Blog di Luciano Muhlbauer
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Che direste se qualcuno vi raccontasse la storia di più di 150 dipendenti pubblici precettati in pieno orario di lavoro per partecipare a un’assemblea pubblica e fare la claque a un Ministro, paralizzando così per lunghe ore un intero settore amministrativo? Probabilmente pensereste a una vicenda ambientata in altri tempi o in altri luoghi. Invece no, perché il tempo è il nostro, il luogo è la Regione Lombardia e il Ministro sia chiama Gelmini.
Infatti, lunedì 13 ottobre si terrà al Pirellone l’assemblea pubblica intitolata La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca. Si parlerà di scuola, ovviamente, come ci informa il sottotitolo: “Racconti di esperienze educative in Regione Lombardia”. Organizza la Regione e interverranno il Presidente Formigoni e il Ministro Gelmini, oltre all’Assessore regionale all’istruzione, Rossoni, e al Ministro Bondi.
Fin qui nulla di sorprendente, poiché il centrodestra lombardo ci ha abituati da tempo alle iniziative a sostegno della sua visione della scuola, riassunta nella legge regionale n. 19 del 2007 e nei 46 milioni di euro di soldi pubblici dirottati ogni anno verso la scuola privata. Tuttavia, questa volta chi amministra la Regione non si è limitato a organizzare la solita iniziativa propagandistica, priva di voci contrastanti, ma ha fatto molto di più.
E così, a partire dal tardo pomeriggio di ieri i dipendenti dell’Assessorato Istruzione iniziavano a ricevere sul loro computer una nota, a firma della responsabile del personale della direzione generale, che recita: “il Direttore Generale chiede a tutti la partecipazione all’evento del prossimo 13 ottobre, … Segnalo l’utilità di essere in loco alle ore 9.00, per ovvie ragioni organizzative, e preciso che la partecipazione è da intendersi, a tutti gli effetti, quale attività di lavoro”.
In altre parole, abbandonate i vostri uffici, venite in assemblea e sarete regolarmente retribuiti. Difficile peraltro immaginarsi che i lavoratori così precettati oseranno contestare il Ministro. Mica sono lì per libera scelta, ma perché l’ha ordinato il principale.
Sarà che i tanti anni consecutivi alla guida della Regione Lombardia hanno fatto perdere di vista delle sciocchezzuole come la distinzione tra privato e pubblico, tra partiti politici e istituzioni. Oppure sarà che la crescente impopolarità del taglio di 8 miliardi di euro e di 150mila posti di lavoro nella scuola pubblica ha fatto crescere il nervosismo. Comunque sia, coloro che hanno deciso, a spese dei contribuenti, di trasformare dei lavoratori e funzionari pubblici in una claque e di interrompere un pubblico servizio, sono in piena illegalità.
Pretendiamo pertanto che il Presidente Formigoni e l’Assessore Rossoni revochino immediatamente questo ordine di servizio, che rappresenta un autentico abuso, e chiariscano di chi sono le responsabilità.
Ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno ricevuto la missiva del Direttore Generale esprimiamo la nostra solidarietà. Conosciamo per esperienza il loro impegno e la loro professionalità e non si meritano di essere ridotti a uditorio plaudente.
Al Ministro Gelmini, infine, auguriamo una platea libera, non artificiosa, che le faccia sentire anche le voci di quei tanti che non sono d’accordo con lei. In fondo, questa è la democrazia.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Alla fine, la Giunta regionale ha annullato il “convegno della claque” sulla scuola con il Ministro Gelmini, previsto per lunedì 13, presso il Pirellone.
Un convengo nato male e finito peggio. L’Assessorato Istruzione aveva precettato due giorni fa oltre 150 dipendenti regionali, mediante un ordine di servizio manifestamente illegale, per garantirsi una platea blindata, senza voci critiche.
La vicenda, compresa l’esistenza del convegno stesso, era diventata di dominio pubblico soltanto in seguito alle denunce nostre e del sindacato SdL. E, quindi, com’è normale nelle democrazie, anche molte persone e organizzazioni sindacali e studentesche che non condividono i progetti di devastazione della scuola pubblica, avevano deciso di partecipare al convegno; perché il Ministro potesse sentire anche le loro voci.
Ma, a quanto pare, la democrazia non piace né al Presidente Formigoni, né al Ministro Gelmini. E così, privati di un palcoscenico esclusivo ed escludente, ad immagine e somiglianza del centrodestra, hanno deciso di scappare. Dalla democrazia e dalle critiche.
