Blog di Luciano Muhlbauer
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Ieri, 11 febbraio, il tribunale di Milano ha accolto il ricorso di una cittadina straniera contro la circolare del Comune di Milano che nega ai bambini di genitori immigrati non in regola con il permesso di soggiorno la possibilità di poter frequentare le scuole materne comunali.
Qui di seguito trovate la comunicazione dell’associazione Naga (www.naga.it), i cui legali hanno seguito la causa. In allegato, puoi scaricare anche la sentenza integrale del tribunale.
 
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ciao a tutti, finalmente una buona notizia!
in allegato trovate la sentenza con cui il Tribunale ordina al Comune di Milano "la cessazione del processo discriminatorio e la rimozione dei suoi effetti" in relazione alla circolare 20 del 2007 con cui si stabilisce che i figli dei cittadini stranieri irregolari non possano iscriversi negli asili comunali.
Questo ricorso è stato seguito dallo studio Polizzi-Guariso di cui fa parte l'avv.Livio Neri, che collabora con il NAGA: lo studio legale ha ricevuto questo caso su segnalazione e invio da parte nostra proprio per l'argomento specifico della mancata iscrizione all'asilo, per questa signora già seguita da noi in passato per il Tribunale dei Minori.
Di conseguenza ci sentiamo in prima persona chiamati in causa nel diffondere questa buona notizia, sperando che si tratti di un rale passo avanti nel miglioramento dell'accesso ai servizi della città senza discriminazioni di sorta.
 
Vi invito a leggere la sentenza, vi terremo informati degli sviluppi.
 
buona giornata,
 
CRISTINA SEBASTIANI E NIVES CAMISA
SERVIZIO LEGALE NAGA ONLUS
02-58107791
via zamenhof 7/a
 
qui puoi scaricare la sentenza del tribunale di Milano
 
 

Scarica Allegato
 
Il pacchetto di modifiche della legge sul governo del territorio, approvato nella seduta del Consiglio regionale di ieri, non contiene soltanto norme urbanistiche. Ancora una volta, l’assessore leghista ha inserito abusivamente delle modifiche legislative contro i rom e i cittadini di fede islamica. Ecco qui di seguito le nuove norme varate ieri e che, appunto, si trovano nella l.r. n. 12/2005.
Per quanto riguarda i “campi nomadi” sono state introdotte le seguenti nuove norme:
-        nuova lettera e ter), al comma 2 dell’articolo 8: “d’intesa con i comuni limitrofi, può individuare, anche con rappresentazioni grafiche in scala adeguata, le aree nelle quali il piano dei servizi prevede la localizzazione dei campi di sosta o di transito dei nomadi”;
-        nuovo comma 1 bis), all’articolo 9: “La realizzazione  ovvero il mantenimento di campi di sosta o di transito dei nomadi può essere previste unicamente nelle aree a tal fine individuate dal documento di piano ai sensi dell’articolo 8, comma 2, lettera e ter). I campi devono essere dotati di tutti i servizi primari, dimensionati in rapporto alla capacità ricettiva prevista”;
Inoltre, è stato abrogato l’articolo 3 della l.r. 22 dicembre 1989, n. 77 (Azione regionale per la tutela delle popolazioni appartenenti alle “etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi”), che così recitava:
Realizzazione di campi di sosta o di transito.
1. I comuni singoli od associati maggiormente interessati alla presenza di nomadi realizzano campi di sosta o di transito.
2. I comuni singoli od associati individuano dei campi aventi le caratteristiche specificatamente previste dalla apposita deliberazione di Giunta regionale, adottata previo parere della consulta per il nomadismo, distintamente per campi di sosta e campi di transito.
3. I sedimi da adibire a campi sono reperiti nelle aree da destinare a zone per attrezzature di uso pubblico dei piani regolatori generali dei comuni; i comuni potranno a tal fine introdurre apposite varianti agli strumenti urbanistici, ai sensi dell’art. 5 della L.R. 12 settembre 1983, n. 70 concernente "Norme sulla realizzazione di opere pubbliche di interesse regionale".
4. I comuni singoli od associati possono realizzare altresì progetti di zone residenziali intese a favorire la sedentarizzazione comunitaria dei nomadi.
5. L’ubicazione dei campi e delle zone residenziali deve essere individuata in modo da evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica e da facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale.
Per quanto riguarda invece le moschee, ecco il nuovo comma 4 bis) dell’articolo 72: “Fino all’approvazione del piano dei servizi, la realizzazione di nuove attrezzature per i servizi religiosi è ammessa unicamente su aree classificate a standard nei vigenti strumenti urbanistici generali e specificamente destinate ad attrezzature per interesse comune”.
 
