concretamente, della strada dell’impatto frontale con le forze antisommossa era sentimento dominante e diffuso, come avrebbe dimostrato il dopo: la reazione alla bestiale repressione di Genova non fu la violenza, bensì il suo contrario, per parecchi anni.
Oggi è diverso. Dalle mobilitazioni dell’Onda al 14 dicembre dell’anno scorso, passando per la Val di Susa, è emersa una realtà nuova, fatta di un rapporto diverso con la piazza, i divieti e le forze dell’ordine. E questo non riguarda soltanto qualche piccola realtà organizzata (che non sarebbe una novità), ma settori più ampi. Insomma, un cambiamento di clima che ieri ha fatto sì che non ci fosse un fuggifuggi generale di fronte alla colonne di fumo che si levavano in via Labicana, ma il grosso dei manifestanti continuasse ad andare in quella direzione, compresa quella parte, molto significativa, che urlava agli “incappucciati” di smetterla.
 
3. In terzo luogo, se quanto sopra detto ha un senso, dobbiamo tentare anche un primo bilancio sul percorso di preparazione del 15 ottobre qui in Italia. E proviamo a buttare lì alcune considerazioni in maniera un po’ ruvida. Il percorso di avvicinamento al 15 è stato difficoltoso, perché, sebbene tutte le aree di movimento, i sindacati conflittuali (dalla Fiom ai sindacati di base), l’associazionismo eccetera convergessero e concordassero sull’appuntamento internazionale lanciato dagli indignados spagnoli, su tutto il resto prevalevano le divergenze. Cosa fare in piazza, come proseguire dopo il 15, le parole d’ordine caratterizzanti, le prospettive politiche eccetera, tutto questo divideva. Eravamo forse ai livelli unitari più bassi da tempo.
Nulla di sorprendente, perché la disunità prevale da un po’ e i tempi sono complicati, ma in fondo la politica, anche quella di movimento, è fatta per cambiare le cose e non semplicemente per prendere atto dell’esistente. O no? Comunque, c’è stato un tavolo di discussione e un tentativo unitario, il Coordinamento 15 ottobre, dove c’erano quasi tutti, ma non si è riusciti ad andare oltre il minimo sindacale. E quindi, nel percorso di avvicinamento al corteo hanno prevalso le mediazioni che non accontentavano nessuno, gli appuntamenti di parte e la competizione tra le varie aree sulla visibilità eccetera. E tutto questo, a nostro avviso, ha reso più facile che si potesse guardare al 15 ottobre come ad un giornata dove ognuno era libero di fare quello che gli pareva.
Beninteso, questo non è un atto di accusa verso nessuno, ma l’evidenziazione di un problema collettivo, che ci troveremo di fronte anche nelle prossime scadenze. Cioè, un problema che richiede una soluzione.
 
Ieri sera, tornando a Milano da Roma, mi è venuto in mente un documento che avevo letto quest’estate. Si intitolava Cos’è una resistenza popolare, era firmato “Network Antagonista Torinese (askatasuna-murazzi-cua-ksa) e Comitato di lotta popolare no tav – Bussoleno e si riferiva alla lotta della Val di Susa. Tra le altre cose diceva che “tacere sui limiti soggettivi dei movimenti non è d’aiuto”, criticava la logica dell’autoreferenzialità, sosteneva che “la Val Susa non è il Luna Park dove trovare quell’appagamento che non si trova sui propri territori” e riteneva necessario il rispetto delle decisioni collettive. Ebbene, forse i firmatari del documento non saranno d’accordo che lo citiamo in questo contesto e forse non c’entra niente, ma mi era venuto in mente e quindi mi sembra giusto dirlo.
 