Insomma, questo convegno è finito come si meritava. Ma allo stesso tempo è preoccupante il comportamento del centrodestra e delle istituzioni da esso governate. Di fronte a un crescente movimento di insegnanti, studenti e genitori che contesta il decreto ammazza-scuole, come dimostrano anche le riuscite manifestazioni studentesche di oggi, non solo si impedisce la discussione in Parlamento, ma non si accetta nemmeno il confronto in un convegno qualsiasi.
Non rimane dunque che la strada di continuare a investire sulle mobilitazioni. Noi, oggi come domani, saremo a fianco degli insegnanti, degli studenti e dei genitori. Fino al ritiro del progetto Gelmini.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare la locandina del convegno che non c’è più
 

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Oggi, il sottoscritto e Marco Cipriano, Vicepresidente del Consiglio Regionale, abbiamo presentato un’interpellanza sulla vicenda della missiva mandata il 7 ottobre u.s. a 150 dipendenti della D.G. Istruzione, con l’indicazione perentoria di partecipare, in quanto “attività lavorativa”, al convegno sulla scuola con i Ministri Gelmini e Bondi, il Presidente Formigoni e l’Assessore Rossoni. Anche se il convegno non si è realizzato, causa annullamento deciso dal Ministero e dalla Regione, la vicenda è grave in sé e richiede un chiarimento formale da parte dell’Amministrazione regionale.
 
qui sotto puoi scaricare il testo dell’interpellanza
 

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Stando alle dichiarazioni rese al quotidiano La Repubblica dall’Assessore regionale all’Istruzione, Rossoni, pare che anche dalle parti del Pirellone qualcuno si stia accorgendo che gli 8 miliardi di euro di tagli alla scuola pubblica non siano proprio un’idea felice. Ce ne rallegriamo, ma crediamo che non sia serio limitarsi all’augurio che il Governo tenga conto della realtà del territorio lombardo, suggerendo al contempo di intensificare i tagli nelle altre regioni, “meno virtuose”.
Che il ridimensionamento della rete scolastica facesse parte dei piani governativi era peraltro noto da sin dall’inizio. Lo affermava infatti l’articolo 62, comma 4., punto f-bis) della legge n. 133 del 6 agosto scorso e lo ripeteva, a chiare lettere, lo schema di piano programmatico del Ministro Gelmini, in circolazione da molte settimane. Secondo quel piano si stima che “una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20%, non sia legittimato a funzionare come istituzione autonoma”. In altre parole, si prospettano consistenti chiusure e accorpamenti, con relativa riduzione del personale, specie nei territori non metropolitani.
L’unica novità è quindi rappresentata dalla modalità, brutale e furbesca, con la quale il Governo intende imporre le chiusure di sedi scolastiche. Cioè, mediante un articolo inserito in un decreto legge che con la scuola non c’entra un fico secco. E così, il 7 ottobre scorso il Governo ha inserito nel decreto legge n. 154, dedicato al contenimento della spesa sanitaria, l’articolo 3 che impone alle Regioni e agli Enti Locali di operare il ridimensionamento sin dall’anno scolastico 2009-2010, presentando entro il 30 novembre il piano. In caso contrario, scatta la diffida del governo e entro 15 gli enti saranno obbligati ad agire, pena la nomina di un commissario governativo.
Insomma, il merito e il metodo si danno la mano e il tanto declamato federalismo si traduce in un atto autoritario del Governo che scavalca allegramente le competenze di Regioni ed Enti Locali.
Ecco perché ci aspettiamo delle parole chiare e non equivoche dalla Giunta regionale lombarda. Se è d’accordo con i piani della Gelmini e con la chiusura di numerose scuole in Lombardia, allora lo dica chiaro e tondo, senza tante manfrine. Se invece non lo è, produca un atto concreto. Cioè, di concerto con le altre Regioni italiane, impugni l’articolo 3 del D.L. n. 154 davanti alla Corte Costituzionale.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo del D.L. 154 (vedi art. 3)
 

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Un grandissimo corteo a Roma, manifestazioni in tutta Italia, decine di migliaia in piazza a Milano. Questo è il bilancio dello sciopero generale convocato per oggi 17 ottobre da SdL, Confederazione Cobas e Cub e che si è trasformato in una grande mobilitazione contro il piano Gelmini, coinvolgendo lavoratori e studenti ben oltre i tradizionali confini del sindacalismo di base.