 
di lucmu (del 19/03/2008, in Migranti&Razzismo, linkato 953 volte)
Da tempo non si sente più parlare del Cpt di via Corelli. Quasi quasi sembrava che quel luogo di detenzione per immigrati non esistesse più o che si fosse trasformato in qualcosa d’altro. Invece no, tutto come prima e non appena cala l’attenzione pubblica si ripresentano fatti che sfidano lo stato di diritto e il più elementare buon senso.
Ebbene sì, perché in questo momento si trova rinchiusa in via Corelli e rischia l’espulsione una donna, cittadina delle Seychelles, già in possesso di regolare permesso di soggiorno e coniugata con un cittadino italiano. Cioè, secondo la legge, non potrebbe essere privata della sua libertà personale e tanto meno espulsa. Ma non basta, perché la signora è anche madre di tre figli minorenni, frequentanti regolarmente la scuola italiana, che ora rischiano a loro volta l’espulsione coatta dall’Italia.
Come tutto questo sia potuto accadere è ancora un mezzo mistero, che andrà chiarito in tempi brevi e certi. Comunque sia, in questo momento l’europarlamentare Vittorio Agnoletto si trova all’interno del Cpt di via Corelli, insieme agli avvocati della signora, ed è già stata contattata la Prefettura. Eppure, a quanto pare la situazione non si sblocca. Anzi, si parla di tempo necessario, forse giorni, per accertare se la donna sia coniugata o meno, nonostante gli avvocati avessero tutto in mano e inviato alle autorità competenti.
Chiediamo che venga immediatamente posto fine alla detenzione illegale della signora e che venga sospeso ogni provvedimento di espulsione nei suoi confronti e dei suoi figli minorenni.
Continuiamo ad essere convinti che i Cpt vadano chiusi, perché inumani e inutili. Ma nel frattempo pretendiamo che si rispetti almeno la legge. E questo va fatto subito e non tra qualche giorno.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 19/03/2008, in Migranti&Razzismo, linkato 1002 volte)
Dopo oltre sei ore di occupazione di una stanza del Cpt, la Questura ha dovuto prendere atto della totale illegittimità del provvedimento di reclusione nel centro di via Corelli e la signora V.M. è stata liberata. Implicitamente è stato, dunque, riconosciuto che la signora non poteva essere espulsa, in quanto coniugata con un cittadino italiano e in virtù dell'articolo 31 del testo unico di legge, considerata la presenza di tre minori regolarmente inseriti in ambito scolastico, che avrebbero subito un grave danno psicologico qualora fossero stati espulsi.
V.M. potrà così tornare a casa a festeggiare il compleanno del più piccolo dei suoi figli, che compie gli anni proprio oggi.
Resta quindi in Italia in attesa delle risposte ai ricorsi da lei presentati davanti al giudice di pace e al tribunale dei minori.
Certamente, è incredibile che, se non fossimo intervenuti immediatamente e non avessimo compiuto un'azione irrituale come l'occupazione di una stanza del Cpt, a quest'ora la signora sarebbe già stata espulsa con i suoi tre bambini. Ci chiediamo quante altre persone siano nella sua situazione e siano esposte all'arbitrio di singoli pubblici ufficiali, a causa di una legge che alimenta i presupposti per tali illegalità.
 