Abbiamo scritto un fiume di parole, ma succede così quando si scrive a caldo e quando si vogliono evitare fraintendimenti. Ce ne scusiamo. Ora la domanda che rimane è la solita: “quindi, che facciamo?”.
Io non ho ricette pronte e credo, specie in questo caso, che bisogna trovarle insieme, altrimenti non funziona. Ma sono altrettanto convinto che, per poterlo fare, bisogna parlare chiaro, abbandonare luoghi comuni e mistificazioni. E, in questo senso, mi sento di dire due cose.
Primo, non possiamo più permetterci che l’andamento di un appuntamento collettivo venga determinato dalle decisioni unilaterali di una parte. Non è un problema burocratico, è un problema politico di tutto il movimento e di tutte le sue articolazioni. A meno che, ovviamente, non si pensi che nella società e nella politica debbano essere solo gli altri a decidere e che ai movimenti spetti semplicemente il ruolo di fare le standing ovation oppure un po’ di riot.
Secondo, smettiamola di mistificare e mettiamo sul tavolo le opzioni politiche. Cioè, esplicitiamo le proposte, i percorsi e gli orizzonti. Il governo che viene? Le alternative? Quali? I contenuti? Il rapporto con le forze politiche? Le pratiche? Eccetera, eccetera. Non sto parlando di tavole rotonde in qualche circolo, il dibattito si fa anche con le iniziative e con il conflitto. No, sto parlando di trasparenza e partecipazione.
Rispondere a questi due quesiti non risolve tutti i problemi, ma ci farebbe fare qualche passo in avanti, di cui peraltro abbiamo a questo punto disperato bisogno.
Ieri a Roma eravamo tantissimi, eravamo un embrione di movimento. Forse le scelte e le decisioni di qualcuno l’hanno ucciso. Forse no. Comunque, dipende soltanto da noi e non da qualche forza oscura o da qualche complotto.
 
di Luciano Muhlbauer
 
 
La maxi operazione di polizia contro 41 persone, di cui 25 agli arresti, per i fatti del 3 luglio scorso in Val di Susa non può che suscitare allarme e forte preoccupazione, poiché comunica in maniera inequivocabile la volontà di spezzare con la forza e la repressione ogni dissenso organizzato verso il progetto Tav.
Prendiamo atto delle dichiarazioni del Procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, che oggi ha affermato che i provvedimenti non sono da intendersi come atti diretti contro il movimento No Tav e che “il terrorismo non ha assolutamente nulla a che vedere” con i fatti del 3 luglio.
Tuttavia, non possiamo che rimanere esterrefatti di fronte alla precisione chirurgica con i quali i provvedimenti sembrano essere stati spalmati sulle diverse componenti del composito movimento No Tav.
Sono stati arrestati esponenti di centri sociali di diverse città e di diverse aree di riferimento, colpendo anzitutto quelli piemontesi. Colpiti anche un dirigente di Rifondazione Comunista di Torino, Andrea Vitali, e un dirigente sindacale della Filctem-Cgil calabrese, Giuseppe Tiano. Tra gli arrestati troviamo poi anche un barbiere di Bussoleno e un consigliere comunale di 66 anni di Villar Focchiardo. Infine, come in tutti i gialli che si rispettino, c’è ovviamente anche il vecchio brigatista, sempre utile a insinuare mille dubbi nell’opinione pubblica.
Il 3 luglio dell’anno scorso in Val di Susa c’erano tante migliaia a manifestare e l’aria era irrespirabile per la quantità folle di gas lacrimogeni, anche quelli in teoria vietati, che furono lanciati senza troppi complimenti sull’insieme dei manifestanti. C’erano anche gli scontri, a tratti duri, certo, ma soprattutto si evidenziò un dissenso forte e di massa della popolazione della Val di Susa e di una parte significativa dell’opinione pubblica italiana contro il progetto Tav.
Dopo quel 3 luglio si poteva e si doveva scegliere la politica e la riapertura del confronto di merito, anzitutto con la popolazione della Val di Susa. Invece, era stata fatta la scelta diametralmente opposta, quella della militarizzazione della Valle e delle leggi speciali. Oggi, poi, sembra arrivata la fase 2, cioè la criminalizzazione del dissenso, con dei messaggi inequivocabili mandati a tutti.
Riteniamo quella strada folle ed inaccettabile. Esprimiamo il nostro pieno sostegno al movimento No Tav e chiediamo la liberazione degli arrestati.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
Un appello milanese, per chiedere che gli attivisti No Tav arrestati a Milano il 26 gennaio scorso vengano scarcerati e per opporsi alla criminalizzazione del movimento No Tav. Un appello che parla degli arrestati di Milano e della necessità di prendere parola ampiamente anche a Milano, ma che si inserisce nelle analoghe campagne che un po’ in tutta Italia stanno nascendo. Infine, aggiungo io, uno dei passi che ci dovrà portare in massa in Val Susa il 25 febbraio prossimo, per la grande manifestazione nazionale.
Fate circolare l’appello e firmatelo, se non l’avete già fatto.
 