In poche parole, l’odierna mobilitazione conferma il trend ascendente del movimento contro l’attacco alla scuola pubblica, ma evidenzia anche il grande lavoro che c’è ancora da fare.
In primo luogo, la composizione dei cortei ha evidenziato una forte e ampia partecipazione degli insegnanti e dei genitori delle scuole elementari e materne, una buona presenza degli studenti medi e un crescente protagonismo degli universitari, forse il più significativo dai tempi della Pantera. Ma mancano ancora all’appello gli insegnanti delle scuole medie e superiori, ad esempio.
In secondo luogo, il governo Berlusconi ha una solida base di consenso e lo sa, cercando lo scontro frontale e procedendo a colpi di decreti e voti di fiducia. Cioè, accelera, puntando sul fatto che il movimento non riesca a stargli dietro e si logori. Questo, per quanti si oppongono al più significativo attacco alla scuola pubblica da decenni, significa non accontentarsi della buona riuscita delle iniziative di mobilitazione di questi giorni, bensì fare un investimento supplementare di intelligenza e lungimiranza.
In altre parole, abbiamo una speranza concreta di reggere l’urto con i piani governativi nella misura in cui ci attrezziamo a tempi non brevi e soprattutto se riusciamo a costruire  un allargamento del movimento e un salto di qualità delle iniziative.
Oggi ci portiamo a casa una bella giornata. Godiamocela. Ma da domani in poi occorre lavorare in quella direzione, con ostinazione e determinazione.
 
 
di lucmu (del 22/10/2008, in Scuola e formazione, linkato 1060 volte)
Di fronte alla crescente protesta di studenti, docenti e genitori il governo Berlusconi non trova di meglio che ritornare ai toni e alle minacce dei primi anni del 2000. E così, invece di prendere atto che i brutali tagli alla scuola pubblica e alle università non incontrano il consenso di larga parte dei cittadini, decide non solo di proseguire a colpi di decreto e fiducia, ma minaccia esplicitamente i manifestanti di reprimerli con la forza.
L’odierno annuncio di voler impedire la protesta democratica con l’uso delle forze dell’ordine non è peraltro un fatto isolato. Alcuni giorni fa, infatti, il Consiglio dei Ministri ha fatto proprio il progetto di Sacconi, teso a rendere sostanzialmente inapplicabile il diritto di sciopero nei servizi pubblici, compresa la scuola.
È netta l’impressione che il governo cerchi con ogni mezzo lo scontro frontale con il movimento, trasformandolo da fatto politico e sociale in un semplice problema di ordine pubblico. E quando un governo incita apertamente alla violenza, allora c’è qualcosa che non funziona più nel normale meccanismo democratico.
Ora occorre grande intelligenza da parte di tutto il movimento, al fine di non cascare nelle provocazioni che ora inevitabilmente arriveranno. Ma allo stesso tempo è inaccettabile piegarsi alle minacce. Anzi, proprio ora occorre intensificare e allargare la mobilitazione.
Ma c’è anche una responsabilità più ampia di tutte quelle forze, politiche e sociali, che nel nostro Paese hanno a cuore la libertà, comunque la pensino sul decreto Gelmini e sulla legge n. 133. Cioè, quella di manifestarsi subito e impedire che le forze dell’ordine vengano messe al servizio di una parte politica e dei suoi interessi.
 
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
C’è la crisi e di soldi non ce ne sono più. Bisogna razionalizzare. Sono questi gli argomenti principali a cui ricorrono gli esponenti di centrodestra e il Ministro Gelmini per cercare di dare una parvenza di dignità al taglio secco di 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, previsto dall’articolo 64 della legge n. 133. E in nome della razionalizzazione si giustifica un po’ tutto, dallo strangolamento delle università al maestro unico nelle elementari, dalla cacciata degli insegnanti precari fino alla chiusura delle piccole sedi scolastiche nei comuni periferici e montani.
Ma in mezzo allo tsunami, per nulla naturale, che sta investendo le scuole e le università c’è qualcuno che sorride. Infatti, di soldi non ce ne sono più per l’istruzione pubblica, ma non certo per quella privata, che anzi guadagna vistosamente spazio. E siccome ci siamo stufati di dover ribattere alle solite e logore accuse di “fare ideologia” ogniqualvolta diciamo queste cose, ci limitiamo qui a raccontare una storia. Poi, ognuno giudichi da sé.