Comunicato stampa di Vittorio Agnoletto e Luciano Muhlbauer
 
 
Il 18 marzo scorso il parlamento svizzero ha dato il via libera all’uso di pistole ad elettroshock nelle operazioni di espulsione coatta di cittadini stranieri. Il via libera è arrivato dopo un lungo braccio di ferro politico, visto che in precedenza e per ben tre volte consecutive uno dei due rami del parlamento, il Consiglio degli Stati, aveva rifiutato di inserire questo comma nella nuova legge federale “sull’impiego della coercizione” da parte delle forze di polizia.
Vi è qualcosa di paradossale in questa vicenda, poiché l’esigenza di un nuovo impianto legislativo era nata proprio in seguito alla morte di due immigrati nel corso delle operazioni di espulsione, gestite con metodi spicci dalla polizia elvetica. Cioè, un palestinese, nel 1999, e un nigeriano, nel 2001, morirono per asfissia, provocata dall’imbavagliamento applicato dagli agenti di polizia.
Quindi, d’ora in poi sarà vietato l’uso di caschi integrali o bavagli che rendano difficile la respirazione, ma in cambio potranno essere utilizzati non solo i cani, ma soprattutto i cosiddetti Taser (Thomas A. Swift’s Electronic Rifle), cioè quei dispositivi che fanno uso dell’elettricità per far contrarre i muscoli della persona colpita.
Insomma, dalla padella alla brace, considerato che i Taser, sebbene classificati ufficialmente armi non letali, hanno in realtà causato numerosi morti in giro per il mondo. Secondo quanto denunciato da Amnesty International, infatti, tra il 2002 e il 2007 le pistole ad elettroshock sono responsabili del decesso di almeno 291 persone negli Usa e nel Canada, dove le forze dell’ordine le impiegano da tempo.
Quanto avvenuto nella vicina Svizzera è paradigmatico di un progressivo imbarbarimento della vita pubblica sul vecchio continente. La riduzione a problema di ordine pubblico e di sicurezza delle questioni sociali, compreso il fenomeno migratorio, produce mostri giuridici che combinano in maniera impressionante ipocrisia e violenza. E, soprattutto, che smontano passo dopo passo lo stato di diritto, legittimando trattamenti speciali e disumani. In fondo, la medesima storia che raccontano ogni giorno i Cpt, quelli nostrani oppure quelli esternalizzati in Nord-Africa, di cui manco si parla più.
 
 
Come ogni primavera a Milano si ripropone il medesimo problema e centinaia di rifugiati politici e profughi di guerra, presenti regolarmente nel nostro paese, finiranno per strada.
Ebbene sì, perché l’Italia, sprovvista tuttora di una legge organica sul diritto d’asilo, concede ai profughi il permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma poi si disinteressa sostanzialmente della loro sorte. E così, i profughi si trovano a dormire nei parchi cittadini o nelle aree dismesse, spesso in condizioni allucinanti e comunque indegne di un paese che si pretende civile.
Quando arriva l’inverno e il freddo, il Comune di Milano apre le porte dei dormitori pubblici e accoglie per la notte almeno una parte dei profughi presenti in città. Ma non appena arriva la primavera, cioè il 31 marzo, quando finisce la cosiddetta “emergenza freddo”, quelle persone finiscono di nuovo per strada.
Insomma, la vicenda dei profughi di via Lecco –vi ricordate?- di due inverni fa, sembra non aver insegnato nulla all’amministrazione comunale. E tutto continua come prima.
Per questo motivo, il Naga e il Sicet hanno indetto per il 27 marzo un presidio davanti al dormitorio di via Barzaghi, dalle ore 8.00 alle ore 11.00, al fine di chiedere una soluzione per i profughi.
Se potete, andateci.
 
 
Di seguito, il testo di convocazione del presidio di Naga e Sicet:
 
DAL 31 MARZO CENTINAIA DI RIFUGIATI POLITICI FINIRANNO IN STRADA
 
Alla fine del mese infatti chiuderanno le strutture predisposte dal Comune di Milano per “l’emergenza freddo” e da allora centinaia di persone attualmente ospitate non avranno altre soluzioni che dormire nei parchi e nelle stazioni.
In particolare, al Centro della Protezione Civile di via Barzaghi attualmente hanno un posto letto, sotto un tendone, decine di rifugiati politici e alcuni godono di permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Ma anche gli altri dormitori di via Saponaro e di via Ortles termineranno questo servizio.
Il Comune di Milano non predisporrà nessuna struttura alternativa per questi cittadini fuggiti dalla guerra e dalla repressione dei loro paesi d’origine.
A Milano atuttalmente c’è una lista d’attesa di tre mesi e si stima che ci sia un fabbisogno di oltre 300 posti letto solo per accogliere i rifugiati afgani, somali, iraniani, togolesi, etiopici, eritrei e sudanesi.
 
IL SICET E IL NAGA CHIEDONO CHE LA STRUTTURA DI VIA BARZAGHI RIMANGA APERTA FINO AL REPERIMENTO DI UNA SISTEMAZIONE IDONEA A TUTTI I RIFUGIATI POLITICI RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DEGLI INTERNI.
IL SICET E IL NAGA CHE DA TEMPO SEGUONO LE VICENDE DI QUESTI MIGRANTI FORZATI INDICONO UN PRESIDIO DAVANTI IL DORMITORIO DELLA PROTEZIONE CIVILE IN VIA BARZAGHI 2 GIOVEDI’ 27 MARZO DALLE ORE 8 ALLA 11 PER SOTENERE QUESTA RICHIESTA DI CIVILTA’ E PER INFORMARE L’OPINIONE PUBBLICA MILANESE DEL DRAMMA DI CENTINAIA DI PERSONE CHE DAL 31 MARZO RIMARRANNO IN STRADA.
 