Luciano Muhlbauer
 
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Libertà per Niccolò, per Maurizio, Lollo, Marcelo. Libertà per tutti i No Tav arrestati
 
Giovedì 26 gennaio all'alba diverse decine di persone, in varie città italiane, hanno subito perquisizioni presso le loro abitazioni in relazione ad un'indagine della magistratura di Torino concernente le mobilitazioni No Tav dell'estate 2011. Ne sono scaturiti 26 arresti e un totale di 41 provvedimenti giudiziari restrittivi delle libertà individuale. Tra queste, persone anziane, donne incinte, consiglieri comunali della valle, sindacalisti, giovani dei centri sociali.
Non è nostra intenzione mettere in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura nello svolgere il suo lavoro, in questo caso come in generale, siamo però preoccupati per questa vicenda e ci preme rendere note alcune considerazioni:
-crediamo sia importante sottolineare come il movimento No Tav (che coinvolge tutte le persone interessate alla salvaguardia del territorio, a prescindere dall'abitare o meno in Val Susa e che ha già ampiamente rifiutato ogni suddivisioni tra presunti buoni e ancor più presunti cattivi) non debba essere criminalizzato in questo modo. L'espressione del dissenso e più in generale la battaglia per la salvaguardia dei beni comuni che in Val Susa vengono portati avanti non sono riconducibili in alcun modo a una mera questione d'ordine pubblico, e quest'operazione rischia seriamente di indurre questo equivoco;
-siamo preoccupati per il clima che questo tipo di operazioni può contribuire a creare nel Paese, nella situazione di crisi diffusa e con diverse situazioni socialmente complesse in corso, il rischio che si lasci intendere un messaggio di normalizzazione del conflitto e di volontà di chiudere gli spazi di agibilità politica è non solo possibile ma probabile.
-riteniamo infine, anche in virtù del fatto che conosciamo personalmente almeno una parte significativa degli indagati e delle loro collettività d'appartenenza, che sia possibile e auspicabile che siano messe nella condizione di affrontare le accuse che vengono loro mosse in stato di libertà, senza misure restrittive preventive che pregiudichino i loro affetti, il loro lavoro e studio, il loro impegno sociale.
 