La nostra storia si svolge in Lombardia, cioè la Regione dove più che in ogni altro luogo le ispirazioni di fondo della cosiddetta “riforma Gelmini” sono all’opera da tempo. Chi ha buona memoria si ricorderà che avevamo iniziato a raccontarla un mese fa, allorquando presentammo un interrogazione alla Giunta Formigoni (vedi post su questo blog del 12 settembre scorso). Cioè, Regione Lombardia aveva stanziato nel mese di aprile, con una procedura esauritasi in tempo record, un milione di euro, al quale seguiranno altri 3,5 milioni, per costruire una scuola privata nuova di zecca a Crema. Beneficiaria dell’operazione è la Fondazione Charis, casualmente legata alla Compagnia delle Opere.
Ebbene, ora l’Assessore regionale all’Istruzione, Rossoni, casualmente in quota Cl come il Presidente della Regione, ha risposto alla nostra interrogazione. Secondo lui tutto va bene, poiché l’infausta delibera del Consiglio regionale n. 149 del 2006 permette al governo regionale di destinare fino al 25% delle risorse disponibili per l’edilizia scolastica alla “programmazione negoziata”. Cioè non alla scuola pubblica in base alle richieste degli enti locali, bensì alla scuola privata in base a una sorta di trattativa privata. Detto in soldoni, questo significa che nel 2008 sui 22 milioni totali stanziati da Regione Lombardia, di cui metà di provenienza statale, 2,9 milioni sono andati a cinque scuole private.
Ma non basta, perché l’Assessore, contraddicendo la stessa norma regionale, sostiene altresì che le regole per l’assegnazione dei finanziamenti valgono soltanto per l’edilizia scolastica pubblica, ma non per quella privata. E così, la regola che nuove costruzioni possano essere finanziate soltanto se finalizzate “alla razionalizzazione della rete scolastica” viene allegramente ignorata.
Per capire fino in fondo la gravità della cosa, basti qui ricordare che la Regione ha preventivamente escluso dalla possibilità di finanziamento tutti i progetti pubblici che prevedevano nuove costruzioni, motivando questa scelta con la ristrettezza dei fondi disponibili. Quindi, per essere ancora più concreti, anche il progetto del liceo Rebora di Rho è stato respinto. Eppure, quel progetto di nuova sede, presentato dalla Provincia di Milano, risponde non solo ai criteri di razionalizzazione della Regione, visto che permetterebbe di superare l’attuale dispersione su quattro sedi e di risolvere annosi problemi di manutenzione, ma anche a una forte richiesta del territorio, espressasi un anno fa con manifestazioni di studenti, insegnanti e genitori.
Ovviamente, oggi abbiamo depositato una nuova interrogazione, anche al fine di poter valutare un eventuale ricorso alla magistratura contabile. Ma la morale della nostra storia è chiara sin d’ora: si chiudono i rubinetti per la scuola pubblica, ma si aprono quelli per il  business della scuola privata, con ogni mezzo.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare la risposta dell’Assessore e la nuova interrogazione
 

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Oltre centomila persone hanno manifestato stamattina a Milano contro la devastazione della scuola pubblica. Un corteo enorme e multicolore, fatto da insegnanti delle elementari, tanti genitori e tante famiglie, studenti medi e universitari. Un fatto straordinario per chiunque abbia occhi per vedere, ma non per gli amministratori di Milano, che sembrano aver deciso di sposare la linea dello scontro frontale di Berlusconi e Gelmini.
Le odierne parole del vicesindaco di Milano, nonché deputato di An, Riccardo De Corato, sono un insulto bello e buono. Per lui oggi c’è stata soltanto una “kermesse” di un’infima minoranza, anzi una “prova di forza reazionaria”. Ovviamente, mai si è sentita da parte sua una sola parola di condanna delle infiltrazioni dei gruppi neofascisti, che ieri hanno provocato a Roma la vile aggressione di piazza Navona, ma che si stanno verificando anche a Milano.
Considerata la straordinaria partecipazione popolare al corteo, e anche i tanti applausi consegnati ai manifestanti dai milanesi che oggi erano al lavoro, potremmo cedere alla tentazione di seppellire con una risata le grottesche affermazioni di De Corato. Tuttavia, c’è poco da ridere quando chi governa una città come Milano non trova di meglio che insultare e minacciare le famiglie, gli insegnanti e gli studenti che si preoccupano per il futuro della scuola pubblica.