Naga - Centro Har - via Grigna 24, Milano
 
Sicet: ufficio consulenza, via Grigna 20, Milano
tel. 02-33007411 fax: 02-39208516
 
 
di lucmu (del 27/03/2008, in Migranti&Razzismo, linkato 1184 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 27 marzo 2008 (pag. Milano)
 
La campagna elettorale forza la mano un po’ a tutti e spesso accade di ascoltare dichiarazioni che sfidano la realtà dei fatti. Questo è sicuramente il caso dell’assessore regionale Boni, che ieri ha glorificato la politica di Regione Lombardia sulla “questione rom”. Secondo lui, infatti, le scelte regionali contribuirebbero a “riqualificare il territorio” e a “renderlo più vivibile e sicuro”.
Peccato però che sia vero l’esatto contrario, poiché Regione Lombardia semplicemente ha scelto di non disporre di alcuna politica degna di questo nome a riguardo. Anzi, pratica consapevolmente e cinicamente il triste gioco del tanto peggio, tanto meglio.
In primo luogo, va ricordato che esiste una legge regionale, la numero 77 del 1989, la quale prevede lo stanziamento di fondi regionali a favore degli enti locali che ospitano sul proprio territorio insediamenti rom. Tuttavia, i comuni lombardi non hanno mai visto un soldo, per il semplice motivo che la maggioranza di centrodestra boicotta da lunghi anni l’applicazione della legge e, in particolare, il suo rifinanziamento in sede di bilancio.
Per quanto riguarda poi le famose modifiche alla legge regionale sul governo del territorio, la n. 12/2005, ispirate direttamente dall’assessore Boni, sfioriamo il grottesco. Infatti, da una parte, è stata introdotta la norma speciale che impone ai comuni di acquisire il consenso dei comuni limitrofi in caso di insediamento di un cosiddetto “campo nomadi” e, dall’altra, è stato contestualmente abrogato l’articolo 3 della legge 77/89. E quest’ultimo, guarda a caso, prevedeva che l’ubicazione dei “campi” doveva essere individuata “in modo da evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica e da facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale”.
In altre parole, dopo aver negato per anni i fondi regionali ai comuni, è stata pure abolita l’inclusione sociale, introducendo in cambio un muro di ostacoli per regolarizzare gli insediamenti rom.
Appunto, tanto peggio, tanto meglio. Ovvero, quanto sta già accadendo, e da anni, a Milano, compresa la Bovisasca, con tanti sgomberi e nessuna soluzione. E, alla fine, l’unico risultato di questa folle politica è il nomadismo coatto degli sgomberi, per popolazioni in larghissima parte non più nomadi da generazioni. In altre parole, l’esatto contrario di quello che sostiene imprudentemente l’assessore leghista.
 