per adesioni inviare mail a: appellonoarresti@gmail.com
 
Basilio Rizzo, Presidente consiglio comunale; Giovanna Capelli, segreteria regionale PRC; Massimo Gatti, capogruppo Lista civica Un'Altra Provincia-PRC-PdCI Provincia di Milano;  Antonello Patta, comitato politico nazionale PRC; Luciano Muhlbauer, già consigliere regionale Lombardia Prc-Fds; Emanuele Patti, presidente provinciale Arci Milano; Anita Sonego, consigliera comunale Sinistra per Pisapia FdS; Alessandro Gerosa, portavoce SEL Monza; Giansandro Barzaghi - già Assessore all'Istruzione della Provincia di Milano; Chiara Cremonesi, capogruppo SEL Regione Lombardia; Vittorio Agnoletto, medico; Piero Maestri, Sinistra Critica; Stefano Ferrario, Sinistra Critica Varese; Roberto Firenze, delegato Rsu Comune di Milano; Emiliano Salvi, Atenei in Rivolta Milano; Marco Dal Toso, avvocato Giuristi Democratici Milano; Renato Sarti, Teatro della Cooperativa; Patrizia Quartieri, Capogruppo Sel Comune di Milano; Daniele Farina, coordinatore provinciale SEL Milano; Luca Gibillini, consigliere comunale SEL, Milano; Rosanna Pontani, coordinamento Provinciale SEL Milano; Patrizia Vavassori, coordinamento Provinciale SEL Milano; Anita Pirovano, coordinamento provinciale SEL Milano; Emilio Ballarè, coordinamento provinciale SEL Milano; Massimo Molteni, coordinamento provinciale SEL Milano; Renato Sacristani, Presidente zona 3 Milano; Roberto Acerboni, consigliere zona 6 Sinistra per Pisapia FdS; Renzo Airaghi, segretario circolo Settimo Milanese PRC; Pino Angelico, assessore comunale Cologno Monzese; Patrizia Arnaboldi, comitato politico PRC Milano; Luigi Arnone, iscritto circolo San Giuliano; Dario Ballardini, comitato politico PRC Milano; Simone Barone, segretario circolo PRC Bareggio, Antonella Barranca, comitato antifascista zona 8, Titti Benvenuto, consigliera di zona 3 Sinistra per Pisapia FdS Milano, Fulvio Beretta, iscritto circolo Perucchini Milano PRC; Lucia Bertolini, iscritta circolo PRC Legnano; Nicoletta Bigatti, segretaria circolo Legnano PRC; Walter Boscarello, rete antifascista milanese; Luca Brunet, consigliere comunale PRC Peschiera Borromeo; Rossella Brunetti, comitato politico PRC Milano; Grazia Cangemi, iscritta circolo Cologno Monzese PRC; Eugenio Cantoni, vicesindaco Locate Triulzi; Carmela Carbone, iscritta circolo Cologno Monzese PRC, Michele Carbone, capogruppo comune Cologno Monzese PRC; Jeanine Carteau, segretaria circolo Rosa Luxemburg PRC; Adelio Castoldi, iscritto circolo San Giuliano; Norberto Ceserani, segretario circolo Inzago PRC; Jonathan Chiesa, comitato politico PRC Milano; Marinella Cornalba, iscritta circolo Battaglia PRC; Luigi Crepaldi, consigliere zona 7 Sinistra per Pisapia FdS; Leonardo Cribio, capogruppo FdS Sinistra x Pisapia zona 9; Claudio Cusin, segretario circolo Bollate PRC; Cristina Dall'Orto, comitato politico PRC Milano; Cecè Damiani, iscritta circolo Rosa Luxemburg PRC Milano; Vincenzo Di Blasi, iscritto circolo Legnano; Fabrizio Draghi, consigliere zona 4 Milano Sinistra per Pisapia FdS; Emanuele Flacco, iscritto circolo San Giuliano; Vanna Florenzano, comitato politico PRC Milano; Luca Forlani, segretario circolo Cernusco PRC; Pierpaolo Grassini, iscritto circolo PRC Rho; Luigi Greco, comitato politico PRC Milano; Marie Loveci, comitato politico PRC Milano; Luca Manenti, segretario circolo Ottobre 17 PRC; Gennaro Manieri, comitato politico PRC Milano; Roberto Mapelli, comitato politico PRC Milano; Gino Marchitelli, segretario circolo PRC san giuliano, Luca Massari, consigliere zona 4 Milano Sinistra per Pisapia FdS; Sara Matronicola, iscritta circolo Muzzana PRC; Gino Maurello, comitato politico PRC Milano; Patrizia Menapace, iscritta circolo San Giuliano; Francesco Messano, segretario circolo Cologno Monzese, Marco Messineo, consigliere comunale Vimodrone PRC; Luigina Milanese, consigliera comunale PRC Corbetta; Pasquale Moda ,segretario circolo Muzzana Milano PRC; Luigi Montenegro, iscritto circolo Cologno Monzese PRC; Luigi Montone, comitato politico PRC Milano; Maurizio Moro, consigliere comunale PRC Garbagnate; Stefano Nutini, segretario circolo Perucchini PRC; Gianni Occhi, comitato politico PRC Milano; Rocco Ornaghi, iscritto circolo Inzago PRC; Rita Parozzi, vicesindaca comune di Bresso; Anna Pasquetti, iscritta circolo Legnano; Ciro Piscelli, assessore comunale Rozzano; Stefano Poloni, iscritto circolo Binaschino PRC; Roberto Pozzoli, iscritto circolo Novate PRC; Matteo Prencipe, comitato politico PRC Milano; Andrea Quatrociocchi, consigliere di zona 9 Sinistra per Pisapia FdS; Laura Re Garbagnati, comitato politico PRC Milano; Carmela Restelli, comitato antifascista zona 8, Rosa Riboldi, assessora comunale Cinisello Balsamo; Massimo