Chiediamo pertanto al Sindaco Moratti se il suo vice ha espresso la posizione ufficiale dell’amministrazione comunale oppure no. Così i milanesi sapranno almeno se oltre a preoccuparsi delle minacce del Presidente del Consiglio e dei neofascisti, devono guardarsi le spalle anche dai loro amministratori cittadini.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
280 milioni di euro in sette anni e altri 45 milioni già messi in bilancio per il 2009. Beneficiari esclusivi di questa pioggia di denaro pubblico sono le scuole private, ma anche le famiglie lombarde benestanti: in 3.000 dichiarano al fisco un reddito tra 100 e 200mila euro e ricevono lo stesso un sussidio regionale. E mentre molte scuole pubbliche cadono a pezzi, la Regione storna 4,5 milioni di euro dai fondi per l'edilizia scolastica per finanziare la costruzione di una nuova scuola privata.
Queste sono solo alcune delle inquietanti realtà che emergono dal dossier “Quelli che la crisi non la pagano”, contenente l'inchiesta del Gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista sul finanziamento pubblico della scuola privata in Lombardia e da oggi gratuitamente a disposizione dei cittadini.
Regista dell'operazione di drenaggio di risorse pubbliche verso interessi privati è il Presidente Formigoni, che da tre lustri governa la Lombardia, ma il conto lo pagano i contribuenti, i cui figli frequentano in 9 casi su 10 la scuola pubblica. Il quadro che esce dalla nostra inchiesta è disarmante, preoccupante e scandaloso, poiché colpisce non soltanto per l’esorbitante entità del finanziamento, ma anche per il sistema di regole differenziato e discriminatorio.
Per l’anno scolastico 2007/08 sono stati erogati dalla Regione oltre 45 milioni di euro per il buono scuola, cioè il sussidio regionale che rimborsa parte delle rette scolastiche. Dei 64mila studenti lombardi beneficiari del sussidio, il 99% frequenta un istituto privato e questi assorbono il 99,63% del finanziamento totale. Così facendo, ormai il 70% degli studenti lombardi che frequentano le scuole private usufruisce del sussidio pubblico (nel 2001/02 era il 58%).
E per avere quel sussidio non bisogna essere né meritevoli, né economicamente svantaggiati. Infatti, non ci sono criteri di merito e il coefficiente Isee -il riccometro- utilizzato in questo caso dalla Regione è talmente elastico, da distribuire allegramente sussidi pubblici a famiglie benestanti. Incredibile ma vero: soltanto il 28% di questi 45 milioni di euro è stato assegnato a famiglie che dichiarano al fisco un reddito annuo inferiore a 30mila euro. Tutto il resto è andato a famiglie con redditi superiori, tra cui ben 3.000 con un reddito dichiarato tra 100 e 200mila euro!
Ma appunto, le regole non sono uguali per tutti. E così, i 970mila studenti della scuola pubblica e le loro famiglie devono accontentarsi delle briciole (8,5 milioni di euro per il diritto allo studio) e per averne qualcuna devono pure dimostrare di essere meritevoli ed economicamente svantaggiati. Morale: l’investimento pro capite della Regione è di 700 euro per ogni studente delle private e nemmeno di 8 euro per quelli delle pubbliche.
Le cose non vanno diversamente nemmeno nell’edilizia scolastica. Infatti, dal 2007 il governo regionale può destinare fino al 25% del finanziamento complessivo alla scuola privata. E così capita che, mentre le scuole pubbliche cadono a pezzi, una fondazione legata a Cl ottiene un contributo regionale di 4,5 milioni di euro per costruire una scuola nuova di zecca.
Insomma, siamo di fronte a una gigantesca operazione di drenaggio di denaro pubblico ad alcuni interessi privati. E pur di privilegiare la scuola privata ogni mezzo sembra essere lecito, compreso erogare un sussidio pubblico a famiglie benestanti, mentre tutte le altre devono arrangiarsi, e finanziare la costruzione di nuove scuole private, mentre quelle pubbliche non riescono nemmeno ad ottenere le messe in sicurezza.
Loro lo chiamano riforma, noi scandalo. Giudicate voi
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
QUI SOTTO PUOI SCARICARE IL DOSSIER “QUELLI CHE LA CRISI NON LA PAGANO” IN VERSIONE PDF. IL SUO UTILIZZO E LA SUA DIFFUSIONE SONO LIBERI.