 
La baraccopoli della Bovisasca è stata sgomberata definitivamente. Il vicesindaco De Corato esulta compiaciuto, l’assessore regionale Boni tira in ballo persino l’Expo e le centinaia di persone che abitavano le baracche stanno vagando in giro per la città, alla ricerca di un luogo dove andare. Della bonifica del terreno dove sorgeva l’ennesima bidonville milanese, invece, non parla più nessuno.
Quanto accaduto in Bovisasca è paradigmatico dell'inquietante livello di inconsistenza ormai raggiunto dalla politica milanese e dell’ipocrisia di molti amministratori con la testa in campagna elettorale.
Inconsistente è spacciare per “soluzione” la cacciata di centinaia di famiglie, compresi i bambini, senza porsi il problema dove e come finiranno, sperando semplicemente che qualche anima pia si occupi di loro oppure che qualcuno decida di tornare al paese d’origine.
Ipocrita è invocare la tutela della salute per motivare lo sgombero, dopo lunghissimi anni di disinteresse istituzionale per un terreno inquinato da pericolosi rifiuti tossici, per non parlare dell’incredibile fatto che ora né il Comune, né la Regione fanno sapere ai cittadini della Bovisasca se e quando si intende procedere alla bonifica.
Insomma, i rifiuti tossici rimangono e gli esseri umani finiscono per strada, finché non troveranno un’altra baraccopoli. Ahinoi, la solita storia che si ripete ormai da anni.
Ma quello che forse stupisce di più è che la città appare anestetizzata, incapace non solo di indignarsi di fronte al trattamento incivile riservato a uomini, donne e bambini, ma altresì di rendersi conto che la miseria della politica genera alla lunga dei mostri di cui sarà difficile liberarsi.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 29/05/2008, in Migranti&Razzismo, linkato 1016 volte)
I maggiori poteri attribuiti ai Sindaci in materia di sicurezza dal decreto legge del 23 maggio pare non tardino a produrre i loro primi effetti. Che, qualora venissero confermate le testimonianze di alcuni cittadini milanesi, fanno intravedere uno scenario inquietante.
Infatti, secondo tali testimonianze, stamattina in piazza XXIV Maggio a Milano, agenti della Polizia locale, cioè dei vigili urbani, avrebbero bloccato per strada un mezzo di trasporto pubblico e controllato a tappeto tutti i cittadini stranieri presenti. Quelli risultati irregolari, oppure senza tutte le carte in tasca, sarebbero stati caricati su un automezzo e portati via.
Insomma, difficile definire ordinari controlli tali modalità, come invece fa il comandante della polizia locale, Emiliano Bezzon. No, se quanto raccontato dai testimoni corrisponde a verità, siamo di fronte  a un vero e proprio salto di qualità, consistente in retate di massa.
Ecco perché riteniamo imprescindibile e urgente un chiarimento da parte dell’amministrazione comunale di Milano. Cioè, esistono o meno direttive che assegnano ad alcuni reparti della polizia locale milanese il compito di effettuare azioni di questo tipo oppure siamo di fronte a iniziative autonome?
A questa domanda occorre rispondere subito!
Crediamo sia inaccettabile e miope organizzare retate che inevitabilmente finiscono per coinvolgere in maniera indiscriminata tutte le persone dall’aspetto non italiano. E questo in una città multietnica come Milano.
Il clima grave e preoccupante di queste settimane, con i roghi nei campi rom, le aggressioni e la moltiplicazione delle ronde è figlio anche dei continui messaggi che provengono dalle istituzioni, che tendono a criminalizzare tout court gli immigrati. Passare ora alla politica delle retate e ridurre ogni cittadino straniero in potenziale sospetto significherebbe soffiare consapevolmente sul fuoco e assumersi dunque la responsabilità di gettare un’altra pietra contro la convivenza in città.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
Il Prefetto Lombardi è un uomo cauto, spesso fin troppo. E così capita che la cautela si trasformi in immobilismo o subalternità a questo o quel potere politico, come successe ai tempi del rogo di Opera, vero e proprio atto costituente della nuova fase della caccia allo zingaro.
Ora il prefetto Lombardi è stato nominato Commissario straordinario per l’emergenza rom e tutti lo tirano per la giacchetta più di prima, dall’incontenibile De Corato, il maestro degli sgomberi senza sbocchi e umanità, fino a Penati, neofita dell’opzione campi zero e mandiamoli via tutti. Né De Corato, né Penati si preoccupano peraltro di spiegare alla cittadinanza cosa dovrebbe succedere ai rom e ai sinti che comunque non possono essere espulsi, pardon allontanati, perché in regola oppure perché cittadini italiani, come quasi metà di loro.
Lombardi, da uomo cauto, ha mostrato a diverse riprese di essere consapevole del problema, ma le sue odierne dichiarazioni sono francamente inquietanti, poiché parla soltanto di campi autorizzati, da gestire su un modello persino più restrittivo di quello del Triboniano.
Ebbene, al Triboniano vige uno stretto controllo di polizia, dove i rom devono firmare un “patto” che li impegna a rispettare la legge, cosa che peraltro chiunque è tenuto a fare a prescindere dai pezzi di carta, e soprattutto vivono praticamente da sorvegliati speciali.
Quindi, che cosa significa “andare oltre il modello Triboniano”? E soprattutto, si considera ogni persona, minori compresi, da rinchiudere in campi speciali soltanto perché appartenente alla popolazione rom o sinti e anche qualora si tratti di cittadino italiano? Se fosse così, saremmo davvero di fronte a una edizione moderna delle leggi razziali.
Chiediamo quindi al Commissario straordinario di spiegare pubblicamente cosa intende fare e quali politiche intende costruire per favorire l’inclusione sociale e civile, a partire da quelle abitative, per evitare che in Lombardia si faccia largo un diritto speciale su base etnica, dove una bambino viene istituzionalmente condannato alla segregazione ancora prima di crescere.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
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