Righetti, consigliere zona 8 Sinistra per Pisapia FdS; Alessandro Rivolta, iscritto circolo Novate PRC; Nadia Rosa, segretaria circolo Cinisello PRC; Mara Rossetti, iscritta circolo San Giuliano; Carlo Rutigiano, segreteria regionale PRC; Luigi Santese, comitato politico PRC Milano; Ermes Severgnini, capogruppo PRC Cernusco/sn; Piero Spadaro, segretario circolo PRC Magenta; Josè Luis Tagliaferro, iscritto circolo Perucchini Milano PRC; Michele Tedesco, segreteria regionale PRC; Maria Tedesco, comitato federale PRC Milano; Valerio Tradardi, segretario circolo Battaglia PRC; Francesco Trunfio, iscritto circolo San Giuliano; Franco Tucci, consigliere zona 9 Sinistra per Pisapia FdS PRC; Antonio Turri, segretario PRC Novate; Franco Vaia, segretario circolo PRC Vittuone; Luigi Verderio, assessore comunale Vimodrone; Diego Weisz, comitato politico PRC Milano; Rita Zecchini, assessora comunale Cernusco sul Naviglio; Mario Agostinelli, Presidente Associazione Energiafelice; Massimo Conte, ricercatore e operatore sociale; Ugo Mattei, ordinario diritto civile Università di Torino; Saverio Ferrari, osservatorio democratico nuove destre; Giorgio Riolo, Associazione Punto Rosso; Laura Cantelmo, insegnante; Giuseppe Garufi, insegnante e consigliere di zona 5; Ulisse Morelli, insegnante; Luca Pace, tecnico del suono; Aldo Giannuli, ricercatore storia contemporanea Università Statale; Michelangelo Secchi, Cooperativa Mesaverde; Alex Foti, editor Il Saggiatore e presidente Arci Milano X; Valentina La Terza, presidenza Arci Milano; Giuseppe Pipitone, scrittore giornalista musicale; Nicolò Calloni, impiegato e attivista; Ilaria Villa, studentessa; Ilaria Scovazzi, responsabile immigrazione Arci Milano; Federica Sossi, ricercatrice Università di Bergamo; Giulia Rivoli, operatrice umanitaria; Federico Bernini, fotografo; Massimo Laratro, avvocato; Matteo Paulli, avvocato; Domenico Vitale, dottore di ricerca in scienze del lavoro; Antonio Pironti, avvocato; Francesca Lenzini, dottoressa in legge; Giuseppe Paudice, insegnante in pensione; Stephan Greco, Arci Acropolis; Marco Philopat, editore e scrittore; Ivano Tajetti, presidente Anpi Barona Milano; Aaron Paradiso, Comitato Antifascista zona 8; Giuliano Zosi, compositore di musica; Viola Calabrese, dottoressa; Tiziana Laratro, segretaria; Anita Pessognelli, insegnante; Emanuele Napoli, ceramista; Guido Cavalca, professore Scienze dell'Educazione Università Bicocca; Marco Penso; Stefano Mansi, San Precario Milano; Anna Serlenga, regista e ricercatrice; Marcella Anglani, Lavoratori dell'Arte; Fabio Zambetta, direttore libri Feltrinelli Milano; Giuseppe Natale, Forum Civico Metropolitano e Anpi Crescenzago; Alessandra Naldi, Presidente Antigone Lombardia; Piero Basso; Giovanni Rossella, funzionario comunale Opera; Alessandra Manzoni, psichiatra; Tilde Napoleone, educatrice carcere di Bollate/Associazione Antigone; Gilda Zazzara, Università Ca' Foscari, Venezia; Marco Gabriele Armanini, Presidente Circolo Zanna Bianca di Legambiente; Fabbro Aurelia, pensionata; Simone Parasole, libero cittadino; Daria Carmi, curatrice; Marta Lodola, studentessa; Matteo Marchetti, Presidente Circolo Arci Bitte; Daniele Grassini, educatore professionale; Adalberto Borioli, artista; Mirna Miglioranzi, musicista; Antonio Caronia, Accademia di Brera Milano; Roberto Maggioni, giornalista; Vera Tisot, attiva miltante di Sel; Alessandra Cecchinato, cittadina; Silvana Botassis, cittadina no tav; Andy Perego, devoto di San Precario; Romano Miglioli, associazione Micene; Ines Biemmi, insegnante; Gabriele Di Tonno, insegnante; Arianna Lissoni, ricercatrice; Davide Steccanella, avvocato; Vitaliano Caimi, docente di storia e filosofia presso il Liceo Scientifico Statale di Busto Arsizio; Franca Venesia, pensionata; Adriana Perrotta Rabissi, insegnante; Paolo Rabissi, insegnante e poeta; Gilda Zazzara, ricercatrice Univ. Ca'foscari Venezia; Loris Caruso, ricercatore, Università Torino; Annamaria De Pietro, casalinga; Marcello Montedoro, ingegnere pensionato; Vera Silveri, pensionata; Carla Ridella, pensionata; Franco Romano', scrittore; Michele Arcangelo Finnu, pensionato; Angela Passarello, insegnante; Anita Pessognelli, insegnante; Emanuele Napoli, artista; Adam Vaccaro, poeta e operatore culturale; Lelio Scanavini, editore; Giuliano Zosi, musicista e compositore; Mirna Miglioranzi, musicista e insegnante; Adalberto Borioli, pittore e musicista; Aldo Marchetti, docente Università Statale Brescia; Luca Galantucci, dottore di ricerca Politecnico di Milano; Michele Spreafico aka Junior Sprea; Assalti Frontali, Roma; Punkreas; Arci Groove, Rozzano; Arci Acropolis, Vimercate; Arci Milano X; Arci Bitte; Circolo Prc Luca Rossi; Rosso si spera
 