 

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di lucmu (del 05/12/2008, in Scuola e formazione, linkato 1026 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Aprileonline.info il 5 dicembre 2008
 
La crisi non è uguale per tutti e nemmeno i tagli alla scuola. È questo l'inequivocabile messaggio che oggi viene ribadito con forza e sfacciataggine dal governo con la decisione di ripristinare i fondi per la sola scuola privata.
E' stato infatti sufficiente che il responsabile per la scuola della Cei, il massimo organismo dei vescovi italiani, cioè monsignor Stenco, minacciasse la mobilitazione degli istituti cattolici per ottenere, quasi in tempo reale, un emendamento governativo alla Finanziaria che ripristina i fondi alle private. Niente tagli dunque alla formazione privata.
E quella pubblica? Ebbene, tutto come prima: confermati gli 8 miliardi di tagli. Mesi di cortei, scioperi, lezioni all'aperto, occupazioni da parte di centinaia di migliaia di studenti, insegnanti e genitori della scuola pubblica non sono stati sufficienti per far cambiare idea all'esecutivo di centrodestra.
Due pesi e due misure. Non è che ci stupiamo, anche se fa un po' specie quando te lo sbattono in faccia come se fosse la cosa più normale del mondo. E, beninteso, non ce l'abbiamo nemmeno particolarmente con la scuola cattolica, poiché pensiamo che l'Assemblea costituente abbia fatto bene a scrivere all'articolo 33 della Costituzione che "enti e privati hanno il diritto a istituire scuole ed istituti di educazione", ma anche ad aggiungere subito dopo "senza oneri per lo Stato".
E su questo punto la Cei non la dice tutta, quando lamenta che in fondo lo Stato devolve alla formazione privata soltanto l'equivalente dello 0,1% delle risorse che destina a quella pubblica, perché si dimentica di ricordare che le scuole private godono anche di altre risorse pubbliche, a volte persino più cospicue di quelle provenienti dallo Stato centrale.
Questo è sicuramente il caso di Regione Lombardia, che negli ultimi sette anni ha girato alle strutture private lombarde la bellezza 282 milioni di euro mediante il cosiddetto buono scuola, arrivando così a coprire con un sussidio pubblico il 70% del totale di studenti delle private della regione. E il finanziamento a pioggia continuerà, nonostante la crisi, perché sono già messi in bilancio altri 45 milioni per il 2009. E ci fermiamo qui, anche se ci sarebbe altro ancora, come i milioni di euro stornati dai fondi per l'edilizia scolastica per finanziare la costruzione di nuove scuole private.
Insomma, la Cei e altri gestori di istituti privati non hanno poi tanto da lamentarsi. In realtà, polemizzare con i vescovi non porta lontano, perché il tasto dolente non è la Conferenza episcopale o il Vaticano, che non fanno che difendere i propri interessi, bensì una classe dirigente politica che pensa che la scuola pubblica e laica sia da ridimensionare e destrutturare, per fare posto a un modello privatistico e mercantile. E quindi, massima disponibilità verso il privato, in versione confessionale o laica, e massima intransigenza verso quanti rivendicano una riqualificazione della scuola pubblica. Due pesi e due misure, appunto.
E che questo sia la questione dirimente lo dimostra quanto sta accadendo negli ultimi mesi. Non ci sono soltanto i tagli, ma anche le misure per la privatizzazione più o meno forzata del sistema d'istruzione. Per le Università pubbliche la possibilità di trasformazione in fondazioni di diritto privato è già legge, grazie alla famigerata 133, mentre per le scuole la medesima possibilità è prevista in un ddl presentato in Parlamento dall'On. Aprea.
E così, l'odierno golden goal realizzato dalla Cei si sta già trasformando in una ripresa dell'offensiva da parte dei privatizzatori più spinti, tanto che un gruppo di deputati di Forza Italia, guidati dall'uomo di Formigoni a Roma, cioè il vicepresidente della Camera Lupi, ha immediatamente chiesto che ora si attui il "programma di governo, in merito alla libertà di scelta e alla parità scolastica", cioè la proposta Aprea.
Quanto successo oggi non è quindi un semplice atto di subalternità alle gerarchie ecclesiastiche, ma corrisponde a una visione più generale che anima la cosiddetta "riforma" della scuola pubblica, con tutto il suo corollario di interessi particolari e spesso inconfessabili.
Una ragione in più, insomma, per rilanciare la mobilitazione nel paese e per investire nella riuscita dello sciopero generale del 12 dicembre.
 
 
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