Adesioni aggiornate al 2 febbraio 2012. Per vedere successivi aggiornamenti delle adesioni consulta il sito Milano in Movimento. Per inviare adesioni: appellonoarresti@gmail.com
 
 
Manca poco più di una settimana alla manifestazione nazionale No Tav del 25 febbraio e le iniziative sui territori si moltiplicano. A Milano, segnaliamo in particolare i due appuntamenti “centrali” di questo fine settimana, il concerto No Tav di venerdì 17 e il corteo di sabato 18 febbraio, che si aggiungono alle diverse iniziative già realizzate nell’area metropolitana.
Per quanto riguarda i quattro attivisti no tav milanesi finiti in custodia cautelare a San Vittore nel quadro della maxi retata del 26 gennaio scorso, la situazione è la seguente: lunedì 13 febbraio si è tenuto il riesame per tre di loro, che ha confermato la carcerazione preventiva per Marcelo e Maurizio, concedendo gli arresti domiciliari soltanto per Lollo; oggi giovedì 16 febbraio si è tenuto il riesame per Niccolò: pure per lui sono stati respinti i domiciliari e quindi deve rimanere in carcere.
Ricordo, inoltre, l’appello pubblico per la scarcerazione degli attivisti milanesi arrestati, pubblicato anche su questo blog, che continua ad essere valido.
Per quanto riguarda gli appuntamenti sopra ricordati, eccovi le coordinate:
 
CONCERTO NO TAV
venerdì 17 febbraioore19.00-24.00 piazza XXIV Maggio - Milano
Per la liberazione di tutti gli arrestati No Tav. Contro un’opera dannosa e inutile. Per la difesa dei territori e dei beni comuni. Per la libertà di conflitto.
con: ESA, NIGHTSKINNY, JUNIOR SPREA, MICKY e JOXEMI (NO RELAX y SKA-P), PUNKREAS, CASINO ROYALE
Intervengono: compagni e parenti dei ragazzi arrestati e Comitati No Tav della Val di Susa
Live painting by: Art Kitchen, VolksWriter
per info e aggiornamenti vedi sito di Milano in Movimento
 
CORTEO CITTADINO NO TAV
sabato 18 febbraioore 14.00 - Stazione Centrale (sotto il presidio-torre dei lavoratori ex wagon lits, cioè v. Ferrante Aporti, ang. v.le Brianza)– Milano
Il corteo terminerà davanti a San Vittore.
La manifestazione è stata convocata dall’assemblea cittadina e non c’è un unico appello di convocazione, bensì soltanto delle parole d’ordine unitarie: “Le lotte non si arrestano! No Tav liberi!”.
Da parte di una serie di comitati territoriali (no tem, no expo ecc.) è stato, invece, lanciato un Appello per uno spezzone unitario territori lombardi in lotta, che si tradurrà appunto in uno spezzone all’interno del corteo. Per quanto ci riguarda, lo condividiamo.
 
MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO TAV IN VAL DI SUSA
sabato 25 febbraioore 13.00 – piazzale della Stazione - Bussoleno (termina a Susa)
Per quanto riguarda i mezzi di trasporto collettivi da Milano, la situazione è ancora in evoluzione. Pertanto segnaliamo gli unici mezzi già certi, cioè i pullman organizzati da Zam, che partiranno alle ore 9.00.
Info e prenotazioni: pullman-mi@hotmail.com – tel. 389.5445079
 
Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 21/02/2012, in Movimenti, linkato 2791 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale on line MilanoX il 21 febbraio 2012
 
Non mi piace particolarmente polemizzare con dei magistrati, anche se può capitare, e non mi ricordo di avere mai scritto frasi ingiuriose contro singoli magistrati. E riterrei profondamente sbagliato se la mobilitazione per la scarcerazione degli attivisti No Tav, arrestati il 26 gennaio scorso, finisse per tramutarsi in una sorta di questione personale con il Procuratore Capo di Torino, Gian Carlo Caselli.
Sarebbe imperdonabile, poiché non solo condurrebbe su strade senza vie d’uscita, ma soprattutto assolverebbe i responsabili del costosissimo, inutile e dannoso progetto Tav e della pazzesca militarizzazione della Val di Susa.
Se in Valle la situazione è quella che è e se c’è una campagna, giudiziaria e politica, per tentare di spezzare il movimento ed eliminare il dissenso, questo non è certo il prodotto delle decisioni di una qualche procura, bensì di un insieme di attori economici e politici, a partire dal livello governativo.
Detto e ribadito tutto questo, non possiamo però esimerci da alcune considerazioni su quanto dichiarato da Gian Carlo Caselli nella sua intervista, pubblicata oggi dal Corriere della Sera, in seguito all’annullamento della presentazione pubblica del suo libro a Milano, causa timori per eventuali ed attese contestazioni.
Sarebbe certamente più comodo tacere e fare finta di niente, come fanno molti, ma sarebbe anche irresponsabile, perché il procuratore capo ha scelto di formulare alcuni giudizi, di carattere extragiudiziale, che francamente fanno sobbalzare sulla sedia e che inquietano.
Come si fa a paragonare chi contesta la retata del 26 gennaio ai "familiari dei camorristi che circondano le auto delle forze dell'ordine per impedire gli arresti dei loro congiunti”? Oppure, liquidare le critiche di un suo stimato ex collega, il giudice Livio Pepino, con un infastidito “ai tempi del terrorismo, a sinistra mi chiamavano ‘servo sciocco’ del generale Dalla Chiesa. Non mi sono impressionato allora né mi impressiono oggi”?
È grave che proprio il magistrato che conduce l’inchiesta contro un gran numero di attivisti del movimento No Tav paragoni con disinvoltura gli inquisiti a camorristi e quanti lo criticano a dei collusi con il terrorismo.
Auspico vivamente che si torni presto a maggior realismo e correttezza e, soprattutto, che tutta la questione No Tav torni ad essere considerata per quella che è: non una questione di ordine pubblico, bensì politica, nel senso più nobile del termine. Poi, qualche camorrista o simile salterà sicuramente fuori, ma certamente non dalla parte dei No Tav.
Il 25 febbraio ci sarà la manifestazione nazionale in Val di Susa, che ribadirà ancora una volta la richiesta di scarcerazione degli attivisti detenuti e la continuazione della lotta contro l’insensato progetto Tav. Sarà una voce plurale, unita e determinata. Ne sono certo. Andrebbe ascoltata.
 
 
Una grande, straordinaria e bellissima manifestazione, riuscita anche oltre le aspettative. Un serpentone lungo più di cinque chilometri, che ha riempito quasi per intero la strada che va da Bussoleno a Susa. Eravamo in tanti e tante, decine di migliaia, forse meno dei 75mila dichiarati dagli organizzatori, ma immensamente più numerosi rispetto ai 12mila riconosciuti dalla Questura di Torino. Ed eravamo uniti nelle nostre diversità in un unico movimento.
Alla testa la Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, i gonfaloni dei Comuni e i Sindaci, compresi gli amministratori del Pd minacciati di espulsione dal partito alla vigilia della marcia, e quasi subito dopo i parenti e gli amici degli attivisti arrestati nella maxi retata del 26 gennaio scorso, a simboleggiare che la richiesta di liberazione appartiene a tutto il movimento. E poi, appunto, una marea di persone, tantissimi della valle, di ogni età, e poi gli uomini e le donne venuti da molte città. Moltissimi giovani e questo è importante.
Insomma, una manifestazione riuscita in pieno, senz’ombra di dubbio, e un fatto politico da non sottovalutare. Già, perché significa che la campagna di criminalizzazione di questi mesi ed i recenti arresti di attivisti non hanno raggiunto l’obiettivo di spezzare e disarticolare il movimento, né ad attenuare il dissenso e l’opposizione rispetto ad un’opera inutile e dai costi faraonici.
Una giornata quasi troppo perfetta per i no tav, quindi. E così, forse, non dovremmo stupirci troppo di fronte a quanto avvenuto alla stazione di Torino in serata, quando alcune centinaia di manifestanti che stavano per prendere il treno per Milano, hanno subito violente e ingiustificate cariche di polizia, causa qualche biglietto mancante.
E non dovrebbe sorprendere nemmeno che oggi la grande stampa ha sostanzialmente ignorato il corteo del 25 febbraio, relegando la notizia nelle pagine di cronaca, cioè a pagina 24 il Corriere e a pagina 19 La Repubblica. Forse il racconto di quel corteo avrebbe stonato troppo con quella linea editoriale tutta “violenti infiltrati” e “vogliono il morto”.
In altre parole, ieri i valsusini e il movimento No Tav hanno segnato un punto a proprio favore, dando una risposta politica significativa agli arresti degli attivisti. Per il governo Monti, che sulla questione Tav si muove in piena continuità con quello precedente, potrebbe essere persino un’occasione per rivedere l’approccio militaresco alla valle. Ma, ahinoi, questa prospettiva appare oggi poco probabile, poiché sono in gioco non solo i tanti interessi affaristici che girano attorno a quei 20 miliardi che costerebbe il Tav, ma anche il quadro generale disegnato dalle politiche dell’austerity e dello smantellamento dello stato sociale.
Infatti, non è un caso che gli allarmi lanciati alcuni giorni fa dal Capo della Polizia più pagato del mondo, Antonio Manganelli, circa aree “anarco-insurrezionaliste” che “vogliono il morto” mischiassero cose diverse, dalle proteste no tav fino alla cosiddetta riforma del mercato del lavoro, segnalando, peraltro, che forse il Ministro Fornero potrebbe entrare nel mirino dei terroristi. E buttare lì queste cose proprio nel momento in cui lo scontro sull’articolo 18 e sugli ammortizzatori sociali si intensifica e quando mancano soltanto due settimane allo sciopero generale della Fiom, ebbè, non è mica molto simpatico, anche se sa tanto di déjà vu.
E poi ci sono anche altri segnali preoccupanti, come quella pazzesca condanna a 4 e 5 anni di galera per due ragazzi ventenni, senza precedenti e sulla base di sole prove indiziarie,  per gli scontri a Roma del 15 ottobre scorso.
Insomma, ieri 25 febbraio è stata una buona giornata, ma questo non fa che aumentare le nostre responsabilità per il futuro. La lotta in Val di Susa, come non si stancano di ripetere i valsusini, sarà ancora lunga e già tra qualche giorno inizieranno gli espropri per fare posto al cantiere. E poi, continuano a stare in carcere molti degli attivisti arrestati e noi pensiamo che debbano uscire, per stare almeno ai domiciliari in attesa del processo.
In altre parole, la straordinaria manifestazione di ieri è anche un’occasione per andare oltre, per allargare il movimento no tav e per costruire relazioni e connessioni più strette con altri movimenti e altre lotte, come quella degli operai della Fiom e quella delle reti per il bene comune, ma anche con quelle dei tanti comitati cittadini che un po’ ovunque nascono contro il consumo e la devastazione del territorio.
 
di Luciano Muhlbauer
 
 
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